Voce latina, der. di
summus: sommo. Termine di uso
medioevale che indica quel particolare tipo di composizione che offriva al
lettore l'esposizione sistematica di una dottrina o di una data materia
(astronomia, filosofia, storia naturale, ecc.).
S. in senso stretto
furono considerate tuttavia quelle di argomento teologico, elaborate tra i secc.
XII e XIII, la cui origine va ricercata nel genere dei florilegi e delle
sententiae. Il difficile accesso e il numero esiguo di manoscritti che
riportassero i testi delle Sacre Scritture e le opere dei Padri della Chiesa
rendevano assai problematica ai più la conoscenza delle fonti sulle
verità rivelate, al punto che si avvertì la necessità di
compilazioni che riportassero i passi più significativi delle principali
opere sia filosofiche sia teologiche e ne permettessero lo studio e una
più vasta diffusione. Inizialmente queste compilazioni non ebbero
carattere sistematico, ma si configurarono come raccolte piuttosto disordinate
di
pareri: tali furono le opere, tra gli altri, di Beda il Venerabile,
Paterio e Rabano Mauro. In breve il genere andò evolvendosi nel senso di
una maggiore coesione e logica interna, con l'aggiunta di commenti e spiegazioni
ai testi, benché fossero ancora assenti speculazioni personali
dell'autore, che rimaneva in sostanza un compilatore e al più un esegeta.
Questo tipo di raccolte venivano comunemente dette
Libri sententiarum, di
cui il massimo esempio furono i
Libri sententiarum tres di Isidoro di
Siviglia. Anselmo di Laon e la scuola della sua città contribuirono a un
ulteriore sviluppo, realizzando numerose raccolte in cui, oltre ai testi sacri o
degli
auctores, erano reperibili approfondimenti e riflessioni originali
sui temi discussi. Fu Abelardo a definire per la prima volta come
S. la
sua opera (
Introductio ad theologiam), che aveva concepito come una
struttura logica e coerente, dotata di carattere sistematico e in cui trovavano
esposizione e discussione i principali argomenti teologici. Non è sempre
agevole distinguere tra
sententiae e
s.: queste tuttavia sono da
considerarsi una derivazione di quelle, come opere speculative da opere
compilative, distinguendosi per maggior rigore sistematico, crescente
libertà di giudizio e di interpretazione, oltre che per
l'originalità del commento. Tra i primi indubitabili esempi di
S.
ricordiamo, oltre a quella già citata di Abelardo, il
De
sacramentis di Ugo da San Vittore; la
Summa "Quoniam
homines" di Alano di Lilla; i
Libri quattuor sententiarum di
Pietro Lombardo e
Libri quinque sententiarum di Pietro di Poitiers. Nel
XIII sec. si verificò una seconda fioritura del genere, determinata anche
dalla nuova diffusione delle opere di Aristotele, in cui gli autori si
impegnavano a raccogliere sistematicamente tutti gli insegnamenti in ordine alla
Rivelazione, per istruire gli uomini di cultura su quali fossero le strade
possibili per attingere la salvezza. Ricordiamo in particolare la
Summa
aurea di Guglielmo di Auxerre; la
Summa universae theologiae di
Alessandro di Hales; il
Breviloquium di Bonaventura; il
Magisterium
divinale di Guglielmo di Alvernia, la
Summa de creaturis e la
Summa de theologiae di Alberto Magno e, infine, la
Summa contra
gentiles e la
Summa theologiae di Tommaso d'Aquino. Quest'ultima fu
adottata come manuale nelle università europee in luogo delle
Sententiae di Pietro Lombardo.