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Vetro.

Materiale di largo impiego costituito sostanzialmente da silicati e caratterizzato da fragilità, trasparenza (qualità non sempre presente) e facile malleabilità. ║ Per estens. - Qualunque oggetto di vetro: raccolta del v. ║ Per estens. - Palazzo di v.: nome attribuito a costruzioni distinte dall'ampio predominio di vetrate; in senso più specifico, la locuzione designa il palazzo sede delle Nazioni Unite a New York. ║ Fig. - Avere la schiena di v.: essere assai pigro, poco disposto alla fatica. ║ Fig. - Essere di v.: estremamente fragile, delicato. ║ Fig. - Occhi di v.: fissi, irremovibili. ║ Lente: i v. degli occhiali. • Chim. e Fis. - Liquido ad alta viscosità che associa l'isotropia dei liquidi alla tenacia dei solidi e che, soggetto a raffreddamento, acquista sì rigidità ma non l'ordinamento regolare dei cristalli. Diversi sono i composti che originano (spesso miscelandosi in proporzioni variabili) sostanze vetrose, tra questi la silice (la più importante fra tutte), l'anidride borica, la fosforica, l'arseniosa e alcuni loro sali; la fusione di tali aggregati cristallini crea un liquido in cui i tetraedri perdono il loro consueto ordinamento, irraggiungibile pure al momento del raffreddamento. Per allentare tale struttura vengono introdotti degli ossidi (di sodio, di calcio, ecc.), detti modificatori di reticolo, creando quindi una massa più facilmente fusibile, più malleabile, meno viscosa e più economica. Il materiale risultante dal processo di vetrificazione presenta una resistenza a compressione variabile da 500 a 2.000 N/mm2, durezza legata al tenore dei componenti, buona viscosità, resistenza chimica assai elevata, modulo elastico dell'ordine dei 7.000 kg/mm2, resistività elevata a temperatura ambiente, decrescente con l'aumentare della temperatura, rigidità dielettrica che diminuisce con il crescere della stessa temperatura. Le materie presenti nella miscela determinano il colore del v.: ossidi di cobalto, manganese e ferro provocano manufatti, rispettivamente, di colore azzurro, violetto, verde o giallo verde (se in ambiente ossidante); l'ossido rameoso di colore rosso rubino, lo zolfo giallo, ecc. • Ind. - Le diverse materie prime miscelate vengono introdotte in forni (solitamente a vasca di tipo continuo) in cui si verifica la fusione, attraverso l'eliminazione dell'acqua eventualmente presente, la dissociazione dei carbonati e dei solfati e la formazione di una massa fusa sostanzialmente omogenea. Segue l'affinazione in cui vengono eliminate le bolle di gas che potrebbero poi creare delle imperfezioni nel manufatto e la colorazione, tramite aggiunta di ossidi. Si procede poi al riposo, attuato nel raffreddamento della massa fino alla temperatura di foggiatura. In quest'ultima fase (detta anche di formatura) è indispensabile portare il v. in un campo di temperatura (intervallo di lavorabilità) in cui esso raggiunge una viscosità che permetta la lavorazione, ma pure di conservare la forma data che si raggiunge tramite soffiatura, pressatura o centrifugazione. Con la ricottura si eliminano le torsioni dovute alle differenti temperature tra punti; si procede quindi a riscaldamento fino a raggiungere una temperatura superiore a quella di ricottura, per permettere all'oggetto di avere uniformità termica in ogni suo punto. Segue poi il raffreddamento, dapprima lento fino a una temperatura inferiore di circa 50 °C a quella di ricottura, poi repentino, fino a temperatura ambiente. Le ultime fasi sono lasciate alla finitura, ottenuta con la smerigliatura, la molatura, la piegatura e la tempra. Eventuali difetti possono derivare da una mancata omogeneizzazione delle materie prime, da un insufficiente periodo di permanenza della massa nelle fasi di fusione, dalla presenza di impurezze. I diversi tipi di v. sono classificati in base all'aspetto, alle proprietà caratteristiche, all'uso, al processo di fabbricazione o alla composizione. In quest'ultima classe rientrano i v. al piombo, dotati di spiccata brillantezza, bassa temperatura di rammollimento e elevato indice di rifrazione alla luce (tra questi grande importanza rivestono i cristalli). I v. comuni fanno parte invece dei v. sodico-calcici, incolori o colorati; il v. in fibre (o lana di v.) ottenuti per filatura con forza centrifuga e tiratura tramite tamburi, è utilizzato per la produzione di tendaggi, tessuti d'arredamento, ma anche per la fabbricazione di fibre ottiche. Tra gli altri citiamo solo i v. fotocromatici (adoperati per vetrate di edifici o per vetrine, per occhiali da sole, per procedimenti fotografici), i v. infrangibili o di sicurezza (caratterizzati da elevata resistenza alla rottura per urto, quando si rompono non danno frammenti a spigoli vivi e taglienti), gli antiriflesso, gli smerigliati (V. SMERIGLIATO), ecc. • St. e Arte - Le più antiche testimonianze nell'industria del v. risalgono all'Egitto, dove dal 1550 a.C. si produssero monili, oggetti di pasta vitrea, pendagli, placchette, fibule, ecc. di pasta colorata (vasi, minuscoli balsamari policromi realizzati sino al Regno di Amenofi III e IV). Sino all'età romana, tuttavia, il v. conservò al suo interno tracce di sabbia e sconosciuta era la tecnica della soffiatura, che sarebbe stata introdotta in Siria nel I sec. a.C. A Pompei e a Roma vennero ritrovati vasi, urne cinerarie vitree dotate di marchio di fabbrica e in Alessandria al tempo dei Tolomei il v. venne impiegato per la fattura di tessere di mosaico, per l'imitazione di prodotti della glittica, di cammei e di gemme incise, giungendo anche a calcare gli originali e a produrre vasi con rilievi bianchi su fondo azzurro. Nel III sec. d.C. la trasparenza della materia raggiunse il suo apice e una grande originalità di forme e colori (vasi diatreti), con l'inserto di foglie d'oro a disegno interposte, di cui resta un esempio nella coppa a fondo d'oro con scene di caccia proveniente da Tresilico in Calabria. Nell'Alto Medioevo il v. venne ampiamente utilizzato in Oriente (India e Cina soprattutto), anche per l'imitazione di pietre preziose, e nelle vetrerie renane, della Gallia, di Bisanzio e di Venezia per calici, oggetti di uso farmaceutico o cosmetico, testimoniando tuttavia una diminuzione nell'impiego dei colori tra i quali si assiste alla prevalenza del verde. Nel Medioevo importanza eccezionale assunse la vetrata (V.), espressione artistica che presto contestò la supremazia del mosaico, in particolare nel Nord Europa. Dal XIII sec. il v. colorato venne anche utilizzato in sculture di marmo, richiedendo quindi una grande specializzazione; risale infatti a questo secolo (1291) il trasferimento da Venezia all'Isola di Murano, per evitare il propagarsi di incendi, delle corporazioni dei vetrai che ricevevano commesse anche dal vicino Oriente (Siria e Palestina), specializzandosi nel Rinascimento in bicchieri, fiasche, lampade, nella creazione di oggetti in un v. soffiato sempre più puro e diafano su cui venivano spesso applicate pitture a smalto rilevato. La decorazione veniva dipinta e applicata a caldo e rappresentava solitamente motivi floreali, ma anche intere scene; alla fine del XV sec. vennero inoltre inventati i lattimi (bianchi opalescenti), i v. a mosaico (costruiti con frammenti di canne colorate), i calcedoni, v. soffiati a imitazione delle pietre dure. Dal XVI sec. il v. soffiato raggiunse un'estrema trasparenza grazie alla sostituzione, durante la fusione, della sabbia con i ciottoli quarzosi di fiume, iniziando la produzione di specchi perfettamente cristallini (famiglia Dal Gallo). I maestri della corporazione vetraria di Altare, in Liguria, e quelli muranesi iniziarono a diffondere anche in Europa i segreti delle loro tecniche (prima relegate a una ristretta cerchia osservante statuti ferrei), spostandosi ad Anversa, Liegi, Namur, Bruxelles, Stoccolma, in Germania (Norimberga, Monaco, Kassel, Colonia, Berlino), in Austria, in Ungheria. Nei secc. XVI-XVII l'industria vetraria si sviluppò anche in Inghilterra, mentre grande concorrenza al prodotto veneziano era opposta dalle vetrerie della Germania e della Boemia che dalla fine del XV sec. avevano iniziato a produrre un v. particolarmente brillante, il cristallo boemo che nel Settecento dominava il mercato. La diminuzione del prezzo di fabbricazione e l'aumentata ricchezza dei committenti determinarono lo sviluppo industriale del v. nel XIX sec., estendendosi a molti altri oggetti di uso comune e all'architettura, soprattutto nella costruzione di paesaggi coperti e di serre. Nel 1851 J. Paxton, applicando i criteri costruttivi delle serre a un palazzo d'esposizioni, costruì a Londra il Crystal Palace, il cui esempio e successo determinarono la realizzazione di analoghe creazioni e l'applicazione del v. a copertura di altri edifici pubblici quali le stazioni ferroviarie e nei grandi magazzini. Nel XX sec. e in particolare durante il periodo tra le due guerre il v. fu uno degli elementi portanti nell'international style con la costruzione di uffici e torri di v.