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Le schiume poliuretaniche di Piero Weisz |
Le schiume poliuretaniche di Piero Weisz... trapaninfo.it TweetNel 1937, alcuni anni dopo che Carothers, nei laboratori statunitensi della Dupont, aveva scoperto il nylon, l'industria chimica tedesca, e particolarmente la I. G. Farben, era impegnata nella ricerca di nuovi polimeri, da cui si potessero ricavare fibre sintetiche con proprietà simili a quelle poliamidiche, senza peraltro infrangere i brevetti della DuPont. Fu nell'ambito di questo programma che il prof. Otto Bayer ed i suoi collaboratori intrapresero per la prima volta lo studio sistematico della reazione di poli-addizione degli isocianati con composti ad idrogeni attivi, giungendo a preparare numerosi polimeri poliuretanici e poliureici. Le prime fibre poliuretaniche ottenute da Bayer, e successivamente messe in commercio con il nome di Perlon U, tradirono le speranze del chimico tedesco, non dimostrandosi dall'altezza del nylon. In cambio, come spesso avviene nel mondo della chimica, esse aprirono la strada verso una nuova classe di polimeri, i poliuretani, strada che doveva dimostrarsi estremamente interessante e feconda. Dal 1937 ad oggi, per opera dei ricercatori americani, tedeschi (fra i quali in posizione di preminenza lo stesso Bayer) e giapponesi, i poliuretani si sono imposti come prodotti industriali, sotto forma di fibre, vernici, adesivi, elastomeri, ma soprattutto di materiali cellulari espansi: le schiume poliuretaniche, che costituiscono appunto il nostro argomento. In questa trattazione cercheremo di evitare, nei limiti del possibile, formule chimiche complicate, e del resto poco utili al lettore, in quanto note a priori all'esperto, e di difficile comprensione per il profano. Alcuni concetti chimici fondamentali sono peraltro necessari. Le schiume poliuretaniche sono dei polimeri espansi, ottenuti combinando ed equilibrando opportunamente due reazioni chimiche fondamentali: una reazione di polimerizzazione, più precisamente una reazione di poliaddizione di composti poli-ossidrilati su poli-isocianati, e una reazione di espansione. Esse si presentano come masse cellulari, che seguono la forma dello stampo in cui vengono prodotte (dall'unione dei reagenti liquidi all'ottenimento di un polimero solido ed asciutto al tatto passano in generale solo pochi minuti), e le cui celle sono distribuite regolarmente. Queste celle, o pori, sono generalmente aperte, permettendo al materiale di «respirare», nelle schiume flessibili e semirigide, mentre sono generalmente chiuse nelle schiume rigide. Abbiamo così già premesso le tre importanti categorie in cui si dividono queste schiume: flessibili, semi-rigide (o semi-flessibili), e rigide. Le schiume flessibili Tratteremo per prime le schiume flessibili, in quanto furono le prime a rivestire un interesse commerciale su larga scala. Come abbiamo visto, questi materiali vengono prodotti equilibrando due reazioni contemporanee, una di poli-addizione e una di espansione. La reazione di poliaddizione può venire schematizzata come segue: (A) n HO-R-OH + n OCN-R'-NCO = (-R-O-CO-NH-R'-NH-CO-O-)n
In questo schema di reazione, HO-R-OH è un generico composto poli-ossidrilato,
OCN-R'-NOG è un generico poli-isocianato, ed il prodotto è un poliuretano
lineare, caratterizzato dal legame =N-CG-O-, cioè dal caratteristico legame
uretanico, da cui questi polimeri prendono il nome. Quando si tratta di
schiume flessibili, il poli-isocianato è in realtà, nella quasi totalità dei
casi, un di-isocianato e precisamente il toluendiisocianato. Ciò significa
che il radicale R' che appare nella reazione (A) precedente è il radicale =
C 6H 3-CH 3. Il composto poliossidrilato
può invece essere un poliestere o un polietere, per quanto questi ultimi
siano più usati industrialmente, anche per ragioni di costo. I poliesteri
per schiume poliuretaniche sono, in generale, prodotti di condensazione di
un glicole, come il glicole dietilenico, contenente una piccola percentuale
di un triolo, con acido adipico ed anidride ftalica; questi intermedi
vennero sviluppati originariamente in Germania, ed è in questo Paese che,
tuttora, trovano maggiore impiego. Le schiume da poliesteri si differenziano
da quelle da polimeri, anche se non si tratta di reqole necessariamente
sempre valide, per una maggior ruvidezza al tatto, una maggior isteresi, ed
una minore resilienza. I polieteri, che sono indubbiamente gli intermedi
poli-ossidrilati più importanti, sono invece prodotti di condensazione di
ossido di propilene, eventualmente con piccole quantità di ossido di
etilene, su alcoli polifunzionali, come la glicerina, il trimetilolpropano,
il glicole propilenico, il sorbitolo ed il sucrosio. La funzionalità, cioè
il numero di gruppi ossidrilici (-OH) per molecole, dipende ovviamente dalla
funzionalità dell'alcool di partenza, o «starter». Nel caso dei polieteri
per schiume flessibili, la funzionalità è generalmente compresa fra 2 e 4. e
gli «starter» più usati sono quindi il glicole propilenico (2), la glicerina
(3) ed il trimetilol-propano (3), specialmente il secondo. Fra parentesi è
stata indicata la funzionalità, il peso molecolare di questi polieteri è
generalmente compreso fra 2000 e 5000, ma i tipi più usati hanno un peso
molecolare di 3000-3500.
La reazione di espansione Passiamo ora ad esaminare la reazione di espansione. Nelle schiume flessibili, questa è sempre, almeno in parte, chimica, mentre, come vedremo, è prevalentemente fisica nel caso delle schiume rigide. La reazione di espansione chimica è una reazione fra i gruppi isocianici (-NCO) dell'isocianato ed una certa quantità di acqua, che viene introdotta nella formulazione. Il meccanismo è il seguente: (B) R-NCO + H2O = R-NH2 + CO2Concettualmente, si tratta della medesima reazione che già abbiamo visto, cioè della somma di un composto ossidrilato (in questo caso l'acqua, cioè il più semplice composto ossidrilato) sul doppio legame carbonio-azoto di un gruppo isocianico. In questo caso però il composto intermedio che si forma non è stabile, e si scinde, con formazione di un'ammina primaria, e liberazione di anidride carbonica. Quest'ultima, come è noto, è un gas, e tende a sfuggire dalla massa di reazione (si ricordi che la reazione di espansione e quella di poli-addizione avvengono contemporaneamente), mentre a ciò si oppone la viscosità, in continuo aumento, della massa di reazione stessa. Per aprirsi una strada, nel suo anelito di fuga, l'anidride carbonica fa quindi espandere la massa, fino a 35 volte il suo volume iniziale, con conseguente formazione di un materiale cellulare, il segreto della formulazione di una schiuma poli-uretanica sta appunto nel disporre le cose in modo che, quando tutta l'anidride carbonica si è liberata, la massa di reazione abbia già una consistenza tale, per effetto della reazione (A), da essere auto-portante, cioè da non afflosciarsi. Da quanto è stato detto finora potrebbe sembrare che le schiume poliuretaniche siano polimeri lineari. Ciò non è vero, in quanto, oltre alle due reazioni indicate, ne avvengono altre, infatti, l'isocianato è in grado di reagire con qualsiasi atomo di idrogeno attivo, e in particoiare con quelli del polimero uretanico lineare della reazione (A), e con quelli dell'ammina che si ottiene, accanto all'anidride carbonica, nella reazione (B). Si formano così dei legami trasversali, di tipo allofanico e biuretico, che reticolano il polimero. Queste reazioni di reticolazione avvengono ad una temperatura superiore, per cui può essere opportuno, talvolta, riscaldare la schiuma per favorire la reticolazione, e quindi il raggiungimento delle massime proprietà meccaniche. Ciò non è però sempre necessario, in quanto le reazioni (A) e (B) sono esotermiche, cioè portano ad uno sviluppo di calore, e questo calore autogeno può essere sufficiente per una buona reticolazione. Può essere interessante, a questo punto, soffermarsi un momento sull'effetto di un aumento della quantità di acqua introdotta nella formulazione. Un aumento di acqua porta, attraverso la formazione di una maggior quantità di anidride carbonica, ad una maggior espansione, cioè ad una densità più bassa del prodotto finito. Una diminuzione di densità è generalmente accompagnata da un peggioramento delle proprietà meccaniche della schiuma; nel caso dell'espansione con acqua, però, l'effetto di quest'ultima non si limita ad una maggior formazione di anidride carbonica. Aumenta anche la quantità di ammina primaria che si forma nella reazione (B), ed abbiamo visto che questa ammina reagisce ulteriormente con l'isocianato, con formazione di legami trasversali, che rinforzano il prodotto il peggioramento di proprietà meccaniche esiste sempre, ma non è, nel caso di espansione con acqua, così sensibile come la diminuzione di densità avrebbe potuto lasciar presagire. Tecnologia di produzione Le schiume poliuretaniche vengono prodotte industrialmente con delle macchine. Queste sono sostanzialmente costituite da una testa miscelatrice verticale, ad alta velocità, alimentata da un certo numero di pompe dosatrici. Dato che l'isocianato, il polietere o poliestere, e l'acqua, devono venir tenuti separati fino alla miscelazione finale nella testa miscelatrice, le pompe dosatrici sono, nei caso delle schiume flessibili, almeno tre, ma generalmente quattro o più. (A rigore, il polietere potrebbe venir mescolato con l'acqua, ma ciò creerebbe problemi di dispersione, non facilmente risolubili). Le pompe alimentano quantità accuratamente dosate delle materie prime nella testa, e dopo una permanenza di una frazione di secondo la miscela esce da un ugello, che si trova nella parte inferiore della testa, e «cade» in uno stampo, nel caso della produzione di pezzi stampati, oppure su un nastro continuo, in movimento, nel caso si producano blocchi continui. In quest'ultimo caso, la testa miscelatrice viene comunemente fatta muovere trasversalmente, rispetto al nastro trasportatore, per ottenere un blocco di altezza uniforme. Pochi secondi dopo aver toccato lo stampo o il nastro, la miscela comincia a reagire, espandendosi, mentre la sua viscosità aumenta rapidamente, e in pochi secondi si ottiene un pezzo avente la forma dello stampo, nel caso dello stampaggio, oppure un blocco continuo, squadrato, nel caso di questo tipo di produzione. Dopo alcuni minuti, il blocco può persino venire tagliato. La densità della schiuma così ottenuta dipende dalla quantità di agente di espansione usata (acqua), e la gamma delle densità commerciali va da 20 a 45 kg/m3. Sono state prodotte anche schiume di densità più bassa, fino a 10 kg/m3, ma le loro caratteristiche sono alquanto scadenti. Reazione in autoclave Abbiamo visto prima che il segreto per la produzione di schiume poliuretaniche flessibili è un adeguato equilibrio delle due reazioni (A) e (B). Se infatti (A) è troppo rapida rispetto a (B), non tutta l'anidride carbonica riuscirà a liberarsi nell'aria, e resterà intrappolata in una certa percentuale di celle chiuse della schiuma. Questa, subito dopo la produzione, è calda, per effetto dell'esotermicità delle reazioni (A) e (B); il successivo raffreddamento fino alla temperatura ambiente porta quindi a una contrazione, o ritiro, delle celle chiuse, per la ben nota legge dei gas (le celle chiuse sono piene di un gas, l'anidride carbonica). Dato che la matrice polimera della schiuma è, per definizione, flessibile, si ha una contrazione di tutto il prodotto, che non è perciò più commerciabile. Se, viceversa, (B) è troppo rapida rispetto ad (A), tutta l'anidride carbonica si libera prima che la schiuma sia auto-portante, con conseguente afflosciamento, o «collasso», al termine della reazione di espansione. Agli inizi della tecnologia delle schiume flessibili, il problema dell'equilibrio delle due reazioni venne risolto facendole avvenire separatamente. In pratica, si facevano reagire, in un primo stadio, l'isocianato ed il poliestere o il polietere; la reazione avveniva in autoclave, ed il prodotto era un polimero uretanico ad alta viscosità, contenente legami uretanici e legami uretici. In pratica aveva luogo la sola reazione (A), oltre a reazioni secondarie di reticolazione. Questo prodotto, chiamato «prepolimero», veniva poi fatto reagire, nella macchina di schiumatura (che in questo caso aveva solo due pompe dosatrici), con una miscela di acqua, catalizzatori e tensioattivi: dato che le proporzioni della carica usata per la produzione del prepolimero non erano stechiometriche, ma si usava un eccesso di isocianato, i gruppi isocianici residui del prepolimero reagivano con l'acqua, provocando lo sviluppo di CO2, e la conseguente espansione della massa (reazione B). Processo in fase unica In seguito a studi compiuti negli Stati Uniti, verso la fine degii anni '50, si trovò che una particolare combinazione di catalizzatori permetteva di far avvenire contemporaneamente, in modo bilanciato, le due reazioni. Nasceva così il processo «one shot», cioè «in fase unica». Il problema fondamentale era il fatto che, concettualmente, le due reazioni seguivano un meccanismo analogo, per cui un catalizzatore attivo su una delle due reazioni attivava necessariamente anche l'altra. Gli studi americani permisero però di accertare che alcuni derivati organici dello stagno, e in particolare i saponi di stagno bivalente, come il 2-etil-esoato, o ottoato stannoso, esplicavano un'azione preferenziale sulla reazione di polimerizzazione, mentre alcune ammine terziarie, e particolarmente la trietilendiammina, o diazobicicio-ottano (DABCO), erano particolarmente attive sulla reazione di espansione. L'impiego di questi due catalizzatori; in un opportuno rapporto, permette quindi di bilanciare perfettamente le due reazioni e di ottenere una schiuma flessibile dalle caratteristiche soddisfacenti. Funzioni dei tensioattiviIl processo «one shot» non sarebbe però stato probabilmente possibile se, contemporaneamente alla scoperta dei catalizzatori stannosi, non fossero stati messi a punto anche dei «tensioattivi» perfezionati. Abbiamo visto, infatti, che durante la reazione di espansione si forma un gas, l'anidride carbonica, che viene a trovarsi in un sistema liquido in fase di polimerizzazione, cioè la cui viscosità è in continuo aumento. Quando questo liquido diventa sovrasaturo di gas, quest'ultimo si libera, formando delle bolle, e ha luogo l'espansione. E' importante che, in questa fase, il gas si svolga in numerosissime bollicine di dimensioni pressoché uguali, e non in poche bolle grandi; per ottenere questo, si aggiunge un tensioattivo, o «agente di nucleazione». Questo tipo di additivo veniva già usato nel vecchio processo del prepolimero, ed era noto che i siliconi avevano un'azione efficace in questo senso. Con l'avvento del processo «one shot», fu però necessario mettere a punto dei tensioattivi molto più «energetici» per la maggior delicatezza dei processo. Per una fortunata coincidenza contemporaneamente alla scoperta dei catalizzatori stannosi, in un altro laboratorio americano, quello della Union Carbide, si trovò che alcuni copolimeri di siliconi con glicoli poli-ossi-alchilenici erano efficacissimi agenti di nucleazione per la formazione delle schiume poliuretaniche. Oltre all'azione di nucleazione vera e propria, questi composti contribuivano inoltre, in misura determinante, a stabilizzare la struttura cellulare e a controllare le dimensioni delle celle nel prodotto finito. Da allora i tensioattivi siliconici sono stati naturalmente perfezionati, ma il loro impiego è tuttora un punto fermo nella tecnologia delle schiume poliuretaniche. Per un prodotto morbido Resta da accennare, per quanto riguarda la tecnologia delle schiume flessibili, all'impiego di un meccanismo di espasione fisico, per coadiuvare l'espansione chimica prodotta dall'acqua. Abbiamo visto che le reazioni di polimerizzazione (A) e di espansione chimica (B) sono esotermiche, cioé liberano calore. Se, alla formulazione della schiuma, si aggiunge una certa quantità di un liquido bassobollente, come ii Freon 11 (tricloromonofluorometano) o il cloruro di metilene, il calore di reazione ne provocherà l'ebollizione in seno alla massa, con conseguente liberazione di un gas che aiuta l'espansione, permettendo di ottenere una schiuma di densità minore. Questo meccanismo viene usato quando si desidera un prodotto molto morbido, in quanto l'espansione con Freon 11 à puramente fisica, e non accompagnata dai fenomeni secondari di reticolazione che abbiamo visto parlando dell'espansione con acqua. L'uso degli agenti fisici può inoltre essere dettato anche da ragioni economiche, in quanto l'espansione con acqua porta ad un maggior consumo di isocianato, e quest'ultimo è piuttosto costoso. Sfruttamento industriale Abbiamo cercato di descrivere, anche se in modo molto sintetico, i principali aspetti della tecnologia e della chimica delle schiume poliuretaniche flessibili. Vediamo ora per quali ragioni e in quali settori questi materiali si sono imposti industrialmente. Il mercato principale di questi espansi è stato, fin dall'inizio, quello delle imbottiture. Questo campo era dominato, negli anni '50, dai vari tipi di gomma espansa, come ad esempio la gommapiuma, che però presentava due inconvenienti: la densità relativamente elevata ed il costo. La scoperta di un nuovo materiale, più economico, di densità molto più bassa (anche un terzo della gomma espansa), e dalle caratteristiche simili, non poteva non incidere profondamente nel mercato della schiuma da lattice. Le applicazioni principali delle schiume rolluretaniche flessibili sono infatti tuttora le imbottiture di divani e poltrone, i materassi e i sedili delle autovetture; questi ultimi vengono ottenuti in generale per stampaggio. Numerosissime anche le applicazioni in campo domestico, dalle spugne da bagno agli attrezzi per la pulizia della casa. Le schiume flessibili hanno inoltre un ottimo potere isolante, che è stato sfruttato dall'industria tessile con la creazione di accoppiati tessuto-schiuma, ottenuti applicando un sottile strato di schiuma poliuretanica ai tessuti. Con questi accoppiati si confezionano un numero crescente di capi di abbigliamento, dai cappotti alle vestaglie agli indumenti sportivi, in cui l'elevato potere isolante dal freddo è accompagnato da un peso sorprendentemente basso, difficilmente ottenibile con i materiali tradizionali dell'industria tessile. Può essere interessante esaminare questo sviluppo anche in termini quantitativi. Alla fine del 1960 i produttori di schiume poliuretaniche flessibili in Italia erano 3, con una produzione complessiva che non raggiungeva le 1000 tonnellate. Nel 1968 i produttori avevano raggiunto la ventina, con una produzione che, in base ai dati più attendibili, superava le 20.000 tonnellate. Schiume semi-rigide e rigideLe schiume semi-rigide, o semi-flessibili, sono concettualmente abbastanza simili agli espansi flessibili. Si tratta sempre di materiaii a celle prevalentemente aperte, con una resistenza alla compressione superiore a quella delle schiume flessibili. Le materie prime usate sono sempre isocianati e composti ossidrilati polifunzionali, anche se gli isocianati sono spesso diversi dai toluendiisocianato (TDI), ed i composti poliossidrilati hanno generalmente una funzionalità media più alta e un peso molecolare più basso dei corrispondenti intermedi per le schiume flessibili. La principale applicazione delle schiume semi-rigide si ha nell'industria automobilistica, grazie alle loro ottime proprietà di assorbimento degli urti. Esse vengono quindi usate per l'imbottitura di particolari come il cruscotto, i braccioli e le alette parasole delle autovetture. Industrialmente più importanti delle schiume semi-rigide sono indubbiamente le schiume poliuretaniche rigide, il cui boom risale agli anni più recenti. Questi materiali presentano alcune notevoli differenze rispetto alle schiume fiessibili, che sarà bene esaminare nei dettagli. Innanzitutto, i polieteri ed i poliesteri (ma molto più i primi dei secondi) usati per la produzione delle schiume rigide hanno una funzionalità molto più elevata dei loro corrispettivi impiegati nei flessibili. Si usano infatti, in generale, i derivati del sorbitolo e del sucrosio, che hanno rispettivamente una funzionalità di 6 e di 8, oltre ad alcuni tipi, più complessi, di polieteri aromatici. Inoltre, il peso molecolare dei derivati ossidrilati è più basso, e si misura con il metro delle centinaia di unità, anziché delle migliaia. Ciò porta a due conseguenze importanti: in primo luogo, ad una schiuma più rigida, il che è quanto si voleva ottenere: in secondo luogo, ad un maggior calore di reazione. Abbiamo visto, infatti, che la reazione di polimerizzazione (A) è esotermica. Nel caso dei polieteri per schiume rigide, a causa della funzionalità più alta e del minor peso molecolare, cioè della maggior «concentrazione» di gruppi -OH reattivi, il calore di reazione, se come isocianato si usasse il TDI, sarebbe tale da «bruciare» l'interno della schiuma. Il problema può essere risolto in due modi, entrambi tuttora in uso, il primo consiste nel far prereagire l'isocianato, in questo caso ancora TDI, con parte del polietere, per disperdere in una fase separata una parte del calore di reazione, in pratica si impiega, in questa reazione, abbastanza polietere per portare il contenuto di gruppi -NCO reattivi del TDI, che nel composto puro è del 49% circa in peso, ad un valore del 30-31% circa, il prodotto che così si ottiene viene chiamato «quasi-prepolimero» (è evidente l'analogia, ma anche le differenze, con la tecnica del «prepolimero» un tempo usata per le schiume flespibili). Il quasi-prepolimero può poi venir fatto reagire con il resto del polietere, gli additivi e gli agenti di espansione nella macchina per la produzione delle schiume. Differenza cellulare Il secondo sistema per ovviare al problema dell'eccessiva esotermicità della reazione con il TDI puro consiste nell'impiegare altri isocianati, meno reattivi. Si tratta sempre di isocianati grezzi, cioè non purificati, e i tipi più comuni sono tre; il TDI grezzo, con un contenuto di gruppi -NCO del 38% circa in peso (il più usato negli USA), lo MDI (p,pdiisocianato di difenil-metano) grezzo, il più usato in Europa, e il PAPI, un polialchilen-poli-isocianato usato principalmente per applicazioni speciali. Sia lo MDI che il PAPI hanno un contenuto di gruppi -NCO del 30-32% circa. Tutti questi isocianati grezzi possono, naturalmente, venire usati con processo «one shot», cioè senza pre-reazioni. Un'altra importante differenza fra schiume flessibili e rigide riguarda la struttura cellulare. Abbiamo visto che le schiume flessibili sono materiali a celle aperte, e che anzi è pericoloso che, in sede di produzione, si formino delle celle chiuse. Viceversa, le schiume rigide sono materiali a celle chiuse, grazie alla maggior funzionalità dei polieteri usati, ed à importante, come vedremo, che le celle siano chiuse nella maggior percentuale possibile. In una buona schiuma rigida, oltre il 95% delle celle sono chiuse. L'applicazione principale delle schiume poliuretaniche rigide è il loro uso come materiali isolanti, il loro coefficiente di trasmissione del calore è infatti inferiore a 0,02 kcal/mh°C, cioè il migliore fra tutti gli isolanti conosciuti. Questo elevato potere isolante è dovuto essenzialmente al potere isolante del gas contenuto nelle celle, ed è per questo che è importante che le celle siano chiuse. Il boom delle schiume rigide come materiali isolanti inizia infatti nel 1958, quando il meccanismo di espansione chimico a base di acqua (e pertanto con anidride carbonica nelle celle) viene sostituito dal meccanismo fisico, usando Freon 11 come agente di espansione. Infatti, il coefficiente di trasmissione del calore del Freon 11 gassoso, a 2O°C, è di 0,0071 kcal/mh°C, mentre quello dell'anidride carbonica, alla medesima temperatura e nelle medesime unità è di 0,0124. Miscela di catalizzatoriNella formazione delle schiume rigide, oltre alle reazioni di reticolazione, interviene quindi solo la reazione di polimerizzazione (A), mentre la reazione (B) non avviene, per la mancata introduzione di acqua nella formulazione. Questo semplifica anche le macchine, che infatti hanno in generale due sole pompe dosatrici, una per l'isocianato (o il quasi-prepolimero), e l'altra per il polietere, già additivato di catalizzatori, tensioattivo siliconico e Freon 11. I catalizzatori usati appartengono alle classi già viste dei composti organici dello stagno e delle ammine terziarie; fra queste, oltre al DABCO, si possono ricordare le ammine terziarie alifatiche, come la N,N,N',N'-tetrametil-butandiammina (TMBDA), e le ammine cicloalifatiche, come la dimetil-cicioesilammina (DMCA). Generalmente, per controllare meglio la reazione, si usa una miscela di questi catalizzatori. I tensioattivi appartengono invece alla stessa famiglia dei copolimeri siliconici, di cui abbiamo già parlato a proposito delle schiume flessibili. Eccellente isolante Dal punto di vista applicativo, l'impiego oggi più importante delle schiume poliuretaniche rigide è indubbiamente l'isolamento dei frigoriferi e dei congelatori. In questo campo, i poliuretani hanno completamente soppiantato il materiale isolante tradizionale, la lana di vetro, grazie al loro potere isolante quasi doppio. Ciò ha consentito quella notevole riduzione di spessore delle pareti dei frigoriferi domestici, con conseguente aumento dello spazio interno utile, che si è notata nei modelli degli ultimi anni dei principali produttori di elettrodomestici. Di tipo analogo è anche l'applicazione, o sempre più diffusa, delle schiume poliuretaniche e nell'isolamento dei frigoriferi industriali, dalle grandi celle frigorifere alle vetrine dei supermercati, mentre si stanno sperimentando questi materiali, già su scala industriale, anche nell'isolamento dei riscaldatori d'acqua domestici. Si ottiene così, infatti, un sensibile aumento della resa dello scaldabagno, con conseguente maggiore economicità di impiego.
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