Astron. - Fenomeno esplosivo che costituisce la fase
evolutiva finale di alcuni tipi di stelle (V.
STELLA, Costituzione ed evoluzione stellare). In seguito all'esplosione
di una
s., che costituisce a tutt'oggi l'evento cosmico a più alto
livello energetico noto, l'astro raggiunge momentaneamente una magnitudine
assoluta di -20 (pari a quella di un'intera galassia), liberando nello spazio
quasi tutta la sua energia; si è calcolato che l'energia prodotta
dall'esplosione è pari a quella prodotta da una stella come il Sole
durante tutta la sua esistenza. La
s. espelle in questo modo gran parte
della sua materia costitutiva, che forma una nebulosa gassosa detta
residuo della s., in rapida espansione ma visibile per secoli; la
parte restante di materia, ove sussista, può costituire invece, in
dipendenza dalla massa iniziale della stella, o una stella di neutroni o un buco
nero (V. STELLA, Costituzione ed evoluzione
stellare). L'importanza cosmologica delle
s. risiede in primo luogo nel
fatto che, grazie ai gas stellari lanciati e diffusi nello spazio galattico
dall'esplosione, la materia interstellare, da cui lentamente andranno a formarsi
altre stelle, si arricchisce di elementi più pesanti (rispetto a idrogeno
ed elio), frutto dei processi stellari di fusione nucleare e dell'esplosione
stessa. Inoltre, le onde d'urto generate dalle esplosioni delle
s.
contribuiscono secondo gli astronomi a innescare i movimenti di contrazione e
coesione delle nebulose che danno origine alle stelle. Infine, le
s. sono
le principali sorgenti di raggi cosmici. ║ Le
s. sono fenomeni
relativamente rari, che si verificano nell'ordine di un caso per galassia ogni
secolo, ma facilmente rilevabili in forza della straordinaria luminosità
raggiunta dagli astri interessati. Tuttavia, la maggior parte delle
s.
attualmente conosciute (l'elenco aggiornato al 1989 ne conta 661) riguardano
galassie esterne perché, a causa dell'assorbimento dovuto alla polvere
interstellare, quelle interne alla Via Lattea non sono tutte osservabili. Dalle
registrazioni in nostro possesso, sono sette le
s. conosciute nella
nostra galassia, tutte in epoca anteriore all'invenzione del telescopio, e le
notizie relative ci sono giunte grazie ad antiche cronache, soprattutto degli
astronomi cinesi e giapponesi. Tra le più celebri è la
s.
osservata nel 1054, nella costellazione del Toro, di cui è ancora
visibile il residuo nebulare, che costituisce appunto l'attuale nebulosa del
Granchio, e di cui è stato individuato anche il residuo stellare
compatto, cioè la pulsar localizzata proprio al centro della nube; nel
1572, Tycho Brahe osservò l'esplosione di una
s. nella
costellazione di Cassiopea, dove oggi è rilevata una radiosorgente;
infine, nel 1604, nella costellazione di Ofiuco, Keplero seguì
l'esplosione di una
s. i cui resti nebulari, individuati nel 1941,
emettono radioonde. Di particolare interesse l'esplosione di una
s. nella
galassia della Grande Nube di Magellano, osservata nel 1987 (nota come
SN1987A, dove - nel sistema di classificazione corrente - SN sta per
s., 1987 è l'anno della prima osservazione e la lettera
dell'alfabeto indica l'ordine di scoperta nel corso dell'anno; in questo caso
questa era la prima
s. rilevata); tramite l'osservazione diretta è
stato possibile registrare la possente variazione di luminosità e
sottoporre a verifica alcune teorie relative alle
s. In particolare, la
relativa vicinanza ha reso possibile individuare la stella progenitrice della
s., rilevare il flusso di neutrini che segnala l'onda d'urto
dell'esplosione, osservare il gas in espansione, ecc. ║
Classificazione
delle s.: come già le stelle, anche le
s. sono classificabili
in base alle caratteristiche dello spettro (V.)
luminoso (attraverso le righe di emissione o di assorbimento è possibile
risalire alla loro composizione chimica) e alle
curve di luce (linee
descritte dalla variazione nel tempo della loro luminosità). A partire
dagli anni Quaranta si distinsero due gruppi principali:
s. di tipo I,
nel cui spettro non è presente l'idrogeno, e
s. di tipo II, in cui
è invece rilevato l'idrogeno.
S. di
tipo I sono state
rilevate sia nelle galassie a spirale, composte da stelle più giovani,
sia in quelle ellittiche, composte da stelle più antiche. L'esplosione di
una
s. di questo tipo produce una luminosità che raggiunge
magnitudine assoluta compresa tra -15 e -20; la curva di luce indica
perciò una repentina impennata, che tocca il suo culmine dopo circa 15
giorni dall'inizio del fenomeno, cui segue una brusca discesa; dopo circa 30
giorni, il decremento appare regolare, dimezzandosi la luminosità ogni 50
giorni. Lo spettro della
s. presenta righe molto larghe, risultanti - per
l'effetto Doppler - dalla velocità di espansione dei gas espulsi dalla
stella, che è dell'ordine di 20.000 km/sec: la massa gassosa liberata
nell'esplosione dalla
s. è calcolata in circa una massa solare:
l'assenza di idrogeno fa pensare che la stella di origine abbia già
espulso, al momento dell'esplosione, gli strati periferici (nebulosa planetaria)
e l'idrogeno superficiale non consumato nelle reazioni nucleari.
S. di
tipo II, invece, sono presenti quasi esclusivamente nei bracci delle
galassie a spirale, costituiti per lo più da stelle di popolazione I,
cioè di formazione recente a partire da materia interstellare arricchita
dagli elementi pesanti dispersi nello spazio durante l'evoluzione di corpi
celesti più antichi. Anche la curva di luce di queste
s. raggiunge
il suo picco dopo 15-20 giorni dall'inizio del fenomeno, ma la magnitudine
assoluta raggiunta è un poco inferiore a quella delle
s. di
tipo I. Le righe dello spettro indicano la presenza di idrogeno e la loro
grandezza segnala che la velocità di espansione della nube dopo
l'esplosione è inferiore a quella delle
s. di
tipo I. La
massa di gas dispersa nello spazio è stata calcolata nell'ordine di
più masse solari e determina un andamento della curva della luce che,
dopo una certa imprevedibilità durante i primi mesi, si regolarizza
dimezzando i valori di luminosità ogni 100 giorni. ║
Origine
delle s.: le esplosioni di
s. rappresentano sempre il momento finale
dell'evoluzione di una stella, anche se le progenitrici sono diverse per i due
gruppi di
s. Per quanto riguarda il
tipo I, risulta di difficile
spiegazione il fatto che queste
s. siano state riscontrate tanto nelle
galassie a spirale più recenti quanto in quelle ellittiche più
antiche. Attualmente gli scienziati hanno ipotizzato, a partire dall'analisi
spettrale, che queste
s. siano originate da stelle che hanno già
perduto gli strati più esterni del mantello, contenenti l'idrogeno non
consumato nelle reazioni nucleari: si tratta cioè di corpi celesti - con
massa inferiore al triplo di quella solare - nella fase di nana bianca di
carbonio e ossigeno, in stato di gas degenere che, equilibrando la forza
gravitazionale, impedisce ulteriore contrazione e riscaldamento della stella,
che dunque tende al raffreddamento (V. STELLA,
Costituzione ed evoluzione stellare). Astri a questo livello evolutivo si
mantengono di norma stabili: l'instabilità può insorgere
però nel caso di sistemi binari stretti, in cui la nana bianca abbia come
compagna una stella in fase di gigante (cioè di espansione). Infatti, se
la stella compagna aveva una massa iniziale inferiore a quella iniziale della
nana bianca, la sua evoluzione è stata più lenta, di modo che le
due stelle si sono trovate in fasi evolutive differenti. L'atmosfera dei gas in
espansione della gigante viene così in parte catturata dalla nana, che
continua ad accumulare materia fino a quando raggiunge un livello di massa
critica (pari a 1,4 della massa solare, detto limite di Chandrasekhar) oltre il
quale il comportamento del gas degenere non riesce più a bilanciare la
forza gravitazionale. Si innesca in tal modo un violento collasso della nana
bianca: a un certo punto, nel nucleo della stella viene toccata la temperatura
di ignizione (pari a 10
9 K), in forza della quale, e dell'incremento
di densità, al centro dell'astro carbonio e ossigeno fondono nelle ultime
reazioni esotermiche, che producono prima silicio e poi nichel e ferro. L'enorme
aumento di temperatura che segue questi processi riporta i gas al comportamento
perfetto, provocando una repentina espansione del nucleo e una sorta di onda,
detta di
deflagrazione, che si propaga dal centro verso la periferia
della stella nel tempo di 1 sec! In tutti gli strati si determina così
l'ignizione degli elementi che, tuttavia, verso la periferia arrivano a
trasformarsi in nichel e ferro: ciò spiega perché gli spettri di
queste
s. presentano le righe di elementi di massa intermedia, come
calcio, magnesio e zolfo, mentre carbonio e ossigeno degli estremi strati
superficiali restano incombusti. In seguito a questo tipo di esplosione di
s. (nota anche come
flash di carbonio e ossigeno), l'astro si
disintegra completamente. Per quanto riguarda le
s. di
tipo II,
esse originano da stelle di più recente formazione (popolazione I),
presenti nei bracci delle galassie ellittiche. Queste
s. costituiscono la
fase finale dell'evoluzione di stelle di massa pari ad almeno otto volte quella
solare, quando ormai tutte le reazioni esotermiche si sono già
verificate. Al termine della fase di gigante, infatti, una stella di queste
dimensioni presenta un nocciolo di ferro, avvolto in gusci concentrici di
elementi via via più leggeri verso la periferia: silicio, carbonio,
ossigeno, elio, idrogeno. Tale configurazione però non è stabile,
perché lungo le superfici interne che separano uno strato dall'altro,
proseguono le reazioni che trasformano l'elemento più leggero in quello
sottostante più pesante. Il nucleo di ferro aumenta la sua massa fino a
che, superato il limite di Chandrasekhar, comincia a contrarsi, aumentando in
tal modo densità e temperatura; quest'ultima raggiunge valori tali
(nell'ordine di 10
10 K) da innescare ulteriori reazioni dei nuclei di
ferro, trasformati in elio, che sono però endotermiche, cioè
assorbono energia anziché produrla. Questo fatto comporta il netto
sopravvento dell'energia gravitazionale su quella termica, per cui si verifica
un collasso inarrestabile e repentino del nucleo: gli studiosi hanno calcolato
che tale immane contrazione si verifica nell'ordine di 0,1 secondi. Raggiunta
una data densità (nell'ordine di 10
14g/cm
3), il gas
di neutroni degenera e tende a contrastare, esercitando la medesima pressione di
un corpo solido, la contrazione. Tuttavia, la velocità di caduta libera
della materia stellare verso il centro della stella è tale che, per
inerzia, essa continua fino a venire respinta indietro, in una sorta di rimbalzo
elastico contro il nucleo compatto. Ciò provoca un'onda d'urto che, al
suo passaggio, contribuisce al riscaldamento degli strati periferici, già
surriscaldati per l'energia termica prodotta dalla precedente fase di
contrazione, e all'innesco delle reazioni esotermiche degli elementi più
leggeri che li compongono: ne sortisce un'enorme quantità di energia e
calore che la stella non è in grado di irradiare mediante la sua
superficie, ridottissima in confronto alla massa. Consegue l'esplosione della
s.: l'energia gravitazionale liberata (per lo più sotto forma di
neutrini e solo in minima parte di radiazione elettromagnetica), risponde
all'ordine di 10
53 erg. L'esplosione genera un viluppo nebuloso di
gas in espansione mentre il nucleo, a seconda della massa iniziale della stella
che ha generato la
s., si trasforma in una stella di neutroni
(V. PULSAR) o in un buco nero.