«Preistoria e storia di uno sport senza antenati» di Marco Cassani


Con ostinazione si tenta di individuare gli antenati del basket. E' impresa assurda. Nell'albero genealogico dei giochi con la palla si potrebbe individuare il capostipite e risalire quindi sino alla vescica di maiale in uso cinquemila anni or sono presso i Cinesi senza trovare, neppure fra i rami collaterali, una indicazione valida. Il basket non ha antenati. Non può, come il calcio, collegarsi con un nesso accettabile all'harpastum o al pulverulentum, che contribuivano all'addestramento fisico delle legioni di Giulio Cesare. In tempi d'Olimpiade messicana si propagandò l'idea che antenato del basket fosse il po-patok, gioco degli antichi Incas consistente nel far passare grosse pietre in un foro praticato in pietre ancora più grosse. Fu una trovata dell'ufficio di pubbliche relazioni presso l'organizzazione dei Giochi, e nulla più. Quasi tutte le discipline sportive indirizzano la ricerca del loro stato primario sulla via della storia e della leggenda attraverso talvolta interessantissime indagini sul costume e il folklore dei vari popoli. Il basket non è fra queste. E' completamente una invenzione. Qui sta la sua forza: alle sue origini c'è un preciso atto di nascita, una data esatta, un ben individuato laboratorio di ricerca, una necessità che ne sollecita la creazione, uno studioso che l'inventa. E' un pastore d'anime e istruttore di educazione fisica al tempo stesso, James Naismith. Concetti razionali, esperienze maturate osservando, praticando e insegnando lo sport, indicarono al pastore luterano di Springfield la chiave di una disciplina completa, di uno sport di squadra funzionale atto a mantenere in perfetta efficienza fisica, in un piccolo ambiente coperto, gli atleti di altri giochi di palla (football americano, baseball e via di seguito) durante i mesi dell'inverno. Da questa necessità che spinse Naismith ad approfondire le regole ed esperimentarle dal vivo con i suoi allievi come in un autentico laboratorio, nasce la completezza del basket, sport modernissimo che richiede una partecipazione totale del corpo. Sprint, elevazione, precisione, prontezza e intelligenza ne sono gli ingredienti principali. Rapidissima fu l'affermazione anche fuori dell'America. Se la solita ginnastica da palestra annoiava i praticanti del football e del baseball, il «gymnasium» dell'università finiva, grazie al basket, con l'essere sovrappopolato. Quattro anni appena dopo l'invenzione si giocava già il primo campionato degli Stati Uniti. L'espediente escogitato per mantenere in efficienza d'inverno gli atelti divenne subito uno sport in piena regola. Le due ceste da frutta sottratte al magazzino della refezione lasciarono il posto ai cerchioni di ferro con retine. Le regole del gioco, collaudate, variate, riprovate, accettate, gli conferirono il più alto tono agonistico. Il basket, nato servo di altri sport, oggi è il più diffuso e il più praticato del mondo; la sua fortuna è dovuta proprio all'umile nascita, che ha però dato al cestista la veste dell'atleta completo. Ben disse Marcel Hansenne, francese, primatista mondiale del chilometro, quando da mezzofondista divenne giornalista: «Il basket è atletica giocata». Una frase coniata con felicissima intuizione: nessun altro sport di squadra può aspirare a una simile definizione. Naismith poté godere dell'affermazione piena della sua invenzione a Berlino nel 1936, con la definitiva ammissione nel programma olimpico. Il basket può avere zone d'ombra dal punto di vista del valore tecnico, non da quello della diffusione e della pratica agonistica. Non vi è nazione dove non sia praticato o lo sia scarsamente: il calcio non ha proseliti nel Nordamerica, in Oceania, in Asia; il rugby è sconosciuto nell'Unione Sovietica, nell'Asia, in molti Stati di altri continenti; il baseball è feudo statunitense con piccolissime zone d'azione a livello propagandistico altrove; l'hockey su ghiaccio dipende da fattori ambientali; l'hockey su prato è popolare solo in India, nel Pakistan, nel Kenia; l'handball si afferma soltanto in una parte d'Europa. Solo la pallavolo, sport completo e in evoluzione, è analogamente diffuso nel mondo, ma non al livello del basket. Gli manca altresì quel contatto diretto fra uomo e uomo che è fondamentale per il pieno successo di pubblico. Perché il basket si è potuto affermare così rapidamente e universalmente quale sport d'assieme più praticato e diffuso? Le ragioni tecniche, ovvero quelle fondamentali, dipendono dalla possibilità di mantenere un laboratorio sperimentale attivo ed efficiente. Il basket non è vittima d'immobilismo come, ad esempio, per troppi anni lo è stato il calcio, oppresso dal tipico conservatorismo inglese. Ha invece la possibilità di riammodernarsi continuamente grazie all'attività professionistica statunitense. Negli U.S.A. un numero limitato di squadre e di supercampioni fanno da cavia per soddisfare il gusto del pubblico, attraverso la ricerca continua della velocità e della spettacolarità. Si modificano frequentamente le regole del gioco, si migliorano impianti e attrezzature, si può inseguire addirittura la perfezione grazie anche alla non incidenza dei fattori atmosferici: non piove e non tira vento sul basket, gioco da palestra. L'interesse delle reti televisive statunitensi garantisce mezzi a profusione. Le squadre si avvalgono di tecnici numerosi, tutti studiosi profondi e ben preparati. Nel basket si gioca già con la zona ancor prima delle Olimpiadi di Berlino, e in ogni parte del mondo oggi gli schemi, i giochi, le tattiche, richiedono allenatori attentissimi. L'esempio americano ha fatto scuola. Il basket è sport intelligente, non lo si può praticare solo con l'istinto; la velocità dell'azione corale, le sue complicate manovre, richiedono giocatori accuratamente preparati attraverso lo studio. Grande apporto offre al basket la partecipazione diretta dell'allenatore: il tecnico in panchina cambia le tattiche, alterna gli uomini, provvede alle marcature secondo necessità immediate ed ha facoltà di interrompere il gioco, chiedere sospensioni, istruire i suoi. Tutto questo aggiunge alla contesa il fascino della schermaglia di provvedimenti e controprovvedimenti dettati da prontezza, esperienza, sensibilità. Questa lotta dei conduttori tecnici contribuisce notevolmente a rendere il basket più gradito al pubblico giovane. Neppure nel calcio il tifoso si accontenta ormai di veder segnare la rete: vuole discutere, prevedere, apprezzare, condividere o avversare l'azione del tecnico. Nel basket la ginnastica delle idee è di particolare intensità: più si approfondisce la tecnica nel complesso e più si gode lo spettacolo. Il favore del pubblico è dovuto all'intelligenza e alla velocità del gioco, alla straordinaria frequenza delle segnature. Non si concede pausa all'attenzione di chi assiste e neanche un neofita può annoiarsi. Il basket piace anche alle donne. Una inchiesta fra studentesse, che avessero assistito almeno una volta ad incontri di basket e di calcio ha permesso di accertare che il novantasei per cento preferiva il basket, forse anche perché al Palazzetto dello Sport si va elegantemente vestite, c'è il guardaroba, si possono portare le scarpine di raso e la borsetta di coccodrillo. E' come andare a teatro, invece allo stadio di calcio qualche volta piove e fa freddo. In Italia il basket, per ragioni particolari di tutela di un altro sport - l'atletica leggera - fu osteggiato quando tentò di introdursi una prima volta nella scuola. Nonostante ciò, avvenne l'esplosione a livello di massa (interesse del pubblico e numero dei praticanti), e nessuno ha più potuto opporsi alla progressione di quella disciplina sportiva, ormai seconda, per spettatori ed atleti tesserati, solo al calcio. Altrove il basket ha avuto anche il pieno appoggio della scuola: particolarmente in tutta l'immensa Africa nera, nei paesi di nuova costituzione, dove assume il ruolo talvolta di sport nazionale proprio per l'appoggio pieno e incondizionato delle autorità scolastiche che ovunque scorgono nella completezza e nella adattabilità di questo gioco elementi fondamentali per l'incremento della cultura fisica. Il basket è uno sport di squadra adatto anche alle donne. Ne consegue che i provvedimenti a favore di questo sport nei paesi in via di sviluppo accomunano la gioventù maschile a quella femminile sulla strada della pratica fisica e agonistica. Nelle nazioni di più antica civiltà, il basket è entrato nei programmi scolastici per l'accertata completezza della preparazione atletica ch'esso favorisce. Solo i paesi delle isole britanniche e quelli della penisola scandinava (ma non la Finlandia, pioniera del basket europeo!) sono in leggero ritardo, ma si tratta di vincoli dovuti alla resistenza di antiche tradizioni. Il ritardo dell'Inghilterra, dell'Irlanda, della Svezia e della Norvegia è comunque più che altro un ritardo di risultati agonistici. Il basket si gioca anche in questi paesi con regolari campionati, buon numero di praticanti e larga diffusione nelle scuole. Le Isole Vergini, che furono l'ultima nazione, alla vigilia dei Giochi Olimpici del Messico, ad iscriversi alla Federazione internazionale, allegarono alla domanda di affiliazione una dichiarazione in cui si riceva tra l'altro: «Non siamo che una nazione di 40.000 anime, ma tutti i nostri giovani giocano il basket». Anche l'Australia - per effetto dell'influenza britannica - era indietro nel basket. In seguito ha recuperato velocemente e la sua squadra femminile ha battuto quella degli Stati Uniti ai campionati del mondo di Praga! Il lancio del minibasket, la pallacanestro in miniatura - con canestri più bassi, palla ridotta, campo e tempi di gioco più limitati, regole semplificate - è alla base di un ulteriore e straordinario sviluppo già in atto. Partito anch'esso dall'America, il basket dei piccoli è entrato in talune nazioni sotto il patrocinio di una grande compagnia commerciale, passando velocemente poi, per interesse delle singole federazioni sportive e delle stesse autorità scolastiche, in ogni paese. Oggi in Italia praticano il minibasket trecentomila ragazzini. Sono ancora di più in Spagna, altrettanti in Francia, mentre nell'Unione Sovietica non appena la macchina organizzativa si è messa in moto si è parlato di milioni di praticanti. Il minibasket ha funzioni propedeutiche per lo sport in genere. E' un gioco-sport che ha raggiunto, accrescendo la popolarità del basket, i ragazzini dai 6 ai 14 anni. I loro campetti di gioco sono cresciuti ovunque come funghi, e sono sempre più affollati di giovanissimi che affrontano con vero entusiasmo questo bellissimo sport.

 

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