Istruzione e sviluppo di Gianni Fodella
«Istruzione e sviluppo» di Gianni FodellaQuasi tutti i beni e i servizi possono essere divisi in due distinte categorie: quelli dai quali i consumatori traggono un beneficio immediato (beni di consumo) e quelli usati nella produzione, chiamati «investimenti». L'istruzione ha la peculiarità di essere l'uno o l'altro o entrambi. Essa riveste enorme importanza sia come oggetto di consumo immediato, sia come forma di investimento per la produzione futura. Considerare l'istruzione soltanto come una forma di consumo significa assegnarle un posto indebitamente modesto nell'ordine delle priorità. Un Paese in via di sviluppo deve invece giustamente considerare le spese effettuate per l'istruzione come un investimento. Il fatto che queste abbiano per di più le caratteristiche del consumo, e giovino quindi all'individuo personalmente, non deve confondere la questione. L'essere contemporanearnente bene di consumo e fonte di capitale produttivo per la società non diminuisce affatto l'importanza dell'istruzione come investimento, anzi la accresce. Naturalmente non dovrebbe avere importanza quale sia l'etichetta da porre: investimento o consumo, il risultato non dovrebbe mutare. Invece l'etichetta ha il suo peso perché le decisioni politiche ne sono influenzate. Poiché se si tratta di consumo allora potrà essere ridotta la quota ad esso destinata in periodi di crisi, senza che ciò abbia effetti a lungo termine sull'economia; mentre se è un investimento, in analoghe circostanze si dovrà spendere di più a causa della profonda influenza che ciò potrà avere sullo sviluppo economico futuro. Se l'istruzione è investimento, e «accumulare» è, come disse Marx, la prima legge di una società capitalista, allora l'istruzione dovrebbe essere così abbondante che le cognizioni e la sapienza dovrebbero uscirci dalle orecchie. Mentre se è consumo, allora la prosperità porterà all'abbondanza anche in campo educativo. L'erronea interpretazione degli economisti classici su questo punto portò i loro epigoni a negligere il ruolo dell'istruzione quale fattore di sviluppo economico, nonostante nelle loro opere, da Adam Smith in avanti, sembri che l'istruzione pubblica abbia giocato un ruolo importante nel pensiero economico classico. E' tuttavia con Alfred Marshall che il fattore istruzione assume una vera importanza. E ciò si spiega facilmente: con l'aumentata complessità tecnica dei processi di produzione e con la crescente importanza delle scoperte scientifiche, l'istruzione, nella sua espressione di valorizzazione delle risorse umane, da fattore utile e ausiliario dello sviluppo economico diviene fattore indispensabile, essenziale, e primo elemento motore dello sviluppo, mancando il quale non può esservi evoluzione economica. In una sezione del suo Principles of Economics intitolata «investimento di capitale da parte dei genitori nei figli», Marshall mette in rilievo che «la capacità di prevedere il futuro» e «il desiderio di sacrificarsi per il bene dei figli è per molti limitato dalla mancanza dei mezzi, dalla scarsa istruzione». Le classi più agiate «mentre sono in genere desiderose di risparmiare del capitale per i loro figli, sono però ancor più attente alle possibilità di investirlo in essi». Analogamente Angelo Pagani nel suo libro La formazione dell'imprenditorialità: «... Ma il privilegio più saldo che le classi alte legano ai loro figli non è tanto quello del patrimonio che lasciano in eredità, quanto quello dell'istruzione superiore... Se ne potrebbe dedurre che per la realizzazione dell'ideale egualitario la riforma democratica della scuola, in tutti i suoi gradi, conti più di quella dell'assetto della proprietà». Fedele alla sua opinione che «il più prezioso di tutti i capitali è quello investito in esseri umani», Marshall mise sempre l'accento sull'importanza dell'istruzione. Questa non era semplicemente l'osservazione di un cittadino colto e socialmente impegnato; in un'importante appendice matematica egli diede anche la dimostrazione dettagliata dei metodi per calcolare i profitti dell'istruzione. Anche Marx ebbe la sua parte in questa tradizione e sviluppò la difesa dell'istruzione fatta da Smith. Per l'industria egli dice «diventa questione di vita o di morte sostituire a quella mostruosità che è una miserabile popolazione operaia disponibile, tenuta in riserva per il variabile bisogno di sfruffamento dei capitale, la disponibilità assoluta dell'uomo per il variare delle esigenze del lavoro; sostituire all'individuo parziale, mero veicolo di una funzione sociale di dettaglio, l'individuo totalmente sviluppato, per il quale le differenti funzioni sociali sono modi di attività che si danno il cambio l'uno con l'altro». Non c'è dubbio, aggiunge Marx, che la forma capitalistica della produzione sia antitetica alla meta verso la quale tendono i fermenti rivoluzionari, che è l'abolizione della vecchia divisione del lavoro. «Ne sutor ultra crepidam (non vada il calzolaio oltre la scarpa): questo non plus ultra della sapienza artigiana è diventato terribile follia dal momento nei quale l'orologiaio Watt ha inventato la macchina a vapore, il barbiere Arkwright il telaio continuo, e l'orefice Fulton il battello a vapore». La funzione dell'istruzione in una società progressista sarà di superare l'alienazione del lavoratore dai mezzi di produzione e, sviluppando nel contempo le sue capacità tecniche, di riportarlo ad essere uomo pur continuando ad essere produttore. Irving Fisher, più di mezzo secolo fa, pose le basi analitiche di un concetto di capitale che comprendesse tutto: sia l'uomo sia gli oggetti materiali. Ma il concetto di capitale di Fisher è da lungo tempo negletto e, al contrario, questo concetto è andato sempre più identificandosi con i beni materiali (valendo all'economia il titolo di «materialistica», la dismal science di Carlisle). E' soltanto da poco che gli economisti sono tornati ad occuparsi del problema dell'istruzione quale fattore di sviluppo economico. Fra i primi e più noti il prof. Theodore W. Schultz, dell'Università di Chicago, e il prof. John Vaizey, dell'Università di Oxford. A questi economisti divenne chiaro che la tendenza in atto nei paesi più sviluppati a investire fortemente in esseri umani ha un'influenza non trascurabile sullo sviluppo economico e che l'investimento chiave in capitale umano avviene attraverso l'istruzione scolastica. Le analisi economiche fatte di recente sull'investimento in esseri umani, sebbene rappresentino un contributo significativo della teoria economica, sono ancora di scarsa utilità per i pianificatori, salvo forse nel far loro considerare in modo generico l'importanza dell'istruzione e suggerire che alcune delle spese per l'istruzione stessa possano essere considerate investimenti anziché consumi correnti o spese «sociali». Probabilmente ben pochi progressi verranno fatti in questa direzione finché non saranno analizzati con precisione i processi relativi allo sviluppo delle risorse umane, e ciò non soltanto limitatamente ai tassi di profitto del denaro investito in istruzone. D'altro canto sarebbe egualmente errato concludere che l'istruzione e gli altri mezzi dello sviluppo umano debbano essere trattati come «diritti umani» indipendentemente dal loro contributo alla produzione di utili, beni o servizi. L'atteggiamento puramente «umanistico», come quello «economicistico», anch'esso limitato, non permette di vedere, preso separatamente, il vero significato delle aspirazioni dell'uomo e della società moderna. Il conflitto tra gli economisti puri e gli umanisti puri non ha ragione di esistere. Infatti se uno dei principali scopi di quasi tutte le società contemporanee è il rapido sviluppo economico, allora i programmi dello sviluppo delle risorse umane devono essere concepiti in modo da produrre le cognizioni, le abilità e gli incentivi richiesti da un'economia produttiva. Se si respinge la nozione che gli investimenti in istruzione devono essere produttivi, allora si deve anche essere preparati a respingere l'obiettivo del rapido progresso economico. Ma se accettiamo l'obiettivo del rapido sviluppo economico e l'idea che l'istruzione debba essere orientata in modo significativo a promuoverlo, non per questo dobbiamo respingere il concetto «umanistico» (o umanizzante) del ruolo dell'istruzione. Il progresso è essenzialmente il risultato dello sforzo umano. Occorrono agenti umani per mobilizzare il capitale, per sfruttare le risorse naturali, per creare mercati e per esercitare l'industria e i commerci. I costruttori di economie sono élites di vario tipo che organizzano e guidano la marcia verso il progresso. J. K. Galbraith, parlando delle aree di povertà esistenti negli Stati Uniti d'America e dei mezzi per eliminarle, suggerisce come unico rimedio la diffusione dell'istruzione. «L'economista il quale crede non vi sia un altro scopo nella vita tanto urgente quanto la massimizzazione del reddito globale e individuale, non penserebbe mai di applicare ai propri figli questa regola.... Egli vuole soprattutto che essi abbiano un'occupazione interessante e rimunerativa» (The Affluent Society). Anche per Pierre Jaccard le insufficienze della preparazione scolastica e professionale paralizzano lo sviluppo economico e sociale. Un paese sottoistruito è un paese sottosviluppato. Non bisogna infine dimenticare che di tutte le risorse necessarie allo sviluppo economico, la mano d'opera di alta qualità è quella che richiede il più lungo periodo di tempo per la sua formazione. Dighe, centraii elettriche, fabbriche tessili e acciaierie possono essere costruite in pochi anni, ma ci vogliono 10-15 anni per sviluppare i dirigenti, gli ingegneri e l'amministrazione per produrle. L' esistenza di un tale potenziale è comunque indispensabile se i paesi vogliono conseguire uno sviluppo autonomo. Soltanto una solida istruzione dà all'uomo gli strumenti necessari alla continua ricerca di nuove soluzioni. Lo sviluppo di una società non si attua secondo una linea continua, ma attraverso «fatti nuovi». Uno dei fattori determinanti dello sviluppo economico è, senza dubbio, costituito dal progresso tecnico, e questo nasce in un clima di istruzione diffusa. La storia ci insegna che la prosperità economica raggiunge il suo apice in quelle epoche e presso quei popoli in cui l'istruzione è più largamente diffusa; mentre le epoche oscure videro accoppiate miseria e ignoranza.
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