Che provoca stupore. ║ Termine con cui si
indicano sostanze naturali o sintetiche che, introdotte nell'organismo,
determinano l'insorgenza di stati emotivi e di coscienza alterati, con una
conseguente condizione di sofferenza psichica e fisica. Provocando gravi danni
ai sistemi neuronali e al sistema nervoso centrale, gli
s. inducono una
progressiva assuefazione e una situazione di dipendenza che, in caso di
interruzione improvvisa della somministrazione, genera la cosiddetta
sindrome
di astinenza. Tra le sostanze
s. più diffuse citiamo l'oppio e
i suoi derivati (eroina e morfina), la mescalina, la cocaina, l'anfetamina e la
dietilamide dell'acido lisergico (LSD). • Dir. - Il 30 marzo 1961
entrò in vigore a New York la regolamentazione internazionale sugli
s., successivamente modificata a Ginevra il 25 marzo 1972, che subentrava
alle convenzioni fino a quel momento operative. La L. 5-6-1974, n. 412
recepì la suddetta regolamentazione anche in Italia, mentre la
convenzione internazionale relativa all'uso di farmaci psicotropi emanata a
Vienna il 21 febbraio 1971 fu accolta in Italia dalla L. 25-5-1981, n. 385. La
necessità di controllare con maggior efficacia la circolazione illegale
di sostanze
s. e psicotrope portò alla ratifica di una terza
convenzione internazionale che, resa esecutiva il 20 dicembre 1988 a Vienna,
venne adottata in Italia con la L. 5-11-1990, n. 328. ║ Per quanto
concerne il caso specifico dell'Italia, il problema dell'abuso di droghe, con le
molteplici ripercussioni che esso ha sul piano sociale, è sentito in
tutta la sua gravità, come dimostrano le ripetute rettifiche apportate,
nel corso degli anni, alla legislazione sulle sostanze
s. L'entità
del problema comportò l'adozione, da parte della disciplina legislativa
italiana, di provvedimenti a carattere repressivo, ritenendo il legislatore che
questo approccio potesse avere miglior esito rispetto a strumenti di tipo
preventivo: la L. 22-10-1954, n. 1.041, ad esempio, non operò distinzioni
qualitative (ma solo quantitative) tra il reato di traffico di droga e quello di
assunzione, prevedendo sanzioni penali sia per lo spacciatore, sia per il
tossicodipendente. In un secondo tempo, col mutare delle condizioni sociali e
culturali e a fronte di una continua diffusione del fenomeno dell'abuso di
s., si impose la necessità di disporre di strumenti legislativi
più efficaci, quale si proponeva di essere la L. 22-12-1975, n. 685
(
Disciplina degli s. e sostanze psicotrope. Prevenzione,
cura e
riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza). In base a
essa gli organi amministrativi avevano una maggiore possibilità di
azione: se da un lato permaneva il veto categorico a qualsiasi proposta di
liberalizzazione delle droghe, dall'altro veniva prevista, per una gamma
definita di possibili situazioni, la non punibilità e, pertanto,
l'esenzione da sanzione penale del possesso di
s. o di farmaci psicotropi
per uso personale terapeutico, fatta eccezione per i casi in cui la
quantità delle sostanze detenute superasse visibilmente le dosi
prescritte per il singolo dalle cure mediche. Allo stesso modo era prevista la
non punibilità per l'acquisto o il possesso illecito di quantitativi
esigui di sostanze
s. per uso personale ma non curativo. Ai sensi della
L. 685, inoltre, ciascuna regione doveva agire direttamente in ordine alla
prevenzione e alla lotta contro l'abuso di droghe, attenendosi, per quanto
concerneva le cure assistenziali e il recupero del tossicodipendente come
soggetto socialmente attivo, alle normative emanate dallo Stato. Negli anni
successivi, la riflessione politica in Italia in merito a questo problema si
mosse alternativamente in vista di una maggiore liberalizzazione o secondo la
linea di provvedimenti sostanzialmente repressivi. Da queste differenti opzioni
nacquero progetti di legge di diverso orientamento, che intendevano riformare la
normativa vigente. Risultato di queste proposte legislative fu la riforma del
1990, espressa dalla L. 26-6-1990, n. 162 e completata in un secondo tempo dal
Testo unico 9-10-1990, n. 309. La nuova legge consentiva l'unificazione e la
sistemazione di tutte le convenzioni aventi come oggetto gli
s. e i
farmaci psicotropi, la prevenzione della tossicodipendenza e l'assistenza da
quest'ultima necessitata. La riforma del 1990, attualmente in vigore, non
apportò modifiche sostanziali alla normativa precedente: ne conserva
infatti tanto il modello generale, compresa la ripartizione in 12 titoli, ma
anche intere sezioni (ad esempio, i titoli I e II, concernenti rispettivamente
l'individuazione delle sostanze
s. o psicotrope e la custodia e vigilanza
delle stesse; i titoli III e IV, che dispongono in merito alle differenti fasi
della coltivazione, distribuzione e commercio degli
s.; ancora, i titoli
V e VI, che vertono il primo sull'importazione, esportazione e transito, il
secondo sulla documentazione e custodia di dette sostanze). La principale
innovazione della L. 162 riguarda invece la possibilità per il
tossicodipendente di sostituire, previo il suo consenso, la sanzione penale con
una terapia riabilitativa. I titoli VIII, X, XI stabiliscono infatti che il
possesso di una quantità anche esigua di sostanze
s. per uso
personale non terapeutico venga sanzionato con una pena amministrativa, che
può essere appunto sospesa nel caso in cui il soggetto scelga di
intraprendere una terapia di disintossicazione. La stesura originale di questa
legge, tuttavia, venne modificata a seguito di un referendum abrogativo tenutosi
il 18 aprile 1993. Gli articoli abrogati contenevano la dichiarazione di
assoluta illiceità dell'assunzione non terapeutica di
s. e la
determinazione delle sanzioni penali previste per l'uso di droghe. Veniva
perseguita penalmente tanto la circolazione e il commercio di sostanze
s.
quanto la semplice detenzione di quantità superiori alla dose quotidiana
media stabilita, per ogni singola sostanza, da una deliberazione del ministro
della Sanità. L'esito del referendum, favorevole all'abrogazione di
questi contenuti, è stato recepito mediante il D.P.R. 5-6-1993, n. 171
che ha cassato l'art. 72, 1° comma della legge, sull'illecito penale
dell'assunzione di
s. ad uso non curativo; l'art. 75, relativo alla
definizione di quantità media giornaliera; l'art. 76, che determinava le
pene da comminare. Il Decreto ha stabilito invece che la detenzione a scopo
esclusivamente personale di sostanze
s. sia perseguito con sanzioni
amministrative, quali il ritiro della patente di guida, del porto d'armi, del
passaporto, del permesso di soggiorno, ecc., secondo le normative dell'art. 75.
Al contrario, la detenzione per spaccio di
s., la fabbricazione e il
traffico sono contemplati dall'art. 73 come reati perseguibili penalmente. In
particolare, l'articolo citato stabilisce la reclusione da 8 a 10 anni e una
multa da 50 a 500 milioni di lire per lo spaccio di droghe pesanti (eroina e
cocaina) e delle altre sostanze
s. e psicotrope elencate nelle Tabelle I
e III all'art. 14; per quanto riguarda le droghe leggere (derivati dalla canapa
indiana, hashish, marijuana) e le altre sostanze segnalate nelle Tabelle II e
IV, la sanzione penale prevista contempla la reclusione da 2 a 6 anni e
un'ammenda da 10 a 150 milioni di lire. Il 5° comma dell'art. 73 stabilisce
tuttavia delle attenuanti, relative alla qualità e quantità delle
sostanze in questione, che riducono rispettivamente la reclusione a un periodo
da 1 a 6 anni o da 6 mesi a 4 anni e la multa a una cifra da 5 a 50 milioni di
lire o da 2 a 20 milioni di lire. Gli artt. 73 (6° comma) e 80 contemplano
le ipotesi aggravanti, tuttavia la legge prevede anche riduzioni di pena dalla
metà fino ai due terzi, qualora il reo collabori con gli inquirenti a
smantellare le attività illecite (art. 73, 7° comma). Per i casi di
organizzazione, finanziamento e gestione di associazioni dedite allo spaccio di
sostanze
s. e psicotrope è prevista, ai sensi dell'art. 74, una
pena detentiva non inferiore ai 20 anni; la partecipazione a tali associazioni
è sanzionata, in base allo stesso articolo, con una reclusione non
inferiore ai 10 anni. Le normative atte a salvaguardare e garantire il buon
esito delle attività investigative e di polizia sono contenute negli
artt. 97 e 98, che stabiliscono, tra l'altro, la non punibilità nel caso
di acquisto simulato di
s. e per il differimento o l'esclusione, a fini
investigativi, degli atti dovuti di cattura, di arresto e/o sequestro di merce
illegale; l'adozione di questo tipo di provvedimenti è comunque di
competenza del giudice. La cessione anche gratuita di droghe leggere è
stata giudicata perseguibile con sanzione penale in base alla sentenza
23-7-1996, n. 296, emanata dalla Corte Costituzionale. • Etn. -
L'assunzione, spesso a scopo rituale, di
s. e di sostanze eccitanti
costituisce un fenomeno ampiamente diffuso tra svariate popolazioni
etnologicamente rilevanti, specialmente dell'America Meridionale e dell'Oceania.
Tra gli
s. di maggior consumo sono da annoverare: il tabacco, fiutato o
masticato sia da solo sia in unione con altre sostanze; l'oppio e i derivati
della canapa indiana, ampiamente utilizzati fin dalle epoche più antiche
e comunemente noti come hashish e marijuana. Più ristretto e localizzato
risulta invece il consumo di altre sostanze quali, ad esempio, il
betel
da masticazione nelle zone comprese tra l'Asia meridionale e la Melanesia, una
bevanda nazionale della Polinesia nota come
kava, il
pulque
messicano e la
chicha, il cui impiego si riscontra tra le popolazioni
stanziate fra la regione degli istmi nell'America Centrale e gli Aruachi. Vanno
segnalati, inoltre, il consumo della coca da masticazione nell'America
precolombiana, della polvere di acacia presso Masai e Amazzonici e l'agarico
muscarico nella Camciatca e l'assunzione di bevande fermentate e composte tra
gli indigeni dell'Amazzonia. Il consumo di
s. presso popolazioni di
interesse etnologico è in prevalenza di natura religiosa e cultuale,
all'interno di riti e cerimonie. Le sostanze allucinogene assunte in queste
circostanze (alcaloidi psicotropi quali la mescalina e la lofoforina) non danno
assuefazione, né inducono vera e propria stupefazione nel soggetto, ma
solo una sorta di condizione estatica che, in base alle credenze di quei popoli,
consentirebbe esperienze extrasensoriali e un diretto contatto con la
divinità. È attestato che fin da epoche antiche gli Sciti e i
Persiani dell'Eurasia facevano uso della canapa per scopi di tal fatta: è
interessante notare in proposito che il termine di origine iranica che indicava
la "canapa" passò a indicare nelle lingue del ceppo
ugro-finnico il fungo sciamanico (
Agaricus muscarius) e la particolare
condizione ipnotica che esso è in grado di suscitare. In casi
particolari, l'assunzione collettiva e rituale di sostanze
s. costituisce
il fondamento stesso di un culto: esemplare in questo senso è il caso del
Peyotismo, una vera e propria religione incentrata sul consumo di un cactus a
composizione alcaloide (
peyotl), che induce effetti allucinogeni e
narcotici. Il Peyotismo, che si sviluppò nell'America Settentrionale
all'inizio del XIX sec., si configurò come una religione etnica,
consapevolmente contrapposta ai riti dell'uomo bianco, basata sulla fede nelle
proprietà magiche e curative del
peyotl. Essa non si pose tuttavia
come negazione assoluta del Cristianesimo, che viene però riconosciuto
come valido ed efficace solo nel mondo dei Bianchi. Il
peyotl, invece,
rappresenta per i nativi americani adepti di questa religione, il corrispondente
etnico di Cristo: esso sarebbe stato inviato dal Grande Spirito agli Indiani per
salvarli e guarirli con le sue proprietà particolari, donde il rito
dell'assunzione comunitaria delle sue "carni", analogo a quello
dell'Eucarestia.