«Le grotte d'Italia» di Alfredo Bini
I calcari e le dolomie sono le formazioni geologiche più ricche di grotte perché è in esse che si sviluppa la corrosione da parte delle acque meteoriche che prende il nome di carsismo. In Italia tali rocce sono molto frequenti ed è quindi evidente che il numero di cavità è molto elevato; infatti una recente stima eseguita dalla Società Speleologica Italiana valuta il numero delle grotte italiane intorno alle 15.000 unità. Bisogna tener presente che queste sono solo le cavità attualmente note ed esplorate, che rappresentano solo una parte di quelle realmente esistenti nel sottosuolo. Molte cavità non sono ancora state scoperte, molte altre sono inaccessibili e sono state rivelate solo dalle perforazioni e dalle indagini geosismiche; inoltre molte zone sono ancora del tutto inesplorate dal punto di vista speleologico. Oltre ai calcari e alle dolomie, anche i gessi e le lave sono ricchi di grotte, ma in Italia non sono molto frequenti. Pur essendo molto numerose, le grotte italiane sono poco sviluppate: rispetto ai 297 km di sviluppo del complesso carsico Flint Ridge Cave e Mammoth Cave (USA), che è il più lungo del mondo, o ai 130 km della grotta Hölloch (Svizzera), i 16 km di sviluppo dei complesso di Piaggia Bella, che è il più lungo d'Italia, sono ben poca cosa. Sono invece numerose le cavità verticali, ma, anche in questo caso siamo lontani dai record di profondità mondiali; l'Antro del Corchia raggiunge attualmente i 950 m di profondità mentre l'abisso della Pierre St. Martin (Francia) è profondo 1132 m. Prima di fare una sintesi della distribuzione delle grotte italiane è utile ricordare che tutti i dati sulle cavità sono raccolti nel Catasto delle Grotte d'Italia, suddiviso per regioni e coordinato a livello centrale dalla Società Speleologica Italiana. La fascia prealpina, dal Lago Maggiore al confine con la Jugoslavia, è costituita essenzialmente da calcari e dolomie, per cui il fenomeno carsico è molto sviluppato. Sono numerosi gli abissi verticali tra i quali spiccano: in Lombardia, la Grotta Marelli (-360 m), l'Abisso Guglielmo (-394 m) e il buco del Castello (-442 m); in Veneto, la Spluga della Freta (-878 m), la Spluga di Lusiana (-270 m) e il Bus de la Genziana (-582 m); in Friuli, gli abissi Gortani (-920 m. con uno sviluppo di 8500 m), Boegan (-624 m), Davanzo (-735 m) e Comici (-774 m). Si tratta di cavità con grande sviluppo verticale che convogliano velocemente le acque a quote minori. Generalmente la loro struttura consta di alcune serie di pozzi più o meno profondi intervallate da tratti orizzontali, corrispondenti spesso ad antichi fondovalle precedenti all'erosione dei ghiacciai quaternari. (Si tenga presente che lo sviluppo verticale viene indicato con una cifra negativa). A quota inferiore si aprono grandi grotte suborizzontali che costituiscono le risorgenze attuali o fossili delle acque. Alcuni esempi più noti delle Prealpi sono: il Buco dei Piombo (circa 1 km), il Buco della Volpe (2060 m), la Laca di Sponcc (3465 m), il Buso delle Rana (14 km), la Grotta della Bigonda (3020 m), la Grotta del Calgeron (3400 m) e la risorgenza dell'Oliero. Un altro tipo di cavità frequente nelle Prealpi è costituito dalle grotte di scorrimento, ossia cavità, poste a quota intermedia, che non sono né inghiottitoi ne risorgenze ma si aprono lungo il corso intermedio di un torrente sotterraneo. Il complesso carsico di Zelbio (circa 4,5 km) e l'Omber en Banda al Bus dei Zel (circa 3 km) reppresentano due esempi tipici delle Prealpi. Le Alpi Centrali e Orientali sono molto più scarse di cavità importanti. Si possono citare: la Grotta del Torrione di Vallesinella sul Brenta (1152 m), l'Abisso di Lamar (-400 m circa) e la Grotta C. Battisti sulla Paganella (1060 m). Un discorso a parte merita il Carso Triestino, patria originaria della speleologia e da cui è nato il termine, universalmente usato, di «Carsismo». L'altopiano del Carso, interessato da imponenti forme di carsismo superficiale (doline, campi solcati), è attraversato in profondità dal fiume Timavo che penetra sottoterra nelle Grotte di San Canziano (Jugoslavia) col nome di Reka e sfocia in mare presso Monfalcone. Si trovano specialmente cavità verticali come l'Abisso di Trebiciano (-329 m), la Grotta Noè e la grotta di Padriciano (-226 m). A differenza delle cavità verticali delle Prealpi che associano pozzi e lunghe gallerie orizzontali, le grotte del Carso Triestino sono costituite essenzialmente da pozzi. Le Alpi Marittime ospitano cavità con caratteristiche molto simili a quelle delle Prealpi Lombarde e Venete. Molto noti sono: il Complesso di Piaggia Bella (-640 m, 15.800 m di sviluppo), gli abissi Cappa (-662), Gaché (-558 m), Saracco (-507 m) e Straldi (-614 m), per quanto riguarda le cavità verticali; la Balma di Rio Martino (2230 m), l'Arma delle Vene (3500 m), le Grotte di Bossea (1984 m) e del Caudano, per quanto riguarda quelle orizzontali. Caratteristici di tutto l'arco alpino sono gli altopiani carsici di alta quota: il Marguareis e il Mongoia nelle Alpi Marittime; il Moncodeno in Grigna, il Mare in Burrasca in Presolana, l'altopiano delle Platigliole allo Stelvio, le Dolomiti di Brenta e il Monte Canin sono solo alcuni esempi tipici. Sono costituiti da estese superfici di calcare spoglie di vegetazione, rotte dall'azione del carsismo e del gelo, costellate di doline e di pozzi. Le cavità, in genere verticali, presentano all'interno ingenti depositi di ghiaccio e neve che talvolta giungono ad occluderle completamente. Nell'Appennino Emiliano e Romagnolo si trovano le principali grotte scavate nei gessi d'Italia. Possiamo citare: ii complesso Spipola-Acquafredda (5670 m), la Grotta del Farneto (840 m), la Grotta Calindri (1500 m), la Grotta Gortani (2015 m) e il complesso della Tenaccia (1670 m). Sono grotte più o meno orizzontali, caratterizzate dalla presenza di grandi quantità di argilla. Ciò è dovuto al fatto che la roccia (gesso) contiene molte lenti di argilla; man mano che la dissoluzione del gesso da parte delle acque procede le lenti vengono messe allo scoperto e l'argilla può riversarsi nella cavità. Le zone carsiche della Liguria comprendono grotte molto note dal punto di vista paletnologico: le Grotte dei Balzi Rossi a Ventimiglia, le Arene Candide presso Finale Ligure con resti preistorici che vanno dall'uomo di Neandedhal all'età del ferro, e le Grotte di Toirano in cui sono rimaste impresse nel fango del pavimento le impronte dei cacciatori preistorici di orsi. Altre cavità speleologicamente importanti sono: la Grotta degli Scogli Neri (-200 m; 2440 m di sviluppo) e l'Abisso della Meloria (-253 m). Le Alpi Apuane, costituite in gran parte da marmi e calcari, sono famose per le loro cavità verticali come l'Abisso Revel che sino a qualche anno fa era la più grande verticale del mondo con un salto di 316 m, e l'Antro del Corchia che attualmente è la più profonda caverna italiana (-950 m; 9000 m di sviluppo). Altri abissi importanti sono: la Buca del Cacciatore (-830 m; 8300 m di sviluppo), l'abisso Simi (-630 m), la Buca di M. Pelato (-656 m) e l'Abisso Bologna (-540 m). L'Appennino Umbro-marchigiano, Abruzzese e Laziale comprende grandi massicci calcarei che ospitano tipici fenomeni superficiali quali i polje, detti localmente «piani». Questi sono depressioni con fondo quasi piano che presentano una circolazione idrica chiusa, assorbono cioè tutte le acque dei rilievi circostanti convogliandole verso il punto più depresso in cui si trova una grotta, inghiottitoio. Quando la grotta non è in grado di smaltire tutta l'acqua che vi viene convogliata la piana si allaga formando un lago carsico temporaneo. Un esempio notissimo di questi fenomeni era la Piana del Fucino, prima della bonifica che ha assicurato un drenaggio continuo e sufficiente delle acque. I polje sono frequenti specialmente nell'Appennino Abruzzese. Le più note cavità drenanti polje sono gl'inghiottitoi di Pastena (3120 m), di Pietrasecca (1400 m) e di Luppa (1230 m). Le caratteristiche delle grotte appenniniche sono simili a quelle delle Prealpi che abbiamo già descritto. Si trovano perciò: grandi abissi verticali formati da pozzi e gallerie come la Grotta di Monte Cucco (-922 m; 15123 m), l'Abisso del Chiocchio (-514 m), la grotta delle Tassare (-343 m) nelle Marche; il Pozzo della Neve 1.693 m) nel Molise e il Pozzo del Faggeto (-301 m) nel Lazio. Notevoli le cavità di risorgenza come il complesso Fiume-Vento, nelle Marche, che con 12 km di sviluppo è uno dei maggiori d'ltalia. Nell'Appennino Laziale, costituito da massicci calcarei isolati, è interessante il carsismo dei Monti Lepini per l'abbondanza e la densità di grotte e inghiottitoi. Più a sud vi sono i massicci calcarei del Cilento (Alburni e Cervati) e del M.te Pollino. Le cavità presentano le stesse caratteristiche viste in precedenza. Citiamo tra gli abissi: la Grava dei Gatti (-402 m), la Grava di Campolongo (-343 m) e la Grava dei Gentili (-430 m); tra quelle di risorgenza le notissime grotte di Castelcivita (4800 m) e di Pertosa (2500 m). Tra quelle di attraversamento va ricordato il traforo del Bussento, mediante il quale il fiume attraversa la montagna. Sul M. Pollino una sola cavità merita di essere citata ed è l'Abisso del Bifurto (-683 m). Le Puglie presentano estese zone carsiche con caratteristiche differenti dalle altre regioni italiane. La zona del Gargano è costituita all'interno da un altopiano molto carsificato con cavità verticali tra le quali la più nota è la Grava di Campolato (-303 m) e da una zona costiera costellata di grotte marine. Le Murge il Tavoliere delle Puglie sono caratterizzati dalla presenza di cavità suborizzontaii in comunicazione con l'esterno mediante pozzi verticali causati dal controllo del diaframma di roccia tra la cavità e la superficie. Appartiene a questo tipo di cavità la Grotta di Castellana, famosa per le sue concrezioni.Sulla costa sono molto note per i ritrovamenti preistorici: la Grotta Romanelli, la Grotta Zinzulusa e la Grotta di Porto Badisco; quest'ultima è l'unica Grotta italiana con pitture preistoriche. In Sicilia le zone carsiche sono ancora poco esplorate. Sull'Etna vi sono le uniche grotte laviche d'Italia (ve ne sono alcune, ma molto piccole, anche sul Vesuvio). Tali cavità si formano quando una colata di lava in movimento durante un'eruzione comincia a raffreddarsi. La parte superficiale si raffredda per prima e si solidifica formando una specie di tubo in cui scorre la parte centrale rimasta ancora calda e fluida. Se cessa l'apporto di lava, il tubo rimane vuoto formando una grotta lavica. Nei pressi di Palermo vi sono le zone-carsiche più note della Sicilia; le grotte principali sono: la Grotta del Genovese nelle Egadi, l'Abisso della Pietra Selvaggia (-174 m), l'Abisso del Vento (-200 m) e la Grotta dell'Addaura (2 km), famosa per i suoi graffiti preistorici. Da ultima la Sardegna, ma non certo per importanza; le grotte sarde sono infatti estremamente ricche di concrezioni e di aspetti affascinanti. Sono praticamente assenti le grotte verticali, mentre sono molto numerose le cavità suborizzontali che raggiungono in alcuni casi quasi i 10 km di sviluppo. Le grotte più note sono: la Grotta di Nettuno (1.5 km) e la Grotta Verde a Capocaccia; le Grotte di Su Anzu (8435 m), di Su Bentu (7000 m), del Bue Marino (5630 m) e dell'Edera (2795 m; -257 m) nella parte orientale; le Grotte di Su Marmori e S'ingurtidorgiu Mannu (880 m) nella parte meridionale del Gennargentu: le Grotte di Su Mannau (3750 mm) e di San Giovanni (1500 m) nell'Iglesiente. Per concludere questa veloce rassegna di grotte è necessario accennare a come si può praticare la speleologia in Italia. I Gruppi Grotte italiani sono quasi 250, praticamente in ogni città importante c'è almeno un Gruppo. Farne un elenco serebbe troppo lungo e noioso. Informandosi un po' attentamente nelle proprie città, ad esempio presso le sedi del Club Alpino Italiano, si può giungere facilmente a conoscerli.
