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Sudan.

Stato (2.503.890 kmq; 28.292.000 ab.) dell'Africa nord-orientale, il più vasto di tutto il continente. Confina a Nord con l'Egitto, a Est con l'Eritrea e l'Etiopia, a Sud con il Kenya, l'Uganda, la Repubblica democratica del Congo, a Ovest con la Repubblica Centrafricana e il Ciad, a Nord-Ovest con la Libia; a Nord-Est è bagnato dal Mar Rosso. Capitale: Khartoum. Città principali: Omdurman, Port Sudan, El-Obeid, Wad Madanī, Kassalā, ‘Atbara. Ordinamento: Repubblica. Il Paese è suddiviso in 26 Stati federali. Moneta: dinaro sudanese. Lingua ufficiale: arabo; nelle regioni meridionali, prive di unità linguistica, vengono utilizzati vari dialetti camitici, nilotici e sudanesi. Religione: Islamismo sunnita di rito malikita; nelle zone meridionali, religiosamente eterogenee, sono diffusi culti animisti ed è presente una minoranza cattolica.

GEOGRAFIA

Morfologia: il territorio sudanese, composto da rocce cristalline ricoperte da sabbie, arenarie e altri sedimenti alluvionali, si presenta morfologicamente unitario; esso, infatti, fungendo da zona di transizione tra le regioni equatoriali e il deserto, è collocato in corrispondenza della depressione nilotica compresa tra l'Altopiano Etiopico, le alte terre africane orientali e le dorsali che separano i bacini del Ciad e della Repubblica democratica del Congo. Allo stesso tempo è caratterizzato, in virtù della sua notevole estensione latitudinale, dalla presenza di un'ampia gamma di paesaggi naturali, il cui unico elemento comune è rappresentato dal lungo percorso del fiume Nilo. Proseguendo da Nord verso Sud, è possibile individuare tre principali complessi differenziati. Il S. settentrionale, attraversato dalla valle del Nilo, comprende un'ampia area desertica occidentale di tipo sahariano e, nella parte orientale, il deserto nubiano, compreso tra il Mar Rosso e l'ansa formata dal Nilo prima della sua immissione nel Lago Nubia (Lago Nasser in Egitto). Lungo la costa del Mar Rosso si erge una catena montuosa, con rilievi che superano i 2.200 m nel Gebel Asoteriba e nel Gebel Oda. Le rive del Mar Rosso, pur costituendo la sola apertura del Paese sul mondo, sono povere di porti: esse sono infatti basse, sabbiose e, a tratti, ornate di scogliere coralline, il che ostacola l'edificazione e il funzionamento di strutture portuali. Il S. centrale, che si estende da Malakal a Khartoum, è costituito da un'area settentrionale semisteppica, assai povera di vegetazione, e dall'altopiano cristallino del Dār Fūr: questo si innalza a Est, in direzione dell'Etiopia, e verso Ovest, dove delimita l'area sabbiosa del Kordofān, ed è dominato dall'enorme vulcano fossile del Gebel Marra (3.088 m). A Sud si estende invece una zona arbustiva, che procede fino a incontrare la regione più fertile di tutto il S., al-Giazīra, compresa tra il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Ricordiamo che il S. centrale, presentando condizioni naturali più favorevoli di quelle che caratterizzano il deserto a Nord e la savana o le paludi a Sud, rappresenta la zona più popolata del Paese, oltre al suo centro economico e politico. Il S. meridionale, infine, è costituito da una vasta pianura argillosa, delimitata a Sud-Est dai rilievi terminali dell'Altopiano Etiopico, dove si trova la cima più elevata di tutto il Paese (Monte Kinyeti, 3.188 m, nei Monti Imatong, al confine con l'Uganda), e a Sud-Ovest dalle ramificazioni della dorsale Zaire-Nilo. ║ Idrografia: nelle regioni del S. settentrionale, a causa dell'aridità climatica e della scarsità delle precipitazioni (meno di 100 mm annui), tanto i corsi d'acqua (uidian) quanto le oasi sono presenti in numero limitato. La vallata alluvionale del Nilo, il cui percorso nel S. settentrionale è a tratti reso impraticabile dall'esistenza di cateratte, attraversa il deserto dell'Alta Nubia. Nel territorio del S. centrale ha invece luogo la confluenza dei due rami principali del grande fiume, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. In particolare il Nilo Azzurro, ricco di limo in quanto proveniente dai terreni vulcanici dell'Altopiano Etiopico, si unisce al Nilo all'altezza di Khartoum, fornendo un apporto idrico pari al 60% circa della portata intera del fiume. Questo fenomeno di confluenza, provocando l'inondazione e la conseguente fertilizzazione dei terreni durante la stagione delle piogge, si rivelò determinante per la nascita dell'antica civiltà nilotica, che ancora oggi sopravvive in alcune tribù dedite prevalentemente all'allevamento. Attualmente sia le piene stagionali sia il limo sono contenute dalla diga di Assuan. Le pianure del S. meridionale sono bagnate da vari affluenti del Nilo; quest'ultimo entra nel territorio sudanese con il nome di Bahr el-Gebel, quindi prosegue con una serie di rapide fino a Juba e, giunto nella regione chiamata Sudd, forma un'area di paludi e acquitrini. Questa zona è caratterizzata dalla presenza di foreste di tipo equatoriale. ║ Clima: il S. settentrionale è caratterizzato da condizioni climatiche simili a quelle del deserto sahariano, con precipitazioni quasi nulle. Il S. centrale presenta invece un clima di tipo tropicale asciutto, con un inverno più lungo man mano che si procede verso il Nord. Nella parte meridionale del Paese, infine, il clima è di tipo tropicale umido, con una piovosità che supera i 1.000 mm annui nella regione di Sudd e nel bacino di Bahr el-Ghazāl.
Cartina del Sudan


ECONOMIA

Agricoltura: l'economia sudanese si basa principalmente sul settore primario che, con un tasso di occupazione pari all'80% della popolazione attiva, contribuisce per il 40% alla formazione del prodotto nazionale lordo e per poco meno dell'80% alle esportazioni del Paese. L'attività agricola è tuttavia limitata dalla presenza di enormi estensioni desertiche e dalla scarsità idrica e, pertanto, viene praticata soltanto su metà dei 35 milioni di ha potenzialmente disponibili per la coltivazione. In particolare, essa si sviluppa lungo il corso del Nilo e dei suoi principali affluenti, e nelle regioni in cui la frequenza e l'abbondanza delle precipitazioni permettono la crescita e la maturazione delle colture. Sul suolo sudanese vengono praticati tre fondamentali tipi di agricoltura: irrigua, pluviale e tradizionale. L'agricoltura irrigua moderna, tuttora in via di evoluzione, è dedita principalmente alla produzione del cotone che, incoraggiata e appoggiata dal Regno Unito, si è sviluppata sui terreni fertili di al-Giazīra e nelle aree adiacenti ai fiumi Atbara e Rahad. Nei pressi di questi fiumi sorgono inoltre le coltivazioni di vari prodotti da esportazione, quali la canna da zucchero, le arachidi, le fave e il sorgo. La produzione agricola, già notevolmente incrementata in seguito al completamento della diga di Sennār nel 1926 e alla successiva attuazione di numerosi piani di irrigazione nei pressi di al-Giazīra, Rahad, Khartoum e altre località del S. centrale, sembra destinata ad aumentare ancora: nuovi progetti attendono infatti di essere realizzati. L'agricoltura di tipo pluviale è quella di gran lunga dominante; tuttavia solo una parte ridotta della vasta superficie così coltivata viene lavorata con moderne apparecchiature meccaniche. Queste circostanze, unitamente all'assiduità con cui viene seminato il sorgo, provocano frequenti fenomeni di impoverimento dei terreni, ai quali si può porre rimedio soltanto estendendo le colture a superfici sempre più ampie. L'agricoltura pluviale meccanizzata, diffusa nelle regioni di Kassala e nei terreni adiacenti al Nilo Azzurro, fornisce il 50% della produzione nazionale di sorgo e il 25% di quella di sesamo. Più esigua è invece la produzione di cotone a fibra corta. Nelle aree centrali, occidentali e meridionali del S. prevale invece una tipologia agricola tradizionale, includente l'agricoltura pluviale non meccanizzata e quella itinerante. Quest'ultima, soprattutto in seguito all'emanazione di una serie di provvedimenti governativi volti a favorire la sedentarizzazione delle popolazioni nomadi, ha subito un netto declino e, attualmente, gode di una diffusione assai limitata. Per quanto riguarda, invece, le popolazioni nilotiche del S. meridionale, esse continuano a praticare un'agricoltura di sussistenza, spesso associata all'allevamento. In particolare, le tribù nilotiche Shiluk e Dinka stanziate nel toish, una delle poche regioni meridionali verdi e prive di vegetazione palustre che vengono inondate e, quindi, rese fertili in concomitanza con le piene, coltivano il sorgo sui cordoni alluvionali, al riparo dalle inondazioni. ║ Allevamento: l'allevamento rappresenta la principale fonte di sussistenza delle popolazioni nomadi. Nel S. settentrionale Berberi, Teda e Arabi allevano cammelli; più a Sud, i Baqqāra hanno abbandonato l'allevamento dei cammelli per dedicarsi a quello dei bovini. Tutte queste popolazioni durante la stagione delle piogge si muovono verso il Nord, mentre durante la stagione secca si stanziano, più a Sud, nei pressi delle fonti d'acqua. La tribù dei Beja si sposta invece verso le regioni più elevate e umide nella stagione secca, per poi raggiungere le zone pedemontane in quella delle piogge. Le popolazioni nilotiche Shiluk e Dinka praticano l'allevamento di zebù, muovendosi tra le zone che non vengono inondate dalle piene nella stagione delle piogge e le terre toish nella stagione secca, quando le acque si sono ritirate. L'allevamento fornisce, oltre agli elementi base dell'alimentazione di queste popolazioni (carne, latte e latticini), letame e urina, utilizzati il primo come combustibile e materiale da costruzione, la seconda nella concia delle pelli. Il bestiame svolge infine una funzione sociale rilevante, essendo regalato come dote nei matrimoni. L'allevamento praticato dalle popolazioni nomadi fornisce comunque un contributo esiguo alla formazione del prodotto interno lordo del Paese. Senz'altro più rilevante è invece il contributo economico dato dagli allevatori sedentari. Il bestiame, assai consistente dal punto di vista numerico, comprende bovini, ovini, caprini, cammelli, asini, cavalli e animali da cortile. L'attività peschereccia è invece poco sviluppata. ║ Industria: lo sviluppo delle industrie, incoraggiato e sostenuto dal capitalismo straniero dopo il raggiungimento dell'indipendenza, non ha fatto progressi consistenti, soprattutto a causa della scarsità, nel sottosuolo sudanese, di risorse minerarie; il settore secondario, che lavora prevalentemente prodotti agricoli, occupa infatti solo il 10% della popolazione attiva. La produzione mineraria del S. è esigua e riguarda principalmente cromite, oro e sale. Modesta è anche l'estrazione di ferro, rame, manganese, magnesite, mica e petrolio. Quanto al combustibile necessario per la produzione di energia elettrica, circa la metà viene importata dall'estero, mentre la parte rimanente proviene per lo più da impianti idrici. Il combustibile domestico più diffuso è il legname, ricavato dalle boscaglie e savane che ricoprono il 18% della superficie totale del territorio (il crescente fabbisogno di legname, così come l'incremento del patrimonio zootecnico, provocano frequenti fenomeni di degrado del manto vegetale e di erosione del suolo e, pertanto, sono in parte responsabili del progressivo avanzamento del deserto in direzione Sud). Discreta è anche la produzione di gomma arabica. Le industrie sono concentrate soprattutto nell'area centro-orientale del Paese e comprendono, oltre agli stabilimenti per la lavorazione dei prodotti agricoli, cementifici, zuccherifici, una raffineria di petrolio d'importazione a Port Sudan, stabilimenti per la lavorazione di tabacchi, oleifici, distillerie e industrie tessili. ║ Commercio e comunicazioni: le vie di comunicazione che servono il territorio del S. risultano, nel complesso, insufficienti e inadeguate, soprattutto se messe in relazione alle enormi distanze da percorrere. La rete stradale in vari punti non è asfaltata e, pertanto, dopo le piogge è difficilmente praticabile; la rete ferroviaria è ridottissima. Tra le vie di traffico interne notevole importanza hanno il Nilo e i suoi affluenti: essi si estendono per circa 4.000 km, 170 dei quali navigabili in ogni stagione dell'anno. I principali aeroporti si trovano a Khartoum, Juba e Port Sudan. Il Paese dispone di un solo porto marittimo, Port Sudan: qui vengono smistate le merci che entrano ed escono dal territorio sudanese e vengono rifornite le navi che attraversano il Mar Rosso. Il commercio con l'estero è costantemente in passivo. Le esportazioni di prodotti agricoli, primo fra tutti il cotone, non riescono a eguagliare in valore le importazioni di beni strumentali, prodotti industriali e alimentari. Principale cliente del S. è l'Arabia Saudita; suoi principali fornitori sono il Regno Unito, la Germania, il Giappone, gli Stati Uniti d'America e la stessa Arabia Saudita.

STORIA

Preistoria: la presenza dell'uomo in S. è attestata fin dal Paleolitico inferiore. Chiare testimonianze dell'Acheuleano sono state infatti rinvenute in numerose località (stazioni di superficie della Nubia, Khor Abu Anga, nei pressi di Khartoum, Wādī Afu, nella parte meridionale del Paese). Numerosi sono anche i reperti che provano lo sviluppo, durante il Paleolitico mediosuperiore, di varie industrie, alcune affini al Musteriano, altre imparentate con quelle di altre regioni africane, come il Sangoano e il Lupembiano. Alla fine del Paleolitico risale invece la differenziazione delle culture, sia microlitiche sia di altro genere: tra le più caratteristiche vanno menzionate quelle, nate pressoché contemporaneamente, della Nubia e della regione del Nilo Azzurro. Tracce della civiltà mesolitica sono state rinvenute a Khartoum, in seguito al ritrovamento dei resti di un insediamento di cacciatori e pescatori che, oltre a conoscere l'arco e gli arpioni, fabbricavano una ceramica decorata a linee ondulate. Probabilmente queste comunità di cacciatori e pescatori si stabilivano lungo il Nilo solo stagionalmente, vivendo in capanne costruite con rami coperti di fango. Nuclei di cacciatori e pescatori vissero anche a esh-Shaheinab, a 45 km da Omdurman, nel 3900 a.C. Questi gruppi sono considerati neolitici in quanto, oltre a praticare l'agricoltura e l'allevamento di animali domestici, fabbricavano e decoravano la ceramica. Assai scarse sono le testimonianze relative all'epoca compresa tra il 3800 e il 3100 a.C. Alla fine di questo periodo risalgono invece dei sepolcreti, attribuiti al cosiddetto Gruppo A e contenenti i più antichi oggetti metallici rinvenuti in territorio sudanese. Sulla base degli oggetti provenienti dall'Egitto è possibile stabilire, dalla prima dinastia in avanti, una buona cronologia; tuttavia la causa della fine del Gruppo A va ricercata, molto probabilmente, nelle numerose spedizioni che i faraoni fecero contro gli abitanti del S. All'epoca dell'indebolimento del potere centrale in Egitto (2300 a.C. circa) risale invece la nascita, ad opera di pastori di buoi capre e pecore, della cultura del Gruppo C. La massima espressione di questa tradizione culturale va ravvisata nelle monumentali tombe in cui venivano seppelliti i morti e nelle cappelle funerarie che, in una fase avanzata di sviluppo, iniziarono ad essere edificate all'interno delle prime. A partire dall'inizio del II millennio a.C. parte del S., cadendo sotto il dominio dei faraoni dell'XI o XII dinastia, subì la supremazia politica e culturale dell'Egitto. Nell'VIII sec. a.C. l'Egitto venne conquistato da una dinastia proveniente dalla Nubia: questa, subentrata ai faraoni nel dominio del S., esercitò per oltre un millennio la propria autorità sulla regione dell'Alto Nilo, a iniziare dai centri di Napata e di Meroe. La dinastia di Nubia venne distrutta intorno al IV sec. dal Regno di Aksum. • St. - Nel VI sec. la predicazione di monaci siriani fece conoscere alla Nubia l'eresia monofisita, dando inizio alla penetrazione del Cristianesimo nei Regni di Nobazia, Makuria (Dongola) e Alodia che, per lungo tempo, esercitarono un dominio incontrastato su quasi tutto il territorio dell'odierno S. L'espansione dell'Islam fu lenta e graduale: preceduta dalla conquista musulmana dell'Egitto nel VII sec. e dall'insediamento, nell'VIII sec., di tribù arabe nelle regioni del Nilo Azzurro, essa avanzò in maniera decisiva a partire dal XV sec., in seguito all'alleanza tra una tribù araba e una popolazione nera islamizzata del Nilo Azzurro. Esito di questa unione fu la formazione, all'inizio del XVI sec., del Regno di Funj (con capitale Sennār), che iniziò a dilagare nei territori settentrionali. Nell'arco di meno di un secolo i Funj compirono l'unificazione del Paese: distrutto nel 1504 il Regno di Aloa, nel 1596 presero possesso degli Stati pagani di Dār Fūr e di Kordofān, e vi instaurarono dinastie musulmane locali. Nel 1786 gli Hameg abbatterono il Regno Funj, gettando il Paese nell'anarchia. Tra il 1820 e il 1823 si impose sul S. la dominazione egiziana: il chedivè Muhammad Alī conquistò le regioni orientali di Dongola, Kordofān e Sennār, e le unì all'Egitto; nominò quindi un viceré e dei governatori per le varie province, lasciando al loro posto i capi delle tribù. La capitale del nuovo possedimento egiziano divenne Khartoum, fatta costruire appositamente nel 1830 alla confluenza tra Nilo Bianco e Nilo Azzurro. Nel 1874 la dominazione egiziana si estese anche a Dār Fūr e alle regioni del S. meridionale. Nel frattempo l'interesse dell'Europa per questi territori, già da qualche anno meta di esploratori e viaggiatori europei, era andato gradualmente aumentando. Fu comunque soltanto dopo l'apertura del canale di Suez (1869) che gli Europei iniziarono ad avere mire politiche sul S., e che le autorità egiziane cominciarono a utilizzare personale proveniente dal Vecchio Continente per l'amministrazione dei domini sudanesi. La penetrazione europea, unitamente alla gravosa amministrazione locale dei governatori egiziani scatenarono nel 1881 una sanguinosa rivolta che, in breve tempo, assunse le dimensioni di una vera e propria guerra santa sfociando nel Madismo (così chiamato dal nome del capo della rivolta, Muhammad Ahmad ibn ‘Abd Allāh detto al-Mahadī). Il Madismo, opponendosi all'espansionismo inglese, si inseriva in un più vasto movimento di rinascita islamica diffuso in tutta la regione immediatamente a Sud del Sahara. Negli anni 1883-84 i dervisci, assertori e propagandisti della fede del Mahdī, sconfissero le truppe della Gran Bretagna nel Kordofān e nel Bahr al-Ghazāl. In seguito alla conquista nel 1885 di Khartoum, invano difesa da Ch.G. Gordon, il Madhī instaurò nelle regioni conquistate uno Stato teocratico con capitale Omdurman, alla guida del quale subentrò, dopo la sua morte, ‘Abd Allāh ibn Muhammad at-Ta'ā'ishī detto Khalīfa. Durante il dominio di Khalīfa fu potenziata l'amministrazione statale e venne istituito un esercito regolare, che nel 1886 e nel 1889 sconfisse le truppe del negus d'Etiopia. Nel 1896 Inglesi e Egiziani unirono le loro forze e, guidati da H.H. Kitchener, iniziarono la riconquista dei territori perduti: nel settembre 1898 le truppe anglo-egiziane presero possesso di Omdurman, quindi si spostarono verso Sud e, nei pressi di Fāshōda, impedirono l'avanzata da Ovest di forze francesi che, alla guida di J.-B. Marchand, speravano di conquistare parte della costa orientale del continente e di annetterla ai domini di Francia in Africa occidentale. La sconfitta dei Francesi segnò l'inizio della dominazione inglese: con la convenzione del 19 gennaio 1899 il territorio sudanese, assumendo la denominazione ufficiale di S. Anglo-Egiziano, fu trasformato in un condominio anglo-egiziano nel quale, di fatto, il potere era esercitato dal Governo britannico, mentre l'autorità egiziana era limitata a poche cariche militari e burocratiche. Il ruolo dell'Egitto nell'amministrazione del Paese fu ridotto ulteriormente dopo il 1924, in seguito all'assassinio del governatore generale del S. a Il Cairo. La Gran Bretagna, il cui scopo non dichiarato era in realtà quello di unire il S. all'Uganda sottraendo il primo all'influenza araba, utilizzò i domini sudanesi per difendere e controllare la regione che comanda il flusso del Nilo, la via delle Indie, il canale di Suez e l'Egitto. Sotto l'amministrazione indiretta di Londra, il Nord e il Sud del Paese iniziarono a svilupparsi autonomamente: le regioni settentrionali, legate all'Egitto e dominate da un'oligarchia arabo-islamica, prosperarono dal punto di vista economico; le regioni meridionali, meta prediletta dei missionari cristiani, restarono maggiormente ancorate alle proprie tradizioni. Ben presto, tuttavia, il regime di condominio fece emergere profondi contrasti tra la Gran Bretagna e i partiti nazionalisti egiziani nati all'inizio degli anni Venti, che rivendicavano l'indipendenza del Paese. I dissidi tra le due parti furono temporaneamente appianati nel 1922, quando il sultano Faud I, accogliendo le richieste dei nazionalisti, si proclamò re ereditario e costituzionale dell'Egitto e del S., lasciando agli Inglesi il controllo di quest'ultimo. Nuove divergenze emersero nei primi anni Cinquanta, quando la Gran Bretagna, in accordo con i militari saliti al potere in Egitto con il colpo di Stato del luglio 1952, decise di assecondare le rivendicazioni dei nazionalisti sudanesi; nel febbraio 1953 fu stabilito di predisporre il S., attraverso un periodo triennale di governo autonomo, all'autodeterminazione in merito alla scelta dell'unione con l'Egitto o dell'indipendenza. La decisione vide fronteggiarsi il Partito nazionalista unionista (PNU), rappresentante degli ambienti filoccidentali e urbanizzati e di quelli islamici ortodossi, e il Partito Umma che interpretava le esigenze dei ceti sociali più poveri e delle popolazioni nomadi. Il PNU, uscito vincitore dalle elezioni del 1953 per il primo Parlamento, nel 1954 costituì un Esecutivo competente per le sole questioni interne, a capo del quale fu posto Ismā'īl al-Azharī. Il 1° gennaio 1956 il Governo del PNU, passato gradualmente a posizioni indipendentiste, proclamò ufficialmente l'indipendenza e, con essa, la nascita della Repubblica del S.; questa entrò a far parte della lega araba e, in un secondo tempo, fu ammessa all'ONU. La vita della nuova Repubblica si rivelò, fin dai suoi inizi, travagliata e difficile. L'insoddisfazione delle popolazioni non arabe delle regioni del Sud sfociò immediatamente in un movimento di guerriglia, volto all'ottenimento di una maggiore autonomia dal Governo centrale. Nel 1958 il generale Ibrāhīm ‘Abbūd con un colpo di Stato soppresse il Parlamento e, appoggiato dalle forze armate, si impadronì del potere. Nel frattempo nel Sud del Paese parte della popolazione negra e per lo più cristiana, animata da tendenze secessionistiche, si unì nella Sudan African National Union (SANU), costituendo così un fronte d'opposizione alla politica di arabizzazione e di islamizzazione forzata attuata dal Governo centrale. Il dilagare di nuovi disordini nella capitale portarono, nel novembre 1964, alla caduta del Governo di ‘Abbūd. Il potere passò quindi ai Partiti conservatori (1965), che esacerbarono ulteriormente il conflitto razziale tra Arabi e negri, aggravando la situazione interna del Paese. La crisi così innescata sfociò nel colpo di Stato del maggio 1969, diretto dal generale G.M. an-Numairī. Divenuto capo dello Stato e del Governo an-Numairī, attuò una serie di nazionalizzazioni, instaurò contatti con l'Unione Sovietica e con altri Paesi socialisti e, intenzionato a realizzare l'integrazione del S. nel mondo arabo, intensificò le relazioni con l'Egitto e la Libia. D'altro canto il tentativo di an-Numairī di dar vita a un regime monopartitico sul modello del Socialismo fu vanificato dall'opposizione dei filocomunisti che, nel luglio 1971, organizzarono un colpo di Stato. Soffocata l'insurrezione comunista, an-Numairī fece sciogliere tutti i partiti e, nominato presidente della Repubblica, formò il partito unico dell'Unione socialista sudanese (USS); nell'aprile 1973, inoltre, diede al S. una nuova Costituzione, che sanciva il monopartitismo. Nel frattempo, in seguito all'accordo stipulato nel febbraio 1972 con i guerriglieri operanti nel Sud, le province meridionali del Paese avevano ottenuto l'autonomia amministrativa. Sul piano internazionale, il regime di an-Numairī sancì la rottura delle relazioni con la Libia, ritenuta coinvolta in un fallito colpo di Stato, fino al 1985, il deterioramento delle relazioni con l'Unione Sovietica e il progressivo avvicinamento agli Stati Uniti d'America, all'Arabia Saudita e, soprattutto, all'Egitto: il S., infatti, oltre a sostenere Il Cairo anche dopo gli accordi di Camp David con Israele (1978), nel 1982 diede inizio insieme all'Egitto a un processo di integrazione, che fu però sospeso tre anni dopo. Il regime non riuscì comunque a raggiungere la stabilità desiderata, sia per il peggioramento delle condizioni economiche, sia per l'insorgere dei guerriglieri del Sud, esasperati dall'intenzione del Governo di limitare l'autonomia precedentemente concessa. Ormai indebolito, il regime di an-Numairī suscitò ulteriore malcontento tra le popolazioni cristiane e animiste del Sud, riformando il Codice Penale in base alla legge coranica (settembre 1983). Nell'aprile 1985 an-Numairī venne destituito da un colpo di Stato organizzato da un gruppo di militari; la conseguente abolizione, ad opera di questi ultimi, della Costituzione del 1973 decretò il ritorno alla democrazia. Nel 1986 Sādik al-Mahdī, ex primo ministro e leader del partito vincitore alle elezioni tenutesi nell'aprile dello stesso anno, l'Umma, formò un Governo di coalizione con il moderato Partito democratico unionista (PDU) e alcuni gruppi minori rappresentanti delle regioni meridionali. Nonostante ciò la guerriglia, organizzata principalmente dall'Esercito di liberazione del popolo del Sudan (SPLA) di J. Garang, continuò a imperversare nelle province meridionali. Garang si dichiarò disposto ad avviare trattative con il Governo, alla sola condizione che venisse abolita la shari'a, vale a dire la legge islamica. Il raggiungimento di un compromesso fu però reso complicato dall'ingresso al Governo, nell'aprile 1988, di alcuni esponenti del fondamentalista Fronte islamico nazionale (FIN). Nel giugno 1989 un nuovo colpo di Stato militare diede il potere al Consiglio della rivoluzione per la salvezza nazionale, guidato dal gener!le ‘Omar Hassān Ahmed al-Bashīr. Quest'ultimo, pur avendo decretato lo scioglimento di tutti i partiti politici, subì l'influsso dei fondamentalisti del FIN, in particolare del loro leader Hassān at-Turābī: la giunta militare si dichiarò infatti favorevole alla legge islamica, generando la profonda disapprovazione delle regioni meridionali e l'intensificazione delle operazioni di guerriglia. D'altro canto queste ultime non cessarono neppure in seguito alle successive iniziative amministrative, politiche e militari: nel 1990 al-Bashīr decise di abolire la legge islamica nel Sud, mantenendola in vigore solo nelle province del Nord; nel 1991 la riforma federale del S. decretò la suddivisione del Paese in nove Stati, che diventarono 26 nel 1994. Nel corso degli anni Novanta la situazione del S. interna ebbe un ulteriore tracollo sia per il peggioramento delle condizioni economiche sia per l'emergere, all'interno della guerriglia stessa, di dissidi politici ed etnici. In particolare, mentre alcuni guerriglieri miravano alla secessione delle regioni meridionali, altri propugnavano un'integrazione con il Nord senza discriminazioni. Nel 1993 al-Bashīr fu nominato presidente della Repubblica dalla giunta militare, che venne sciolta e sostituita da un Governo costituito in parte da civili. Le elezioni del 1996, svoltesi su basi non partitiche per il perdurare della messa al bando dei partiti politici, riconfermarono al-Bashīr nella carica di presidente. Le ripetute accuse di violazione dei diritti umani mosse dall'ONU nei confronti del S., così come il sospetto che quest'ultimo, in accordo con l'Iran, fomentasse il terrorismo islamico, determinarono il deterioramento dei rapporti del Paese con gli Stati vicini, in particolare con l'Egitto. Nel 1997 le forze dell'opposizione, coalizzate nell'Alleanza Nazionale Democratica, sferrarono una violenta offensiva nel Nord del Paese: non potendo risolvere militarmente lo scontro, il presidente al-Bashīr si mostrò disponibile a una mediazione con i ribelli del Nord e con la guerriglia nella parte meridionale del S., mentre at-Turābī oppose un'assoluta intransigenza, determinando così una situazione di stallo per l'incapacità di qualsivoglia schieramento di prevalere sugli altri. L'anno seguente il Paese concesse il proprio appoggio al regime di L.D. Kabila nella Repubblica Democratica del Congo, riprendendo sul fronte interno le trattative con le forze della resistenza nel Sud con le quali fu stipulata una tregua (aprile 1999). Nello stesso 1999 al-Bashīr riuscì a prevalere sul proprio rivale at-Turābī che aveva tentato di varare alcuni emendamenti costituzionali volti alla riduzione dei poteri presidenziali: il Parlamento venne sciolto nel dicembre 1999 e fu dichiarato lo stato d'emergenza che portò alla creazione di un nuovo Governo centrale e alla revoca di tutti i precedenti governatori provinciali. Venne inoltre predisposta una linea diplomatica destinata a migliorare le relazioni internazionali, conquistando il sostegno di Libia, Egitto, Arabia Saudita, Eritrea e Uganda e di alcuni Paesi dell'Ue, interessati allo sfruttamento dei giacimenti petroliferi sudanesi. Rinsaldata la propria posizione interna, nel 2000 al-Bashīr lanciò una nuova offensiva contro le opposizioni, in particolare contro at-Turābī, avvicinatosi alla guerriglia di J. Garang. Riconfermato alla presidenza della Repubblica nel dicembre 2000, al-Bashīr prorogò lo stato d'emergenza, decretando l'arresto di at-Turābī (febbraio 2001). Ma il leader dello SPLA, Garang, pose la sua liberazione come condizione per la ripresa dei negoziati di pace con il Governo; at-Turābī venne dunque liberato dal carcere e messo agli arresti domiciliari. Nel giugno 2001 prese avvio a Nairobi l'ennesimo vertice per portare la pace nel S., che si concluse con un fallimento. In quel momento il SPLA controllava gran parte del Sud, alcune zone del Centro e dei Monti Nuba. Anche nell'Est, al confine con l'Eritrea, era attiva una guerriglia appoggiata da Asmara. Già provato dalla guerra, il S. fu stremato anche dalla siccità. Nello stesso anno emerse il dramma delle migliaia di bambini-soldato utilizzati dai ribelli: alla fine di febbraio lo SPLA, che nell'ottobre 2000 si era impegnato a smobilitare tutti i soldati di età inferiore ai 18 anni, liberò 2.600 bambini, portati in centri di accoglienza dell'Unicef e di altre organizzazioni umanitarie. Nel settembre 2001 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite revocò le restrizioni imposte alla libertà di movimento dei diplomatici del S. nel 1996 (quando il Governo si era rifiutato di consegnare i presunti autori dell'attentato contro il presidente egiziano H. Mubarak); la decisione di abolire le sanzioni venne presa dopo la condanna da parte del presidente al-Bashīr degli attentati terroristici dell'11 settembre e l'arresto da parte delle autorità sudanesi di una quarantina di presunti agenti di Al-Qaeda. Tuttavia, dopo l'inizio della guerra contro l'Afghanistan, gli Stati Uniti dichiararono che il conflitto avrebbe potuto allargarsi anche al S., dove Osama Bin Laden aveva vissuto fino al 1996.

POPOLAZIONE

Dal punto di vista demografico il S. è caratterizzato da un tasso di natalità tra i più elevati del mondo, che supera quello di mortalità, anch'esso alto. A un modesto tasso medio di densità demografica, pari a circa 10 ab./kmq, fa riscontro la sovrappopolazione delle regioni economicamente più sviluppate. Altra caratteristica peculiare della popolazione sudanese è l'eterogeneità etnica: nel territorio del S. vivono infatti più di 600 differenti gruppi e sottogruppi etnici. Tra questi, il nucleo prevalente è quello degli Arabi, concentrati soprattutto al Nord; le popolazioni del Sud, comprendenti Nilotici, Camitici e Sudanesi, sono prive di unità linguistica e religiosa e si oppongono alla politica di arabizzazione e islamizzazione imposta dai musulmani arabofoni detentori del potere politico. Conseguenza diretta della grande varietà etnica è l'elevato tasso di analfabetismo (pari al 75% circa).
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