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Tristano.

Eroe leggendario, protagonista di numerose opere letterarie medioevali. Il tema della sua storia d'amore con Isotta è trattato in diverse composizioni poetiche databili attorno alla seconda metà del XII sec.: il Tristan del poeta anglo-normanno Thomas (di cui restano solo 3.144 versi) e un poema scritto dal giullare normanno Béroul, di poco posteriore a quello di Thomas e del quale rimangono soltanto 4.485 versi, relativi alla parte centrale del racconto. Ci sono poi giunti il delicatissimo lai di Maria di Francia Le chevrefoil (Il caprifoglio), in 118 versi che narrano un episodio della storia dei due amanti, e il poemetto La follia di Tristano, in due diverse redazioni dette rispettivamente di Oxford (998 versi in anglo-normanno) e di Berna (572 versi in normanno). Eilhart von Oberg riprese la versione di Béroul per il suo poema in medio-alto-tedesco Tristan und Isolde, della fine del XII sec., mentre Goffredo di Strasburgo eseguì una traduzione in alto-tedesco del poema di Thomas, intitolata Tristan und Isolde e databile al primo ventennio del XIII sec. Una redazione in prosa di testi anteriori, detta Roman de Tristan (1225), si diffuse in tutta Europa. Oltre ai già citati poemi si conoscono altri testi, quali il Tristrams Saga ok Isondar, saga norvegese in prosa (1226), il poemetto anonimo inglese Sir Tristem (XIV sec.), El cuento de Tristán, versione prosastica spagnola del Roman francese. In Italia la diffusione della leggenda è testimoniata da numerosi documenti letterari: il Tristano Corsiniano (conservato presso la Biblioteca Corsiniana di Roma); il Tristano Riccardiano (della Biblioteca Riccardiana di Firenze) della fine del XIII sec., derivato dallo stesso Roman e dal poema cavalleresco Meliadus di Rustichello da Pisa; una sezione della Tavola Rotonda, romanzo anonimo in prosa italiana (1340); il cosiddetto Tristano Veneto e numerosi cantari, tutti databili al XIV sec. Il mito di T. fu ripreso in epoche posteriori dai romantici tedeschi (A.W. Schlegel), dagli inglesi A. Tennyson (Gli idilli del re) e A.Ch. Swinburne (Tristram di Liones); il filologo francese J. Bédier ne fece uno squisito rifacimento in prosa, Wagner ne trasse il soggetto del suo dramma musicale Tristan und Isolde. Nonostante le numerose varianti e le successive elaborazioni, la storia di T. si svolge secondo alcune linee narrative costanti. T., cresciuto alla corte dello zio, il re Marco di Cornovaglia, si reca dalla regina d'Irlanda, grande esperta in filtri magici, affinché essa lo guarisca della ferita riportata durante il duello mortale contro il crudele gigante Morold. Egli si presenta sotto il falso nome di Tantris perché Morold altri non era se non il fratello della regina. Qui conosce la bionda Isotta e ne è colpito al punto da indurre re Marco a chiederne la mano. T. torna quindi in Irlanda per condurre la fanciulla in Cornovaglia; Isotta, scoperto in lui l'uccisore dello zio Morold, vorrebbe vendicarlo, ma la madre la dissuade e le dà un filtro d'amore da propinare al futuro marito. Sulla nave che li riporta in Cornovaglia, i due giovani bevono per errore il filtro e cadono ardentemente innamorati l'uno dell'altra. Isotta sposa ugualmente re Marco, il quale però scopre l'idillio tra i due per la delazione dei cortigiani. T. va in esilio in Armorica dove, per cercare di dimenticare Isotta la bionda, sposa un'altra Isotta, detta “dalle bianche mani”. Ferito a morte in un combattimento, T. invia un messaggero da Isotta per supplicarla di venire da lui: secondo il segnale concordato, se questa verrà, la nave che la condurrà isserà la vela bianca; se non verrà, isserà la vela nera. Allorché la nave si avvicina, Isotta dalle bianche mani inganna T. dicendogli che la nave ha la vela nera. T. muore; Isotta la bionda, discesa dalla nave, muore anch'essa di dolore sul corpo dell'amato.