«La commedia greca» di Raffaele Cantarella
Le vicende della commedia greca sono più complesse di quelle della tragedia. Esse possono così riassumersi brevemente, nei loro momenti principali: I. Commedia dorica siceliota II. Commedia attica antica III. Commedia attica nuova. I - Mentre la tragedia è una creazione della civiltà attica, anzi ateniese, del grande secolo di Pericle (V a.C.), la commedia appare per la prima volta nella Sicilia ellenizzata, dove un grande poeta (Epicarmo, nato circa il 530 a.C. e quindi contemporaneo di Eschilo) diede forma e dignità letterarie alle primitive farse popolaresche, molto diffuse nel mondo dorico (sia della Grecia propria, sia della Sicilia). Purtroppo, di Epicarmo rimangono soltanto pochi e brevi frammenti, dai quali si può vedere quanto segue: egli scriveva nel dialetto dorico della sua patria (Siracusa); componeva brevi drammi (300-400 versi), nei quali, oltre a scene della vita quotidiana, trattava anche la parodia epica e filosofica; essi erano privi di coro, e quindi con scarsi elementi di musica e di danza. II - La commedia attica antica si sviluppò in Atene, dove, pur conoscendo la commedia siceliota, assunse forma originale, soprattutto per l'elemento lirico-musicale, costituito da un coro di 24 persone che traeva origine da forme liriche popolari proprie della religiosità agreste (canti fallici, celebranti nel simbolo dell'organo sessuale maschile la potenza riproduttrice della natura). Nel regime democratico di Atene la commedia godette della più ampia e illimitata libertà di parola: onde poté mettere in caricatura (spesso ferocemente) anche i personaggi più importanti della vita politica e culturale: Pericle, Cleone, Socrate, Euripide. E perciò rimase un fatto esclusivo di quel momento della civiltà ateniese, che non si è mai più ripetuto nella storia. La data ufficiale di nascita della commedia è il 486 a.C.; ma soltanto verso la metà del secolo essa raggiunse la perfezione per opera del geniale Cratino, che, con Eupoli e Aristofane, forma la grande triade comica. Anche di Cratino e di Eupoli, purtroppo, abbiamo soltanto alcuni titoli e parecchi frammenti; Aristofane è l'unico del quale ci siano state conservate ben undici commedie intere, oltre ai titoli e ai frammenti di un'altra trentina. Egli rappresenta per noi la parabola più alta della commedia attica antica: che, con le sue ultime opere e con la sua morte (circa a. 385 a.C.) conclude la propria parabola. III - Dopo un periodo di transizione (chiamato di solito «commedia di mezzo»), che non presenta caratteri originali e nemmeno grandi poeti, (dei quali, comunque, rimangono soltanto titoli e frammenti), si sviluppa in Atene la commedia nuova, che culmina nell'attività del suo maggior poeta, Menandro, dal 320 al 290 circa a.C.; altri notevoli poeti di questo periodo furono Difilo e Filemone. Questa commedia è un fatto letterario nuovo, profondamente diverso dalla commedia antica sia nelle forme sia nello spirito. Nelle forme, essa perde l'elemento corale, cioè la parte lirico-musicale, sostituita da intermezzi di musica e di danza (senza parole) che segnano lo stacco fra i vari episodi e quindi preparano quella che sarà la normale partizione in cinque atti della commedia romana. E poiché le parti corali erano proprio quelle nelle quali il poeta della commedia antica trattava più polemicamente i problemi e gli aspetti della vita della città (la pace e la guerra; la vecchia e la nuova educazione; la filosofia sofistica; la poesia euripidea e la nuova musica, considerate come cause della decadenza della città; la nuova demagogia, la concezione della politica, la cattiva distribuzione delle ricchezze) in tal modo la commedia viene a perdere gli interessi attuali che più ne ispiravano ii carattere polemico e satirico: che d'altronde non poteva trovare libera espressione nel nuovo regime politico (non più dpiù democratico) instaurato dopo l'avvento della potenza macedonica. Per tutte queste ragioni, la commedia si volge ora all'osservazione psicologica, alla rappresentazione di caratteri tipici (il giovane ricco e scapestrato, il padre rigido e avaro, la cortigiana, il servo astuto e intrigante, la sposa casta e fedele, il soldato spaccone), attraverso una serie di vicende quasi obbligatorie (rapimenti e stupri di fanciulle; bambini abbandonati che finiscono col ritrovare i genitori; fratelli e sorelle che si ritrovano dopo molte peripezie; coppie di sposi divisi da un equivoco e che poi si riconciliano), e tutte a lieto fine. Su questa evoluzione molto ha influito la tragedia euripidea, soprattutto dell'ultima maniera, nella quale il poeta predilige il dramma psicologico e di intreccio. Fra i poeti della commedia nuova, l'unico del quale possiamo dare un giudizio è Menandro, poiché degli altri non rimangono che titoli e frammenti.
