(dal latino
tributum, der. di
tribuĕre: ripartire tra le tribù). Denominazione generica con
cui si indica qualsiasi prestazione in denaro dovuta dai cittadini allo Stato o
agli enti pubblici:
riscuotere un t. ║ Fig. - Ciò che si
dà o si fa per adempiere un obbligo o un dovere:
quel popolo
pagò un pesante t.
di sangue per la difesa della sua terra.
• St. - Il pagamento di
t. in denaro era pressoché
sconosciuto nell'antica Atene; tranne che in casi estremamente gravi e,
comunque, legati a scopi bellici, in cui era previsto un
t. straordinario
in denaro (detto
eisphorá), per le necessità pubbliche si
ricorreva alla
liturgia,
una pratica con la quale si forniva allo
Stato direttamente ciò di cui questo aveva bisogno (ad esempio l'armatura
di una nave). Un significato più morale che economico avevano i
t.
cui erano assoggettati i non cittadini per poter godere di alcune prerogative
teoricamente riservate ai cittadini (
t. per il traffico sul mercato
cittadino,
t. per il pascolo, ecc.). A
t. in denaro erano, poi,
sottoposti gli alleati di Atene membri della lega delio-attica. Si assistette a
un cambiamento con la riforma approvata nel 378 a.C. durante l'arcontato di
Nausinico, quando si stabilì l'imposta diretta per tutti i cittadini.
L'introduzione su ampia scala dei
t. in denaro risale, però,
all'epoca ellenistica; nessun rapporto di continuità sussisteva con i
t. in vigore in Atene: essi, piuttosto, si riallacciavano alle
contribuzioni forzose imposte nei Regni orientali, di cui, in effetti, i Regni
ellenistici si consideravano i continuatori. I
t. in denaro svolsero un
ruolo fondamentale nell'ordinamento finanziario romano. Si aveva il
vectigal, che consisteva in una rendita tratta dai beni demaniali, e,
soprattutto, il
tributum civium Romanorum, la contribuzione pagata dai
cittadini (in occasione di spese straordinarie) in rapporto al censo sui propri
beni e prelevata per tribù ad opera dei
tribuni aerarii. Con la
conquista delle province orientali (167 a.C.), in virtù del notevole
afflusso di denaro che da lì provenne, i cittadini romani i cui possessi
si trovavano in Italia vennero esentati dal pagamento del
tributum (tale
regime durò, poi, fino al 292 d.C.). Per provvedere alle necessità
finanziarie ordinarie, si ricorreva, invece, all'imposizione di pesanti
t. sulle province conquistate; l'esazione di questi
t. era
affidata a potenti società di pubblicani, i quali non di rado,
soprattutto in età repubblicana, ridussero, attraverso lo strumento
fiscale, le province in uno stato di grave oppressione. In epoca imperiale, si
rimise ordine nella riscossione dei
t., sottraendola ai pubblicani e
tentando di determinare l'effettiva capacità contributiva delle singole
province.