(o
Tindale, William). Riformatore
gallese. Dopo aver condotto gli studi a Oxford (1515), si trasferì
Cambridge. Ordinato sacerdote nel 1521, sotto l'influsso di Erasmo (del quale
aveva tradotto
l'Enchiridion)
e di Lutero, cominciò a
predicare la fedeltà allo spirito evangelico quale rimedio contro la
corruzione della Chiesa, incorrendo presto in sospetti di eresia. Nel 1523
T., maturato il proposito di tradurre in inglese il
Nuovo
Testamento, cercò aiuto a Londra presso il vescovo C. Tunstal, ma
invano. Imbarcatosi per la Germania, soggiornò a Wittenberg e quindi a
Colonia, dove la stampa della traduzione del
Nuovo Testamento venne
interrotta su ordine delle autorità. L'opera, la cui edizione vide la
luce a Worms nel 1925, si diffuse clandestinamente in Inghilterra, trovando
l'opposizione dei vescovi che ne fecero bruciare quasi tutte le copie. Negli
anni seguenti,
T. pubblicò
La parabola del perfido Mammona
(1528),
L'obbedienza di un cristiano (1528) e
La pratica dei
prelati (1530), attendendo altresì alla traduzione del
Pentateuco
(1530) e dei libri di Giona e di Neemia. In seguito fu impegnato in una
controversia contro T. Moro. Declinato l'invito di Enrico VIII a ritornare in
patria dopo lo scisma da Roma,
T. fu perseguitato dal re, finché,
catturato dalle truppe imperiali di Carlo V e imprigionato nel castello di
Vilvoorde (1535), presso Bruxelles, nel 1536 venne impiccato e arso sul rogo.
Ebbe l'indiscusso merito di aver contribuito alla formazione del vocabolario
religioso inglese (nel Galles tra il 1490 e il 1495 - Vilvoorde, Bruxelles
1536).