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Valla, Lorenzo.

Umanista italiano. Dopo aver compiuto gli studi a Roma, nel 1429 si trasferì a Pavia per insegnarvi eloquenza e là rimase due anni. Nel 1933 lo scandalo suscitato dalla sua Epistola de insigniis et armis lo costrinse ad abbandonare la città e a iniziare un periodo di continui spostamenti. Nel 1437 si stabilì, infine, a Napoli, ove svolse il ruolo di segretario del re Alfonso d'Aragona, che lo trasse d'impaccio quando, per una polemica con frate Antonio di Bitonto sull'origine del Credo, fu deferito all'Inquisizione. L'ostilità papale gli impedì a lungo di far rientro a Roma, ove poté giungere solo nel 1448, per intercessione di alcuni amici cardinali. Sotto Callisto III fu nominato (1455) segretario apostolico e insegnante di eloquenza. V. rappresentò una delle figure più eminenti dell'Umanesimo italiano. Filologo di assoluto rilievo, si peritò di fornire la definitiva dimostrazione della non autenticità del documento che sanciva la donazione di territorio fatta da Costantino alla Chiesa, documento su cui questa fondava la legittimità del proprio potere temporale (De falso credita et emendita Constantini donatione, 1440). La sua attività, però, andò oltre questa scoperta che lo avrebbe reso celebre presso la posterità, inquadrandosi in una più generale opera di recupero della lingua latina e della cultura e dei valori che essa veicolava (Elegantiae linguae latinae, 1435-44). In questo senso, si può comprendere la battaglia che V. condusse contro la Scolastica e il suo logicismo esasperato, che uccideva la vitalità della lingua latina e la spogliava della sua capacità di essere strumento di comunicazione e conoscenza (Dialecticae disputationes, 1439). V. mantenne un atteggiamento assai polemico anche nei confronti dell'etica stoica e dell'ascetismo cristiano, cui contrappose una morale attivista fondata sull'impegno e sulla gioia di vivere (De voluptate, 1431), e della ragione dialettica, contro cui avanzò la lezione paolina del primato della fede (De libero arbitrio, 1439). Non lesinò critiche neppure alla tradizione storiografica, pur non raggiungendo livelli di eccellenza con i tre libri Historiarum Ferdinandi regis Aragonae (1444-45, pubblicato postumo nel 1521) (Roma 1405-1457).