«Il domicilio e la sua tutela» di Francesco Marasco


Il concetto di domicilio è uno dei più antichi della storia del diritto e già le fonti romane intendono per domicilium il luogo in cui l'individuo, tramite la laris constitutio, ha stabilito la sede della propria vita domestica. Il nostro legislatore civile, preoccupato di differenziare tre diversi tipi di relazioni spaziali e temporali dei soggetti, aventi diversa rilevanza giuridica (domicilio, residenza e dimora), ha abbandonato la definizione latina del domicilium, che però non è scomparsa dal nostro ordinamento e si ritrova ad esempio nel codice penale là dove è previsto e punito il reato di violazione di domicilio. Come si è detto il codice civile distingue domicilio, residenza e dimora e la distinzione, già adottata in passato, è quanto mai opportuna. Esaminiamo brevemente queste tre figure, delle quali le prime due sono precisate dall'art. 43 c.c. mentre la terza è richiamata dalla definizione di residenza. Per dimora si intende il luogo in cui una persona soggiorna in modo non abituale e il concetto ha notevole rilevanza processuale (vedansi gli artt. 18, 129 e 143 c.p.c.). Naturalmente il significato di dimora, pur rappresentando la più tenue relazione di una persona fisica con un luogo, non deve essere allargato troppo, ad evitare di renderlo inutilizzabile ai fini pratici; per tale motivo giurisprudenza e dottrina sono concordi nel sostener che perché possa parlarsi di dimora occorre un certo grado di stabilità. La residenza si distingue dalla dimora perché non si riferisce ad un semplice permanere, ma ad un permanere abituale. E' facile vedere come questa figura corrisponda a quello che i giuristi romani consideravano domicilio, tanto che ancora oggi il sistema migliore per superare le discussioni che si fanno in giurisprudenza e in dottrina su tale concetto è quello di ricorrere alla definizione latina considerando residenza (indipendentemente da ogni altra considerazione circa la durata della permanenza, la volontarietà ecc.) la località in cui si trova l'abitazione del soggetto o quantomeno l'abitazione che deve essere considerata sede dei suoi interessi familiari. Anche oggi infatti, sia pure senza la formale laris constitutio, ogni soggetto, pur trascorrendo il suo tempo in diverse località, ha un'abitazione che elegge a sede effettiva dei propri interessi familiari e la residenza dell'individuo coincide appunto con tale abitazione. Per quanto concerne il domicilio il nostro legislatore civile ha, come si è detto, abbandonato la nozione tradizionale (che corrisponde alla moderna figura di residenza) definendolo il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari ed interessi. Come si vede non ha più rilevanza alcuna la domus, intesa come abitazione del pater familias, e ciò è stato un frutto inevitabile dell'evoluzione storica. Mentre un tempo infatti l'abitazione era anche la sede degli interessi e degli affari degli abitanti, oggi spesso accade che gli interessi e gli affari dei soggetti abbiano sede in località anche distanti dalla loro residenza; in tal caso i soggetti avranno un domicilio che non coincide con la residenza. Gli artt. 614 e 615 c.p. prevedono e puniscono un insieme di fattispecie criminose che vengono denominate «violazione di domicilio» e sono inquadrate nel capitolo del codice dedicato ai «delitti contro la libertà individuale». Come si è detto tali disposizioni considerano domicilio il luogo eletto dal soggetto a sede della propria vita domestica e privata e lo tutelano al fine di garantire all'individuo la libertà di godere di tale luogo. Ovviamente non è il luogo in se stesso ad essere tutelato dalla legge penale, ma la libertà personale del soggetto che ha diritto ad occupare il luogo, a condurvi la sua vita e ad escludere le persone che intendono introdursi o trattenersi nellnello stesso senza il suo consenso. In altre parole, la tutela è rivolta al domicilio solo come proiezione spaziale della persona, cioè come ambito spaziale nel quale l'individuo tiene comportamenti di carattere intimo o quantomeno privato. Ai sensi dell'art. 164 commette violazione di domicilio «chiunque si introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nell'appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo», «chiunque si introduce nei luoghi sopra precisati clandestinamente o con inganno» e «chiunque si trattiene in detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno». L'art. 615 prevede invece ipotesi particolari di violazione di domicilio poste in essere da pubblici ufficiali abusando dei poteri inerenti alle loro funzioni. Nonostante la chiara lettera della legge, gli articoli sopra menzionati hanno creato e creano tuttora numerosi e interessanti problemi per gli interpreti; lo stesso dicasi per le limitazioni poste dalla legge alla libertà di domicilio per esigenze di giustizia penale, di pubblica sicurezza o altro.

 

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