«Diventare piloti» di Bruno Ghibaudi


Le cifre parlano chiaro. Secondo le statistiche del dicembre 1968 negli Stati Uniti, paese di 200 milioni di abitanti, gli aeroplani privati erano più di 120.000 (60 velivoli ogni 100.000 persone) e compivano più di 20 milioni di ore di volo all'anno. In Svizzera c'erano 575 aerei su 6 milioni di abitanti (9,57 per 100.000 ab.), in Francia 4.245 su 47 milioni di abitanti (8,98 per 100.000), in Austria 293 su 7 milioni (4,04 per 100.000), in Germania Occidentale 1.845 su 55 milioni (3,30 per 100.000), in Inghilterra 1.585 su 54 milioni (2,90 per 100.000), in Belgio 276 su 5.300.000 (2,83 per 100.000). Ed ecco l'Italia: 821 aerei su 56 milioni di abitanti, 1,55 per 100.000, con poco più di 50.000 ore di volo l'anno: un quarantesimo degli Stati Uniti, la metà della Germania, un sesto della Svizzera. Negli ultimi anni la situazione non è molto cambiata. I motivi di questa situazione sono parecchi. Alla base di tutto c'è l'errata convinzione che il volo sia un lusso da miliardari e che i costi d'acquisto, di noleggio o d'esercizio di un velivolo - sia pure di piccola potenza - raggiungano limiti proibitivi. Altrettanto diffusa è la convinzione che per diventare piloti occorrano qualità psicofisiche eccezionali, analoghe a quelle richieste per i piloti militari di aeroplani a reazione. Vero o falso? Informiamoci presso la segreteria di uno qualunque dei 72 Aero Club disseminati in ogni regione d'ltalia. Quando l'aspirante pilota ha compiuto il 17º anno di età - ci si dice - può presentare domanda al suo Aero Club regionale per essere ammesso alla scuola pilotaggio. Fino al 18º anno sarà necessaria l'autorizzazione del padre, una formalità abituale della legge italiana. Completata la domanda con l'aiuto dei soliti certificati accessori, l'allievo viene inviato presso le sedi dell'lstituto medico legale dell'Aeronautica per essere sottoposto alla visita psicofisiologica. E ciò nell'interesse dell'allievo, per evitare che un fisico poco adatto possa improvvisamente cedere durante il volo, con conseguenze irreparabili. Gli esami sono quelli soliti: elettrocardiogramma, controllo fisico generale, reazione Wassermann, analisi del sangue, esame della vista, dell'udito e della capacità di reazione. ln più ci sarà la prova della sedia girevole, per accertare le capacità d'equilibrio. Questo esame, particolarmente severo per gli aspiranti al pilotaggio degli aeroplani militari o civili di linea, è meno rigoroso per i candidati al turismo aereo. L'esame della vista, per esempio, tollera difetti di miopia e di presbiopia di lieve entità e consente la correzione con gli occhiali. Una volta superato lo scoglio della visita medica l'allievo può iniziare subito le prove di volo. Ogni Aero Club dispone di una scuola di pilotaggio, con velivoli particolarmente adatti, e un certo numero di istruttori, quasi tutti ex piloti militari di lunga esperienza. ll traguardo più vicino è il brevetto di primo grado. Per ottenerlo sarà necessario aver compiuto 36 esercitazioni di volo, per un totale di 12 ore. Le prime 7 ore verranno effettuate con l'istruttore al fianco e dovranno dare all'allievo l'esperienza necessaria per volare ancora per 5 ore da solo. Le lezioni pratiche saranno alternate a lezioni teoriche, durante le quali l'allievo imparerà a conoscere il suo velivolo, i princípi del volo, le insidie degli agenti atmosferici, i regolamenti aeroportuali, le norme di circolazione aerea, il diritto aeronautico, e arricchirà le sua cultura di tutte quelle nozioni che lo renderanno un pilota completo e autosufficiente. L'affinità fra il corso di pilotaggio e quello per ottenere la comune patente automobilistica è evidente. Le sette ore di volo con l'istruttore sono obbligatorie per tutti gli allievi, compresi quelli che per la loro particolare maturità sarebbero già in grado di volare da soli in un tempo minore. La storia del pilotaggio ricorda alcune eccezioni famose. Mario De Bernardi, l'asso campione mondiale di acrobazia, recordman di velocità e vincitore di una memorabile edizione della Coppa Schneider, decollò tranquillamente da solo dopo la terza lezione. Piero Taruffi, campione del volante di fama mondiale, spiccò il balzo da solo dopo appena un'ora e 45 minuti di volo a doppio comando. Tazio Nuvolari invece, l'indimenticato asso dotato di un'audacia senza limiti, pilotò di primo acchito un'aeroplano da turismo senza aver mai preso alcuna lezione. Ma i De Bernardi, i Taruffi e i Nuvolari sono piuttosto rari e se nelle scuole di pilotaggio si dovessero seguire gli stessi criteri di manica larga con tutti gli allievi, gli incidenti non si conterebbero più. Il conseguimento ufficiale del brevetto di primo grado è condizionato ad un esame finale durante il quale l'allievo dovrà far vedere che si può essere dei bravi piloti anche senza essere necessariamente degli assi. I voli d'insieme sono cinque e il numero serve a convincere tutti, prima l'allievo e poi gli esaminatori, che la bontà delle manovre dipenda da un'effettiva maturità e non da un insieme di circostanze casuali e fortunate. Dopo il decollo l'allievo dovrà dimostrare di saper evolvere correttamente a destra e a sinistra e atterrare in uno spazio di 150 metri. Durante il volo dovrà invece salire a 1.000 metri (accertati dal barografo di bordo) e compiere alcuni «otto» attorno a determinati punti di riferimento (di solito due campanili). Gli esami di nozioni teoriche completeranno le prove. Ottenuto il brevetto di primo grado, per il cui mantenimento sarà necessario compiere almeno cinque ore di volo all'anno, un pilota potrà volare da solo, ed esclusivamente in Italia. Per portare in volo altre persone o superare le frontiere dovrà invece conseguire il brevetto di secondo grado, detto anche «brevetto internazionale da turismo». Il passaggio dall'uno all'altro potrà essere fatto solo a distanza di tre mesi e comporta altre prove teoriche e pratiche di lieve impegno. C'è poi l'ulteriore classificazione del brevetto di 3º grado, ma specifichiamo subito che si tratta di una qualifica riservata ai veri professionisti del volo, dotati di una notevole esperienza nella condotta del velivolo e di ampie nozioni teoriche. Una qualifica che per il turista aereo è da considerare supeflua. Le spese per conseguire un brevetto da pilota non sono le stesse e variano da un Aero Club all'altro in base alle spese generali che ogni sodalizio deve affrontare per mantenere in efficienza la sua scuola di pilotaggio. In linea di massima la spesa viene notevolmente ridotta dalle previdenze governative. Una volta conseguito il brevetto, il neo pilota potrà continuare a volare con gli aeroplani di proprietà degli Aero Club di cui è socio. Avendone la possibilità può invece acquistare il suo velivolo personale, scegliendolo tra una vasta gamma di esemplari d'ogni tipo e d'ogni prezzo. Precisiamo però subito che l'acquisto di un velivolo di seconda mano non deve essere paragonato a quello di un'auto, con tutti i rischi e le sorprese che esso comporta. Secondo le norme del Registro Aeronatutico (RAI) tutti i velivoli devono sottostare alle periodiche revisioni generali, con l'obbligo di rimettere in efficienza le parti poco funzionanti e di sostituire quelle avariate. Il volo con uno di questi velivoli può quindi essere affrontato in piena tranquillità. Con una somma analoga a quella necessaria per una buona automobile si possono acquistare ottimi velivoli usati e in piena efficienza. Il mercato dei velivoli nuovi offre indubbiamente migliori possibilità, anche perché gli acquirenti possono usufruire di un rimborso governativo. E non potendo elencare tutti i tipi di velivoli disponibili sul mercmercato italiano e su quello internazionale ci limitiamo a precisare che con una spesa pari al doppio di quella per l'usato si possono acquistare ottimi velivoli di 100 CV di potenza, capaci di sviluppare una velocità di crociera superiore ai 200 km orari. Rimangono le spese d'esercizio, la custodia in hangar, le spese fisse per l'iscrizione al RAI, per le revisioni periodiche e le assicurazioni. Il consumo orario del carburante varia secondo la cilindrata e la potenza. Un triposto da 200 km orari, per esempio, consuma 23-25 litri l'ora, un quadriposto da 350 km orari ne consuma invece una trentina. L'aviazione è ancora quasi tutta da scoprire: ma certamente ha un grande futuro, ammesso che l'attuale modello di sviluppo continui, e non s'interrompa né prenda bruscamente altre strade.

 

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