«Problemi del giornalismo» di Giorgio Bocca


Il giornalismo è il mestiere di coloro che informano i lettori sui fatti della vita sociale e sulle opinioni ad essa relative. Vi sono state nel passato forme diverse ed elementari di giornalismo: a loro modo facevano giornalismo i cantastorie oppure i venditori ambulanti che portavano nei villaggi le grandi notizie delle città, o i compilatori di calendari con annessi mercati e lune. Oggi la parola «giornalismo» significa l'informazione a mezzo carta stampata o per i mezzi elettronici della radio, della televisione. I giornali scritti si dividono in quotidiani e in periodici, di solito settimanali o mensili. Da trent'anni la tiratura dei quotidiani italiani è quasi stazionaria, oscilla sui cinque milioni e mezzo di copie giornaliere. Si tratta in realtà di un calo, perché nel frattempo la popolazione è aumentata di un quinto. La crisi della stampa quotidiana italiana è dovuta ai seguenti motivi: i livelli culturali delle masse sono stati bassi per decenni e quando è arrivata la scuola di massa è anche arrivata l'informazione audiovisiva di massa che ha bloccato la crescita dei giornali. La seconda ragione è che il quotidiano tradizionale si rivolge a un pubblico medio-alto, è scritto in modo difficile, tratta argomenti politici e culturali dando per inteso che tutti i lettori ne siano già informati. Insomma, c'è un tipo di quotidiano unico, copiato sui modelli storici della Stampa, della Gazzetta del Popolo e del Corriere della Sera. Hanno invece avuto una grande espansione i periodici, in particolare i settimanali, la cui tiratura si conta a decine di milioni di copie, per la ragione opposta, che essi hanno cercato pubblici diversi adattando il loro linguaggio e le loro informazioni ai livelli reali di cultura. Il giornalismo quotidiano ha due altre divisioni: ci sono i giornaii cosiddetti indipendenti e quelli di partito, i giornali del mattino e quelli della sera. La definizione di «indipendenti» è fortemente inesatta; quasi tutti i giornaii italiani dipendono da una proprietà che ha interessi industriali e politici estranei alla editoria. Il giornalismo italiano è lo specchio di una nazione giunta fra le ultime nell'Occidente all'unità e a una democrazia liberale. I rari tentativi di fare una editoria giornalistica «pura», per dire una impresa delle informazioni che mirasse unicamente alla vendita del giornale, sono stati interrotti dal fascismo. La Stampa di Frassati, il Corriere della Sera di Albertini hanno subito la sorte degli altri giornali, sono stati venduti a gruppi industriali con interessi estranei ai giornalismo. Ne deriva che in Italia il quotidiano ha sempre avuto due funzioni che si sono condizionate a vicenda: informare i lettori per avere una udienza di massa e appoggiare il governo in carica per ottenere i suoi benefici negli interessi della proprietà, estranei al giornalismo. In sostanza il governo delegava ad alcune grandi aziende o gruppi finanziari il compito di provvedere alla informazione, ma a patto che fosse a lui favorevole. La situazione è sostanzialmente cambiata in questi ultimi anni? In parte sì, in parte no. La presenza di altre e incontrollabili fonti d'informazione, le radio e le televisioni, sia di monopolio che libere, ha creato uno stato di reale concorrenza per cui i giornali difficilmente possono permettersi di ignorare le notizie; c'è stato poi un forte movimento dei giornalisti democratici i quali hanno ottenuto notevoli poteri di controllo per i loro comitati di redazione; vi sono infine una crescita della cultura di massa, una diffusione di un costume più democratico, che favoriscono una stampa più libera. Non è però cambiata sostanzialmente la dipendenza della stampa da finanziamenti estranei alla editoria; e dove non esistono conti economici in pareggio non c'è neppure una autonomia e una indipendenza totale. E' stato il regime fascista, il cui capo Benito Mussolini conosceva bene, essendo giornalista, i punti deboli della professione, a fare dei giornalisti italiani una corporazione privilegiata nel trattamento economico ma strettamente legata al potere politico; e anche oggi, con i debiti mutamenti, chi possiede il potere politico ed economico tende ad influenzare e a controllare la stampa con i finanziamenti e i sussidi. Il condizionamento politico non è mai così netto e preordinato come immaginano gli accusatori del sistema borghese; la pubblicità segue anche criteri economici, va a giornali di grande successo come il Corriere della Sera o L'Espresso indipendentemente dalle loro posizioni politiche; ma è un fatto che contribuisce a rendere più ricchi i giornali già ricchi e a rendere prudenti quelli che esercitano l'opposizione. La corporazione dei giornalisti, nonostante il movimento democratico, non ha ancora saputo sopprimere l'Ordine dei giornalisti, una difesa corporativa che appare in contraddizione con la carta costituzionale. Solo chi è iscritto all'Ordine può dirigere un giornale, ottenere le facilitazioni e le garanzie professionali. C'è anche una grande abbondanza di premi giornalistici, tutti più o meno tendenti alla corruzione o al condizionamento.

 

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