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Stricnina.

Chim. - Alcaloide di formula generale C21H22N2O2, presente da solo o insieme a brucina, vomicina e altri alcaloidi, nella Nux vomica e nei semi di svariate logoniacee del genere Strychnos, dai quali viene estratto mediante solvente, in presenza di calce. La s. forma cristalli ottaedrici incolori, molto amari, poco solubili in acqua e in alcool, insolubili in etere e solubili in cloroformio, in grado di fondere a 290 °C. Estremamente tossica per l'organismo, la s. agisce elettivamente sul sistema nervoso centrale provocando contrazioni tetaniche della muscolatura, convulsioni e, se assunta in dosi molto piccole, un aumento dell'eccitabilità riflessa. L'azione stimolante e quella convulsivante sono dovute all'effetto antagonista della s., a livello sinaptico, nei confronti della glicina (neurotrasmettitore di sinapsi inibitorie). L'assorbimento della s. è molto rapido e l'eliminazione avviene per via renale; una parte della dose assunta o somministrata non viene metabolizzata e persiste nelle cellule dell'organismo per lungo tempo anche dopo la morte. La morte sopraggiunge per arresto respiratorio e la vittima rimane cosciente e sensibile fino alla fine. In seguito ai violenti spasmi si possono avere effetti secondari quali acidosi lattica, rabdomiolisi, ipertermia e blocco renale. Emetici e barbiturici sono gli unici antidoti. In passato la s. è stata impiegata in piccole dosi a scopo terapeutico, come amaro, come stimolante del sistema nervoso (farmaco analettico), come cardiotonico in caso di shock, nel trattamento del delirium tremens, nonché nella cura delle paralisi periferiche tossiche e reumatiche. Attualmente il suo impiego è limitato al trattamento delle manifestazioni neurologiche dei bambini con iperglicemia e nell'apnea del sonno. Viene utilizzata inoltre sotto stretto controllo come veleno per topi, talpe e volpi.