Città (15.000 ab.) della Grecia, capoluogo del
nomo di Laconia; è situata a 224 m s/m., nel Peloponneso sud-orientale,
sulla destra del fiume Eurota.
• Econ. - Al centro di una regione
agricola (oliveti, vigneti, agrumeti), è il principale centro di
commercio agricolo della zona e sede di industrie della trasformazione
alimentare. La città attuale, ricostruita nel 1834 per volontà del
re di Grecia Ottone, sorge un poco più a Sud del sito antico.
• St. -
Dalle origini al VII sec. a.C.: la tradizione
mitologica ellenica narrava l'episodio del “ritorno degli Eraclidi”,
secondo il quale i discendenti di Eracle tornarono nel Peloponneso e lo
colonizzarono. Già Tucidide, alla fine del V sec. a.C., interpretava
questa notizia come il racconto simbolico dell'invasione dei Dori nella regione,
fatto che, tra il XIII e l'XI sec. a.C., pose fine alla civiltà micenea.
Si trattava, come risulta dai dati archeologici, di una popolazione di stirpe
greca, dotata di una forza militare tale da cacciare gli Achei dalle loro terre:
i Dori occuparono in particolare l'alto bacino dell'Eurota e gli insediamenti
micenei locali. Un precedente sito miceneo sul colle di Terapne divenne, intorno
al X sec. a.C., il primo stanziamento dorico della futura
S.: il centro
fu noto come
Lakedàimon, nome ufficiale della città che ne
nacque e origine del termine
Lakedaimònioi con il quale gli
antichi indicavano i suoi cittadini. Successivamente, tra il IX e l'VIII sec., i
Dori si stanziarono nella piana sottostante; fondarono quattro villaggi
limitrofi (Pitane, Mesoa, Cinosura e Limne) e occuparono, alla fine dell'VIII
sec., la località di Amicle, conquistando gradatamente tutta la valle
dell'Eurota fino al mare. La struttura a insediamenti sparsi (donde il toponimo
Sparté, da
speíro: semino, spargo) determinò
il carattere di “città aperta” che
S. mantenne fino al
III sec. a.C., quando furono edificate per la prima volta mura di difesa. Il
nome
S., infatti, si riferisce non tanto all'una o all'altra delle
borgate che la costituivano, ma alla pianura su cui esse erano dislocate.
L'espansione territoriale spartana non perse slancio fino al VII sec.; una volta
assicuratisi uno sbocco sul mare, infatti, la
polis si volse alla
conquista della Messenia, la regione confinante a Ovest con la Laconia. La prima
guerra messenica (V. MESSENICO) scoppiò
intorno al 770 a.C. (ma secondo alcuni studiosi qualche decennio più
tardi, tra il 743 e il 736): i Messeni furono cacciati dalla fertile piana in
cui abitavano e costretti alla resistenza sul Monte Itome. Parte di loro fu
ridotta a una condizione servile, cui si ribellarono circa un secolo più
tardi, dando origine alla seconda guerra messenica, che durò dal 654 al
628 a.C. In questa occasione i Messeni furono appoggiati da altre città
del Peloponneso, interessate a contrastare la potenza spartana: Argo, Sicione,
Tegea, Pisa e l'Arcadia. Altre popolazioni, però, si schierarono con gli
S., in particolare gli Elei e i Sami; in breve i Messeni furono ridotti a
una estrema resistenza sul Monte Ira e poi sconfitti. Gli Spartani si volsero
allora contro le altre città nemiche, soprattutto quelle degli Arcadi:
Orcomeno e Tegea. La regione meridionale dell'Arcadia, la Sciritide, fu
direttamente incorporata alla Laconia, mentre le città (oltre alle due
succitate, anche Mantinea e altre minori) furono costrette a un'alleanza
militare (
summachía), nocciolo della futura lega peloponnesiaca
(V. PELOPONNESIACO). ║
Ordinamento
sociale e istituzionale: durante l'VIII e il VII sec. a.C.,
S.
non solo realizzò la prima espansione territoriale e militare, ma
delineò anche la propria peculiare organizzazione socio-politica. Alla
fine del VII sec., infatti, la costituzione spartana appariva già
rigidamente delineata e non più passibile di modifiche né di
diritto né di fatto, dal momento che il conservatorismo giuridico e
sociale era esplicito e indicato come un preciso dovere della cittadinanza. La
tradizione attribuiva a Licurgo, figura sulla cui storicità permangono
fortissimi dubbi, la paternità dell'ordinamento di
S. che sarebbe
stato direttamente approvato da Apollo delfico; le leggi spartane risultavano
così ammantate di sacrale irriformabilità. In realtà, il
complesso legislativo fu esito di un lungo processo evolutivo, attestato con
sufficiente certezza nelle sue fasi storiche e con ogni probabilità
dipendente, almeno in parte, da quello dell'antica Creta. Fin dal principio al
vertice della
polis era una diarchia: due famiglie nobiliari (gli Agiadi
e gli Euripontidi) davano di diritto i due re; la successione era ereditaria e
spettava non al primogenito bensì al primo maschio nato dopo l'ascesa al
trono. Gli storici hanno suggerito diverse possibili origini per questo
istituto: esso era forse il risultato dell'antico dualismo di
S., in
origine formata dal borgo miceneo di Terapne e dai nuovi insediamenti di
pianura; o forse l'esito di un compromesso tra una dinastia regnante e una
stirpe nobiliare molto potente; o ancora si tratterebbe della semplificazione di
una magistratura a tre (un re per ciascuna delle tre antiche tribù:
Illei, Dimani e Panfili); infine alcuni ritengono che la diarchia fosse in
origine una magistratura affine a quello che sarebbe stato il consolato romano,
istituita dalla nobiltà come propria espressione in sostituzione del
sovrano unico. Comunque fosse, i due re esercitavano in
S. un potere di
tipo esecutivo, che consisteva principalmente nella facoltà di dichiarare
la guerra, nel comando dell'esercito e nella rappresentanza rituale della
città ai sacrifici pubblici. I due re, tuttavia, compartecipavano alla
gestione del potere legislativo e giuridico esercitato di diritto dalla
gherusía, cioè da un consiglio formato da 30 membri
(compresi i due re) eletti a vita e scelti tra gli aristocratici di
S.
che avessero compiuto i 60 anni. Il numero totale dei
ghérontes (anziani) depone per l'antichità dell'istituto,
che rispecchia certamente l'originaria divisione della popolazione in tre
tribù. Il consiglio deliberava sulle questioni politiche e assolveva
anche compiti giudiziari. Tutti i cittadini (
spartiati) di età
compresa fra i 30 e i 60 anni erano membri di diritto dell'assemblea cittadina
(
apella): essa veniva convocata regolarmente e aveva il potere di
deliberare sulle proposte della
gherusía, approvandole o
respingendole. I membri dell'assemblea, tuttavia, non avevano diritto di parola
e non potevano quindi presentare proprie proposte, ma solo valutare quelle degli
anziani. La materia su cui l'
apella era chiamata a deliberare riguardava
questioni di pace e di guerra, la successione al trono in caso di controversie e
le cariche elettive. Secondo Polibio, in una fase più tarda il voto
dell'
apella divenne da deliberativo solo consultivo, in quanto la
gherusía, quando lo ritenesse opportuno, aveva la facoltà
di non tenere conto dell'indicazione dell'assemblea generale. Oltre ai membri
vitalizi della
gherusía si eleggevano in
S. con durata
annuale cinque
efóroi. Questa magistratura è forse la
più recente e gli stessi antichi ne attribuivano l'istituzione non a
Licurgo ma a un più tardo re Teopompo, vissuto forse nella seconda
metà dell'VIII sec. a.C.; essa è comunque anteriore alla fine del
secolo, dal momento che l'istituto collegiale degli efori si ritrova anche nelle
prime colonie lacedemoni della Magna Grecia (Taranto venne fondata nel 706
a.C.). Il numero cinque, inoltre, sembra collegato a una più recente
ripartizione dei collegi territoriali di nomina, sulla base dei cinque
nomoi (borgate) che diedero vita allo Stato spartano
(V. SOPRA). Il compito degli efori, che
presiedevano l'
apella, era quello di controllare gli atti dei funzionari
statali, compresi i re e gli anziani, affinché non venissero commessi
abusi nei confronti dei cittadini. Alla base di questo ordinamento politico
stava un preciso assetto sociale, che venne forzosamente mantenuto inalterato a
prescindere dal variare delle condizioni politiche e demografiche, conducendo
così la società spartana verso il progressivo inaridimento civile
e il declino militare. Le conquiste territoriali dei primi secoli costituirono
il patrimonio fondiario iniziale di proprietà dello Stato
(
politiké chora: territorio cittadino): esso venne diviso in
uguali appezzamenti di terreno (
kléroi) e ogni spartiate ne
riceveva uno in usufrutto inalienabile ma ereditario. L'essere titolari di un
lotto di terra era infatti la condizione necessaria per ottenere o mantenere il
diritto di cittadinanza: con i proventi della terra, infatti, gli spartiati
pagavano il proprio contributo alla vita pubblica e si mantenevano in armi,
secondo l'ordinamento oplitico. Per conservare integro il territorio cittadino,
i singoli lotti venivano trasmessi senza frazionamenti al primogenito: gli altri
figli maschi, ove ci fossero, dovevano acquistare un appezzamento nei territori
dei perieci (V. OLTRE) oppure decadevano dal
diritto di cittadinanza, diventando
hupoméiones (inferiori); tale
diritto infatti dipendeva non solo dall'essere nati da padre spartiate, ma anche
dall'essere proprietari di un terreno che consentisse il mantenimento degli
obblighi economici verso lo Stato. Dal momento che ai cittadini di Sparta era
vietato l'esercizio del commercio e dell'artigianato e il possesso di monete
d'oro e d'argento, l'unica fonte di reddito consentita era quella agricola. Si
comprende facilmente come l'espansionismo territoriale di
S. fosse in
gran parte esito inevitabile della necessità di conquistare nuove terre
per i figli cadetti delle famiglie cittadine e come, cessate le conquiste, fosse
cominciato un lento ma inarrestabile decremento della classe sociale degli
spartiati e perciò del numero di opliti che la città era in grado
di schierare in battaglia. Le altre classi sociali del territorio direttamente
soggetto a
S., infatti, non godevano della cittadinanza e dunque non
combattevano con gli Spartani, se non in occasioni eccezionali e in numero
limitato, per ragioni di sicurezza. Gli
iloti erano una classe
semiservile, affine ai medioevali servi della gleba, cui spettava il compito di
coltivare i terreni di proprietà degli spartiati, mentre questi si
dedicavano alla preparazione militare prima e alla conduzione delle guerre poi.
Secondo gli storici, gli iloti erano inizialmente i discendenti degli abitanti
predorici del bacino dell'Eurota: al loro rango furono poi via via assimilati
gli abitanti superstiti delle città sottomesse, come accadde ai Messeni.
Privi come gli iloti dei diritti politici ma non di quelli civili erano invece i
perieci, che vivevano in villaggi esterni al territorio strettamente
cittadino, per lo più dislocati lungo la costa, e che potevano esercitare
il commercio e le attività artigianali. Essi godevano di autonomia
amministrativa ma erano soggetti a precisi obblighi contributivi e, talvolta,
militari; inoltre non potevano perseguire una propria politica estera. Sollevati
dalle incombenze strettamente economiche, gli spartiati conducevano una vita
interamente dedicata alle necessità dello Stato: fin da ragazzi venivano
allontanati dalla famiglia per essere educati nelle discipline militari,
organizzati in gruppi di coetanei (
sissizi) guidati da un maestro
responsabile del programma educativo (
agoghé). I ragazzi vivevano
insieme, si allenavano e combattevano insieme e terminavano il proprio
addestramento civile e militare intorno ai 20 anni. La rigida educazione
spartana mirava a sviluppare coraggio e abilità: ci è stata
tramandata la descrizione di alcuni cimenti cui venivano sottoposti gli allievi,
come la
kryptéia, in cui un giovane veniva abbandonato per un
certo numero di giorni in un territorio sconosciuto, perché dimostrasse
di saper sopravvivere in terra nemica. Coerente a questi dati è la
tradizione secondo cui i bambini nati con difetti fisici che li rendevano
inadatti alla guerra non venivano allevati ma esposti sul Monte Taigeto. A 20
anni si era soldati e si viveva negli accampamenti comuni; dai 30 anni i
cittadini, se si era in tempo di pace, potevano sposarsi e vivere in una casa
propria, ma la dimensione comunitaria veniva mantenuta dall'obbligo di prendere
il pasto giornaliero alla mensa militare con il gruppo dei coetanei. Questo
regime di estrema militarizzazione e austerità fu in realtà il
punto terminale dell'evoluzione della società spartana; fino al principio
del VI sec., infatti, l'egualitarismo socioeconomico stabiliva solo una
condizione
minima di ricchezza, che non precludeva possibilità di
accumulo (ad esempio vi era chi riusciva a ereditare più lotti di terra).
La vita culturale fu vivace, come dimostrano le composizioni poetiche di Alcmane
o il prolungato soggiorno a
S. di poeti come Terpandro di Lesbo e
Stesicoro di Imera. Tuttavia, la rigidezza degli istituti sociali condusse alla
tipica austerità della
S. tradizionale, con un costante calo
demografico della popolazione cittadina e una progressiva contrazione dei
consumi interni, di modo che il declino di
S. fu dovuto più alla
sua struttura interna che ad eventi esterni. ║
La lega
peloponnesiaca,
le guerre persiane e l'egemonia spartana nella guerra del
Peloponneso: dopo il VII sec.,
S. abbandonò la politica di
annessioni e di riduzione alla condizione di iloti delle popolazioni vinte.
L'esercito rimase pur sempre il principale strumento della politica estera
spartana, ma esso fu utilizzato in senso egemonico all'interno di un sistema di
alleanze; due furono le cause di questa decisione strategica. Da un lato il
numero dei cittadini spartani di diritto, i soli che potevano essere schierati
in armi, non fu mai molto elevato e non era perciò in grado né di
conquistare né di mantenere in stato di soggezione territori troppo
vasti. Inoltre l'ordinamento civico della
polis non poteva applicarsi a
uno Stato di dimensioni regionali o nazionali, a meno di essere riformato cosa
che gli Spartani non volevano. La soluzione della
summachía o
alleanza militare, aveva il duplice vantaggio di fornire forze militari da poter
impiegare a difesa o promozione degli interessi di
S. e insieme di
conservare la dimensione ottimale e tradizionale della città-stato:
S. infatti era in grado di imporre la sua volontà sulle
città aderenti alla lega con la propria superiorità militare -
senza doverle direttamente conquistare - offrendo volentieri come contropartita
la loro autonomia amministrativa e di politica interna. Durante il VI sec. a.C.
confluirono nella lega peloponnesiaca quasi tutte le città della Grecia
meridionale: gli Elei (che esercitavano la presidenza sul santuario di Olimpia e
sui suoi giochi), le città dell'Argolide (esclusa la sempre nemica Argo),
Fliunte, l'Isola di Egina e la grande città di Corinto, che portò
in dote alla lega una forza navale seconda solo a quella ateniese. Le prime
azioni degli “Spartani e dei loro alleati” attestate dagli storici
antichi sono quelle del 525 a.C. contro il tiranno di Samo Policrate e quella
del 510 a.C. contro i Pisistratidi di Atene, su richiesta degli esuli ateniesi.
Il re promotore di questi interventi, Cleomene, sconfisse anche in modo decisivo
la rivale Argo, sancendo l'egemonia indiscussa di
S. nella regione. Il
delinearsi del pericolo persiano catalizzò questo sistema di alleanze tra
le
poleis greche; anche Atene, all'indomani della rivolta delle
città ioniche contro i Persiani nel 499-495 a.C., vi aderì. In
realtà, il peso della prima guerra persiana ricadde quasi totalmente
sulle spalle della sola Atene (vittoria di Maratona, 490 a.C.): il contingente
spartano di soccorso arrivò infatti quando la battaglia era già
conclusa. La guerra contro Serse, invece, vide la partecipazione delle
poleis greche, sotto il comando spartano, organizzate in un organismo
molto forte. Le battaglie delle Termopili (480 a.C.) e di Platea (479 a.C.),
rispettivamente guidate dagli spartani Leonida e Pausania, confermarono il mito
dell'invincibilità militare di
S. (V.
PERSIANO). Con lo spostamento del teatro delle azioni militari in Asia
Minore e in Tracia, gli Spartani cominciarono un lento disimpegno, essendo
quelle aree troppo lontane dai loro interessi immediati: questo fu un grave
errore, che lasciò spazio al costituirsi della lega delio-attica a
supremazia ateniese e al costituirsi, grazie ad essa, dell'imperialismo
marittimo di Atene (V. ATENE e
DELIO-ATTICA, LEGA). Presto Atene si staccò
dalla lega peloponnesiaca, per organizzare subito, nel 462 a.C., una coalizione
militare con i nemici storici di
S.: gli Argivi e i Tessali (si
sviluppò in questa occasione il mito dell'autoctonia continentale che
contrapponeva i popoli pelasgici da sempre abitatori dell'Attica e della Grecia
continentale alle stirpi doriche del Peloponneso). Seguirono anni di scontri per
il controllo della Grecia continentale, nel corso dei quali, tra alterne
vicende, prima
S. si vide rinchiusa nel solo Peloponneso, poi l'Attica fu
invasa dagli Spartani, fino a che si giunse nel 446 a.C. alla conclusione di una
tregua trentennale tra le due città e al reciproco riconoscimento, tra le
due leghe delio-attica e peloponnesiaca, delle rispettive zone di influenza
(terrestre quella di
S., sul Peloponneso e sulla Grecia centrale; navale
quella di Atene, sulle Isole di Eubea e di Egina e sullo Ionio). Questa pace fu
tuttavia di natura transitoria, dal momento che troppe erano le occasioni in cui
l'una
polis poteva entrare in competizione nella zona di influenza
dell'altra. Nel 431 a.C., dunque, ebbe inizio la guerra del Peloponneso
(V. PELOPONNESO) che terminò nel 404 a.C.
con la vittoria spartana e l'estensione della sua egemonia in Grecia.
Protagonisti del successo militare di
S. furono soprattutto Brasida e
Lisandro, che riuscirono a superare la tradizionale diffidenza spartana a
portare i propri soldati fuori dal Peloponneso. La svolta decisiva che
determinò la conclusione della guerra, tuttavia, fu l'alleanza strategica
ed economica di
S. con la Persia di Ciro. Alle città sconfitte
furono imposti Governi oligarchici (come quello dei trenta tiranni ad Atene) e
l'adesione alla lega peloponnesiaca. ║
La decadenza di S.:
nonostante avesse raggiunto una posizione egemone addirittura superiore a quella
conseguita con le guerre persiane, anche perché rimasta senza rivali,
S. si avviò a un graduale declino, reso inevitabile sia da fattori
interni sia da cause esterne. Il predominio spartano, infatti, assunse un
carattere pesantemente impositivo e militare, molto più lesivo delle
autonomie cittadine di quanto fosse stato in precedenza quello ateniese, senza
per altro compensare questa sudditanza politica con significativi rapporti di
tipo commerciale ed economico che portassero benefici e potessero saldare i
rapporti tra
polis egemone e centri sottomessi. Inoltre, il fatto che la
flotta spartana fosse mantenuta con denaro offerto dalla Persia, sempre
interessata a dominare le città greche d'Asia Minore e a stabilire una
sua influenza su quelle continentali, dava all'egemonia spartana una natura
anti-nazionale mal tollerabile. Per questa ragione gli scontri tra il re
spartano Agesilao e il persiano Artaserse finirono per rimettere in moto la
situazione anche in Grecia, dando fra l'altro ad Atene la possibilità di
affrancarsi dalla soggezione a
S. e di ricostituire una sua forza
navale. La Pace di Antalcida nel 386 a.C. giovò agli interessi persiani
più che a quelli di altri e rappresentò il punto di svolta verso
la decadenza spartana.
S. infatti, indebolita dallo sforzo militare e
privata della flotta distrutta dall'ateniese Conone, vide crescere al suo
interno una crisi economica e demografica: il gruppo degli spartiati era ormai
ridotto a meno di 1.000 individui, mentre cresceva il numero di coloro che non
riuscivano più a mantenere i requisiti minimi di cittadinanza. Inoltre,
perieci e iloti premevano per affrancarsi dalla loro posizione subordinata e
servile. Anche per questa debolezza
S. non riuscì a impedire il
sorgere della potenza di Tebe (V.), inizialmente
appoggiata ma poi osteggiata da Atene: fu proprio Tebe a infliggere a
S.
la prima sconfitta in campo aperto della sua storia, a Leuttra nel 371 a.C. La
guerra entrò nel Peloponneso, con il saccheggio della Laconia, la rivolta
della Messenia e la battaglia di Mantinea (362 a.C.), che sancì la fine
dell'egemonia spartana. Nessuna città poté però subentrare
nel suo ruolo guida: Tebe non era sufficientemente potente, Atene era
militarmente ed economicamente prostrata. Ciò lasciò spazio alla
progressiva intromissione della Monarchia macedone. Dopo la battaglia di
Cheronea (338 a.C.) in cui Filippo il Macedone sconfisse Atene e Tebe, anche
S. fu costretta ad aderire alla lega panellenica. Nel 331 a.C., mentre
Alessandro Magno (succeduto al padre) si trovava in Asia,
S. tentò
una rivolta, subito soffocata. Da allora le vicende spartane coincisero con
quelle della Grecia, fatti salvi due tentativi di restaurare l'ordinamento di
Licurgo da parte di due re (Agide IV e Cleomene III) nella seconda metà
del III sec. a.C., che ebbero come unico esito l'occupazione di
S. da
parte del re macedone Antigono Dosone (222 a.C.). Un ultimo tentativo di
riacquistare a
S. l'indipendenza fu operato dal re Nabide intorno al 192
a.C. e fu stroncato dai Romani. Assimilata da questi ultimi alla lega achea
(V. ACHEA, LEGA),
S. ne condivise la sorte
sotto la loro dominazione. Nel 395 d.C.
S. fu saccheggiata dal generale
vandalo Alarico e nei secc. VII e VIII dovette essere più volte
ricostruita dopo le invasioni dei popoli slavi. Nel X sec. la zona fu
evangelizzata e, successivamente, diventò avamposto franco e quindi, dal
1260 circa, capitale del despotato di Morea, che dipendeva da Bisanzio. La
regione, e con essa
S., passò all'Impero ottomano nel 1460.
• Archeol. - I resti della città sono venuti alla luce solo
dal 1906, anno in cui la Scuola archeologica britannica di Atene cominciò
gli scavi nel sito dell'antica
S. Tra i reperti individuati è il
tracciato delle mura, lunghe circa 9 km: la cinta muraria sorse molto tardi,
forse solo dopo l'attacco alla città perpetrato da Demetrio Poliorcete
nel III sec. a.C. Essa era costituita da mattoni cotti al sole e disposti lungo
uno zoccolo di pietra. A Sud-Est della città sorgeva il santuario di
Artemide Orthia, il principale monumento della città, dal quale si
è tratto il maggior numero di informazioni anche grazie ai numerosi
rifacimenti cui fu soggetto in età antica. In una prima fase il culto si
svolgeva all'aperto (secc. IX-VIII a.C.), in un'area di circa 1.500 mq cinta da
un peribolo e pavimentata con ciottoli di fiume; di questa fase si sono
conservati i resti di due altari. Intorno all'800 a.C. furono realizzate delle
fondamenta in pietra e un alzato in fango seccato e legno; questo edificio venne
poi consolidato e ampliato, diviso in due navate da una fila di colonne lignee,
tra cui anche il pilastro di Artemide, raffigurante la dea in peplo coronata di
foglie (l'iconografia è desunta da quella di numerose statuette votive
ritrovate in loco). Dopo il 600 a.C. il tempio fu abbattuto per far posto a una
costruzione più grande, forse
in antis, in stile dorico, con
frontone decorato da due leoni araldici (il suo aspetto esteriore ci è
noto attraverso una stele del II sec. a.C. che ritraeva il tempio dopo l'ultimo
restauro). In età romana davanti al santuario fu costruita una cavea
circolare a gradini per lo svolgimento delle cerimonie. Di particolare interesse
il materiale votivo rinvenuto, che riguarda per lo più il periodo
compreso tra il IX e il IV sec. a.C.: statuine della dea (in argilla, bronzo,
piombo, avorio intagliato, ecc.), ex voto, maschere. Sul colle Paleocastro
sorgeva l'acropoli (cinta da mura di età romana e bizantina): di
particolare interesse il santuario di Athena Chalkioikos (Atena dalla casa di
bronzo). Di esso restano poche rovine, ma sappiamo che la statua di culto e il
rivestimento delle pareti dell'edificio con decorazioni in bronzo (donde il nome
del santuario stesso) erano opera dell'artista spartano Gitiada (VI sec. a.C.);
la loro descrizione, come quella di un gran numero di monumenti di
S. di
cui oggi non abbiamo traccia ci è stata tramandata dal periegeta
Pausania. Presso l'acropoli sono i resti dell'abitato di età romana, di
cui restano un portico, le terme e case, alcune delle quali hanno restituito
magnifici mosaici. Infine su un colle presso il fiume Eurota sorgeva la tomba di
Menelao ed Elena, con numerosi ex voto. Tutto il materiale recuperato attraverso
gli scavi è oggi custodito nel Museo archeologico presso
l'
agorà.
Rappresentazione grafica della costituzione di Sparta