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Trotzkij, Lev Davidovič.

Pseudonimo di Lejba Bronštein. Uomo politico russo. Di famiglia israelita e contadina, entrò giovanissimo nel movimento rivoluzionario, subendo l'arresto (1898) e la deportazione in Siberia (1899), da dove riuscì, però, a fuggire (1902) riparando a Londra. Membro della redazione dell'“Iskra”, in occasione del II Congresso del Partito operaio socialdemocratico russo (1903) si schierò con i menscevichi; negli anni successivi, cercò invano di realizzare una mediazione tra questi e l'ala bolscevica. Di nuovo in Russia dopo lo scoppio del moto rivoluzionario del gennaio 1905, fu presidente del Soviet di Pietroburgo (novembre-dicembre), prima di subire una seconda deportazione (1906); l'anno seguente riuscì, però, a fuggire e a raggiungere l'Austria, quindi la Francia e infine gli Stati Uniti. In Russia fece ritorno nel maggio 1917; ad agosto aderì al Bolscevismo, divenendo uno dei protagonisti della Rivoluzione d'Ottobre. Commissario del popolo agli Affari esteri (ottobre 1917 - febbraio 1918), fu alla testa della delegazione russa durante le trattative che avrebbero portato alla Pace di Brest-Litovsk (marzo 1918). Nel ruolo di commissario del popolo per l'esercito e la marina (ruolo che ricoprì dal 1918 al 1925), seppe realizzare un'efficace riorganizzazione delle forze militari, conducendole alla definitiva vittoria sull'esercito controrivoluzionario (1920). Dal 1923 propugnò la necessità di superare la NEP (V.), entrando in questo modo in conflitto con Bucharin e Stalin; contro quest'ultimo nel 1926 diede vita, insieme a Kamenev e a Zinov'ev, alla cosiddetta “opposizione unificata”, che lanciò un violento attacco, oltre che alle scelte economiche del regime sovietico, alla burocratizzazione e al venir meno del suo internazionalismo. Sconfitto, fu espulso dal partito (1927) e confinato in Kazakistan (1928), quindi esiliato in Turchia (1929). Trasferitosi in Francia e poi in Norvegia, negli anni Trenta T. fu attivo promotore dell'opposizione antistaliniana, il cui frutto più maturo fu la costituzione della Quarta Internazionale (1938). Condannato a morte in contumacia (1936), nel 1937 si trasferì in Messico, ove nel 1940 trovò la morte per mano di un sicario di Stalin. Da un punto di vista teorico, la figura di T. è legata alla cosiddetta “teoria della rivoluzione permanente” che, seppure formulata già nel 1905 in Bilanci e prospettive, un saggio di riflessione sugli avvenimenti rivoluzionari di quell'epoca, trovò compiuta esposizione solo nel 1929 nell'opera La rivoluzione permanente. Secondo questa teoria, nei Paesi arretrati come la Russia il proletariato poteva raggiungere il potere prima che nei Paesi capitalisti facendosi carico di realizzare anche la rivoluzione borghese e democratica (che era impossibile da compiere per una borghesia giudicata troppo debole) e passando da questa, senza soluzione di continuità, a quella dittatura del proletariato che avrebbe tra le altre cose permesso la liberazione degli stessi contadini dai legami feudali e protocapitalisti. T. desumeva ciò da una rigorosa analisi dello sviluppo socioeconomico della Russia zarista, sintetizzabile nella “legge dello sviluppo diseguale e combinato”: in base a questa legge, il processo storico si caratterizzerebbe per un'ineguaglianza di sviluppo, che si evidenzia con particolare vigore nei Paesi arretrati, presso i quali si combinano diversi stadi e si mescolano forme arcaiche di produzione con forme più moderne. Una condizione era, però, necessaria per T. perché la rivoluzione potesse avere successo: essa doveva venire esportata negli altri Paesi, in modo da godere dell'appoggio del proletariato occidentale; diversamente, l'arretratezza culturale e tecnologica della Russia avrebbe costituito un ostacolo insormontabile e avrebbe determinato un riflusso della rivoluzione stessa. Al tema dell'internazionalismo si venne a saldare nell'ultimo T. la critica alla burocratizzazione dell'Unione Sovietica che, per certi versi, si ricollegava a ciò che, almeno fino al 1917, costituiva la differenza fondamentale rispetto a Lenin: la riluttanza di T. ad attribuire al partito un ruolo avanguardista e di rappresentante unico e privilegiato delle masse. Ne La rivoluzione tradita (1936) e, in particolare, nel capitolo intitolato Il termidoro sovietico, T. individuò nella proibizione delle frazioni (che pure lui stesso negli anni 1920-21 sostenne, anche se giustificandola a posteriori con l'eccezionalità del momento) e nella sregolata campagna staliniana di reclutamento dei nuovi membri due delle cause principali della degenerazione burocratica. Queste misure, infatti, esasperarono, secondo T., una situazione resa difficile dagli oggettivi problemi economici: laddove, infatti, la produzione non consente di garantire il necessario a tutti, la burocrazia diviene, a parere di T., casta privilegiata e parassitaria, che si specializza nell'esercizio del potere e che finisce, quindi, per acuire le tensioni sociali (Janovka, Cherson 1879 - Coyocán, Città del Messico 1940).