«La regina e il cardinale» di Alessandro Cutolo
La Regina: Anna d'Austria figlia del re di Spagna Filippo III, sposa del re di Francia Luigi XIII e conosciuta come «Anna d'Austria» perché la famiglia degli Asburgo che regnava in Spagna era di origine austriaca. Il Cardinale: l'abruzzese Giulio Mazzarino: ma era un cardinale laico, vale a dire aveva dignità cardinalizia, vestiva gli abiti di porpora ma non era consacrato sacerdote e non poteva quindi nemmeno dire messa. ll Cardinale di Richelieu, primo ministro del re Luigi XIII (un cardinale completo, quest'ultimo, perché era Vescovo di Arras) lo aveva segnalato in punto di morte al suo sovrano come l'unica persona che potesse reggere i destini della Francia per la sua intelligenza, la sua grande preparazione, il suo grande coraggio fisico e morale. L'Abruzzese era un bellissimo uomo, e più lo diventò nel corso degli anni, elegante, raffinato, che amava per le sue vesti i profumi più rari e più soavi per il cui solo uso si diceva in vari conventi italiani le monache distillassero fiori e componessero pomate delicate. I suoi guanti erano della più fine pelle di Spagna, dono gradito della Regina che, per procurarglieli, scriveva persino al fratello il re Filippo IV; i baffi pettinati e attaccati alle gote alla moda dell'epoca; la barba bene sfumata; i nastri, i bottoni del vestito cardinalizio, tutto era curato impeccabilmente. Non si poteva dire lo stesso di Anna d'Austria, ancorché passasse per una delle bellezze del secolo. Era una donna molto bassa con un tono di voce fastidioso e spiacevole, grassottella, ma poteva esserne contento Luigi XIII che era balbuziente, corto di mente, acido di cuore, e sapeva solo stare molto bene a cavallo. I rapporti tra i due coniugi andavano alla bell'e meglio, senonché l'etichetta concorse ad allontanare l'uno dall'altra. Al Louvre ciascuno aveva il suo appartamento, e marito e moglie non si vedevano se non due o tre volte al giorno, per un quarto d'ora e in presenza di testimoni. Visite cerimoniose, che avevano luogo quasi sempre prima dei pasti, dato che i due sposi mangiavano separatamente. Se il Re si assentava da Parigi, la Regina non poteva seguirlo; se qualche volta Anna raggiungeva il marito che cacciava a Saint-Germain, il viso del sovrano s'atteggiava a fastidio. Un giorno, anzi, che Anna lo raggiunse alle cacce di Lésigny, Luigi le manifestò un tale disappunto che la giovinetta rientrò a Parigi facendo circolare il pretesto che nel castello non v'era maniera di alloggiarla convenientemente. Un'altra volta, nel novembre del 1618, Anna si ammalò di morbillo e fu costretta a letto per più di venti giorni: Luigi non si recò mai al suo capezzale. Ma se in questi primi anni di matrimonio il Re mostrava di essere tutt'altro che innamorato della moglie, ad Anna, giovane e soprattutto Regina, non mancarono ammiratori ben disposti a colmare il vuoto di quel cuore. Suscitò molte dicerie l'amore che mostrava di provare per lei il Grande Scudiero, Duca Ruggiero di Sellegarde, bell'uomo, fuor di dubbio, ma che nel 1620 confessava cinquantacinque anni, quantunque i maligni gliene dessero parecchi di più. Anna ne rideva, e né il Bellegarde, né, poco dopo, il duca di Montmorency potevano essere elencati tra i suoi amanti, da una corte che sarebbe stata ben felice di dar corpo alle ombre. La prima grande calunnia che colpì l'onorabilità della donna fu lo scandaletto del duca di Buckingham, venuto da Londra a Parigi a prendervi Enrichetta di Francia, la fidanzata del suo Re, per accompagnarla in Inghilterra. Già prima che calcasse il suolo francese, il nome di lui suonava come quello dell'uomo più elegante e più bello non solo d'Inghilterra, ma dell'intera Europa, ed i Parigini, quando l'inglese fece il suo ingresso nella capitale, con un seguito degno di un Re, si convinsero che la fama non aveva mentito. Naturalmente il bel gentiluomo fece colpo sulle donne, e indubbiamente Anna d'Austria dové parlare di lui con qualche ammirazione. Bastò, perché la corte ponesse in giro pettegolezzi e calunnie, attizzate e invelenite dal Bellegarde e dal Montmorency. E di codesti pettegolezzi, raccolti da quelle cattive lingue del Tallemant des Réaux, del Retz e del Laporte, s'impadronirono più tardi romanzieri e storici di secondo piano. L'uno ci ha raccontato, con lusso di particolari, di una dichiarazione d'amore fatta dal Duca alla Regina innanzi a tutte le dame (quasi che il Buckingham e Anna d'Austria non sapessero che certe cose si fanno nella più stretta intimità); un altro fa mostrare qualche anno dopo dalla sovrana alla sua amica Maria Gonzaga il coltello che aveva ucciso il Duca, conservato in una cassetta d'oro, con le seguenti parole, belle per una romanza d'opera lirica, ma inconcepibili nella bocca di una Regina: «L'ho amato, l'amo ancora nel passato, più di quanto si possa amare l'amore». E non è nemmeno necessario ricordare quanto lavoro di fantasia compisse al riguardo Alessandro Dumas. Quando Luigi XIII venne a morte lasciò come re un bambino di appena quattro anni e mezzo, colui che diventerà Luigi XIV, il famoso «Re Sole». Il Cardinale Mazzarino lo educò sia in politica, sia per quel che riguardava il gusto nelle arti: la magnificenza per la quale diventerà celebre Luigi XIV trae le sue origini dagli insegnamenti che per anni e anni gli impartì il magnifico cardinale italiano. Il quale innamorò di sé anche la Regina vedova e, quando questa volta i pettegoli di corte parlarono di amore, dicevano la pura e santa verità. Tra il bell'italiano e la brutta spagnola ci fu una passione immensa che durò attraverso rivoluzioni, congiure di palazzo, l'esilio al quale il Mazzarino fu costretto. Lui scriveva dall'esilio: «Io amerei il mio peggior nemico come la mia stessa vita e dal più profondo del cuore se potesse farmi rivedere la mia Anna». E la Regina gli rispondeva: «Anna è più che mai una cosa sola con Giulio. E tale rimarrà fino al suo ultimo respiro». Il Cardinale, ritornato a Parigi, riunì nella sua residenza privata libri rari, statue di scalpello greco, quadri di autori illustri, gioielli, mobili, stoffe, preziosi vasi di Cina, candelieri di fine cristallo, vasellame d'argento e d'oro, coppe di Venezia, letti di avorio di fattura orientale; e amava riposare l'occhio e la mente contemplando queste meraviglie che lascerà tutte, morendo, al suo pupillo: il Re di Francia, che egli aveva educato al gusto del bello, del ricco, del fastoso nelle sale del palazzo Mazzarino, poco curandosi degli oppositori che si scandalizzavano persino sulle nudità delle statue del Cardinale e trattavano da mania quanto era solo amore dell'Arte. Nel 1661 la morte tolse il ministro alla Francia ed il compagno alla Regina. Negli ultimi suoi giorni di vita egli raccomandò al giovane Luigi XIV di non nominare mai più un primo ministro perché era ormai in grado di reggere da solo una nazione così potente. Lo pianse amaramente la Regina, amante, amica, collaboratrice devota, che visse ancora tristemente qualche anno ritirandosi spesso nella pace del convento di Val de Gràce, nel quale venne a morte il 20 gennaio 1666.
