Imperatore romano d'Occidente. Alto ufficiale,
alla morte dell'imperatore Gioviano (364), gli succedette acclamato dai
dignitari dell'esercito nei pressi di Nicea. Stabilita la sua sede a Milano,
assegnò le province orientali al fratello Valente, poi raggiunse la
Gallia, assalita dagli Alamanni, riportando una vittoria, seppur effimera, nella
battaglia di
Solicinium (odierna Sulz) (365). Contro Pitti e Scoti, che
assediavano la Britannia, inviò Flavio Teodosio, che pure si
incaricò di ristabilire l'ordine in Africa, dove, sobillata dai donatisti
e capeggiata da Firmo, era scoppiata una rivolta contro gli abusi dei funzionari
imperiali. Altre popolazioni barbariche, i Sarmati, i Quadi e gli Iazigi,
imperversavano (374) a Est, spezzando la linea del Danubio:
V. si
recò di persona in Pannonia con moglie e figlio (il futuro Valentiniano
II), ma morì poco prima che tra l'Impero e i Quadi venisse raggiunto un
accordo. Estremamente tollerante nei confronti dei giudei e dei pagani, sebbene
molto devoto al credo niceno,
V. si dimostrò equilibrato anche in
politica interna, dove tutelò le classi meno abbienti (per la loro difesa
creò la figura del
defensor plebis), e si impegnò nel
tentativo di sanare un'economia ormai irrimediabilmente compromessa dal
malgoverno dei funzionari e dalle condizioni disastrose del Tesoro pubblico
(Cibalae, Pannonia 321 - Brigetio, Pannonia 375).