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Terremoto.

(dal latino terrae motus: movimento della terra). Il complesso dei movimenti vibratori e sussultori bruschi e rapidi, denominati scosse sismiche, di un'area più o meno vasta della superficie terrestre, provocati dalle onde elastiche che si originano in profondità nella crosta terrestre o nel mantello in seguito a un'improvvisa dislocazione di masse rocciose. ║ Insieme delle manifestazioni di varia natura che si accompagnano a tali movimenti. ║ Fig. - Mutamento radicale, improvviso e inaspettato, o profondo sconvolgimento che modifica in modo sostanziale una situazione o che rovescia un equilibrio ormai consolidato. ║ Di un individuo, e in particolare di un bambino, vivace e turbolento, in continuo movimento. • Geofis. - Origine di un t.: secondo la teoria del rimbalzo elastico di H.F. Reid, la maggior parte dei t. ha origine nel suolo a una certa profondità ed è dovuta principalmente alla frattura e al successivo scorrimento di grandi masse di rocce, che rappresentano la sorgente del t. o ipocentro, lungo rotture del suolo terrestre (dette faglie) che si formano quando la deformazione elastica supera una certa soglia. L'interno della terra e la sua superficie, infatti, sono soggette a continui movimenti, e le rocce che si trovano nel sottosuolo sono sottoposte, a causa di tali movimenti, a intense sollecitazioni e a fortissime tensioni che si traducono in progressive deformazioni delle rocce stesse. Non potendo deformarsi indefinitamente, le rocce sottoposte a tensione trovano un nuovo equilibrio spaccandosi o slittando le une sulle altre. Le fratture e le dislocazioni liberano un'enorme quantità di energia elastica che si esprime sotto forma di onde elastiche (onde sismiche), che si propagano in superficie interessando un'area che è tanto più vasta quanto più profondo è l'ipocentro. Sulla superficie le scosse sismiche provocate dalle onde elastiche si manifestano tanto più intensamente quanto più ci si avvicina all'epicentro, ovvero il punto della superficie che si trova perpendicolarmente all'ipocentro. Le onde sismiche che si propagano in superficie sono di tre tipi: onde longitudinali, trasversali e superficiali. Le onde longitudinali o primarie (P), che giungono per prime sulla superficie poiché si propagano più velocemente delle altre (5,5 km/sec circa), determinano compressioni e decompressioni e danno origine quindi a vibrazioni nella loro stessa direzione di propagazione. Le onde trasversali o secondarie (S), che viaggiano a una velocità inferiore alle precedenti (4,4 km/sec circa), determinano vibrazioni in direzione perpendicolare a quella di propagazione. Le onde superficiali o onde lunghe (L), che si propagano a una velocità piuttosto bassa (3,5 km/sec circa), sono di vario tipo: tra queste si ricordano le onde di Love, che provocano movimenti sul piano orizzontale in avanti e indietro, trasversalmente rispetto alla direzione di propagazione dell'onda, e le onde di Rayleigh, che imprimono alle particelle del mezzo attraversato un moto ellittico. Le scosse sismiche che sulla superficie si manifestano con vibrazioni verticali vengono dette sussultorie, mentre quelle che si manifestano mediante vibrazioni orizzontali sono definite ondulatorie. Queste scosse avvengono contemporaneamente e sono difficilmente distinguibili fra loro. Le onde sismiche che giungono sulla superficie con un angolo di inclinazione molto ampio o che si sovrappongono fra loro danno luogo a vibrazioni più complesse che vengono chiamate scosse vorticose o rotatorie. Un sisma è sempre seguito a breve distanza di tempo da scosse di intensità minore, dette scosse di replica o semplicemente repliche, dovute a fenomeni di assestamento conseguenti allo squilibrio creato dalle scosse principali. Queste ultime sono sovente precedute da lievi scosse preliminari, il più delle volte non avvertibili dall'uomo. Mediante appositi apparecchi, detti sismografi (V. SISMOGRAFO), è possibile ottenere una rappresentazione grafica dettagliata (sismogramma) di tutte le scosse sismiche, comprese quelle preliminari e quelle di assestamento, e per ciascuna scossa si possono assumere dati caratteristici quali l'istante di inizio, la durata, la posizione precisa dell'epicentro, le coordinate dell'ipocentro, l'energia sviluppata, le proprietà fisiche dei materiali attraversati dalle onde sismiche, nonché le dimensioni della sorgente. Dall'esame dei sismogrammi è inoltre possibile registrare la frequenza e l'intensità dell'area geografica interessata. La costituzione nel XX sec. di una rete mondiale di stazioni sismografiche ha reso possibile la raccolta di enormi quantità di dati riguardanti la distribuzione geografica della sismicità del pianeta; questi dati sono risultati di importanza strategica sia per conoscere più dettagliatamente le caratteristiche sismiche dei vari territori sia per aumentare le capacità di previsione dei t. e quindi di prevenzione da potenziali catastrofi. ║ Distribuzione dei t.: l'attività sismica differisce considerevolmente per frequenza e intensità nelle varie aree del pianeta. Attenti studi hanno dimostrato che la maggior parte dei t. sono concentrati nelle zone (dette regioni sismiche) che seguono i confini delle zolle, mentre soltanto una piccola percentuale si manifesta all'interno di queste ultime come risposta alla deformazione della crosta continentale stabile prodotta dalla compressione. È stato dimostrato infatti che l'energia rilasciata durante i t. è concentrata sulla cintura circumpacifica, che segue la linea delle coste e degli archi insulari dell'Oceano Pacifico coinvolgendo Kamciatka, Giappone, Filippine, Indonesia, America Centrale e regioni occidentali dell'America Meridionale, sulla cintura alpino-himalayana, che si estende dall'area mediterranea fino all'Asia centrale attraverso il Vicino e il Medio Oriente, lungo le fosse tettoniche dell'Africa orientale e lungo le fratture degli Oceani Atlantico, Indiano e Pacifico. Le fasce di attività sismica lungo i confini delle zolle sono abbastanza strette, soltanto dell'ordine di 100 km in corrispondenza delle linee di separazione rappresentate dalle dorsali oceaniche. ║ Classificazione dei t.: i t. vengono classificati in base all'origine. Secondo tale criterio essi si distinguono in: t. di sprofondamento e di assestamento, t. di origine vulcanica e t. di origine tettonica. I t. di sprofondamento e di assestamento, talvolta violenti ma di breve durata, sono dovuti al cedimento del terreno e generalmente interessano un'area molto limitata. I t. vulcanici, talvolta catastrofici, precedono o accompagnano le eruzioni e sono dovuti alle spinte a testa d'ariete prodotte dai gas e dalle lave che tendono a fuoriuscire dai camini vulcanici ostruiti. Anch'essi, come i primi, in genere interessano un'area limitata. I t. di origine tettonica, di gran lunga i più numerosi e i più disastrosi sia per l'ampiezza dell'area interessata sia per la loro intensità, si verificano nelle zone della crosta terrestre o della porzione superiore del mantello in cui l'equilibrio isostatico non è stato raggiunto. In queste aree si accumulano infatti enormi tensioni dovute a lenti e impercettibili scivolamenti delle masse interne rocciose, che portano poi alla rottura di queste ultime. Ciò spiega perché le regioni sismiche sono situate lungo le catene montuose di origine più recente, lungo le grandi fosse oceaniche e in corrispondenza delle regioni vulcaniche. I t. di origine tettonica, a loro volta, si distinguono in base alla profondità dell'ipocentro in t. superficiali, intermedi e profondi. I t. superficiali avvengono a una profondità inferiore a 70 km e sono prodotti da processi di fratturazione fragile e di scivolamento con attrito lungo piani di faglia. I t. intermedi, che avvengono a una profondità compresa tra 70 e 300 km, sono solitamente associati a zolle in fase di sprofondamento e di subduzione e non sono concentrati soltanto lungo le superfici di sprofondamento, ma si possono trovare anche dove due zolle continentali collidono. I t. profondi, che avvengono a una profondità superiore a 300 km, sono anch'essi associati alle zolle in fase di sprofondamento e di subduzione e si verificano soltanto in regioni particolari quali il Mar del Giappone, le Isole Figi, il Mar di Banda e l'Argentina meridionale. I t. possono inoltre essere valutati in base all'intensità delle loro scosse sismiche, che decresce di norma con l'aumentare della distanza dall'epicentro. Secondo tale criterio, i t. possono essere distinti in microsismi, la cui intensità è così bassa da essere rilevabile soltanto dai sismografi, e in macrosismi, percepibili anche dall'uomo, la cui intensità provoca effetti visibili sulla superficie terrestre o addirittura vere e proprie catastrofi. Mediante la valutazione dell'intensità dei t. è stato possibile costruire, per le zone a rischio sismico, le carte delle isosiste, ovvero quelle mappe in cui sono rappresentate le linee che uniscono i punti della superficie terrestre in cui il t. si è manifestato con la medesima intensità. In passato questo importante parametro, in mancanza di dati strumentali, veniva valutato soltanto sulla base dei danni provocati sugli edifici, sulle opere civili e, per i t. più violenti, sull'ambiente naturale: su questo criterio si fondano infatti le prime scale sismiche di intensità, come la scala Mercalli (divisa in 10 gradi) e quella Mercalli-Cancani-Sieberg (suddivisa in 12 gradi), che rappresenta un ampliamento della prima. Queste scale sismiche di intensità, tuttora in uso, sono state adattate nel tempo alla progressiva evoluzione dell'ingegneria civile, in quanto si è cercato di collegare gli aspetti qualitativi a parametri fisici come l'accelerazione massima del suolo. Con l'avvento degli strumenti tecnici, si è quindi passati all'utilizzo di scale con un fondamento fisico rigorosamente oggettivo basato sulla misura dell'energia rilasciata da un t., quest'ultima espressa in termini di ampiezza delle onde sismiche oppure in termini di momento sismico (che tiene conto contemporaneamente dell'area della superficie lungo la quale ha luogo la dislocazione responsabile del t., della velocità del movimento di dislocazione e delle caratteristiche elastiche del suolo nel quale avviene la dislocazione). La prima scala "oggettiva" fu la scala Richter (V. RICHTER, CHARLES FRANCIS). Ch.F. Richter definì la magnitudo di un t., espressione dell'energia da esso sviluppata, come l'esponente della potenza in base 10 della massima ampiezza dell'onda sismica misurata sul sismogramma ottenuto con un sismografo standard (Wood-Anderson), a una distanza di 100 km dall'epicentro del sisma. L'intensità rappresenta un elemento di fondamentale importanza per comprendere le modalità di generazione del sisma e per seguire nel tempo l'attività sismo-tettonica di determinate aree. Questo tipo di conoscenze risulta indispensabile per poter formulare delle previsioni di tipo statistico sulla ciclicità dei t. ║ Previsione dei t.: i metodi di previsione dei t., assai numerosi, si distinguono in sperimentali e statistici. I metodi sperimentali sono rivolti al rilievo congiunto dei precursori sismici, ovvero di quelle variazioni delle proprietà fisiche (precursori fisici), chimiche (precursori chimici) e ambientali dell'area che verrà interessata dal sisma. Tra i principali precursori sismici: le deformazioni e i sollevamenti del suolo, le variazioni del livello dell'acqua nei pozzi, l'aumento del contenuto di gas radon disciolto nell'acqua delle falde freatiche, l'aumento della frequenza delle microscosse sismiche. I metodi statistici, basati sullo studio e la catalogazione dei t. di una determinata regione e dei piccoli eventi sismici che li precedono, hanno come obiettivo quello di individuare le zone più a rischio sismico e di stimare la probabilità di una certa zona di essere esposta a un t. La valutazione previsionale degli effetti di un t. di determinate caratteristiche, che è collegata alla valutazione punto per punto della sua intensità, viene definita con il termine di macrozonizzazione sismica per i territori vasti e con piccolo dettaglio e microzonizzazione sismica per le piccole aree considerate in grande dettaglio. ║ Eventi concomitanti ed effetti dei t.: spesso un sisma è accompagnato da fenomeni concomitanti quali il rombo sismico, ovvero un rumore cupo proveniente dal sottosuolo avvertibile prima o durante le scosse; il lampo sismico, un bagliore contemporaneo alle scosse; il maremoto, quando l'ipocentro si trova nei fondali marini. Quest'ultimo provoca la formazione di onde di eccezionali dimensioni (dette tsunami) che, procedendo a una velocità di circa 15 m/sec, sono in grado di percorrere enormi distanze (migliaia o decine di migliaia di chilometri) prima di riversarsi sulle coste provocando effetti devastanti. Gli effetti prodotti dai t. variano considerevolmente in funzione della natura e della resistenza del sottosuolo, delle caratteristiche fisiche e tecniche delle costruzioni, della densità della popolazione, del momento in cui si verificano, ecc. Particolarmente vistosi nei terreni coerenti, essi si manifestano con frane, sprofondamenti, spaccature, crepacci, rigonfiamenti del terreno e faglie, delle quali la più notevole, nota come faglia di Sant'Andrea, lunga 470 km, si è formata durante il t. di San Francisco nel 1906. Nella regione colpita da t. si possono verificare anche notevoli modificazioni della rete idrografica superficiale e delle falde acquifere sotterranee: alcuni bacini lacustri possono infatti scomparire e si può assistere alla deviazione dei vecchi corsi d'acqua, alla formazione di nuovi corsi d'acqua e all'alterazione del regime delle sorgenti.