«La donna nel Duemila» di Isa Vercelloni
Fra pochi lustri, intorno al mitico duemila, la nostra vita sarà completamente mutata. Su questo ormai non ci sono dubbi. Per quanto riguarda i paesi dell'Occidente industriale (per il resto del mondo, cioè per circa i due terzi della popolazione terrestre, il discorso cambia) i mutamenti avvengono a velocità moltiplicata; praticamente nei prossimi vent'anni si faranno non due volte, ma dieci volte più scoperte - e si realizzeranno applicazioni - di quanto è avvenuto negli ultimi trent'anni. Un esempio di questa velocità crescente lo si è avuto con la «rivoluzione delle materie plastiche». Si era appena cominciato a parlare delle possibilità quasi infinite di questi nuovi derivati chimici del petrolio e di altre materie prime, che già eravamo inondati dai prodotti più diversi e inimmaginabili, fatti appunto con i nuovi materiali. La «rivoluzione della plastica» ha cambiato, quasi quanto quella dell'elettricità, non soltanto i processi industriali, ma tutto il modo di vita dell'individuo medio nella società industriale. Nel duemila sarà in pieno rigoglio questa capacità di tradurre rapidamente e verticalmente in applicazioni inesauribili le scoperte sempre più ricche e frequenti della scienza e dell'industria. E così la nostra vita sarà un'altra. Sarà un'altra soprattutto perché a fianco della rivoluzione chimica, elettronica, cibernetica, biologica si sarà compiuta, l'altra, decisiva rivoluzione. La rivoluzione femminile. Il passaggio - in società molto evolute economicamente - dall'era industriale (secondaria) all'era terziaria, dei servizi, va potenzialmente liberando da una secolare schiavitù, cui era stata soggetta nelle società patriarcali, la donna moderna. Anche qui il progresso è crescente e propulsore: non appena ha cominciato a essere un po' più libera dai più grossolani e primitivi lavori cui era destinata, la donna ha potuto cominciare a istruirsi e a lavorare fuori casa; dal minor tempo che, dedicandosi all'istruzione o al lavoro extradomestico, la donna dedicava alla casa, è nata l' esigenza di nuovi strumenti, di nuovi servizi, di nuove applicazioni di precedenti scoperte, destinati a supplire al lavoro svolto in precedenza dall'esercito dei robot umani femminili, sotto forme primitive ma gratuite e quindi convenienti per la società conservatrice. Lo sviluppo dei servizi d'altro canto continua ad accrescere la possibilità di liberazione della donna in spirale crescente. Proseguendo questa escalation, ecco nel duemila nascere finalmente l'Eden delle donne, creato proprio dall'urgenza di supplire in mille settori all'antico, oscuro lavoro femminile che la donna emancipata ormai rifiuta. Biologi, sociologi, psicologi, scienziati, architetti sono concordi nel delineare un quadro ottimistico di questa società che ormai possiamo considerare non tanto futuribile quanto imminente. La donna sarà liberata dalla prima, antica schiavitù: quella del parto. Così come si è liberata (e quanto rapidamente) dal giogo del lungo allattamento, così come in certi casi si va liberando da una gravidanza necessariamente collegata al rapporto sessuale, nello stesso modo sembra che la donna assumerà l'abitudine di deporre il feto - a un mese di vita - in una «industria» di bambini che cresceranno perfettamente ambientati, controllati in ogni fase e quindi più sani, successivamente alimentati in forme razionali. Oltretutto - ed è aspetto sul quale si sorvola generalmente - ogni individuo verrà finalmente liberato dalla terribile sofferenza della brusca uscita dall'utero materno, una «uscita drammatica» che - come è ormai accertato - provoca quasi tutti i traumi che poi ci portiamo dietro per una vita intera. Si prevede che una fecondazione artificiale razionalizzata e massificata permetterà poi la completa separazione fra l'atto sessuale e gli affetti da un lato e la procreazione dell'altro. Meno affetto fra i coniugi? Tutte le indagini dicono il contrario. Le donne, non più condizionate a una gravidanza come sofferenza, vivranno con pienezza la gravidanza iniziale come una gioia completa; l'amore, liberato dall'incubo della procreazione casuale e imprevedibile, diventerà partecipazione effettiva di tutti e due gli individui; la donna avrà verso suo figlio lo stesso rapporto di affetto e di responsabilità che oggi ha l'uomo. Con tutto questo si perderanno forse alcuni dei caratteri «femminili» cui siamo più abituati? Pare anzi che avverrà il contrario: tutt'al più, sarà la fine del «mammismo», di un rapporto madre-figlio esclusivo e morboso, o lacrimoso e difficile. Le donne saranno più donne, più belle e più preoccupate della loro bellezza; più interessate a sviluppare la loro personalità nell'amore, a dare e riavere piacere in un rapporto continuo, gioioso, che nella società contemporanea è quasi scomparso (e nelle società passate era riservato solo alle donne «libere» appunto: dalle «etère» greche alle «gheishe» giapponesi). Per l'abbigliamento avverrà qualcosa di simile. Secondo il versatile scienziato, architetto, artista Fuller «la tendenza a esporre il corpo femminile, già in atto, continuerà ad aumentare fino a quando la donna avrà conquistato di nuovo la libertà e la grazia del Giardino dell'Eden». E Fuller aggiunge: «La nudità, contrariamente a quanto pensavano i puritani, riduce la curiosità del maschio e rallenta il ritmo delle nascite. Le donne in alcune ore saranno completamente nude, in altre porteranno tute di lavoro eleganti e pratiche, in altre abiti stravaganti». Con questa perdita di «curiosità» si affievolirà l'erotismo, l'attività sessuale? Nemmeno per sogno. Dice il sociologo McLuhan che «le generazioni future troveranno l'insieme della vita molto più erotico di ora». Certo sarà un erotismo più avanzato, più libero, più raffinato. Molto ci sarebbe ancora da dire sulle prospettive della medicina, ma sarebbe troppo lungo in questa sede. Basti accennare al fatto che la selezione, per quando riguarda la specie, e addirittura la possibilità che si riproducano cellule umane per partenogenesi (cioè individui con un solo genitore cui sarebbero identici in tutto come un gemello), renderanno usuali e facilissimi i trapianti di qualunque organo fino a garantire quasi l'immortalità attraverso il successivo ricambio dei «pezzi» deteriorati. Prospettive non solo enunciate, queste, ma studiate e già sperimentate in molti laboratori fin da oggi. Insomma la donna del duemila sarà - in questo quadro - libera e felice. Il lavoro per poche ore al giorno sarà esclusivamente di tipo intellettuale; lo studio per qualche altra ora diventerà una necessaria abitudine, allargando il campo degli interessi e del piacere della vita; il molto tempo libero che avanzerà alla donna e all'uomo farà scoprire nuovi e più raffinati piaceri e divertimenti; l'amore riassumerà la sua vera dimensione (peraltro mai dimenticata nelle civiltà orientali, non passate attraverso il filtro del puritanesimo capitalistico del mondo industriale occidentale) e libererà da molti tabù e psicopatie. Se oggi il processo aggrava le nevrosi invece che curarle, sostengono gli scienziati, è perché siamo nella più terribile fase della transizione: la crisi nasce dal fatto che il progresso non è ancora compiuto, non dal fatto che esso si sia avviato. Il futuro è rosa e la libertà vi trionferà sovrana in tutti i campi e per tutti, nel mitico e ormai prossimo duemila. O no?
