(dal latino
theatrum, der. del greco
theáomai:
essere spettatore). Complesso architettonico
destinato alla rappresentazione di spettacoli di prosa, opera, balletto:
il
t. greco. ║ Lo spettacolo che si dà a
t.:
andare a
t. ║ Gli spettacoli teatrali in genere:
va pazzo per il t.
║ L'insieme degli spettatori presenti a una rappresentazione teatrale:
alla fine dello spettacolo tutto il t. si alzò in piedi
applaudendo. ║ Il complesso delle attività e delle persone
afferenti alla realizzazione di spettacoli e stagioni teatrali:
il mondo del
t. ║ Genere teatrale, storicamente o formalmente determinato:
t. di
prosa. ║ Produzione teatrale propria di un autore, di un'epoca, di un
Paese:
il t. elisabettiano. ║ Fig. - Luogo dove si svolgono o si
sono svolti determinati episodi:
questa piana è stata t. di un
importante fatto d'armi. ║
T. d'animazione: forma di spettacolo
i cui personaggi sono burattini o marionette. Appartiene a questo genere anche
il
t. d'ombre, sorto in Cina (o, secondo altri, in India o nel Tibet) e
diffuso in Oriente e Medio Oriente, Africa settentrionale. Nel
t.
d'ombre, silhouette articolate vengono proiettate su uno schermo per mezzo di
una fonte di luce e manovrate da animatori invisibili. È detto
t.
d'animazione anche la tecnica teatrale finalizzata a favorire processi formativi
e a promuovere la socialità nei bambini e negli adulti. ║
T. di
posa: ambiente destinato alla ripresa degli interni di un film. Il
fabbricato, generalmente a base quadrata e variamente dimensionato, presenta
all'interno ballatoi perimetrali e passerelle praticabili (ponti) e, a soffitto,
una griglia per fissare le luci, gestibili in modo automatico o semiautomatico
da un'apposita
consolle. Attorno al perimetro interno del fabbricato
scorre inoltre una rotaia per lo spostamento dei fondali o panorami. I
t.
di posa sono insonorizzati, con porte a tenuta acustica. Gli accessi consentono
il transito di persone, mezzi e materiali per la costruzione e il montaggio
della scenografia. ║
T. anatomico: aula universitaria adibita a
lezioni ed esercitazioni di anatomia, detta anche, per la sua forma,
anfiteatro anatomico. ║
T. tenda: spazio per
rappresentazioni sceniche consistente in una struttura smontabile simile al
tendone da circo. • Arch. - Le prime manifestazioni teatrali
dell'umanità sono da ricondursi alla sfera del sacro, ovvero alla
celebrazione, da parte dello sciamano, di riti che comportavano elementi
spettacolari (declamazione, canto, danza, mimo) cui la tribù partecipava
disponendosi in circolo intorno al celebrante. Spazi scenici erano inoltre
ritagliati all'interno di edifici e ambienti sacri, quali necropoli, templi e
piramidi.
Aree teatrali furono detti i recinti, d'epoca micenea,
destinati alla rappresentazione di riti dionisiaci e cori ditirambici, ma il
t., inteso come luogo adibito a spettacoli cui assiste un pubblico
appositamente convenuto, si sviluppò a partire dal VI sec. a.C., quando
l'attore-autore nomade Tespi, su incarico di Pisistrato, avrebbe organizzato un
idoneo spazio presso il tempio di Dioniso Eleuterio per lo svolgimento delle
feste dionisiache. Parti essenziali dell'edificio teatrale greco antico erano
l'
orchestra, spazio trapezoidale dove agiva il coro danzante, e il
kóilon, anch'esso trapezoidale, formato da gradinate lignee dove
sedevano gli spettatori, appoggiato a un declivio naturale oppure scavato nella
roccia (come a Siracusa). Elemento successivo fu la
skené,
costruzione che sorgeva di fronte agli spettatori e che, ornata da elementi
scenografici e architettonici, fungeva da fondale oltre che da area di
disimpegno e magazzinaggio per costumi e attrezzature. Davanti alla
skené era collocata una pedana lignea alta dai 30 ai 60 cm
(
proskénion), alla quale gli attori accedevano da tre porte
collocate nella facciata della
skené. Dall'inizio del IV sec. si
costruirono i
paraskénia, due avancorpi posti ai lati della
skené, aventi la funzione di alloggiare i macchinari usati per
effetti scenici. Dei perfezionamenti gradualmente apportati all'edificio
teatrale greco offrono testimonianza i complessi teatrali di epoca alessandrina,
quali i
t. di Atene, Delfi, Epidauro in Grecia, Taormina e Siracusa nella
Magna Grecia, Efeso e Priene in Asia Minore. L'edificio, costruito in muratura,
ebbe un'orchestra circolare e una
skené a due piani, uno dei quali
a colonnato, il cui tetto a terrazzo era impiegato per apparizioni ed altri
effetti. In età romana, oltre all'orchestra (
platea), di forma
semicircolare, l'edificio teatrale era costituito da una cavea a gradinate,
tutta in muratura, divisa in settori orizzontali (
ima,
media,
summa cavea) e sostenuta da una struttura che aveva all'interno un
sistema di gallerie comunicanti tra loro tramite scalette. Esse conducevano
anche ai
vomitoria, cioè agli accessi ai vari settori della cavea.
La parte esterna del fabbricato era decorata con tre ordini di arcate in marmo.
L'
anfiteatro (cioè
doppio t.) era invece costituito da una
doppia cavea che racchiudeva l'arena, così detta per la pavimentazione in
sabbia, dove si svolgevano combattimenti di gladiatori e altri
ludi. La
sommità dei muri esterni era provvista di pali di legno destinati a
sorreggere il
velarium, un telone di protezione dal sole o dalle
intemperie, che copriva l'intera struttura. Nata ufficialmente nel 55 a.C. (data
di costruzione del primo
t. a Roma), la vita teatrale romana
proseguì fino al IV sec., dopo di che l'influenza dell'autorità
ecclesiastica determinò la cessazione delle rappresentazioni pubbliche e,
conseguentemente, l'abbandono e il progressivo degrado dei
t. antichi,
utilizzati ormai solo come fonte di materiale di spoglio. Nel Medioevo le
manifestazioni teatrali assunsero caratteri diversi, ora di spettacolo riservato
a un numero ristretto di spettatori, per il quale si utilizzavano le sale delle
dimore patrizie o di edifici pubblici, ora (a partire dal IX sec.) di
sacra
rappresentazione, destinata all'edificazione della massa dei fedeli, da
eseguirsi in spazi non diversi da quelli interni (il sacrario con l'altare
maggiore, il coro o la
schola cantorum, la navata centrale) o adiacenti
all'edificio sacro. Lo sviluppo dell'economia urbana e la conquista delle
autonomie cittadine spostarono il luogo della sacra rappresentazione dalla
chiesa alla piazza; l'evento teatrale divenne un momento di aggregazione sociale
realizzato con l'appoggio delle amministrazioni pubbliche. Gli spazi scenici
provvisori per tali spettacoli erano delimitati e contrassegnati da scarni
elementi simbolico-scenografici detti
luoghi deputati, la cui funzione
era di rendere facilmente riconoscibili da parte del pubblico gli ambienti dello
sviluppo drammaturgico (Paradiso, Inferno, Calvario, ecc.). Nello spazio
teatrale detto
alla francese i luoghi deputati erano posti l'uno accanto
all'altro su un unico palcoscenico che poteva occupare tutto il lato di una
piazza; in quello
alla tedesca ogni luogo deputato disponeva di un palco
o pedana indipendente. Il pubblico seguiva l'azione in piedi o dalle tribune (o
gradinate) montate intorno alla piazza. La riscoperta del
t. classico e
la rinascita teatrale del Quattrocento determinarono una nuova fortuna per
l'architettura teatrale classica (in particolare, il
De architectura di
Vitruvio), anche se le eterogenee forme spettacolari (feste, trionfi, tornei)
organizzate nell'ambito delle corti trovavano accoglimento in luoghi non
specificamente destinati a questa funzione; nelle piazze d'armi e nelle sale
all'interno dei palazzi, il pubblico era assiso su tribune a gradoni, montate
attorno all'area centrale dove si svolgeva l'azione. Per le rappresentazioni che
necessitavano di un punto di vista frontale si approntavano scene fisse e, per
il pubblico, gradoni rettilinei frontali alla scena. Nella prima metà del
Cinquecento il più diffuso modello architettonico di
t. ebbe una
pianta con gradinate su tre lati e un palcoscenico (secondo la soluzione
proposta nel
Secondo libro dell'architettura di S. Serlio) suddiviso in
proscenio e declivio, sul quale era montata la scena. Gli edifici teatrali
dell'antichità classica, costante punto di riferimento durante tutto il
Rinascimento, ispirarono la concezione del
t. olimpico di A. Palladio e
V. Scamozzi a Vicenza (1580-85). Qui l'architettura scenica è influenzata
dalla scoperta della prospettiva, utilizzata in senso teatrale al fine di
indirizzare e incatenare l'attenzione degli spettatori. In epoca elisabettiana
il
t. inglese pubblico era composto da un sistema circolare di gallerie
sovrapposte, comunicanti tra loro mediante scale interne. Il pubblico scelto
prendeva posto in palchi riservati posti in corrispondenza della scena, mentre
al popolo era riservata l'area centrale scoperta. All'esterno l'edificio
presentava, oltre alla porta d'ingresso, solo alcune finestre. Il palcoscenico
(
stage) si sviluppava in due o tre piani di altezza. Il terzo piano era
usato solo per qualche scena d'interno, altrimenti era chiuso da tende. L'azione
scenica aveva luogo sull'
outer stage, la parte anteriore del palco:
l
'inner stage, la parte interna, era sovrastato da un baldacchino
(
canopy), al di sopra del quale sorgeva una specie di torretta usata come
deposito per macchine e dispositivi scenotecnici. In Italia, l'affermazione del
melodramma nel Seicento comportò dapprima solo l'evoluzione della
struttura del palcoscenico, dovendosi notevolmente ampliare per fare spazio ai
dispositivi per il cambiamento a vista delle scene e alle macchine per
realizzare effetti scenografici quali apparizioni e sparizioni, voli e apoteosi.
Solo più tardi, con il passaggio dallo spettacolo privato, cortigiano o
accademico, allo spettacolo pubblico, si dovette far fronte a un pubblico assai
più numeroso, concependo un nuovo
t. costituito da un grandioso
vano con pianta a ferro di cavallo, con più ordini (da tre a cinque)
sovrapposti di gallerie, ciascuna con 20-30 palchi, e un loggione senza
divisioni nell'ordine superiore. Gli elementi che determinarono l'immensa
fortuna e la diffusione universale di questa tipologia di
t. erano
evidenti, legati sia all'efficienza e alla praticità sia alla
tradizionale divisione tra gli spettatori di estrazione sociale elevata e quelli
delle classi subalterne: posti popolari rimasero il loggione e la platea, con
posti in piedi e file di panche. Il palcoscenico con il sipario e la fossa
orchestrale erano del tutto separati, strutturalmente e funzionalmente, dalla
sala dove gli spettatori potevano affluire agevolmente attraverso il sistema
delle scale e dei corridoi di accesso ai palchi. Il
t. all'italiana,
impostosi in tutta Europa dalla fine del XVIII sec., rimase pressoché
invariato fino al XIX sec., a parte qualche adeguamento legato al genere
teatrale rappresentato, al mutare degli stili architettonici o al miglioramento
dell'acustica. Allo schema originario furono date forme architettoniche e
decorative eleganti e fastose, nonostante la precarietà del materiale
che, come già per i
t. italiani dei secc. XVI e XVII, fu in gran
parte costituito da legno e stucco dipinto e dorato. Il rinnovamento operato da
R. Wagner nel
t. d'opera investì in pieno anche la tradizionale
concezione architettonica dell'edificio teatrale: lungi dal riprodurre la
divisione in classi della società, il
t. doveva essere un luogo
che favorisse un raccoglimento quasi mistico. Nel Festspielhaus di Bayreuth
(1876, architetto O. Brückwald), la platea di forma trapezoidale
restò l'unico spazio destinato al pubblico, mentre l'orchestra divenne
invisibile all'uditorio, posta com'era in un golfo mistico situato sotto il
proscenio. Le avanguardie artistiche della prima metà del XX sec. furono
ancora più radicali nel proporre soluzioni che ponevano via via l'attore
o il pubblico al centro dello spazio scenico: basti citare, tra gli altri, i
progetti di una sala con scena anulare attorno a una cavea centrale (O. Strnad,
Vienna); di un
t. ovoidale senza soffitto e senza pareti (F. Kiesler);
degli spazi polivalenti di O. Schlemmer (1922-23); del
t. sferico del
Bauhaus (A. Weininger) e del Total Theater di W. Gropius (1927), non realizzato,
costituito da un insieme razionale di strutture mobili. Se i nuovi accorgimenti
tecnico-edilizi ottenibili grazie all'impiego del cemento armato hanno
consentito di ripensare da capo la struttura teatrale nel suo complesso, le
teorizzazioni dei movimenti teatrali d'avanguardia degli anni Sessanta-Settanta
hanno moltiplicato gli spazi scenici alternativi ai circuiti ufficiali:
auditorium, ex magazzini, piccoli
t., spazi sotterranei come le
cosiddette
cantine (corrispondenti al
t. americano
underground), tendoni da circo. Il
t. sperimentale ha ampliato
inoltre la sua prospettiva storica accogliendo suggestioni provenienti da
culture teatrali estranee all'Occidente. In Giappone, dove peraltro
l'occidentalizzazione dell'architettura teatrale può dirsi compiuta,
resta tuttavia ancora viva la tradizione del
t. del
no, sorto nel
XIV sec., e del
kabuki, spettacolo pubblico nato nel XVII sec. Il primo,
che è considerato il
t. classico giapponese, esigeva una
piattaforma quadrata lignea, che fungeva da palcoscenico, posta a un metro dal
suolo, con gli spettatori seduti su tre lati della piattaforma. Il coro occupa
il lato destro della piattaforma, rialzato e munito di parapetto, mentre
l'orchestra è sistemata in un retroscena a vista, dal quale si diparte
anche un ponte che conduce alla
stanza dello specchio, il camerino degli
attori. L'unico elemento scenografico è costituito da un fondale dipinto
con pini. Il genere del
kabuki stabilizzò i suoi caratteri
architettonici sul finire del Settecento: il palcoscenico era una versione
semplificata di quello del
no, ma molto più largo e provvisto di
due sipari, uno iniziale che si alzava e uno interno, per gli intervalli, che
scorreva lateralmente. La platea quadrangolare era protetta da tettoie e
percorsa su tre lati da due ordini di gallerie, schermate da stuoie di
bambù. Dall'angolo sinistro del palcoscenico partiva una passerella,
detta la
strada fiorita, che attraversava tutta la sala per lungo,
passando sopra gli spettatori seduti in platea. • Encicl. - Le più
remote origini del
t. si ritrovano nelle forme spettacolari di
celebrazione religiosa proprie del mondo arcaico e, a tutt'oggi, delle
popolazioni di interesse etnologico. Tali forme teatrali sono caratterizzate
dalla rappresentazione ritualizzata di eventi mitico-sacri. Il recitante, o
narratore, può essere il solo sciamano, ma possono esserci vari livelli
di partecipazione da parte dell'uditorio. Le azioni drammatiche cantate e
recitate, mimate e danzate, richiedono travestimenti che vanno dalla pittura del
volto e del corpo, alla maschera facciale, dal nudo all'uso di costumi. Riguardo
alla nascita del
t. profano, si può ipotizzare che qualche
elemento di comicità non mancasse nelle rappresentazioni mimiche di
carattere sacro, consistente in atteggiamenti e movimenti atti a suscitare il
riso. Di natura essenzialmente religiosa è anche il
t. greco
antico, estrinsecatosi nelle forme peculiari della
commedia e della
tragedia. Quest'ultima, etimologicamente
canto del capro,
designava all'inizio il ditirambo cantato dal coro in onore di Dioniso e
accompagnato dal sacrificio di capretti. Lo sviluppo della tragedia sarebbe da
far risalire alla trasformazione del ditirambo in azione dialogata tra il coro e
il corifeo, innovazione che la leggenda attribuisce a Tespi. Anche la nascita
della commedia si connetterebbe con il culto di Dioniso: secondo Aristotele
(
Poetica), il genere è nato dalle improvvisazioni che ravvivavano
i cortei fallici, durante i quali venivano portati in processione simboli della
procreazione, improvvisazioni che consistevano in uno scambio di battute e
scherzi salaci tra coreuti e verso gli spettatori. Ad Atene, commedie e tragedie
erano rappresentate nel corso delle quattro grandi feste annuali in onore di
Dioniso. E anche se il carattere religioso della rappresentazione teatrale
sopravvisse a lungo nel mondo greco, il senso e la percezione della
rappresentazione come pratica del culto si estinse progressivamente sia negli
autori sia nel pubblico. Nell'Atene classica il
t. rappresentò
un'istituzione della vita pubblica, uno strumento di catarsi collettiva. Il
pubblico poteva raggiungere le 15.000 unità ed era costituito anche dai
ceti poveri, cui il Governo cittadino pagava il prezzo dell'ingresso attingendo
a un'apposita cassa (
theoricón). Fino al IV sec., quando la
scarsità di una produzione teatrale indusse a rimettere in scena opere
antiche già famose, si usava assegnare premi all'autore, al corego e
all'attore protagonista giudicati migliori. In età ellenistica il
t. aveva concluso la sua funzione istituzionale per diventare una
manifestazione circoscritta agli ambienti cortigiani panellenici: Plutarco
attesta che nel 56 a.C. il re armeno Artavasde creò ad Artaxata un
t. dove si allestivano, tra l'altro, le tragedie di Eschilo, Sofocle,
Euripide. Anche a Roma la celebrazione di eventi di carattere religioso (i
ludi) o politico era l'occasione per indire spettacoli pubblici, teatrali
o circensi. Ma, mentre il
t. divenne sempre più una forma
spettacolare ristretta al godimento di una classe colta e agiata, il popolo
apprezzava soprattutto i giochi gladiatori, atletici o d'altro tipo, oppure
forme di spettacolo dalla comicità greve e mordace quali il
fescennino, di origine etrusca da cui si suole far derivare la satira
(
satura), l'
atellana (genere di farsa proveniente da Atella,
città osca della Campania) e il mimo. Da questi generi teatrali derivano
i personaggi, dalla psicologia elementare e dai comportamenti stereotipati,
inconsapevolmente ripresi dalle maschere della commedia dell'arte:
Maccus
(lo stupido),
Bucco (forse il mangione),
Dossennus (il furbo), il
mimus albus (specie di clown bianco), il
centunculus (progenitore
latino di Arlecchino), il
sannio (il buffone, da cui deriva lo
zanni), il
colonus, tipo di provinciale babbeo e credulone (da cui
la parola
clown). Per quanto il mestiere di teatrante fosse considerato
degradante e, in quanto tale, esercitato per lo più da schiavi o liberti,
alcuni mimi furono ammirati e protetti da personaggi come Mecenate, Augusto,
Seneca, Nerone. Da quando, nel 240 a.C., Livio Andronico fece rappresentare per
la prima volta una tragedia e una commedia greca tradotte, il
t. latino
rimase pesantemente condizionato dal modello greco, tanto da anteporre tragedie
e commedie di argomento greco (dette rispettivamente
cothurnatae e
palliatae) a quelle di argomento romano (
praetextae e
togatae). Autori latini di commedie furono Plauto e Terenzio, la
produzione dei quali si rifà alla tradizione della commedia attica,
mentre la tragedia ebbe i suoi principali cultori in Andronico, Nevio e Seneca.
Nel Medioevo si può ricominciare a parlare di vita teatrale solo con
l'uscita delle
sacre rappresentazioni dal chiuso dei luoghi religiosi
alle piazze delle città. La
sacra rappresentazione e la
lauda, generi teatrali dominanti dei secc. XII-XIII, recitate in volgare
dalle corporazioni artigiane o dalle confraternite laico-religiose per
l'edificazione del popolo, rievocavano episodi della liturgia o del martirologio
ed ebbero diffusione, oltre che in Italia, in Inghilterra (
mysteries,
miracle plays), Francia (
miracles), Spagna (
auto
sacramental, recitato il giorno del Corpus Domini). Fu poi il pubblico
popolare a impedire l'estinzione sia del filone comico-satirico sia della
tradizione del
t. circense, praticati da mimi, istrioni, giullari e
osteggiati dalle autorità ecclesiastiche, ma apprezzati anche dalle
élite cortesi. Si ebbero così le
sotties e le
forces
francesi; in Inghilterra i
masks, sorta di mascherate per lo più
mitologiche, in Germania le farse dei Maestri cantori (
Meistersinger). Ci
fu inoltre un
t. erudito in latino, dal quale originò il
t.
rinascimentale di corte, non ancora praticato in edifici appositi e da artisti
che esercitassero la professione teatrale in maniera esclusiva. L'Italia fu, in
epoca tardo-rinascimentale, il luogo d'origine di forme fecondissime di
t. colto, come il melodramma, e di
t. popolaresco, come la
commedia dell'arte. Questa ebbe i suoi cultori in vere e proprie compagnie
professionistiche (quelle degli Uniti, degli Accesi e, soprattutto, quella dei
Gelosi, con Isabella e Francesco Andreini). La prassi teatrale dei comici
consisteva nell'adottare un canovaccio desunto dalla commedia erudita, sovente
di derivazione latina, sul quale improvvisare o intessere lazzi (da
acti,
cioè invenzioni, trovate), dei quali con il tempo si consolidò un
copioso repertorio cui attingere. Perseguitati dalla Chiesa, specialmente in
seguito al ritorno sulla scena delle attrici (i personaggi femminili erano stati
fino ad allora interpretati da uomini), e anche dalle autorità laiche,
gli attori godevano tuttavia della protezione di corti e letterati in Italia e
in Europa, nonché del favore incondizionato del pubblico popolare, che
divenne decisivo man mano l'attività teatrale si spostava ai
t.
pubblici. Tali, per esempio, furono i
t. elisabettiani come il Globe
Theatre di Shakeapeare. Alla fine del Seicento le maschere della commedia
dell'arte (Pantalone, Colombina, il Capitano, Arlecchino, Pulcinella, ecc.)
furono progressivamente sostituite da ruoli, impersonati da attori dotati di una
personalità definita (tra cui si ricorda Tiberio Fiorilli detto
Scaramuccia, ammirato da Molière). Il pregiudizio sociale contro gli
attori non si dissipò tuttavia, al punto che si continuò a negare
ad essi il funerale e la sepoltura in terra consacrata. Nonostante il successo
della commedia dell'arte, continuarono la produzione e la rappresentazione di
testi completamente scritti, con caratteri psicologicamente più
verosimili e complessi: autori come Molière nella commedia, Racine e
Corneille nella tragedia, portarono la Francia al vertice del
t.
secentesco. Intanto, dilagato dall'Italia in Europa, il melodramma trovò
la sua collocazione ideale nel
t. settecentesco a palchetti dove,
nonostante la divisione di casta (il popolino in platea, i signori nei palchi),
il pubblico si arricchisce sempre di più di esponenti della borghesia
intellettuale. Sarà questa classe ad animare le vivaci polemiche tra
conservatori e innovatori come quella che oppose, nella Venezia settecentesca,
C. Gozzi e C. Goldoni, fautore di una riforma del
t. in senso realistico.
Gli ideali illuministici, di cui Goldoni fu un moderato assimilatore, furono
propugnati da Diderot e dal tedesco Lessing, anticipatore del dramma borghese
nella sua attenzione alla realtà sociale contemporanea. Con la
Rivoluzione francese la concezione di
t. come forma d'arte elitaria fu
respinta in favore di un
t. come veicolo di diffusione delle istanze
egalitarie e di formazione della coscienza democratica nella cittadinanza.
L'involuzione autoritaria dell'epoca napoleonica portò, se non alla
restaurazione di un
t. di corte, almeno ad atti ufficiali di ordinamento
di istituzioni teatrali prestigiose come la Comédie-Française. Il
generale rinnovamento artistico promosso dal Romanticismo interessò anche
il
t., per quanto anticipazioni di alcuni dei temi cari agli autori
romantici fossero già presenti, tra l'altro, nelle tragedie di V.
Alfieri. Vicini allo Sturm und Drang, il movimento culturale romantico egemone
in Germania, furono F. Schiller, autore di opere teatrali come
I
masnadieri, e J.W. Goethe, anch'egli autore e cultore del
t. come
amplificatore dei dilemmi esistenziali. A un altro tedesco, C.F. Hebbel, si deve
pure la nascita della tragedia borghese (
Maria Maddalena, 1843). Nella
Parigi ottocentesca la rappresentazione dei lavori teatrali di V. Hugo scatenava
polemiche pubbliche tra conservatori e sostenitori degli ideali romantici
nell'arte e nella politica, polemiche alimentate dalla stampa (come lo erano
già state a Venezia quelle tra i sostenitori di Gozzi e Goldoni); fece la
sua apparizione la cronaca-critica teatrale, un fenomeno che aveva avuto qualche
precedente soltanto nei giornali letterari e di cui è considerato
fondatore J.L. Geoffroy, che la introdusse nel "Journal des
débats" di Parigi. Il
t. come tramite di messaggi politici e
patriottici è consapevolmente adottato da autori italiani del
Risorgimento come G.B. Niccolini e S. Pellico; nasce ora una generazione di
interpreti (A. Ristori, T. Salvini, E. Rossi) che inaugurano la figura del
"primo attore", incarnata all'estero da altri leggendari artisti (in
Francia F.J. Talma, E. Kean in Inghilterra). Con lo spegnersi degli ardori
rivoluzionari il
t. dell'Ottocento si rivolse a problematiche che
potevano divertire o scuotere un pubblico di estrazione borghese. Esemplare il
rigore intellettuale e lo spirito anticonformista della produzione di H. Ibsen,
iniziatore di un coraggioso
t. civile al cui filone si ascrissero altri
autori dell'epoca, quali J.A. Strindberg, O. Wilde, M. Maeterlinck, M. de
Unamuno, G.B. Shaw. Al genere del
vaudeville e alla farsa si dedicarono
scrittori di sicuro mestiere, quali i francesi E.M. Labiche e G. Feydeau, mentre
la produzione teatrale italiana non riusciva a sollevarsi dall'ambito del
bozzettismo provinciale e del moralismo piccolo-borghese (P. Giacometti, P.
Ferrari, V. Bersezio, E. Praga). Sul finire dell'Ottocento e agli inizi del
Novecento, l'adesione al Naturalismo aveva condotto a un'arte scenica che
ricercava la fedeltà scrupolosa all'ambiente storico rappresentato,
nonché una recitazione attenta, aderente allo spirito dell'opera. A
questi principi si ispirarono le esperienze di A. Antoine col
Théâtre Libre a Parigi, di O. Brahm con la
Freie
Bühne di Berlino, di K. Stanislavskij con il
T. d'Arte di Mosca.
La reazione al
t. naturalista può essere fatta risalire all'idea
wagneriana che presuppone nello spettatore un'immedesimazione quasi mistica nel
dramma; essa si concretizzò nelle intuizioni e nell'opera di
registi-scenografi quali A. Appia e G. Craig, mentre G. Fuchs e M. Reinhardt a
Vienna, V.E. Mejerchol'd, A.J. Tairov e E.B. Vachtangov nel
t. russo, J.
Copeau a Parigi, L. Simonson e N. Bel Geddes a New York elaboravano nuovi metodi
registici e gettavano le basi dell'arte interpretativa contemporanea. La
drammaturgia moderna ricevette un importante contributo da B. Brecht, che
teorizzò e mise in pratica un genere di
t. epico, depurato
dell'elemento drammatico onde permettere allo spettatore di assumere un ruolo di
osservatore critico. La distanza emotiva dalla vicenda non esclude tuttavia il
divertimento, che scaturisce appunto dall'osservazione del comportamento umano.
Essenziale diventa l'apporto dell'attore-narratore: la sua recitazione deve
impedire l'immedesimazione con il personaggio (effetto di
straniamento).
Di qui l'importanza del linguaggio, anzi dei linguaggi stilisticamente
differenti, come differenti sono le classi sociali. In grave ritardo apparve il
t. italiano dove, fatta eccezione per la grande presenza di L. Pirandello
e il fenomeno circoscritto del
t. di poesia dannunziano, il fenomeno
più interessante degli inizi del Novecento apparve il
t.
futurista, le cui basi programmatiche vennero esposte nel
Manifesto del
Teatro di Varietà (1913) e nel
Manifesto del Teatro Sintetico
(1915). I futuristi (F.T. Marinetti, E. Settimelli, B. Corra) rivendicarono
un
t. antiaccademico, antinaturalistico, sovvertitore della logica e del
verosimile. Esauritasi in fretta in Italia, l'esperienza del
t. futurista
avrà un influsso, sia pure indiretto, sullo sviluppo del
t.
dell'assurdo (A. Adamov, S.B. Beckett, J. Genet, E. Jonesco), del
Surrealismo, del
t. della crudeltà (A. Artaud).
Significativa per la scena italiana fu la figura di A.G. Bragaglia; già
futurista, assertore di un
t. di regia e attento a tutte le avanguardie,
egli creò a Roma, nel 1922, il
T. degli Indipendenti. Incoraggiata
in Italia a fini propagandistici durante il regime fascista, l'idea del
t. di
massa (sulla falsariga di quello sovietico o tedesco) produsse il
Carro
di Tespi, organizzazione teatrale itinerante, sorta in Italia attorno al
1930 per diffondere lo spettacolo lirico e di prosa. Il dopoguerra segnò
un periodo di ritrovato fervore politico e culturale; l'idea di un
t.
come servizio pubblico, aperto alla società civile e recettivo alle nuove
esperienze drammaturgiche, ispirò l'istituzione dei
t. stabili
(inizialmente denominati
piccoli t.), promossi e finanziati dallo Stato e
dagli enti locali. Il primo di essi, e punto di riferimento di tutti gli altri,
fu il Piccolo
T. di Milano, fondato da P. Grassi e G. Strehler, tuttora
operante come una delle più illustri istituzioni teatrali italiane.
Seguirono, dal 1948 sino agli anni Settanta e Ottanta, numerosi altri
t.
stabili, alcuni dei quali destinati a una breve esistenza (come i Piccoli
T. di Roma, Firenze, Napoli, Bari e Bologna), altri ancora vitali e
significativi per la sprovincializzazione della scena italiana. Tali sono il
Piccolo
T. della città di Genova, diretto da I. Chiesa, il Piccolo
T. della città di Torino, diretto fino al 1994 da L. Ronconi, e il
Piccolo
T. di L'Aquila che si è imposto, sotto la direzione di A.
Calenda, per la sua attenzione alla drammaturgia d'avanguardia. Il
t. di
regia, teorizzato dagli inizi del Novecento, ebbe nel dopoguerra in Italia i
suoi maggiori esponenti in L. Visconti, che diresse nel 1945 al
T. Eliseo
una memorabile edizione de
I parenti terribili di J. Cocteau, e G.
Strehler, interprete moderno di C. Goldoni, B. Brecht, W. Shakespeare.
L'egemonia registica nel
t. moderno ha sovente relegato in second'ordine
l'autore inteso in senso tradizionale, mentre diventa decisiva la messinscena
stessa, intesa come sistema coerente e dinamico di elementi visivi, acustici,
gestuali. Le eterogenee direzioni estetiche e ideologiche in cui, negli anni
Sessanta-Settanta, si sviluppò il
t. di sperimentazione tesero
comunque all'interdisciplinarietà delle arti, conferendo al gesto e
all'immagine un'importanza pari, se non superiore, a quella della parola. Non
diversamente avevano fatto le avanguardie storiche (Futurismo, Surrealismo,
Bauhaus, Costruttivismo), i presupposti teorici delle quali sono sottoposti
infatti a una rivalutazione critica. Esemplare, a questo proposito, è
stata la messinscena dell'
Orlando furioso di L. Ronconi (palazzo dello
Sport, Roma, 1969), attuazione del concetto di
t. di movimento
(già teorizzato dai futuristi) che comportava un coinvolgimento attivo
degli spettatori. All'adozione di nuovi linguaggi artistici si prestano ora
spazi scenici alternativi ai
t. tradizionali, come cantine, capannoni, ex
fabbriche, palazzetti dello sport,
t. tenda. Il ruolo del regista come
autore dello spettacolo ha provocato altresì conseguenze sul modo di
scrivere per il
t., ma anche taluni attori (D. Fo, C. Bene), per
riaffermare la propria personalità, sono diventati essi stessi autori e
registi dei propri spettacoli. Fuori dall'Italia, sperimentazioni in parte
affini a quelle italiane caratterizzano l'attività del
Théâtre du soleil, gruppo teatrale francese fondato da A.
Mnouchkine alla metà degli anni Sessanta con l'obiettivo di realizzare un
nuovo
t. popolare in spazi non tradizionali. Massima attenzione al ruolo
dell'attore viene dedicato nel
t. povero teorizzato dal polacco J.
Grotowski, animatore dal 1965 del
T. Laboratorio di Breslavia. Da citare,
inoltre, il festival di Avignone, fondato nel 1947 dall'attore e regista J.
Vilar e divenuto ideale cassa di risonanza di ogni neoavanguardia teatrale.
Negli Stati Uniti fu attivo sino dall'immediato dopoguerra il Living Theatre,
fondato nel 1947 da J. Beck e J. Malina (allieva di Brecht), il gruppo teatrale
probabilmente più rappresentativo del
t. d'avanguardia americano,
assertore di una spregiudicata fusione tra vita e pratica teatrale. La ricerca
degli anni Sessanta è approdata a forme quali l'
happening e la
performance, dove l'evento teatrale è arricchito dall'apporto
delle altre arti, in primo luogo quelle figurative. Negli anni Ottanta e
Novanta, compiutasi ormai l'assimilazione delle esperienze neoavanguardistiche,
la vita teatrale italiana si è assestata in forme e in spazi più
convenzionali. • Mil. -
T. operativo: il territorio dove si
svolgono operazioni belliche coinvolgenti forze terrestri, aeree e navali,
qualora la particolare natura del terreno operativo lo richieda. La
responsabilità del loro impiego è affidata a un unico comandante,
che deve assecondare ben definite esigenze tattiche rispondenti a una precisa
strategia. Il
t. operativo è diviso in due zone: la
zona di
combattimento, nella quale si trovano le forze combattenti terrestri e la
forza aerea destinata all'appoggio tattico e alla difesa, e la
zona delle
comunicazioni, necessaria all'espletamento e alla difesa delle
attività logistiche e amministrative di supporto alle forze combattenti.
"Tradizioni, struttura e istituzione nel teatro di ieri e di oggi" di Ugo Ronfani
Interno del teatro alla Scala di Milano
Il teatro di Epidauro