L'atto del concludere un contratto e, talora, il
contratto stesso. Nell'uso notarile, formazione dell'atto pubblico che documenta
la conclusione del contratto. • Dir. internaz. - Atto che conclude il
processo formativo di un accordo internazionale. La
s. si realizza con lo
scambio delle ratifiche, attraverso le quali gli Stati contraenti dichiarano in
modo definitivo la volontà di considerare come internazionalmente
obbligatorio un trattato. Qualunque sia la procedura di attuazione, la
s.
stabilisce il momento in cui il trattato, perfezionatosi con la
s.
stessa, incomincia a esistere giuridicamente, cioè a produrre gli effetti
cui è rivolto. • Dir. rom. - In età classica, contratto
verbale tra un creditore (
stipulante) e un debitore (
promittente).
Per essere valida, la
stipulatio doveva comportare la pronuncia di una
formula da parte dei contraenti (nella forma classica, propria dei
cives
romani, era:
Spondes? Spondeo), accompagnata dalla menzione
dell'oggetto della
s. Era inoltre richiesto che la risposta dovesse
immediatamente seguire alla domanda. Date tali condizioni, una
s. non
poteva aver luogo tra assenti, né stabilirsi tra contraenti incapaci di
esprimersi verbalmente. A ricordo e prova della
s. avvenuta, veniva
redatto un documento scritto (
cautio). Solo con il diritto romano
praticato nel mondo ellenistico la redazione scritta della
s.
riuscì a sostituire in tutto la forma orale e, a partire dal 472, cadde
definitivamente in disuso la forma classica verbale della
s., per la
quale era sufficiente il consenso in qualsiasi modo manifestato. Con il regime
giustinianeo, infine, non solo la redazione del documento sostituì l'uso
di qualsiasi formula verbale, ma cadde anche l'obbligo della presenza delle
parti. Ne consegue che non vi sono più motivi di incapacità
naturale o fisica alla
s. Anche un breve intervallo tra proposta e
accettazione non è più considerata causa di invalidità.