Stato (2.503.890 kmq; 28.292.000 ab.) dell'Africa
nord-orientale, il più vasto di tutto il continente. Confina a Nord con
l'Egitto, a Est con l'Eritrea e l'Etiopia, a Sud con il Kenya, l'Uganda, la
Repubblica democratica del Congo, a Ovest con la Repubblica Centrafricana e il
Ciad, a Nord-Ovest con la Libia; a Nord-Est è bagnato dal Mar Rosso.
Capitale: Khartoum. Città principali: Omdurman, Port Sudan, El-Obeid, Wad
Madanī, Kassalā, ‘Atbara. Ordinamento: Repubblica. Il Paese
è suddiviso in 26 Stati federali. Moneta:
dinaro sudanese. Lingua
ufficiale: arabo; nelle regioni meridionali, prive di unità linguistica,
vengono utilizzati vari dialetti camitici, nilotici e sudanesi. Religione:
Islamismo sunnita di rito malikita; nelle zone meridionali, religiosamente
eterogenee, sono diffusi culti animisti ed è presente una minoranza
cattolica.
GEOGRAFIAMorfologia: il territorio sudanese,
composto da rocce cristalline ricoperte da sabbie, arenarie e altri sedimenti
alluvionali, si presenta morfologicamente unitario; esso, infatti, fungendo da
zona di transizione tra le regioni equatoriali e il deserto, è collocato
in corrispondenza della depressione nilotica compresa tra l'Altopiano Etiopico,
le alte terre africane orientali e le dorsali che separano i bacini del Ciad e
della Repubblica democratica del Congo. Allo stesso tempo
è
caratterizzato, in virtù della sua notevole estensione latitudinale,
dalla presenza di un'ampia gamma di paesaggi naturali, il cui unico elemento
comune è rappresentato dal lungo percorso del fiume Nilo. Proseguendo da
Nord verso Sud, è possibile individuare tre principali complessi
differenziati. Il
S. settentrionale, attraversato dalla valle del Nilo,
comprende un'ampia area desertica occidentale di tipo sahariano e, nella parte
orientale, il deserto nubiano, compreso tra il Mar Rosso e l'ansa formata dal
Nilo prima della sua immissione nel Lago Nubia (Lago Nasser in Egitto). Lungo la
costa del Mar Rosso si erge una catena montuosa, con rilievi che superano i
2.200 m nel Gebel Asoteriba e nel Gebel Oda. Le rive del Mar Rosso, pur
costituendo la sola apertura del Paese sul mondo, sono povere di porti: esse
sono infatti basse, sabbiose e, a tratti, ornate di scogliere coralline, il che
ostacola l'edificazione e il funzionamento di strutture portuali. Il
S.
centrale, che si estende da Malakal a Khartoum, è costituito da
un'area settentrionale semisteppica, assai povera di vegetazione, e
dall'altopiano cristallino del Dār Fūr: questo si innalza a Est, in
direzione dell'Etiopia, e verso Ovest, dove delimita l'area sabbiosa del
Kordofān, ed è dominato dall'enorme vulcano fossile del Gebel Marra
(3.088 m). A Sud si estende invece una zona arbustiva, che procede fino a
incontrare la regione più fertile di tutto il
S., al-Giazīra,
compresa tra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Ricordiamo che il
S.
centrale, presentando condizioni naturali più favorevoli di quelle
che caratterizzano il deserto a Nord e la savana o le paludi a Sud, rappresenta
la zona più popolata del Paese, oltre al suo centro economico e politico.
Il
S. meridionale, infine, è costituito da una vasta pianura
argillosa, delimitata a Sud-Est dai rilievi terminali dell'Altopiano Etiopico,
dove si trova la cima più elevata di tutto il Paese (Monte Kinyeti, 3.188
m, nei Monti Imatong, al confine con l'Uganda), e a Sud-Ovest dalle
ramificazioni della dorsale Zaire-Nilo. ║
Idrografia: nelle regioni del
S. settentrionale, a causa
dell'aridità climatica e della scarsità delle precipitazioni (meno
di 100 mm annui), tanto i corsi d'acqua (
uidian) quanto le oasi sono
presenti in numero limitato. La vallata alluvionale del Nilo, il cui percorso
nel
S. settentrionale è a tratti reso impraticabile dall'esistenza
di cateratte, attraversa il deserto dell'Alta Nubia. Nel territorio del
S. centrale ha invece luogo la confluenza dei due rami principali del
grande fiume, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. In particolare il Nilo Azzurro,
ricco di limo in quanto proveniente dai terreni vulcanici dell'Altopiano
Etiopico, si unisce al Nilo all'altezza di Khartoum, fornendo un apporto idrico
pari al 60% circa della portata intera del fiume. Questo fenomeno di confluenza,
provocando l'inondazione e la conseguente fertilizzazione dei terreni durante la
stagione delle piogge, si rivelò determinante per la nascita dell'antica
civiltà nilotica, che ancora oggi sopravvive in alcune tribù
dedite prevalentemente all'allevamento. Attualmente sia le piene stagionali sia
il limo sono contenute dalla diga di Assuan. Le pianure del
S.
meridionale sono bagnate da vari affluenti del Nilo; quest'ultimo entra nel
territorio sudanese con il nome di Bahr el-Gebel, quindi prosegue con una serie
di rapide fino a Juba e, giunto nella regione chiamata Sudd, forma un'area di
paludi e acquitrini. Questa zona è caratterizzata dalla presenza di
foreste di tipo equatoriale. ║
Clima: il
S. settentrionale
è caratterizzato da condizioni climatiche simili a quelle del deserto
sahariano, con precipitazioni quasi nulle. Il
S. centrale presenta invece
un clima di tipo tropicale asciutto, con un inverno più lungo man mano
che si procede verso il Nord. Nella parte meridionale del Paese, infine, il
clima è di tipo tropicale umido, con una piovosità che supera i
1.000 mm annui nella regione di Sudd e nel bacino di Bahr el-Ghazāl.
Cartina del Sudan
ECONOMIA
Agricoltura:
l'economia sudanese
si basa principalmente sul settore primario che, con un tasso di occupazione
pari all'80% della popolazione attiva, contribuisce per il 40% alla formazione
del prodotto nazionale lordo e per poco meno dell'80% alle esportazioni del
Paese. L'attività agricola è tuttavia limitata dalla presenza di
enormi estensioni desertiche e dalla scarsità idrica e, pertanto, viene
praticata soltanto su metà dei 35 milioni di ha potenzialmente
disponibili per la coltivazione. In particolare, essa si sviluppa lungo il corso
del Nilo e dei suoi principali affluenti, e nelle regioni in cui la frequenza e
l'abbondanza delle precipitazioni permettono la crescita e la maturazione delle
colture. Sul suolo sudanese vengono praticati tre fondamentali tipi di
agricoltura: irrigua, pluviale e tradizionale. L'agricoltura irrigua moderna,
tuttora in via di evoluzione, è dedita principalmente alla produzione del
cotone che, incoraggiata e appoggiata dal Regno Unito, si è sviluppata
sui terreni fertili di al-Giazīra e nelle aree adiacenti ai fiumi Atbara e
Rahad. Nei pressi di questi fiumi sorgono inoltre le coltivazioni di vari
prodotti da esportazione, quali la canna da zucchero, le arachidi, le fave e il
sorgo. La produzione agricola, già notevolmente incrementata in seguito
al completamento della diga di Sennār nel 1926 e alla successiva attuazione
di numerosi piani di irrigazione nei pressi di al-Giazīra, Rahad, Khartoum
e altre località del
S. centrale, sembra destinata ad aumentare
ancora: nuovi progetti attendono infatti di essere realizzati. L'agricoltura di
tipo pluviale è quella di gran lunga dominante; tuttavia solo una parte
ridotta della vasta superficie così coltivata viene lavorata con moderne
apparecchiature meccaniche. Queste circostanze, unitamente all'assiduità
con cui viene seminato il sorgo, provocano frequenti fenomeni di impoverimento
dei terreni, ai quali si può porre rimedio soltanto estendendo le colture
a superfici sempre più ampie. L'agricoltura pluviale meccanizzata,
diffusa nelle regioni di Kassala e nei terreni adiacenti al Nilo Azzurro,
fornisce il 50% della produzione nazionale di sorgo e il 25% di quella di
sesamo. Più esigua è invece la produzione di cotone a fibra corta.
Nelle aree centrali, occidentali e meridionali del
S. prevale invece una
tipologia agricola tradizionale, includente l'agricoltura pluviale non
meccanizzata e quella itinerante. Quest'ultima, soprattutto in seguito
all'emanazione di una serie di provvedimenti governativi volti a favorire la
sedentarizzazione delle popolazioni nomadi, ha subito un netto declino e,
attualmente, gode di una diffusione assai limitata. Per quanto riguarda, invece,
le popolazioni nilotiche del
S. meridionale, esse continuano a praticare
un'agricoltura di sussistenza, spesso associata all'allevamento. In particolare,
le tribù nilotiche Shiluk e Dinka stanziate nel
toish, una delle
poche regioni meridionali verdi e prive di vegetazione palustre che vengono
inondate e, quindi, rese fertili in concomitanza con le piene, coltivano il
sorgo sui cordoni alluvionali, al riparo dalle inondazioni. ║
Allevamento: l'allevamento rappresenta la principale fonte di sussistenza
delle popolazioni nomadi. Nel
S. settentrionale Berberi, Teda e Arabi
allevano cammelli; più a Sud, i Baqqāra hanno abbandonato
l'allevamento dei cammelli per dedicarsi a quello dei bovini. Tutte queste
popolazioni durante la stagione delle piogge si muovono verso il Nord, mentre
durante la stagione secca si stanziano, più a Sud, nei pressi delle fonti
d'acqua. La tribù dei Beja si sposta invece verso le regioni più
elevate e umide nella stagione secca, per poi raggiungere le zone pedemontane in
quella delle piogge. Le popolazioni nilotiche Shiluk e Dinka praticano
l'allevamento di zebù, muovendosi tra le zone che non vengono inondate
dalle piene nella stagione delle piogge e le terre
toish nella stagione
secca, quando le acque si sono ritirate. L'allevamento fornisce, oltre agli
elementi base dell'alimentazione di queste popolazioni (carne, latte e
latticini), letame e urina, utilizzati il primo come combustibile e materiale da
costruzione, la seconda nella concia delle pelli. Il bestiame svolge infine una
funzione sociale rilevante, essendo regalato come dote nei matrimoni.
L'allevamento praticato dalle popolazioni nomadi fornisce comunque un contributo
esiguo alla formazione del prodotto interno lordo del Paese. Senz'altro
più rilevante è invece il contributo economico dato dagli
allevatori sedentari. Il bestiame, assai consistente dal punto di vista
numerico, comprende bovini, ovini, caprini, cammelli, asini, cavalli e animali
da cortile. L'attività peschereccia è invece poco sviluppata.
║
Industria: lo sviluppo delle industrie, incoraggiato e sostenuto
dal capitalismo straniero dopo il raggiungimento dell'indipendenza, non ha fatto
progressi consistenti, soprattutto a causa della scarsità, nel sottosuolo
sudanese, di risorse minerarie; il settore secondario, che lavora
prevalentemente prodotti agricoli, occupa infatti solo il 10% della popolazione
attiva. La produzione mineraria del
S. è esigua e riguarda
principalmente cromite, oro e sale. Modesta è anche l'estrazione di
ferro, rame, manganese, magnesite, mica e petrolio. Quanto al combustibile
necessario per la produzione di energia elettrica, circa la metà viene
importata dall'estero, mentre la parte rimanente proviene per lo più da
impianti idrici. Il combustibile domestico più diffuso è il
legname, ricavato dalle boscaglie e savane che ricoprono il 18% della superficie
totale del territorio (il crescente fabbisogno di legname, così come
l'incremento del patrimonio zootecnico, provocano frequenti fenomeni di degrado
del manto vegetale e di erosione del suolo e, pertanto, sono in parte
responsabili del progressivo avanzamento del deserto in direzione Sud). Discreta
è anche la produzione di gomma arabica. Le industrie sono concentrate
soprattutto nell'area centro-orientale del Paese e comprendono, oltre agli
stabilimenti per la lavorazione dei prodotti agricoli, cementifici,
zuccherifici, una raffineria di petrolio d'importazione a Port Sudan,
stabilimenti per la lavorazione di tabacchi, oleifici, distillerie e industrie
tessili. ║
Commercio e comunicazioni: le vie di comunicazione che
servono il territorio del
S. risultano, nel complesso, insufficienti e
inadeguate, soprattutto se messe in relazione alle enormi distanze da
percorrere. La rete stradale in vari punti non è asfaltata e, pertanto,
dopo le piogge è difficilmente praticabile; la rete ferroviaria è
ridottissima. Tra le vie di traffico interne notevole importanza hanno il Nilo e
i suoi affluenti: essi si estendono per circa 4.000 km, 170 dei quali navigabili
in ogni stagione dell'anno. I principali aeroporti si trovano a Khartoum, Juba e
Port Sudan. Il Paese dispone di un solo porto marittimo, Port Sudan: qui vengono
smistate le merci che entrano ed escono dal territorio sudanese e vengono
rifornite le navi che attraversano il Mar Rosso. Il commercio con l'estero
è costantemente in passivo. Le esportazioni di prodotti agricoli, primo
fra tutti il cotone, non riescono a eguagliare in valore le importazioni di beni
strumentali, prodotti industriali e alimentari. Principale cliente del
S.
è l'Arabia Saudita; suoi principali fornitori sono il Regno Unito, la
Germania, il Giappone, gli Stati Uniti d'America e la stessa Arabia
Saudita.
STORIA
Preistoria: la presenza dell'uomo in
S. è attestata fin dal Paleolitico inferiore. Chiare testimonianze
dell'Acheuleano sono state infatti rinvenute in numerose località
(stazioni di superficie della Nubia, Khor Abu Anga, nei pressi di Khartoum,
Wādī Afu, nella parte meridionale del Paese). Numerosi sono anche i
reperti che provano lo sviluppo, durante il Paleolitico mediosuperiore, di varie
industrie, alcune affini al Musteriano, altre imparentate con quelle di altre
regioni africane, come il Sangoano e il Lupembiano. Alla fine del Paleolitico
risale invece la differenziazione delle culture, sia microlitiche sia di altro
genere: tra le più caratteristiche vanno menzionate quelle, nate
pressoché contemporaneamente, della Nubia e della regione del Nilo
Azzurro. Tracce della civiltà mesolitica sono state rinvenute a Khartoum,
in seguito al ritrovamento dei resti di un insediamento di cacciatori e
pescatori che, oltre a conoscere l'arco e gli arpioni, fabbricavano una ceramica
decorata a linee ondulate. Probabilmente queste comunità di cacciatori e
pescatori si stabilivano lungo il Nilo solo stagionalmente, vivendo in capanne
costruite con rami coperti di fango. Nuclei di cacciatori e pescatori vissero
anche a esh-Shaheinab, a 45 km da Omdurman, nel 3900 a.C. Questi gruppi sono
considerati neolitici in quanto, oltre a praticare l'agricoltura e l'allevamento
di animali domestici, fabbricavano e decoravano la ceramica. Assai scarse sono
le testimonianze relative all'epoca compresa tra il 3800 e il 3100 a.C. Alla
fine di questo periodo risalgono invece dei sepolcreti, attribuiti al cosiddetto
Gruppo A e contenenti i più antichi oggetti metallici rinvenuti in
territorio sudanese. Sulla base degli oggetti provenienti dall'Egitto è
possibile stabilire, dalla prima dinastia in avanti, una buona cronologia;
tuttavia la causa della fine del Gruppo A va ricercata, molto probabilmente,
nelle numerose spedizioni che i faraoni fecero contro gli abitanti del
S.
All'epoca dell'indebolimento del potere centrale in Egitto (2300 a.C. circa)
risale invece la nascita, ad opera di pastori di buoi capre e pecore, della
cultura del Gruppo C. La massima espressione di questa tradizione culturale va
ravvisata nelle monumentali tombe in cui venivano seppelliti i morti e nelle
cappelle funerarie che, in una fase avanzata di sviluppo, iniziarono ad essere
edificate all'interno delle prime. A partire dall'inizio del II millennio a.C.
parte del
S., cadendo sotto il dominio dei faraoni dell'XI o XII
dinastia, subì la supremazia politica e culturale dell'Egitto. Nell'VIII
sec. a.C. l'Egitto venne conquistato da una dinastia proveniente dalla Nubia:
questa, subentrata ai faraoni nel dominio del
S., esercitò per
oltre un millennio la propria autorità sulla regione dell'Alto Nilo, a
iniziare dai centri di Napata e di Meroe. La dinastia di Nubia venne distrutta
intorno al IV sec. dal Regno di Aksum. • St. - Nel VI sec. la predicazione
di monaci siriani fece conoscere alla Nubia l'eresia monofisita, dando inizio
alla penetrazione del Cristianesimo nei Regni di Nobazia, Makuria (Dongola) e
Alodia che, per lungo tempo, esercitarono un dominio incontrastato su quasi
tutto il territorio dell'odierno
S. L'espansione dell'Islam fu lenta e
graduale: preceduta dalla conquista musulmana dell'Egitto nel VII sec. e
dall'insediamento, nell'VIII sec., di tribù arabe nelle regioni del Nilo
Azzurro, essa avanzò in maniera decisiva a partire dal XV sec., in
seguito all'alleanza tra una tribù araba e una popolazione nera
islamizzata del Nilo Azzurro. Esito di questa unione fu la formazione,
all'inizio del XVI sec., del Regno di Funj (con capitale Sennār), che
iniziò a dilagare nei territori settentrionali. Nell'arco di meno di un
secolo i Funj compirono l'unificazione del Paese: distrutto nel 1504 il Regno di
Aloa, nel 1596 presero possesso degli Stati pagani di Dār Fūr e di
Kordofān, e vi instaurarono dinastie musulmane locali. Nel 1786 gli Hameg
abbatterono il Regno Funj, gettando il Paese nell'anarchia. Tra il 1820 e il
1823 si impose sul
S. la dominazione egiziana: il chedivè Muhammad
Alī conquistò le regioni orientali di Dongola, Kordofān e
Sennār, e le unì all'Egitto; nominò quindi un viceré e
dei governatori per le varie province, lasciando al loro posto i capi delle
tribù. La capitale del nuovo possedimento egiziano divenne Khartoum,
fatta costruire appositamente nel 1830 alla confluenza tra Nilo Bianco e Nilo
Azzurro. Nel 1874 la dominazione egiziana si estese anche a Dār Fūr e
alle regioni del
S. meridionale. Nel frattempo l'interesse dell'Europa
per questi territori, già da qualche anno meta di esploratori e
viaggiatori europei, era andato gradualmente aumentando. Fu comunque soltanto
dopo l'apertura del canale di Suez (1869) che gli Europei iniziarono ad avere
mire politiche sul
S., e che le autorità egiziane cominciarono a
utilizzare personale proveniente dal Vecchio Continente per l'amministrazione
dei domini sudanesi. La penetrazione europea, unitamente alla gravosa
amministrazione locale dei governatori egiziani scatenarono nel 1881 una
sanguinosa rivolta che, in breve tempo, assunse le dimensioni di una vera e
propria guerra santa sfociando nel Madismo (così chiamato dal nome del
capo della rivolta, Muhammad Ahmad ibn ‘Abd Allāh detto
al-Mahadī). Il Madismo, opponendosi all'espansionismo inglese,
si
inseriva in un più vasto movimento di rinascita islamica diffuso in tutta
la regione immediatamente a Sud del Sahara. Negli anni 1883-84 i dervisci,
assertori e propagandisti della fede del Mahdī, sconfissero le truppe della
Gran Bretagna nel Kordofān e nel Bahr al-Ghazāl. In seguito alla
conquista nel 1885 di Khartoum, invano difesa da Ch.G. Gordon, il Madhī
instaurò nelle regioni conquistate uno Stato teocratico con capitale
Omdurman, alla guida del quale subentrò, dopo la sua morte, ‘Abd
Allāh ibn Muhammad at-Ta'ā'ishī detto Khalīfa. Durante il
dominio di Khalīfa fu potenziata l'amministrazione statale e venne
istituito un esercito regolare, che nel 1886 e nel 1889 sconfisse le truppe del
negus d'Etiopia. Nel 1896 Inglesi e Egiziani unirono le loro forze e, guidati da
H.H. Kitchener, iniziarono la riconquista dei territori perduti: nel settembre
1898 le truppe anglo-egiziane presero possesso di Omdurman, quindi si spostarono
verso Sud e, nei pressi di Fāshōda, impedirono l'avanzata da Ovest di
forze francesi che, alla guida di J.-B. Marchand, speravano di conquistare parte
della costa orientale del continente e di annetterla ai domini di Francia in
Africa occidentale. La sconfitta dei Francesi segnò l'inizio della
dominazione inglese: con la convenzione del 19 gennaio 1899 il territorio
sudanese, assumendo la denominazione ufficiale di
S. Anglo-Egiziano, fu
trasformato in un condominio anglo-egiziano nel quale, di fatto, il potere era
esercitato dal Governo britannico, mentre l'autorità egiziana era
limitata a poche cariche militari e burocratiche. Il ruolo dell'Egitto
nell'amministrazione del Paese fu ridotto ulteriormente dopo il 1924, in seguito
all'assassinio del governatore generale del
S. a Il Cairo. La Gran
Bretagna, il cui scopo non dichiarato era in realtà quello di unire il
S. all'Uganda sottraendo il primo all'influenza araba, utilizzò i
domini sudanesi per difendere e controllare la regione che comanda il flusso del
Nilo, la via delle Indie, il canale di Suez e l'Egitto. Sotto l'amministrazione
indiretta di Londra, il Nord e il Sud del Paese iniziarono a svilupparsi
autonomamente: le regioni settentrionali, legate all'Egitto e dominate da
un'oligarchia arabo-islamica, prosperarono dal punto di vista economico; le
regioni meridionali, meta prediletta dei missionari cristiani, restarono
maggiormente ancorate alle proprie tradizioni. Ben presto, tuttavia, il regime
di condominio fece emergere profondi contrasti tra la Gran Bretagna e i partiti
nazionalisti egiziani nati all'inizio degli anni Venti, che rivendicavano
l'indipendenza del Paese. I dissidi tra le due parti furono temporaneamente
appianati nel 1922, quando il sultano Faud I, accogliendo le richieste dei
nazionalisti, si proclamò re ereditario e costituzionale dell'Egitto e
del
S., lasciando agli Inglesi il controllo di quest'ultimo. Nuove
divergenze emersero nei primi anni Cinquanta, quando la Gran Bretagna, in
accordo con i militari saliti al potere in Egitto con il colpo di Stato del
luglio 1952, decise di assecondare le rivendicazioni dei nazionalisti sudanesi;
nel febbraio 1953 fu stabilito di predisporre il
S., attraverso un
periodo triennale di governo autonomo,
all'autodeterminazione in merito
alla scelta dell'unione con l'Egitto o dell'indipendenza. La decisione vide
fronteggiarsi il Partito nazionalista unionista (PNU), rappresentante degli
ambienti filoccidentali e urbanizzati e di quelli islamici ortodossi, e il
Partito Umma che interpretava le esigenze dei ceti sociali più poveri e
delle popolazioni nomadi. Il PNU, uscito vincitore dalle elezioni del 1953 per
il primo Parlamento, nel 1954 costituì un Esecutivo competente per le
sole questioni interne, a capo del quale fu posto Ismā'īl
al-Azharī. Il 1° gennaio 1956 il Governo del PNU, passato gradualmente
a posizioni indipendentiste, proclamò ufficialmente l'indipendenza e, con
essa, la nascita della Repubblica del
S.; questa entrò a far parte
della lega araba e, in un secondo tempo, fu ammessa all'ONU. La vita della nuova
Repubblica si rivelò, fin dai suoi inizi, travagliata e difficile.
L'insoddisfazione delle popolazioni non arabe delle regioni del Sud
sfociò immediatamente in un movimento di guerriglia, volto
all'ottenimento di una maggiore autonomia dal Governo centrale. Nel 1958 il
generale Ibrāhīm ‘Abbūd con un colpo di Stato soppresse il
Parlamento e, appoggiato dalle forze armate, si impadronì del potere. Nel
frattempo nel Sud del Paese parte della popolazione negra e per lo più
cristiana, animata da tendenze secessionistiche, si unì nella Sudan
African National Union (SANU), costituendo così un fronte d'opposizione
alla politica di arabizzazione e di islamizzazione forzata attuata dal Governo
centrale. Il dilagare di nuovi disordini nella capitale portarono, nel novembre
1964, alla caduta del Governo di ‘Abbūd. Il potere passò
quindi ai Partiti conservatori (1965), che esacerbarono ulteriormente il
conflitto razziale tra Arabi e negri, aggravando la situazione interna del
Paese. La crisi così innescata sfociò nel colpo di Stato del
maggio 1969, diretto dal generale G.M. an-Numairī. Divenuto capo dello
Stato e del Governo an-Numairī, attuò una serie di
nazionalizzazioni, instaurò contatti con l'Unione Sovietica e con altri
Paesi socialisti e, intenzionato a realizzare l'integrazione del
S. nel
mondo arabo, intensificò le relazioni con l'Egitto e la Libia. D'altro
canto il tentativo di an-Numairī di dar vita a un regime monopartitico sul
modello del Socialismo fu vanificato dall'opposizione dei filocomunisti che, nel
luglio 1971, organizzarono un colpo di Stato. Soffocata l'insurrezione
comunista, an-Numairī fece sciogliere tutti i partiti e, nominato
presidente della Repubblica, formò il partito unico dell'Unione
socialista sudanese (USS); nell'aprile 1973, inoltre, diede al
S. una
nuova Costituzione, che sanciva il monopartitismo. Nel frattempo, in seguito
all'accordo stipulato nel febbraio 1972 con i guerriglieri operanti nel Sud, le
province meridionali del Paese avevano ottenuto l'autonomia amministrativa. Sul
piano internazionale, il regime di an-Numairī sancì la rottura delle
relazioni con la Libia, ritenuta coinvolta in un fallito colpo di Stato, fino al
1985, il deterioramento delle relazioni con l'Unione Sovietica e il progressivo
avvicinamento agli Stati Uniti d'America, all'Arabia Saudita e, soprattutto,
all'Egitto: il
S., infatti, oltre a sostenere Il Cairo anche dopo gli
accordi di Camp David con Israele (1978), nel 1982 diede inizio insieme
all'Egitto a un processo di integrazione, che fu però sospeso tre anni
dopo. Il regime non riuscì comunque a raggiungere la stabilità
desiderata, sia per il peggioramento delle condizioni economiche, sia per
l'insorgere dei guerriglieri del Sud, esasperati dall'intenzione del Governo di
limitare l'autonomia precedentemente concessa. Ormai indebolito, il regime di
an-Numairī suscitò ulteriore malcontento tra le popolazioni
cristiane e animiste del Sud, riformando il Codice Penale in base alla legge
coranica (settembre 1983). Nell'aprile 1985 an-Numairī venne destituito da
un colpo di Stato organizzato da un gruppo di militari; la conseguente
abolizione, ad opera di questi ultimi, della Costituzione del 1973
decretò il ritorno alla democrazia. Nel 1986 Sādik al-Mahdī, ex
primo ministro e leader del partito vincitore alle elezioni tenutesi nell'aprile
dello stesso anno, l'Umma, formò un Governo di coalizione con il moderato
Partito democratico unionista (PDU) e alcuni gruppi minori rappresentanti delle
regioni meridionali. Nonostante ciò la guerriglia, organizzata
principalmente dall'Esercito di liberazione del popolo del Sudan (SPLA) di J.
Garang, continuò a imperversare nelle province meridionali. Garang si
dichiarò disposto ad avviare trattative con il Governo, alla sola
condizione che venisse abolita la
shari'a, vale a dire la legge islamica.
Il raggiungimento di un compromesso fu però reso complicato dall'ingresso
al Governo, nell'aprile 1988, di alcuni esponenti del fondamentalista Fronte
islamico nazionale (FIN). Nel giugno 1989 un nuovo colpo di Stato militare diede
il potere al Consiglio della rivoluzione per la salvezza nazionale, guidato dal
gener!le ‘Omar Hassān Ahmed al-Bashīr. Quest'ultimo, pur avendo
decretato lo scioglimento di tutti i partiti politici, subì l'influsso
dei fondamentalisti del FIN, in particolare del loro leader Hassān
at-Turābī: la giunta militare si dichiarò infatti favorevole
alla legge islamica, generando la profonda disapprovazione delle regioni
meridionali e l'intensificazione delle operazioni di guerriglia. D'altro canto
queste ultime non cessarono neppure in seguito alle successive iniziative
amministrative, politiche e militari: nel 1990 al-Bashīr decise di abolire
la legge islamica nel Sud, mantenendola in vigore solo nelle province del Nord;
nel 1991 la riforma federale del
S. decretò la suddivisione del
Paese in nove Stati, che diventarono 26 nel 1994. Nel corso degli anni Novanta
la situazione del
S. interna ebbe un ulteriore tracollo sia per il
peggioramento delle condizioni economiche sia per l'emergere, all'interno della
guerriglia stessa, di dissidi politici ed etnici. In particolare, mentre alcuni
guerriglieri miravano alla secessione delle regioni meridionali, altri
propugnavano un'integrazione con il Nord senza discriminazioni. Nel 1993
al-Bashīr fu nominato presidente della Repubblica dalla giunta militare,
che venne sciolta e sostituita da un Governo costituito in parte da civili. Le
elezioni del 1996, svoltesi su basi non partitiche per il perdurare della messa
al bando dei partiti politici, riconfermarono al-Bashīr nella carica di
presidente. Le ripetute accuse di violazione dei diritti umani mosse dall'ONU
nei confronti del
S., così come il sospetto che quest'ultimo, in
accordo con l'Iran, fomentasse il terrorismo islamico, determinarono il
deterioramento dei rapporti del Paese con gli Stati vicini, in particolare con
l'Egitto. Nel 1997 le forze dell'opposizione, coalizzate
nell'Alleanza Nazionale Democratica, sferrarono una violenta offensiva nel
Nord del Paese: non potendo risolvere militarmente lo scontro, il presidente
al-Bashīr si mostrò disponibile a una mediazione con i ribelli del
Nord e con la guerriglia nella parte meridionale del
S., mentre
at-Turābī oppose un'assoluta intransigenza, determinando
così una situazione di stallo per l'incapacità di
qualsivoglia schieramento di prevalere sugli altri. L'anno seguente il
Paese concesse il proprio appoggio al regime di L.D. Kabila nella Repubblica
Democratica del Congo, riprendendo sul fronte interno le trattative con le forze
della resistenza nel Sud con le quali fu stipulata una tregua (aprile 1999).
Nello stesso 1999 al-Bashīr riuscì a prevalere sul proprio rivale
at-Turābī che aveva tentato di varare alcuni emendamenti
costituzionali volti alla riduzione dei poteri presidenziali: il Parlamento
venne sciolto nel dicembre 1999 e fu dichiarato lo stato d'emergenza che
portò alla creazione di un nuovo Governo centrale e alla revoca di tutti
i precedenti governatori provinciali. Venne inoltre predisposta una linea
diplomatica destinata a migliorare le relazioni internazionali, conquistando il
sostegno di Libia, Egitto, Arabia Saudita, Eritrea e Uganda e di alcuni Paesi
dell'Ue, interessati allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi
sudanesi. Rinsaldata la propria posizione interna, nel 2000 al-Bashīr
lanciò una nuova offensiva contro le opposizioni, in particolare contro
at-Turābī, avvicinatosi alla guerriglia di J. Garang. Riconfermato
alla presidenza della Repubblica nel dicembre 2000, al-Bashīr
prorogò lo stato d'emergenza, decretando l'arresto di
at-Turābī (febbraio 2001). Ma il leader dello SPLA, Garang, pose la
sua liberazione come condizione per la ripresa dei negoziati di pace con il
Governo; at-Turābī venne dunque liberato dal carcere e messo agli
arresti domiciliari. Nel giugno 2001 prese avvio a Nairobi l'ennesimo
vertice per portare la pace nel
S., che si concluse con un fallimento. In
quel momento il SPLA controllava gran parte del Sud, alcune zone del Centro e
dei Monti Nuba. Anche nell'Est, al confine con l'Eritrea, era attiva
una guerriglia appoggiata da Asmara. Già provato dalla guerra, il
S. fu stremato anche dalla siccità. Nello stesso anno emerse il
dramma delle migliaia di bambini-soldato utilizzati dai ribelli: alla fine di
febbraio lo SPLA, che nell'ottobre 2000 si era impegnato a smobilitare tutti i
soldati di età inferiore ai 18 anni, liberò 2.600 bambini, portati
in centri di accoglienza dell'Unicef e di altre organizzazioni umanitarie.
Nel settembre 2001 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite revocò
le restrizioni imposte alla libertà di movimento dei diplomatici del
S. nel 1996 (quando il Governo si era rifiutato di consegnare i presunti
autori dell'attentato contro il presidente egiziano H. Mubarak); la
decisione di abolire le sanzioni venne presa dopo la condanna da parte del
presidente al-Bashīr degli attentati terroristici dell'11 settembre e
l'arresto da parte delle autorità sudanesi di una quarantina di presunti
agenti di Al-Qaeda. Tuttavia, dopo l'inizio della guerra contro
l'Afghanistan, gli Stati Uniti dichiararono che il conflitto avrebbe
potuto allargarsi anche al
S., dove Osama Bin Laden aveva vissuto fino al
1996.
POPOLAZIONE
Dal punto di vista demografico il
S.
è caratterizzato da un tasso di natalità tra i più
elevati del mondo, che supera quello di mortalità, anch'esso alto. A un
modesto tasso medio di densità demografica, pari a circa 10 ab./kmq, fa
riscontro la sovrappopolazione delle regioni economicamente più
sviluppate. Altra caratteristica peculiare della popolazione sudanese è
l'eterogeneità etnica: nel territorio del
S. vivono infatti
più di 600 differenti gruppi e sottogruppi etnici. Tra questi, il nucleo
prevalente è quello degli Arabi, concentrati soprattutto al Nord; le
popolazioni del Sud, comprendenti Nilotici, Camitici e Sudanesi, sono prive di
unità linguistica e religiosa e si oppongono alla politica di
arabizzazione e islamizzazione imposta dai musulmani arabofoni detentori del
potere politico. Conseguenza diretta della grande varietà etnica è
l'elevato tasso di analfabetismo (pari al 75% circa).
Sudan: il fiume Nilo alla terza cataratta
Magazzini per la raccolta dei cereali in Sudan