eXTReMe Tracker
Tweet

Valore.

L'insieme delle qualità morali e intellettuali di una persona, o il suo grado di capacità professionale: uomo di grande v. ║ Coraggio: atti di v. ║ Croce al v. militare o civile: decorazione militare o civile per atti di grande coraggio. ║ Oggetti di v. o semplicemente valori: denominazione generica di gioielli e altri oggetti preziosi. ║ Nel linguaggio di borsa, tutto ciò che può essere oggetto di negoziazione: divise estere, azioni, obbligazioni, titoli di stato, ecc. ║ Carte v.: termine che indica la carta moneta a corso legale e fiduciario emessa dallo Stato e i titoli di credito dell'istituto di emissione e delle banche autorizzate (assegni circolari, bancari, ecc.). Rientrano tra le carte v. anche i v. bollati, cioè francobolli, marche da bollo, carte bollate e fissati bollati. ║ Il pregio che un oggetto ha per la sua materia, fattura, rarità, attribuito soggettivamente (capacità di soddisfare determinate esigenze) o oggettivamente (stima attribuita a un'opera da gruppi di persone o singoli): un quadro di v. ║ Importanza che una cosa riveste in sé o nel giudizio dei singoli: una scoperta di immenso v. ║ Validità, efficacia: il documento non ha v. se non è firmato. ║ Prezzo, equivalente in denaro: libri per un v. di centomila lire. ║ Significato: il v. di un vocabolo. ║ Aver v. di: avere l'importanza, fare la funzione di qualcosa o di qualcuno (il suo silenzio ha v. di una rinuncia). ║ Come termine scientifico, misura di una grandezza espressa in un numero secondo criteri convenzionali: la temperatura oscillava entro questi v. • Mus. - Durata relativa delle note e delle pause corrispondenti. • Arte - Nella terminologia della critica d'arte, carattere costitutivo dello stile ed elemento del linguaggio figurativo: i v. tonali della pittura veneziana. • Econ. - Genericamente, elementi attivi e passivi del patrimonio di un'azienda. Il termine assume accezioni particolari se ulteriormente specificato. ║ V. numerari certi: v. corrispondenti alla quantità di monete di conto esistenti in cassa, e le entrate e le uscite di quelle monete. ║ V. numerari assimilati: v. corrispondenti a crediti e debiti sorti in moneta di conto, come entrate o come uscite di cassa. ║ V. numerari presunti: v. corrispondenti a crediti e debiti sorti in moneta estera e tradotti in moneta di conto sulla base di cambi presunti. ║ V. non numerari: v. corrispondenti agli elementi attivi e passivi del capitale distinti dai v. numerari. ║ Fondo oscillazione v.: genericamente, il fondo oscillazione prezzi, il fondo oscillazione titoli e altri fondi analoghi. ║ V. aggiunto: differenza tra il v. complessivo della produzione di un'impresa e il v. dei materiali e dei servizi ad essa apportati dalle altre imprese. Nell'ambito della contabilità nazionale, tale v. indica l'apporto effettivo di una singola impresa alla produzione di beni e servizi del paese. ║ V. monetario: misura del rapporto di debito e di credito tra due o più soggetti in termini di moneta. ║ V. attuale: v. di un credito riferito a un momento qualsiasi anteriore alla scadenza. ║ V. di conto o contabile: misura dell'oggetto del conto effettuata al momento della chiusura ed espressa in termini di moneta di conto. ║ V. di bilancio: nel bilancio di un'azienda, v. attribuiti agli elementi attivi e passivi del patrimonio dell'azienda stessa in termini monetari. ║ V. d'uso: capacità di un bene di soddisfare un determinato bisogno. Ad esso è contrapposto il v. di scambio. ║ V. di scambio: capacità di un bene di acquistare altri beni. ║ Teoria del v.: branca dell'economia che studia la formazione dei prezzi relativi dei beni e dei fattori produttivi. Data l'ambiguità insita nel concetto stesso di v., numerose scuole di economisti hanno sviluppato più teorie divergenti per risolvere il problema della sua determinazione. Celebre è la distinzione operata da A. Smith tra v. d'uso, determinato dal bisogno soggettivo di un dato bene, e v. di scambio, determinato dalle forze di mercato; tale distinzione non risolve, tuttavia, il problema della determinazione del v. di un bene, e venne abbandonata nel corso del XIX sec. Gli economisti classici, tra cui D. Ricardo, sostengono la possibilità di determinare oggettivamente il v. di un bene, che identificano con il suo costo di produzione, misurato in ore lavoro: tale impostazione è alla base, tra l'altro, della teoria dello sfruttamento capitalistico di Marx e della teoria del v.-lavoro. Alla teoria classica del v. sono state portate numerose critiche, in particolare per quanto riguarda la possibilità di una sua determinazione oggettiva: l'aspetto soggettivo del v. di un bene viene sottolineato soprattutto dai teorici dell'utilità, definita come la capacità dei beni di soddisfare i bisogni umani, la cui valutazione è, appunto, soggettiva. Inoltre, anche ammesso che sia possibile attribuire coerentemente e oggettivamente il v. a un dato bene, non è detto che esso coincida con il suo costo di produzione: esso, piuttosto, dipende dall'apprezzamento soggettivo del bene in questione da parte dell'insieme dei consumatori. Infine, secondo i critici della teoria classica, la misura del costo di produzione in ore di lavoro è da respingere come troppo semplicistica, date le differenze qualitative delle unità di lavoro; e, anche nell'ipotesi di lavoro qualitativamente omogeneo, restano numerose differenze di produttività determinate da fattori produttivi non umani (terra, capitale, ecc.) Tali critiche hanno portato a una ridefinizione del costo di produzione, in termini di costo alternativo: in questa nuova accezione il costo di produzione di un bene viene misurato in base alla quantità di altri beni che le risorse impiegate in esso avrebbero potuto produrre, se impiegate diversamente. L'aspetto soggettivo del problema del v., d'altro canto, porta allo sviluppo della teoria della domanda; esso, insieme all'elemento oggettivo che sta alla base della teoria dell'offerta, concorre alla determinazione del prezzo relativo del bene. La teoria del v. diventa così teoria di mercato, che trova in A. Marshall la sua espressione più illustre. • Filos. - Filosofia dei v.: indirizzo di pensiero sviluppatosi nella prima metà del XX sec., in reazione al Materialismo positivistico, che aveva portato al discredito di qualsiasi realtà etico-religiosa, al trionfo del Nichilismo nietzschiano e al predominio di una ragione assoluta del Neohegelismo. Esso consiste in un tentativo di riaffermare la validità dei principi etici nonostante il rifiuto di ogni metafisica. La nascita della filosofia dei v. viene fatta risalire a I. Kant, che per primo riconobbe il v. assoluto nella dignità morale dell'uomo, distinto da ogni altro v. relativo delle cose; tuttavia, la concezione di un regno dei v., in quanto principi dotati di una propria validità, anche se distinti dalla realtà comune, venne elaborata e diffusa con l'opera di J.H. Lotze. La necessità di chiarire quale fosse il fondamento di tale validità portò la filosofia dei v. ad articolarsi in diverse tendenze, usualmente distinte in psicologistica, neokantiana e fenomenologica. La prima pone l'accento sul rapporto tra i v. e la loro desiderabilità; la seconda, invece, riconduce la fondazione dei v. a una critica estesa al mondo storico, del cui sviluppo i v. sono, appunto, principi e norma; la terza tendenza, infine, porta a escludere una qualsiasi fondazione o riduzione psicologistica dei v. e, al tempo stesso, a contestare che siano qualcosa di puramente formale. In questa accezione i v. costituiscono una sorta di vero e proprio mondo intelligibile o ideale, indipendente dal fatto che li realizziamo o meno e dal variare delle nostre valutazione; tuttavia, essi vanno considerati da un punto di vista critico, che non consente di andare oltre l'uomo come unica coscienza morale conoscibile dell'universo. Con M. Heidegger si è avuta una critica decisa della filosofia dei v.: riprendendo il tema del tramonto nietzschiano dei v., Heidegger lo radicalizza e lo rivolge contro lo stesso Nietzsche, accusato di essere ancora prigioniero della metafisica, in quanto auspicava una nuova tavola dei v. • Fis. - Con riferimento a una determinata grandezza, la sua misura rispetto a una prefissata unità. In caso di grandezza vettoriale, il termine è normalmente riferito al suo modulo. • Mat. - V. assoluto: con riferimento a un numero reale, il numero stesso privato del suo segno. Pertanto, dato un numero reale a, il suo v. assoluto, indicato con il simbolo |a|, è a stesso, se a ≥ 0, ed è -a se a < 0. ║ Teorema del v. medio nel calcolo differenziale o teorema di Lagrange: data una funzione f(x) continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b] e derivabile nell'intervallo aperto (a, b), esiste un punto x0 appartenente ad (a, b) tale che f(b) - f(a) = f'(x0)(b - a). Da un punto di vista geometrico, il teorema del v. medio afferma che esiste un punto nell'intervallo (a, b) tale che la tangente al grafico della funzione f(x) in quel punto è parallela alla retta passante per gli estremi della curva (a, f(a)) e (b, f(b)). ║ Teorema del v. medio nel calcolo integrale: data una funzione f(x) continua nell'intervallo chiuso e limitato [a, b], esiste un punto x0 appartenente ad [a, b] tale che

Valle00.png