(dal latino
subiectus, der. di
subicěre: assoggettare). Argomento, tema. ║ La persona o la
cosa che viene presa in considerazione per motivi particolari:
il s.
sottoposto ad analisi non ha presentato anomalie. ║ Persona o tipo,
con particolare riferimento alle sue qualità morali:
quel tuo amico
è proprio un bel s.! • Filos. - Per i filosofi greci il termine
s. corrispondeva a
sostanza,
sostrato delle qualità;
s. era perciò l'
essere o l'
essenza. Tale significato
caratterizzò il pensiero classico e anche quello medioevale, l'uno e
l'altro ugualmente influenzati dalla definizione di Aristotele secondo cui
è dal
s. che deve iniziare la trattazione, essendo la sostanza
“il
s. di ogni cosa”. Posizioni eterodosse rispetto a quella
platonico-aristotelica presentarono i filosofi cinici ed eleati. I primi, con
Antistene, identificarono il
s. con l'elemento singolo, individuale e
immediato, negando in tal modo il rapporto tra
s. e predicato e operando
una svalutazione dell'astratto a favore di una rivalutazione della
praxis
umana. Quanto ai megarici, il loro sforzo era principalmente inteso a provare
l'assurdità del molteplice: secondo Stilpone, infatti, se l'Uno esiste,
è impossibile unire il predicato al
s., poiché sono
due, ed è del pari impossibile formulare un giudizio; la
conclusione etica che ne deriva è la solitudine del saggio, che rimane
imperturbabile nella sua unità, relegando nella sfera del non essere
tutto ciò che è al di fuori di lui. La concezione aristotelica,
secondo cui nella proposizione la sostanza è sempre il
s., non
subì modifiche di rilievo durante il periodo della Scolastica medioevale.
Successivamente, il
s. venne identificato con l'elemento attivo di una
proposizione, in particolare con il termine che nella proposizione compie
l'azione. Da questo significato derivarono quello di
s. gnoseologico,
ossia di principio attivo della coscienza, e quello di
s. metafisico,
ossia di essere che, agendo, sottomette le forze esterne. All'identificazione
fra i due termini si arrivò a cominciare da Cartesio, che indicò
come
s. l'essere in sé, indipendentemente da ogni relazione e
affermò l'evidenza intrinseca del
s. a se stesso: solo il
s., come pura coscienza, è originaria evidenza; essere e pensiero
s'identificano, così, nell'Io autocosciente (
Cogito ergo sum) e
l'atto del dubbio è sempre un atto di autocoscienza. La filosofia
postcartesiana partì dall'essenziale presupposto che la sola
verità umanamente raggiungibile è la coscienza che il
s. ha
di sé. Ne derivò il problema del perché il
s. trovi
in se stesso l'oggetto, ossia un contenuto passivo o estraneo. Il
s.,
tuttavia, si presentava ancora condizionato da un residuo ontologico e veniva
concepito, come nell'antichità, come sostanza; il dualismo tra
s.
e oggetto, dunque, si poneva come dualismo tra sostanza pensante e sostanza
estesa. Una più netta identificazione dell'Io con il
s. della
conoscenza venne attuata da I. Kant che, per primo, parlò di un
s.
valido universalmente, identico per tutti gli esseri razionali. Con tale
concezione Kant superò, oltre al dualismo cartesiano, anche lo
Psicologismo empiristico di G. Berkeley, che aveva ridotto tutte le
qualità a idee esistenti nella coscienza. Secondo Berkeley, infatti, il
fenomeno primo della conoscenza è la percezione, quale relazione
originaria tra
s. e oggetto, quest'ultimo inteso come idea che non
può sussistere se non in una mente o in un
s. percepiente. Secondo
la concezione kantiana, invece, il prodotto del pensiero, organizzato dal
s. universale può avere un valore indipendente dalle condizioni
particolari delle singole conoscenze individuali, ossia un valore oggettivo.
L'oggettività della conoscenza, dunque, viene garantita dall'aver posto
l'oggetto come opera di un
s. universale. Anche Kant, tuttavia,
concepì il
s. individuale come forma che organizza un materiale
fenomenico ad esso estraneo, approdando in tal modo a un soggettivismo parziale
che ripropose, benché in termini diversi, il dualismo cartesiano tra
s. e oggetto. Per risolvere questo dualismo, la filosofia postkantiana,
da J.G. Fichte a F.W.J. Schelling a J.W.F. Hegel, presentò il
s.
non più come gnoseologico, ossia come atto conoscitivo, ma come principio
metafisico assoluto e fondamento della realtà in se stessa. Fichte,
riallacciandosi a Kant e cercando di individuare la realtà dell'oggetto,
concepì al di là del
s. individuale (o
io empirico)
il
s. come attività pura, l'“Io puro” incondizionato,
infinito, sempre identico a se stesso. Tema fondamentale del pensiero di
Schelling fu quello dell'identità di
s. e oggetto nell'Assoluto.
Per superare il soggettivismo, infatti, Schelling pensò alla
realtà come al punto di incontro e di fusione tra natura e spirito,
soggettivo e oggettivo e individuò nell'arte l'organo d'eccezione in
grado di cogliere siffatta realtà, assimilando così l'atto della
creazione artistica con l'atto di grazia. Valutando criticamente sia la
posizione di Fichte sia quella di Schelling, Hegel rifiutò ogni statico
principio di identità che tenda a cancellare la contraddizione ed
evidenziò, anzi, la funzione positiva della contraddizione nel costante
superamento di se stessa. Ispirandosi liberamente alla concezione kantiana, A.
Schopenhauer concepì il fenomeno (ossia l'oggetto, il mondo) come
apparenza, non essendo altro per noi che una serie di rappresentazioni;
viceversa, il
s. in quanto tale non può mai diventare oggetto e
rientrare, quindi, nell'ambito del fenomeno. L'uomo, pertanto, se come
s.
si pone fuori dal mondo della rappresentazione, come corpo ne fa parte ed
è sottoposto alla legge della causalità. Le correnti
neocriticiste, pur rimanendo fedeli alla posizione kantiana di un
s.
inteso come principio gnoseologico, si trovarono a dover affrontare il problema
del rapporto fra
s. e oggetto. Filosofi neokantiani, come W. Wundt, A.
Riehl, W. Windelband e P. Martinetti, giunsero così ad ammettere una
realtà extrasoggettiva come causa del contenuto
a posteriori della
coscienza individuale. In particolare, Wundt trovò una soluzione al
dualismo di
s. e oggetto in sede puramente teoretica, individuando nel
s. e nell'oggetto la differenziazione, ad opera del pensiero, di un dato
originario, anch'esso psichico, che li contiene entrambi. Nell'ambito del
Neocriticismo e del Neoidealismo italiano rientrò la concezione di B.
Varisco, fondata non più sul rapporto
s.-oggetto, ma su quello
s.-s., implicante la pluralità dei
s. che compongono
l'unità dell'universo. Va detto che anche Martinetti concepì la
realtà come insieme di
s. tendenti all'unificazione di un
s. assoluto; quest'ultimo, tuttavia, così come non si esaurisce
nella fenomenicità dei singoli
s., rimane anche al di là
dello stesso processo di unificazione compiuto da essi. Tale trascendenza, del
resto, non sminuisce il valore degli sforzi individuali per avvicinarsi al
s. assoluto e tali sforzi costituiscono, anzi, le attività umane:
coscienza, arte, moralità, religione. Riprendendo il motivo di una
dialettica in grado di superare l'antitesi
s.-oggetto, G. Gentile pose
tale dialettica all'interno del
s. (dialettica interiore) che
continuamente pone l'oggetto e lo supera. L'Idealismo si trasformò in tal
modo in Attualismo: il
s. non può vivere concretamente senza
oggettivarsi, senza cioè trasformarsi da pensante in pensato, da atto in
fatto. Svolgendosi secondo la logica hegeliana dell'opposizione, la dialettica
dello spirito di Gentile culmina nelle tre forme assolute dell'arte, della
religione e della filosofia: l'arte è il momento
dell'individualità immediata dello spirito (soggettività); la
religione è il momento dell'oggettività, della negazione del
s. nell'oggetto (o, meglio, in un oggetto assoluto, ossia in Dio); la
filosofia, infine, è la sintesi concreta in cui i due momenti della
dialettica, tesi e antitesi, soggettività e oggettività,
acquistano verità e concretezza nell'immanenza dell'Atto. In opposizione
all'Idealismo, l'indirizzo filosofico che va sotto il nome di Neorealismo
negò la creazione del contenuto della coscienza e dell'esperienza da
parte del
s. e concepì il conoscere come accettazione di elementi
indipendenti dal
s. Così W. Schuppe affermò che il mondo
delle cose percepibili ha una realtà indipendente dal pensiero e che il
s. può riconoscersi come tale solo ponendosi in rapporto con un
oggetto. Secondo la concezione empiriocriticista, rappresentata da R. Avenarius
ed E. Mach, non vi è alcuna distinzione tra
s. e oggetto,
poiché entrambi si identificano in un'unica realtà psicofisica.
Nell'ambito del pensiero contemporaneo appaiono inaccettabili le interpretazioni
psicologiche dell'Empirismo tradizionale, che conservarono la distinzione di
s. e oggetto senza peraltro riuscire a giustificarla. Poiché il
problema del soggettivismo apparve insolubile da un punto di vista puramente
gnoseologico, si tentò di superarlo considerando il
s. in termini
di valori morali. In particolare, le correnti personalistiche ed
esistenzialistiche posero al centro della ricerca la condizione umana,
richiamandosi in ciò a S. Kierkegaard: infatti, in opposizione ai sistemi
idealisti e storico-immanentisti, basati su astrazioni quali Idea, Spirito,
Ragione, concepite come potenze assolute ed estranee a una concezione della
soggettività come interiorità dell'uomo reale, Kierkegaard pose
nuovamente al centro la personalità dell'uomo esistente, la
soggettività concreta dell'individuo che pensa, vive e soffre. •
Dir. -
S. di diritto: possibile titolare di diritti e doveri; può
essere rappresentato da una persona singola, come pure da organismi unitari
costituiti da più individui o da un complesso di beni. • Dir.
internaz. - Il destinatario delle norme di diritto internazionale, cui vengono
attribuiti diritti e riconosciuti obblighi. I principali
s. di diritto
internazionale sono gli Stati; ciò per il solo fatto di esistere e di
governare su una comunità stanziata su un territorio. La
soggettività internazionale è parimenti riconosciuta alle
organizzazioni internazionali, dotate di propri organi e funzioni, nonché
della capacità di divenire titolari di situazioni giuridiche
internazionali (tali sono, ad esempio, le Nazioni Unite e la Comunità
Europea). Infine, rientrano nella categoria di
s. internazionali gli
insorti contro il Governo di un determinato Paese, qualora siano riusciti a
conquistare il potere su tutto il territorio o su una sua parte, oltre alla
Santa Sede e al Sovrano militare ordine di Malta. Nel caso degli Stati, il
riconoscimento della soggettività internazionale decade al decadere delle
condizioni che ne hanno consentito l'attribuzione (ad esempio, con la
debellatio, ossia l'incorporazione dello Stato nel territorio di un altro
Stato). Analogamente, per le organizzazioni internazionali tale
soggettività viene meno in seguito allo scioglimento dell'organizzazione
stessa o, prima ancora, per l'impossibilità da parte dell'organizzazione
di adempiere alle funzioni istituzionali che le competono. • Dir. process.
civ. - Termine con cui si indicano tutte le persone, diverse dal giudice, che
sono coinvolte in un processo. • Dir. process. pen. - Si distingue un
s. attivo, ossia colui che compie o contribuisce a compiere azioni
criminose, e un
s. passivo, ossia colui che viene leso da tali azioni.
• Dir. amm. - Si identifica il
s. attivo con qualunque ente
pubblico che eserciti l'attività amministrativa e il
s. passivo
con i privati sottoposti all'attività di un ente pubblico; può
accadere che i medesimi enti pubblici debbano sottostare a un altro ente
pubblico attivo prevalente. • Teat. - Termine con cui si denominano quelle
frasi, non previste dal copione, che consentono all'attore che abbia dimenticato
una battuta di guadagnare tempo. ║
Commedia a s.: commedia
dell'arte in cui era scritta soltanto la trama essenziale, essendo affidato alla
capacità di improvvisazione degli attori lo sviluppo dell'azione e del
dialogo. ║
Recitare a s.: improvvisare. • Mus. - Tema, per lo
più svolto in composizioni contrappuntistiche, che si identifica ad
esempio con il
ricercare o la
fuga. Può essere suddiviso in
capo (o
testa),
corpo e
coda, corrispondenti
rispettivamente ai motivi di inizio, di centro e di conclusione. Si dice
reale se termina con un tono differente da quello iniziale,
tonale
se il tono iniziale e finale sono i medesimi. • Cin. - Il progetto di un
film; può essere originale o ispirarsi a un'opera letteraria, teatrale e
anche a un fatto di cronaca. • Gramm. - La persona o la cosa che fa o
subisce l'azione espressa dal verbo o si trova nella condizione indicata dal
verbo. Il
s. grammaticale va distinto dal
s. logico, ossia da
quello che indica la persona che compie o subisce l'azione pur non essendo il
s. sintattico della proposizione:
il gatto fu rincorso dal cane
(dove
il gatto è
s. grammaticale ma
il cane è
s. logico). • Med. - Individuo, persona, in relazione a determinati
caratteri clinici:
il mio paziente è un chiaro s. isterico.
• Bot. - Pianta o parte di pianta che riceve l'innesto. • Sport -
Nell'ippica e nelle corse dei cani, l'animale che prende parte alle gare:
non
ho ancora deciso su quale s. scommettere.