«Bilancio idrico e sete» di Pier Gildo Bianchi


La massima biblica che dice all'uomo «Tu sei polvere e polvere devi tornare!» non è - alla luce della scienza moderna - del tutto esatta. Più precisi, i biologi del giorno d'oggi affermano, sempre rivolti all'uomo: «Tu sei - soprattutto - acqua!». infatti, sebbene il nostro corpo ci appaia «solido», noi sappiamo che esso è fatto per oltre il 70 per cento d'acqua: circa i quattro quinti del peso dei nostri muscoli è dovuto all'acqua che essi racchiudono e persino le ossa (contrariamente ad ogni apparenza) contengono circa un terzo del loro peso in acqua. La maggior parte di questo liquido è custodita nell' interno dei miliardi di cellule che formano i nostri tessuti organici: si tratta di un liquido speciale, saturo di minerali e di vari composti chimici (potassio, sodio, fosforo, calcio, zucchero e così via). Una forte percentuale di acqua poi, si trova in noi allo stato libero, fra cellula e cellula: questo fluido extra-cellulare è un vero «mare» dentro di noi, poiché la proporzione dei sali in esso contenuti è quasi identica a quella dell'acqua, appunto, marina. Per questa ragione, molti scienziati pensano attualmente che la vita si sia sviluppata - prima che sulla crosta terrestre - negli oceani, in una forma primitiva che utilizzava appunto l'acqua del mare come «fluido organico», vale a dire come umore nutritivo interno di cellule, tessuti e apparati del corpo. Gli stessi biologi pensano che, quando il primo anfibio abbandonò l'oceano per stabilirsi definitivamente sulla terra, esso «portò seco il mare» sotto forma di liquido insostituibile, racchiuso nel suo organismo. Dopo questa lunga, indispensabile premessa - tuttavia - entriamo nel vivo del nostro argomento, cioè nel problema del ricambio dell'acqua, così importante dal punto di vista dietologico. Si tratta di un problema basilare fondamentale per la nostra vita; di un «problema-chiave», appunto. Il liquido acquoso che portiamo in noi non se ne sta fermo: si muove continuamente fra cellula e cellula, fra l'interno e l'esterno delle cellule stesse e viceversa; si può dunque paragonare, fino a un certo punto, a un fiume in continuo flusso e riflusso, incaricato di portare nutrimenti, sostanze stimolanti, sostanze di rifiuto e così di seguito, da una regione all'altra dell'organismo. Gli esseri umani assorbono acqua costantemente e regolarmente: altrettanto costantemente e regolarmente la perdono. L'acqua si assorbe principalmente bevendo e l'uomo adulto ne beve, in media, un litro e mezzo al giorno. Un altro litro giornaliero, all'incirca, proviene a nostra insaputa dagli alimenti cosiddetti solidi: la carne magra, ad esempio, è composta per tre quarti di acqua e lo stesso può dirsi per la maggior parte delle verdure e della frutta. Per contro, noi perdiamo acqua continuamente, anzitutto sotto forma di vapor acqueo, attraverso i polmoni e la pelle: in altri termini, noi perdiamo acqua con ogni respiro, com'è facile constatare osservando la nebbiolina che forma il nostro fiato all'aperto, allorché fa freddo. Se, invece, fa caldo noi sudiamo e pure in questa guisa perdiamo, ovviamente, dell'acqua. Comunque, sebbene i polmoni e la pelle siano delle importantissime vie per il ricambio dell'acqua, la maggior perdita di esso avviene attraverso la funzione renale e intestinale (con l'urina e con le feci). Noi non abbiamo, per ora, che un'idea molto vaga di come si attui nel nostro corpo il «bilancio idrico», vale a dire l'equilibrio fra le entrate e le uscite di acqua, cui sovrintende il senso della sete. Per certi animali, tuttavia si sa che il «meccanismo della sete» è di una precisione impressionante, quasi incredibile. Se, per esempio, a un cane viene sottratta artificialmente una data quantità di acqua, esso ne berrà poi esattamente la stessa quantità, non una goccia di più. In patologia umana diverse malattie sono caratterizzate da un'anormale distribuzione dei liquidi nel corpo, da un esagerato bisogno di assunzione di essi e da un'eccessiva eliminazione relativa. Così, le malattie renali hanno quasi sempre fra i loro sintomi l'edema, cioè un caratteristico rigonfiamento dei tessuti cutanei dovuto al fatto che una grande quantità di acqua passa dal sangue alla pelle e vi si accumula sempre più. Edemi si verificano anche nel corso di alcune malattie di cuore. Tipici esempi poi di assunzione patologica di liquidi e di esuberante eliminazione di essi ci sono forniti dalle varie forme di diabete (diabete zuccherino o mellito e diabete insipido). Si tratta di vasti problemi dietologici la cui interpretazione non è che ai suoi esordi; ci basti, per ora, ritenere che l'acqua assolve, in noi, tre compiti principali: anzitutto è il solvente di tutte le sostanze che penetrano nel corpo, fa loro da veicolo e rende così possibile ai tessuti e alle cellule di servirsene per gli scambi nutritizi; in secondo luogo essa opera la imbibizione delle varie strutture da cui siamo costituiti senza la quale non possiederebbero né l'elasticità, né la permeabilità, né la conducibilità elettrica che sono indispensabili all'esplicazione fisica e chimica delle loro funzioni; in terzo e ultimo luogo l'acqua, specialmente mediante la sudorazione, regola il calore interno del corpo. Quanto alla sete, che compare nelle condizioni di vita usuali, è semplicemente un segnale di allarme, dal quale il vero pericolo della «morte per sete» è prevenuto a grande distanza; bisogna, dunque, guardarsi dal dare ad esso un valore superiore al giusto e commettere così degli errori «in eccesso», che sono i più pericolosi. Bere acqua è specie se fresca o ghiacciata - è assai piacevole, ma - insegnano i dietetisti - per ottenere un effetto bastevole a far sparire il senso di sete val meglio tenerne in bocca, per alcuni istanti, una quantità piccola che inghiottirne rapidamente una quantità grande. Infatti, col secondo sistema, si corre incontro a una quantità notevole di guai: lo stomaco rimane sovradisteso per vario tempo (mezzo litro d'acqua non si riassorbe che in mezz'ora) mentre i succhi digestivi ne restano diluiti, donde poi le classiche digestioni lente e la cronica mancanza di fame. Inoltre, l'acqua fredda così introdotta turba l'innervazione dell'intero tubo gastro-enterico e apre così la strada a coliti, appendiciti ed enteriti. La bocca arsa e impastata, che tante volte ci spinge a bere senza moderazione, più che indice di «sete» reale è indice di indigestione e della conseguente autointossicazione. I pasti eccessivi diventano, infatti, un veleno perché ci rendono vittime dei germi intestinali durante le laboriose digestioni e noi, invece di sostanze utili, assimiliamo le tossine prodotte da molti di tali germi. L'organismo allora richiede molta «acqua di lavaggio» ed ecco la sete, ma anche le possibili «indigestioni d'acqua». Rimedio, allora? Molto semplice: diminuire la quantità dei pasti (ridurli a uno soltanto, nella giornata); non bere soltanto acqua ma acqua «tagliata a metà» con yogurt (poiché lo yogurt fa diminuire molto rapidamente la produzione di tossine intestinali e la sete, allora, scompare). E le altre bevande? Parliamo anzitutto del vino. Esso deve essere considerato un alcool diluito, poco irritante per lo stomaco. Il suo contenuto in vitamine (specialmente A e C) è meno rilevante di quanto un tempo si ritenesse ed è facilmente deperibile: la sua azione sull'organismo in quantità moderate, si esplica favorevolmente in virtù di altri costituenti essenziali (sali minerali, fermenti, acidi organici e via via). L'azione del vino sulle cellule viventi non è sempre favorevole: tuttavia, in proporzioni ridotte non è mai veramente dannoso. A piccole dosi, il vino stimola le funzioni di alcune ghiandole endocrine (tiroide, surrenali, gonadi); sul rene esplica azione diuretica; determina un aumento della salivazione e stimola la secrezione e la motilità dello stomaco. Aggiunto a cibi poco tollerati - di difficile digestione - ne aumenta la tolleranza; accresce, infatti, anche la secrezione della bile e quella del succhi pancreatici. Nell'uso del vino, pertanto, la questione fondamentale verte sulle dosi; il grado alcoolico non dovrebbe mai superare il 10 per cento e la dose giornaliera dovrebbe aggirarsi sui cinque grammi per chilo di peso della persona che ne beve. A proposito della birra, si tenga conto che essa è molto ricca di zuccheri ed è più povera di alcool di quello che non sia il vino; ha poi, rispetto a questo, il vantaggio di stimolare maggiormente lo stomaco per il suo notevole contenuto in acido carbonico naturale. Per il suo alto contenuto in sali di potassio possiede azione diuretica e per il luppolo che contiene ha azione lievemente soporifera. E' la bevanda ideale per molti dispeptici e convalescenti, che spesso la preferiscono al vino; la dose non dovrebbe però superare, per gli adulti, la quantità di un litro al giorno. Dopo il vino, nessuna bevanda ebbe mai tanta diffusione fra gli uomini come il caffè. Con il suo avvento, una nuova forza entrò nel mondo, apportatrice di ristoro e di conforto alla stanchezza delle membra e dell'intelletto. La chimica del caffè è uno dei capitoli farmacologici e dietologici più interessanti e più suggestivi: uno dei più importanti, fra i suoi numerosi componenti, è un olio essenziale detto «caffeone» che conferisce alla droga aroma e profumo; l'altro componente fondamentale è la «caffeina», principio attivo al quale - notoriamente - si deve l'effetto tonico sul sistema nervoso. Tonico ed anche eccitante. Il restante complesso dei componenti del caffé agisce sull'organismo umano esplicandovi una stimolazione moderata, ma costante e duratura: sul cuore, sui muscoli tutti, sulla pelle e sui reni, sui polmoni e sull'apparato digerente. La respirazione, in seguito alla assunzione di caffé, si fa più ampia e profonda la digestione diviene più facile, il cuore eleva il suo tono, mentre la diuresi ne risulta assai esaltata. Un cenno particolare meritano poi, oggi, i succhi di frutta che sono bevande di sempre maggior diffusione in tutti i ceti. Tenuto conto della ricchezza nutritiva, veramente eccezionale, che possiedono (soprattutto del loro contenuto vitaminico, salino, zuccherino) non sarà difficile rendersi conto del fatto che essi possono rappresentare un alimento integratore ideale in tutte le età della vita. Specialmente in alcune fasi dell'esistenza (infanzia e adolescenza, gestazione, allattamento, senilità, esercizio sportivo e così via) essi costituiscono quasi una gradevole forma medicamentosa, atta a soccorrere l'organismo bisognoso di sostanze particolari per le sue funzioni, volta a volta esuberanti o carenti.

 

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