Poeta inglese. Ricevette un'educazione
raffinata e vasta, dapprima nella città natia e quindi a Cambridge, dove
nel 1576 conseguì il titolo accademico di
Master of Arts e strinse
amicizia con lo studioso puritano G. Harvey, con il quale si dedicò allo
studio e all'approfondimento dei classici e dei moderni, fra i quali soprattutto
i poeti italiani e francesi. Ritornato a Londra,
ottenne la protezione
del conte di Leicester, al cui servizio entrò nel 1578; per il tramite di
costui ebbe modo di conoscerne il nipote, Philip Sidney, anch'egli poeta e
favorito della regina Elisabetta
. Influenzato dagli studi classici e
umanistici e animato dal desiderio di contribuire a risollevare le sorti
dell'inglese letterario, da lui giudicato decadente,
S. esordì nel
1579 (o 1580) con
Il calendario del pastore, raccolta di 12 ecloghe
pastorali: l'opera, pubblicata con lo pseudonimo di
Colin Clout e
dedicata a Sidney, si fonda sulla sapiente mescolanza di modelli tratti dalla
ricca tradizione italiana (in particolare dall
'Arcadia di I. Sannazzaro)
e di elementi desunti dal patrimonio letterario nazionale, soprattutto da G.
Chaucer, al quale
S. si richiamò soprattutto nell'impiego di un
linguaggio volutamente arcaicizzante. Per il suo equilibrio e per la sentita
affermazione dei principi morali e religiosi dell'autore, ispirati dalla sua
profonda fede puritana, il
Calendario ottenne un grande successo ed
è da ritenere uno dei suoi capolavori. Al medesimo periodo giovanile
risale anche la composizione dei
Quattro inni all'Amore e alla Bellezza,
pubblicati solo nel 1596: in essi appaiono evidenti la formazione culturale del
poeta e la sua predilezione per il Platonismo e per il Neoplatonismo di Marsilio
Ficino. A un intento differente rispondeva invece
Il racconto di mamma
Hubbard (o
Hubberd), messo in circolazione nel 1580, una sorta di
satira in forma di fiaba, nella quale erano descritte le vicende di due
avventurieri sotto le spoglie di una scimmia e di una volpe; in realtà,
si trattava di una pungente critica nei confronti di alcuni influenti personaggi
di corte, sostenitori del matrimonio di Elisabetta con il figlio di Caterina dei
Medici. Nel medesimo anno, probabilmente anche in conseguenza dello scandalo
seguito alla divulgazione del libello,
S. fu indotto a prendere servizio
come segretario di Lord Grey of Wilton, governatore d'Irlanda, e a trasferirsi
nell'isola, dove gli fu messo a disposizione il castello di Kilcolman, nella
contea di Cork. Durante la permanenza in Irlanda, che si prolungò fino al
1589,
S. si concentrò nella stesura del suo capolavoro, il poema
allegorico
La regina delle fate, sontuoso affresco di argomento
epico-cavalleresco e di ispirazione rinascimentale. Nel 1589, su consiglio di
sir Walter Raleigh, il poeta tornò a Londra, speranzoso di poter trovare
sistemazione presso la corte: fu presentato da Raleigh alla regina Elisabetta,
alla quale
S. dedicò i primi tre canti della
Regina delle
Fate, dati alle stampe nel 1591. Al periodo di questo soggiorno londinese
risalgono anche alcuni componimenti poetici d'occasione
e l'elegia
Daphnaida, nonché il volume delle
Lamentazioni, pubblicato
nel 1591 e contenente poesie varie quali
Le rovine del tempo, elegia
nella quale si piangono le morti di Ph. Sidney e del conte di Leicester, satire
di gusto e colorito medioevali, e la delicata favola in versi
Muiopotmos o il
destino della farfalla. Nonostante il successo delle sue opere,
S.
decise di rientrare in Irlanda (1591). Alle impressioni dell'isola e al suo
soggiorno nella capitale
S. accennò nel poemetto allegorico
Il
ritorno di Colin Clout, edito nel 1595. Ritornato a Kilcolman, nel 1594
sposò in seconde nozze Elizabeth Boyle, alla quale dedicò gli
Amoretti, collana di teneri e delicati sonetti, nonché uno
splendido
Epithalamion,
posto in chiusura della raccolta. Nel 1595
diede alle stampe
Astrophel, commossa elegia allegorica dedicata ancora
una volta alla scomparsa dell'amico e protettore Ph. Sidney, e nel 1596 un'altra
mirabile lirica nuziale,
Prothalamion. Rimase in Irlanda, dedicandosi
alla continuazione del poema
La regina delle fate, fino al 1598, anno in
cui scoppiò una rivolta capeggiata da Hugh O'Neill, conte di Tyrone: il
castello di Kilcolman fu dato alle fiamme e il poeta fu costretto a riparare a
Londra, dove morì in povertà l'anno successivo. Postumo fu infine
pubblicato il
Discorso sullo stato attuale dell'Irlanda (1633),
adattamento delle teorie di N. Machiavelli alla situazione contingente
irlandese, ove si sostiene la necessità di un'inflessibile politica di
repressione, volta a sradicare il Cattolicesimo dall'isola. ║
Lo
spirito innovatore di S. e La regina delle fate: profondo conoscitore delle
letterature classiche ed europee, che spesso gli fornirono spunti di ispirazione
ma anche veri e propri modelli stilistici,
S. contribuì in modo
determinante al rinnovamento delle lettere inglesi, che arricchì di nuove
forme lessicali, stilistiche e metriche; fra queste si segnala in particolare la
stanza di sua invenzione e perciò detta “spenseriana”,
formata da un'ottava (a imitazione di quella ariostesca) alla quale viene
aggiunto un verso alessandrino. Tutta l'ampia produzione poetica di
S.,
storicamente significativa e spesso ispirata da un programma patriottico,
entusiasmò i connazionali, non solo contemporanei; la sua fama è
però legata soprattutto a
La regina delle fate, al quale
lavorò per circa 20 anni (1580-98) e che rimase ciò nonostante
incompiuto; dei 12 libri programmati, soltanto sei furono portati a termine e
pubblicati in momenti diversi nel 1590, nel 1595 e nel 1609. Di argomento epico
e cavalleresco, il poema fu inizialmente ispirato dall'
Orlando furioso di
L. Ariosto, ma per le implicazioni celebrative della gloria e della religione
nazionali si avvicina assai più, nello spirito generale, alla
Gerusalemme liberata di T. Tasso. La finzione storica concerne le
avventure di re Artù e di alcuni cavalieri alla conquista della
virtù: protagonisti sono Gloriana, regina delle fate (personificazione
della Virtù ma anche adombramento della regina Elisabetta), 12 cavalieri,
ognuno dei quali incarna una virtù particolare, e Artù stesso,
futuro marito di Gloriana e simbolo della Grazia. L'opera, che nelle intenzioni
dell'autore doveva costituire un grande poema nazionale, non è priva di
limiti: appare infatti appesantita da complicate e confuse allegorie religiose,
morali e politiche, dovute all'irrisolto conflitto interiore di
S. fra
moralismo puritano e gusto classicistico; inoltre, è contraddistinta dal
susseguirsi di episodi giustapposti e non intimamente legati, che rendono
particolarmente complesso e intricato lo sviluppo della trama. Tuttavia, tali
limiti sono compensati dallo splendore delle immagini, dall'armonia delle strofe
e dall'atmosfera di sogno che le pervade e che costituisce la cifra più
significativa della poesia di
S.: infatti, l'intento moralista ed
edificante è non di rado accantonato a favore di fantastiche divagazioni,
di sontuose descrizioni, di episodi pittoreschi, di scene suggestive. Per la sua
fertile immaginazione, per il gusto della bellezza e per l'atmosfera sognante
che illumina i suoi versi
S. esercitò un fascino profondo su
numerose generazioni di poeti inglesi, fra i quali J. Milton, A. Pope e i
romantici W. Wordsworth, J. Keats, P.B. Shelley (East Smithfield, Londra 1552
circa - Londra 1599).