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Trasformazione.

L'azione che comporta un cambiamento di aspetto, forma, struttura o di altre caratteristiche. • Fis. - Qualsiasi cambiamento che un sistema materiale subisce per effetto di una variazione dei parametri che ne individuano le condizioni, e anche il processo stesso per mezzo del quale si attua tale cambiamento. ║ T. di Galileo, di Lorentz: t. di un sistema di riferimento cartesiano ortogonale per i quali risultano invarianti, rispettivamente, le leggi della meccanica newtoniana e le equazioni di Maxwell dell'elettromagnetismo. In meccanica newtoniana, un moto può essere descritto solo facendo riferimento a un osservatore, individuato da un sistema cartesiano tridimensionale O (x, y, z); lo stesso movimento, descritto da un secondo osservatore individuato dal sistema O'(x', y', z') in moto rettilineo uniforme rispetto al primo, ha una nuova equazione, ricavabile dalla precedente mediante, appunto, una t. galileiana. Tale t. presuppone l'esistenza di un tempo assoluto, uguale per tutti gli osservatori; questo assunto viene abbandonato nella visione più ampia della teoria della relatività ristretta e generale, al cui ambito appartengono le t. di Lorentz, nelle quali il concetto di simultaneità e di durata di un intervallo temporale viene completamente rivisitato. • Mat. - Operazione che fa corrispondere a un elemento di un insieme uno o più elementi di un altro insieme, eventualmente coincidente con il primo. ║ T. analitica: t. tra spazi euclidei, in cui le coordinate del punto trasformato sono funzioni analitiche delle coordinate del punto di partenza. ║ T. bicontinua: t. tra spazi topologici invertibile, continua e tale che anche la t. inversa è continua. È sinonimo di omeomorfismo. ║ T. bilineare: con riferimento a tre spazi vettoriali X, Y, Z, t. tra lo spazio prodotto X x Y e Z lineare in X, per ogni y in Y fissato, e lineare in Y, per ogni x in X fissata. ║ T. birazionale: in geometria algebrica, t. tra due varietà algebriche tale che le coordinate locali di ciascun punto trasformato sono funzioni razionali delle coordinate del punto di partenza. ║ T. biunivoca: t. univoca tra due insiemi iniettiva e suriettiva, cioè tale che a ogni elemento del primo insieme corrisponde uno e un solo elemento del secondo, e viceversa. Le t. biunivoche sono invertibili. ║ T. ciclica o periodica: t. T tale che una sua potenza Tn coincide con l'identità I. Il minimo numero intero k tale che Tk = I prende il nome di periodo della t. Se il periodo è pari a 2, la t. prende il nome di t. involutoria. ║ T. circolare o omociclica: t. di un piano in sé che trasforma la famiglia delle circonferenze e delle rette in sé. ║ T. concorde: t. tra due piani nei quali sia stato fissato un verso per le rotazioni, che mantiene tale verso. ║ T. conforme: t. isogonale nella quale viene conservato anche il verso degli angoli. Nel piano complesso, una t. conforme è sempre immagine geometrica di una funzione olomorfa f(z) con f'(z) ≠ 0 per ogni z. ║ T. continua: t. tra due spazi topologici S e S' tale che la controimmagine di ogni aperto di S' sia un aperto di S. ║ T. di coordinate: t. che esprime il passaggio da un sistema di coordinate a un altro. ║ T. cremoniana: in geometria algebrica, t. birazionale tra due spazi proiettivi della stessa dimensione. ║ T. differenziabile: t. tra varietà differenziabili tale che le coordinate locali di ogni punto trasformato siano funzioni differenziabili delle coordinate del punto di partenza. ║ T. discorde: t. tra due piani nei quali sia stato fissato un verso per le rotazioni, che scambia i versi. ║ T. di Fourier: in analisi armonica, t. funzionale lineare che associa alla funzione g(t) di variabile reale o complessa, integrabile sull'asse reale, la funzione complessa a variabile reale f(α) definita da

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Tale integrale prende il nome di trasformata di Fourier della funzione g. ║ T. funzionale: t. tra spazi funzionali. ║ T. geometrica : t. tra due spazi dotati di struttura geometrica. ║ T. identica: t. di un insieme in sé che a ogni punto associa se stesso. ║ T. integrale: t. tra due spazi funzionali definita mediante un integrale. Sono t. integrali la trasformata di Fourier e di Laplace. ║ T. inversa: con riferimento a una t. T biunivoca dall'insieme S all'insieme S' che a ogni elemento P di S associa l'elemento P' di S', t. di S' in S, indicata con il simbolo T-1, che associa a ogni elemento P' la controimmagine P. ║ T. isogonale: t. del piano che conserva l'ampiezza degli angoli. ║ T. di Laplace: t. funzionale lineare che associa alla funzione complessa g(t) di variabile reale, localmente integrabile sull'asse reale, la funzione olomorfa f(z) di variabile complessa, definita dall'integrale

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detta trasformata di Laplace di g(t). ║ T. lineare: t. tra spazi vettoriali tale che le coordinate di ogni punto trasformato sono funzioni lineari delle coordinate del punto di partenza. ║ T. ortogonale: t. lineare unitaria su uno spazio reale. Essa trasforma assi ortogonali in assi ancora ortogonali. ║ T. a radici opposte: t. tra equazioni algebriche moniche, che a ogni equazione di grado n associa l'equazione che ha radici opposte. ║ T. a radici reciproche: t. tra equazioni algebriche moniche, che a ogni equazione di grado n associa l'equazione che ha radici reciproche. ║ T. unitaria: in uno spazio vettoriale normato, t. lineare che conserva il prodotto scalare tra i vettori. ║ T. univoca: t. tra due insiemi che a ogni elemento del primo associa uno e un solo elemento del secondo. ║ T. di variabili: t. che esprime il passaggio dalle variabili u1, ..., un alle variabili x1, ..., xk, dove queste ultime sono espresse mediante particolari funzioni delle prime. Se k = n la t. si dice t. di coordinate. ║ Gruppo di t.: insieme G di t. di un insieme I in sé, che soddisfi gli assiomi algebrici di gruppo rispetto al prodotto di composizione. ║ Prodotto di t.: dati tre insiemi I, I', I'', date una t. T che associa a ogni punto P di I il punto P' di I' e una t. T' che associa a ogni punto P' di I' il punto P'' di I'', la t. da I a I'' che associa a ogni punto P il punto P''. • Gen. - Variazione ereditabile del genotipo di cellule procariote o eucariote dovuta all'incorporazione di una sequenza di DNA estranea. ║ Nei batteri, in particolare, la t. spontanea rappresenta un efficace meccanismo evolutivo di produzione di variabilità genetica. Al pari della trasduzione e della coniugazione, essa è infatti un sistema mediante il quale i batteri appartenenti allo stesso o a un altro ceppo si scambiano sequenze di DNA, assumendo nuove caratteristiche genetiche. La t. avviene spontaneamente soltanto in alcuni tipi di batteri (Haemophilus, Streptococcus, Bacillus, Neisseria) i quali, in particolari momenti del loro ciclo cellulare, si trovano in uno stato, detto competente, in cui sono capaci di assorbire molecole di acido nucleico dall'esterno. Negli altri gruppi batterici la competenza può essere indotta artificialmente in vitro attraverso l'incubazione preventiva delle colture in una soluzione di cloruro di calcio a bassa temperatura (Escherichia coli) o in una soluzione di ioni litio o ancora per mezzo dell'elettroporazione, un sistema mediante il quale le cellule batteriche vengono esposte a un breve impulso di corrente elettrica ad alto voltaggio che provoca la formazione di pori nella membrana batterica. Successivamente le colture vengono incubate per un certo tempo con estratti cellulari di tipi simili di batteri o messe in presenza di cellule uccise o di colture fissate, in modo da far avvenire il trasferimento delle sequenze e la loro integrazione nelle cellule ospiti. Data l'elevata velocità di crescita dei batteri in vitro e la semplicità con cui è possibile isolare DNA plasmidico, la t. batterica è ormai un processo largamente utilizzato nei laboratori di biologia molecolare e in quelli di genetica. Essa trova applicazione, ad esempio, nell'analisi e nella caratterizzazione di sequenze geniche ancora sconosciute, che vengono inserite nei batteri mediante vettori plasmidici e, più in generale, nelle tecnologie dell'ingegneria genetica. La t. batterica è stata descritta per la prima volta nel 1928 da F. Griffith in Streptococcus pneumoniae, l'agente eziologico della polmonite. Questo batterio è un diplococco presente sia nella forma capsulata o liscia (S) sia in quella non capsulata o rugosa (R). Iniettando separatamente i due ceppi batterici nei topi, Griffith osservò che mentre le cellule capsulate erano in grado di indurre la malattia (ceppo virulento), quelle non capsulate risultavano completamente innocue (ceppo non virulento). Inoculando nei topi sani un miscuglio composto da cellule non virulente e cellule virulente preventivamente uccise con calore, egli inoltre osservò che i topi morivano ugualmente. Ciò indusse a pensare che nelle cellule non virulente si fosse verificata una t. in seguito al trasferimento di qualche sostanza attiva. Le ricerche volte a stabilire quale fosse l'agente responsabile di tale t. continuarono fino al 1944 quando si dimostrò che il “fattore trasformante” liberato dalle cellule virulente morte, capace di convertire la forma batterica innocua nella forma letale, era costituito da DNA. A riprova di ciò stava il fatto che il DNA purificato dagli streptococchi virulenti era in grado, da solo, di trasformare batteri innocui in batteri virulenti e che l'attività biologica del fattore trasformante veniva annientata dalla desossiribonucleasi, mentre non era per nulla compromessa da altri enzimi in grado di distruggere RNA o proteine. Marcando infine il DNA trasformante con fosforo radioattivo si otteneva, nei batteri riceventi, un'incorporazione del marcatore che era direttamente proporzionale al numero dei trasformanti. Questi esperimenti hanno avuto un'importanza determinante nella biologia, in quanto hanno dimostrato che il DNA è la sede dell'informazione ereditaria di un organismo. ║ La t., o transfezione, può avvenire anche nelle cellule eucariote e rappresenta un metodo ampiamente utilizzato per studiare o approfondire la funzione dei geni eucarioti e nella terapia genica. A questo scopo si usano soprattutto cellule di mammifero coltivate in vitro (fibroblasti di topo e di criceto, cellule epiteliali di uomo e di topo, mioblasti e cellule cromaffini di ratto, cellule plasmatiche di topo) oppure cellule di lievito opportunamente trattate. Anche le cellule eucariote, come quelle procariote, prima della t. devono essere rese competenti e ciò viene realizzato mediante incubazione della coltura in una soluzione di fosfato di calcio, o attraverso tecniche quali la microiniezione, consistente nell'introduzione diretta di DNA nella cellula ospite mediante sottilissimi aghi, o l'elettroporazione. All'induzione della competenza segue poi l'inserimento, a seconda dei casi, di vescicole lipidiche (liposomi) o di retrovirus. ║ T. neoplastica o oncogena: quando vengono esposte all'azione di agenti oncogeni quali virus, sostanze chimiche o radiazioni, le cellule eucariote coltivate in vitro possono andare incontro a modificazioni strutturali e funzionali molto simili a quelle delle cellule tumorali e diventare dunque cellule maligne che, se iniettate in un animale, sono in grado di provocare un tumore. Le cellule trasformate, infatti, risultano praticamente immortali, si riproducono molto più velocemente di quelle normali dando luogo a cloni di cellule di forma spesso irregolare, hanno una capacità di sopravvivenza in coltura di molto superiore a quella delle cellule normali e non mostrano il fenomeno dell'inibizione da contatto. Inoltre hanno, sulla loro superficie, recettori diversi da quelli delle altre cellule, mostrano una glicolisi aerobia accelerata e una produzione di AMPciclico diminuita e presentano spesso anomalie cromosomiche. Lo studio delle alterazioni delle cellule trasformate in vitro ha permesso di compiere grandi passi avanti nella comprensione dei fenomeni, del tutto simili, che si verificano nello sviluppo delle cellule tumorali in vivo. Già nel 1910 si era dimostrato che il virus del sarcoma di pollo era in grado di trasformare in vitro le cellule sane in cellule maligne. Nel 1960 R. Dulbecco ha provato inconfutabilmente che anche i fibroblasti di criceto coltivati in vitro e trattati col virus del polioma vanno incontro a una profonda t. di natura maligna e che tale trasformazione è determinata da geni specifici contenuti nel virus (oncogeni). In seguito si è trovato che oltre ai virus a RNA, anche altri virus a DNA, diversi dal polioma, sono in grado di indurre t. cellulare: tra questi alcuni adenovirus, il virus di Epstein-Barr della famiglia degli herpesvirus, l'SV40. Come già accennato, anche le radiazioni ionizzanti, svariate sostanze chimiche di tipo aromatico, come il benzopirene, e le nitrosammine alifatiche sono in grado di causare t. nelle cellule in vitro e tumori negli animali da laboratorio. In molti casi si è scoperto che tali sostanze, dette precancerogene, diventano attive soltanto dopo essere state trasformate chimicamente nell'organismo da parte di alcuni enzimi cellulari, chiamati sistemi attivanti.