«Aborto: le nuove norme» di Pino Donizetti
Il vocabolo deriva dal verbo «aboriri» che in latino significa «perire» e sta a indicare l'interruzione della gravidanza prima del 180º giorno dall'inizio dell'ultimo flusso mestruale, vale a dire in epoca molto precoce e quindi non vitale per il feto. Vi sono due tipi di aborto: spontaneo e provocato. Lo spontaneo, se si presenta più di tre volte, prende il nome di aborto abituale e comporta seri problemi da un punto di vista diagnostico e curativo. L'aborto procurato si divide in terapeutico e criminoso, intendendo per terapeutico quello reso necessario dal fatto che la vita della madre corre un rischio grave e diretto in caso di proseguimento della gravidanza. Quello criminoso è stato ridimensionato con l'abrogazione dei vecchi articoli di legge sull'integrità della stirpe, ed è ora regolato dalla legge 194 del 18 maggio 1978 che stabilisce le norme per la tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza. Il metodo rivelatosi ideale e senza complicazioni fino alla 10ª settimana, oltre la quale richiede sempre una breve revisione finale col cosiddetto «curetage», è quello di Karman. Esso consiste nell'aspirazione del prodotto del concepimento mediante una cannula collegata all'apparecchio aspirante per l'isterosuzione. La manovra, previa anestesia, è preceduta da una serie di dilatazioni del collo dell'utero fino a giungere a circa 8 mm, corrispondenti al diametro della cannula con cui avviene l'aspirazione vera e propria. Se la gravidanza è attorno alla 9ª settimana, si svuota l'utero in 2-3 minuti circa, e complessivamente l'intervento prende in tutto dai 5 ai 6 minuti. Lo svuotamento è completo allorché la cannula non aspira più frustoli di tessuto, la parete uterina è ben contratta, la perdita di sangue risulta minima. A maggior comprensione del problema dell'aborto citiamo i principali articoli della legge 194. Articolo 1 - Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non è mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le Regioni e gli Enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l'aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite. Articolo 4 - Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi 90 giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituto ai sensi dell'articolo 2, lettera A) della legge 20 luglio 1975, n. 405, o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla Regione o a un medico di fiducia. Articolo 6 - L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi 90 giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Articolo 9 - Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l'interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione [...] L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza precedente e conseguente all'intervento. L'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.L'obiezione di coscienza si intende revocata, con effetto immediato, se chi l'ha sollevata prende parte a procedure o a interventi per l'interruzione della gravidanza previsti dalla presente legge, al di fuori dei casi di cui al comma precedente. Articolo 10 - L'accertamento, l'intervento, la cura e l'eventuale degenza relativi alla interruzione della gravidanza nelle circostanze previste dagli articoli 4 e 6, e attuati nelle istituzioni sanitarie di cui all'articolo 8, rientrano fra le prestazioni ospedaliere trasferite alle Regioni dalla Legge 17 agosto 1974, n.366. Sono a carico della Regione tutte le spese per eventuali accertamenti, cure o degenze necessarie per il compimento della gravidanza nonché per il parto riguardanti le donne che non hanno diritto all'assistenza mutualistica [...]. Articolo 12 - La richiesta per l'interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge è fatta personalmente dalla donna. Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto l'assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela. Tuttavia, nei primi novanta giorni, quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino l'assenso o esprimano pareri fra loro differenti, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, espleta i compiti e le procedure di cui all'articolo 5 e rimette entro sette giorni dalla richiesta una relazione, corredata del proprio parere, al giudice tutelare [...]. Ai fini della gravidanza interrotta, dopo i primi 90 giorni, si applicano anche alla minore di diciotto anni le procedure di cui all'articolo 7, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela. Articolo 19 - Chiunque cagiona l'interruzione volontaria della gravidanza senza l'osservanza degli articoli 5 e 8, è punito con la reclusione sino a tre anni [...]. Se dai fatti previsti dai commi precedenti deriva la morte della donna si applica la reclusione da tre a sette anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica le reclusione da due a cinque anni; se la lesione personale è grave questa ultima è diminuita. Articolo 20 - Le pene previste dagli articoli 18 e 19 per chi procura l'interruzione della gravidanza sono aumentate quando il reato è commesso da chi ha sollevato obiezione di coscienza ai sensi dell'articolo 9. Una legge tormentata e complessa come questa non poteva entrare in vigore senza determinare numerosi inconvenienti che minacciano di renderla completamente inoperante. La legge appare complicata dal desiderio di salvaguardare nei limiti del possibile i sentimenti, fondati o meno su presupposti religiosi, di chi è contrario in ogni caso all'interruzione della gravidanza. L'articolo 9 del resto è implicito nell'esercizio dell'attività medica, nel senso che nessuno può obbligare un medico a compiere un intervento che non si sente di fare, e questo non solo come libero professionista ma anche quando presta la sua opera in strutture pubbliche. Di fatto sarebbe pleonastico, e con ciò la legge considera il medico non più come il realizzatore di un atto terapeutico, ma come prestatore di un servizio sociale a cui non può sottrarsi. Per questo i medici laici hanno obiettato in in misura superiore al previsto con motivazioni che riguardano la concezione liberistica della professione. Di fatto una donna che voglia interrompere la gravidanza incontra molti disagi e molte difficoltà, che fra l'altro variano da un ospedale all'altro, a seconda della percentuale dei medici obiettori. Vi sono poi le liste di attesa, motivo di frustrazione e di disguidi che spesso sfociano oltre i 90 giorni, data oltre la quale non è piè possibile ottenere l'aborto legale. Un Coordinamento Nazionale ha tentato a quasi un anno di distanza il primo bilancio di un'esperienza spesso difficilissima; è un mosaico ancora incompleto, dove però spicca drammaticamente un primo dato generale: dietro la copertura dell'obiezione si contrabbandano talora i più deteriori privilegi corporativi. Hanno esercitato il diritto all'obiezione il 60% degli ostetrici e il 40% degli anestesisti, mentre si calcola che gli aborti effettuati con la 194 siano appena un 20% degli aborti totali, con un 80% di aborti che si continua ad effettuare clandestinamente a tutti i livelli, familiare, paramedico, personale, e che rimane la vera vergogna dell'intero Paese.