«Cacciatori di balene» di Luciano Forcellini


Quando si parla di «balene», molti pensano immediatamente a quelle enormi montagne di carne che solcano i mari del Nord e alle quali un manipolo di coraggiosi pescatori dà una caccia accanita, fra innumerevoli rischi, per procurarsi il preziosissimo «olio di balena» che costituisce la maggior fonte di grassi commestibili per la popolazione del Nord. Ora, se immagini di questo tipo potevano avere qualche fondamento reale nelle epoche passate, oggi la caccia alla balena va considerata qualcosa di tutt'altro che avventuroso, ma di sempre più strettamente commerciale. E come tale di sempre più scientifico e tecnologico. Vediamo ora di far conoscenza con le «balene». In primo luogo sarà bene adottare la nomenclatura scientifica di cetacei misticeti dato che nella denominazione popolare si comprendono sia le balene (balenidi) sia le balenottere (balenotteridi). L'ordine dei cetacei (unitamente a quello dei sirenidi) è costituito da mammiferi adattati a un regime di vita acquatico. Un simile adattamento ha creato una differenziazione morfologica sostanziale fra questi animali e quelli appartenenti agli altri ordini, tanto da portarli ad assomigliare maggiormente ai pesci che non agli altri mammiferi. Naturalmente queste osservazioni hanno un valore assolutamente superficiale, poiché a un attento esame le differenze fra cetacei e pesci si rivelano macroscopiche. La presenza di ghiandole mammarie, di peli, e la temperatura del sangue sono le più evidenti. Il corpo dei cetacei è fusiforme, quindi non compresso ai lati come è caratteristica di molti pesci. Gli arti, inadatti al nuoto, si sono trasformati in pinne: quelli anteriori nelle pinne laterali, quelli posteriori nelle caudali. Le prime hanno funzioni puramente stabilizzatrici, mentre le seconde costituiscono gli organi di propulsione. A proposito di pinne caudali è interessante far notare come esse siano disposte orizzontalmente al corpo (e quindi al pelo dell'acqua), contrariamente ai pesci che le hanno situate verticalmente. Per questo i cetacei battono l'acqua dall'alto al basso e viceversa, anziché lateralmente, e ciò provoca un movimento ondulante nel loro nuoto caratteristico, tanto che da esso è nata la specialità del nuoto sportivo detta appunto «a delfino». Per mettere ancora in evidenza una differenziazione con i pesci, potremmo dire che mentre questi nuotano zigzagando, i cetacei nuotano ondulando. La possibilità di battere l'acqua in senso verticale, ricevendone così una spinta in senso opposto, è così accentuata in alcuni di questi da consentire loro addirittura la fuoriuscita dall'acqua con tutto il corpo, come è il caso di taluni delfini e delle stesse balene, che possono compiere salti di vari metri. La testa dei cetacei è molto grande (comunque sproporzionata al corpo) e pochissimo mobile a causa della notevole diminuzione delle vertebre cervicali che oltre tutto sono saldate fra loro, impedendo in tal modo i movimenti di rotazione del capo. Sulla testa sono concentrati i pochi peli superstiti, che probabilmente, prima che l'ordine si adattasse alla vita acquatica, ricoprivano tutto il corpo. Oltre che di apparato pilifero il corpo è privo di ghiandole sudoripare. La pelle si presenta liscia, eliminando così ogni possibilità di attrito durante il movimento. Al di sotto della pelle, un voluminoso strato di grasso, oltre a favorire il galleggiamento, serve quale isolante termico fra gli organi interni dei cetacei e le fredde acque in cui essi vivono di preferenza (ricordiamo che i mammiferi hanno sangue caldo). Il grasso è appunto una delle caratteristiche principali dell'ordine e compare in enorme quantità praticamente in tutti i rappresentanti: basti dire che persino le ossa ne sono impregnate tanto da apparire giallastre anziché bianche, come in quasi tutti gli altri animali. Una caratteristica particolare dei cetacei è data dalla dentatura, tanto che su questa si basa la sistematica per suddividere l'ordine in due sottordini: quello degli odontoceti (provvisti di denti, come delfini, capodogli, ecc.) e quello dei misticeti (che ne sono sprovvisti). Questi ultimi hanno i fanoni, formazioni cornee che pendono dal palato, con funzione filtrante, atti cioè a trattenere gli animaletti piccolissimi di cui i maggiori cetacei si nutrono. Interessante è notare come esista una specie di rapporto inverso fra la grandezza dell'animale e quella del vitto di cui si nutre, per cui i più piccoli cetacei (ad esempio i delfini) si nutrono di pesci di discrete dimensioni, mentre le gigantesche balene e balenottere si cibano di plancton ossia di quegli animaletti piccolissimi che si trovano in sospensione nelle acque. Per quanto riguarda gli organi e gli apparati interni, varie sono le caratteristiche interessanti: ad esempio la mancanza di ghiandole salivari; la presenza di uno stomaco suddiviso in vari scompartimenti; l'assenza di corde vocali e quindi della voce (i «muggiti» che talvolta vengono attribuiti ai cetacei e alle balene in particolare sono semplicemente dovuti al rumore dell'aria che viene emessa violentemente dalle narici); la mancanza di cistifellea. Una parola a parte merita l'apparato respiratorio: la superficie polmonare dei cetacei è vastissima e permette pertanto una maggiore ossigenazione del sangue; inoltre la capienza polmonare è enorme (in alcune balene, vari metri cubi). Questi due elementi congiunti consentono di trattenere anche per lungo tempo il respiro senza conseguenze negative per l'organismo. Si spiegano così le lunghe immersioni delle balene, che in taluni casi possono protrarsi anche per un'intera ora. Infine è da notare che la riproduzione non offre caratteristiche particolari, se si esclude la durata della gestazione, che in talune specie può raggiungere e superare i venti mesi. I parti sono generalmente di uno o due individui e i piccoli nascono perfettamente formati e in grado di nuotare. Nelle specie di maggiori dimensioni l'allattamento si protrae a lungo. Il latte di balena è talmente ricco di grassi da presentarsi come pasta più densa del comune latte condensato: il suo contenuto calorifico è naturalmente altissimo. Abbiamo accennato alle famiglie dei balenidi e dei balenotteridi. Vediamone brevemente i caratteri differenziali. I balenidi, contrariamente alle credenze popolari che considerano questi mammiferi come gli animali più grossi esistenti al mondo, sono in media notevolmente più piccoli dei balenotteridi, e anzi comprendono talune specie (neobalaena marginata) che possono essere definite relativamente di piccole dimensioni, poiché raramente gli esemplari adulti superano i 5 metri di lunghezza. Il carattere più evidente di differenziazione dai balenotteridi è dato dalla mancanza di pinna dorsale. Accanto alle già ricordate neobalene, due sono le specie più importanti della famiglia: la balena boreale (balena mysticetus) e la balena nera (eubalaena glacialis). La prima è quella di maggiori dimensioni, potendo raggiungere anche i venti metri di lunghezza totale, con una circonferenza di circa dieci metri. Ha un'apertura boccale smisurata, tanto da poter contenere una piccola imbarcazione, e come il nome stesso suggerisce, la sua zona di distribuzione è limitata all'emisfero boreale, in particolare alle zone settentrionali (Oceano Artico, Atlantico e Pacifico del Nord), anche se eccezionalmente alcuni esemplari si spingono più a Sud durante le stagioni fredde. Si è dato anche il caso di qualche cattura nel Mediterraneo. La balena nera, di dimensioni leggermente più piccole della precedente, si distingue per una protuberanza nella mascella superiore. Il territorio di diffusione è molto più vasto, potendo estendersi dal limite dei mari freddi settentrionali fino alla zona australe (coste dell'Africa, dell'Australia e dell'America meridionale). Mostri del mare La famiglia dei balenotteridi comprende le balenottere vere e proprie (con varie specie) e le megattere. Queste ultime (megaptera nodosa), più piccole delle precedenti, si distinguono per la grande lunghezza delle pinne pettorali e per la presenza su tutto il corpo di nodosità e tubercoli. Le balenottere sono i giganti del regno animale. Basti pensare che le specie di minori dimensioni (balaenoptera rostrata) raggiungono i 9-10 metri di lunghezza, mentre quelle più grosse (balaenoptera musculus) hanno dimensioni medie di circa 30 metri e possono raggiungere i 35 (circa il doppio di una balena). Malgrado il loro corpo sia più snello e slanciato di quello delle balene, la massa di carne è enorme, potendo raggiungere le 120-130 tonnellate. Elementi morfologici di differenziazione delle balene sono (oltre alla forma più slanciata di cui si è detto) la presenza della pinna dorsale e di pieghettature ventrali caratteristiche. La forma aerodinamica fa delle balenottere delle ottime nuotatrici, particolarità che le ha salvate per lungo tempo dalla caccia, poiché sono divenute vulnerabili praticamente solo dopo l'adozione del cannoncino lancia-arpioni e dei motori navali. Questa particolarità le porta inoltre a occupare praticamente tutti i mari del globo dato che non trovano difficoltà a spostarsi, a seconda delle stagioni, dai due mari polari alla zona equatoriale. Naturalmente anche le balenottere, come le balene, furono sottoposte a caccia spietata non appena i mezzi tecnici lo consentirono. Come conseguenza la famiglia andò sempre più diradandosi, tanto da rasentare l'estinzione, favorita anche dalla scarsa prolificità di questi mammiferi che partoriscono un piccolo per volta (molto raramente due) ogni due o tre anni. Lunga è la gestazione (oltre un anno) e lungo il periodo di allattamento (6-8 mesi). La maturità sessuale, con conseguente capacità di riprodursi, viene raggiunta verso il quindicesimo anno. La vita media delle balenottere (cacciatori permettendo) si aggira sul mezzo secolo. Malgrado la vistosità dell'animale, bisogna dire che le belene sono state fino ad oggi molto trascurate dal punto di vista della ricerca scientifica. La bramosia della caccia, prima, e la scarsità degli esemplari superstiti, poi, hanno impedito lo svolgersi di studi accurati su questi cetacei, che hanno potuto essere presi in considerazione dal punto di vista scientifico solo durante recenti ricerche oceanografiche. La maggior parte di ciò che si sa oggi sulle balene è quindi derivato dalle osservazioni estemporanee di pescatori o da quelle occasionali di uomini di scienza del passato, che però non avevano i mezzi necessari ad approfondire l'argomento. Ciò ha portato al formarsi di convinzioni paradossali e fantastiche (in particolare sulle loro dimensioni) che nulla hanno a che vedere con la realtà e che devono essere considerate alla stregua di mere leggende. Tralasciando ogni fantasticheria romanzesca, vediamo brevemente come si è svolta e si svolge la caccia a questi mammiferi. Il primo incontro dell'uomo con la balena fu certamente fortuito e dovuto alla violenza del mare che scaraventava sulle coste dell'Europa settentrionale prospicienti l'Atlantico le carcasse di questi cetacei o forse anche qualche animale vivo che rimaneva arenato nei fondali più bassi. Una simile manna, piovuta... dal mare, non poteva lasciare insensibili le povere popolazioni rivierasche e già nei primi secoli di questo millennio i pescatori baschi si avventurarono verso il mare aperto alla ricerca delle mastodontiche prede. Essi furono poi seguiti da inglesi e olandesi e già nei primi anni del '700 la caccia alla balena era in piena attività, decimando spietatamente l'intero ordine che si avviava così rapidamente all'estinzione. A mano a mano che la presenza degli animali si rarefaceva, la caccia si spostava nelle zone più a Nord, dove praticamente è ormai relegata in epoca moderna. I primi tempi della caccia alla balena furono certamente eroici. Non appena l'animale veniva facilmente avvistato (per i suoi sbuffi che sollevano alte colonne d'acqua) dall'uomo di vedetta appollaiato sulla coffa, venivano messe in mare delle imbarcazioni, il cui equipaggio era costituito da un fiociniere, un timoniere e alcuni rematori, che si accostavano al cetaceo fin quasi a sfiorarlo. A questo punto il fiociniere scagliava con tutte le sue forze l'attrezzo che si infiggeva profondamente nel corpo della balena. Questo era il momento più drammatico perché l'animale ferito reagiva violentemente vibrando micidiali colpi di coda, più che sufficienti a fracassare la piccola imbarcazione. Di moltissime sciagure furono infatti protagonisti i balenieri durante questo primo periodo di caccia. Come se ciò non bastasse, non era raro il caso che l'equipaggio dovesse abbandonare la corda con cui era legata la fiocina, onde impedire che l'animale, ferito soltanto leggermente e quindi ancora nel pieno delle sue forze, immergendosi risucchiasse a fondo anche il battello. Quando ciò non avveniva, si lasciava che la balena trascinasse l'imbarcazione stancandosi e perdendo sangue finché non fosse esausta. Solo allora il battello poteva avvicinarsi nuovamente al cetaceo, che veniva finito a colpi di lancia (in seguito anche mediante fucilate) nelle parti vitali, sempre col tremendo rischio, però, di ricevere una delle ultime terribili codate. Solo nel 1867 il norvegese Svend Fyle inventò il cannoncino lancia-arpioni. L'arpione, poi, venne munito di una testata esplosiva che, oltre a ferire mortalmente l'animale, fa aprire alcune aste d'acciaio situate sulla punta dell'arpione stesso in modo da impedirne la fuoriuscita. Il cannoncino è installato direttamente sulla baleniera e ciò evita il rischio di doversi avventurare con piccole barche a pochi metri dal cetaceo. Naturalmente l'adozione del nuovo metodo rende ancora più intensa e proficua la caccia: i mari temperati si spopolano quasi completamente e i territori di pesca si spostano sempre più a Nord. Anche la sostituzione del motore alle vele è di grande utilità ai pescatori perché, facendo funzionare le eliche a marcia indietro allorché la balena arpionata trascina nella sua disperata fuga il vascello, si stronca assai più rapidamente la sua resistenza, che un tempo poteva durare anche parecchie ore. Oggi la caccia alla balena è divenuta un'operazione industriale che non ha più nulla a che vedere con le esaltanti avventure di «Moby Dick». Le nazioni che possiedono navi o flotte attrezzate per questo genere di caccia (Norvegia, Stati Uniti e Giappone sono le più importanti) inviano i loro vascelli (nel periodo in cui la caccia è permessa) in apposite zone di raduno. Qui flotte intiere, battenti le più svariate bandiere, iniziano le spedizione vera e propria, seguite da navi-officina appositamente attrezzate per la lavorazione in loco delle prede catturate. Le navi da caccia dopo ogni uccisione rimorchiano il cetaceo alla nave-officina, che ne inizia immediatamente la lavorazione. Appositi commissari, a bordo di queste ultime controllano che siano rispettate le misure minime, stabilite nel 1949, da un'apposita commissione a cui partecipavano i delegati di tutte le nazioni interessate. Le battute odierne, come si è accennato, si avvalgono di tutti i mezzi tecnici più moderni. Alle antiche vedette arrampicate sugli alberi si sono sostituiti radar e aerei da ricognizione che segnalano la presenza dei cetacei. Anche l'arpione esplosivo è stato sostituito:ito: oggi si usa quello elettrico. Attraverso il cavo che lo collega alla nave viene inviata una scarica ad alta tensione che fulmina istantaneamente l'animale. L'uso di un simile apparato e il dispiego ingente di mezzi è giustificato dal numero di catture che queste spedizioni fruttano (in un anno anche 30.000 capi) e dall'importanza economica della preda. La balena è infatti un animale a utilizzazione totale. Oltre ai ricercatissimi fanoni (le famose «stecche di balena», croce e delizia delle nostre nonne e, oggi, delle signore un po'... formose), tutto viene trasformato e utilizzato. Le parti grasse (e sono la maggior parte) danno l'olio di balena, usato nella fabbricazione di saponi e di cosmetici e in quelle della margarina (in Italia però è in vendita solo la margarina vegetale); il fegato viene usato a scopi medicinali per l'alto contenuto di vitamina A; la parte migliore delle carni è adibita ad uso alimentare, anche se non è particolarmente pregiata: le ghiandole hanno anch'esse uso medicinale (contengono ormoni); infine, tutto ciò che avanza viene usato per l'alimentazione animale, oppure (triturato: ossa, ecc.) si utilizza come concime: di modo che non un solo grammo, delle 150 tonnellate che possono raggiungere taluni esemplari, va sprecato.

 

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