Scrittore italiano. Fratello di Pietro e
Carlo e figlio di Gabriele, aderì giovanissimo all'Accademia dei Pugni,
curatrice della rivista "Il Caffè" in cui lo stesso
V.
pubblicò una trentina di scritti, essenzialmente di materia giuridica e
linguistica. Con l'amico C. Beccaria fu a Parigi e in Inghilterra (1766-67),
ritornando infine a Roma dove rimase sino alla morte, salvo brevi interruzioni,
anche per il legame sentimentale con la marchesa Margherita Boccapadule. Dopo
l'esordio illuminista e la difesa appassionata e polemica delle prime opere di
Beccaria, il soggiorno romano stemperò in
V. gli ardori
illuministici e produsse una conversione parziale al Classicismo. Lo scrittore
si accostò quindi al teatro per cui tradusse
Amleto (1768) e
Otello (1777) di W. Shakespeare, e scrisse due tragedie, la
Pantea
e
La Congiura di Milano (1779). Grande fortuna ottennero
inoltre il romanzo
Le avventure di Saffo (1782) e soprattutto le
Notti
romane al sepolcro degli Scipioni (1792- 1804; nel 1967 venne inoltre edita
una terza parte), opera che gli valse la fama tra i contemporanei e che
innalzò i modi della letteratura sepolcrale allora in voga (sulla scia
dei
Pensieri notturni di E. Young) a ideali civili e umanitari di
sensibilità illuministica (Milano 1741 - Roma 1816).