Imperatore. Fu re di Ungheria (dal
1387), re di Germania e dei Romani (dal 1410), re di Boemia (dal 1419) e
imperatore del Sacro Romano Impero (dal 1433). Figlio dell'imperatore Carlo IV e
di Elisabetta di Pomerania, nel 1378 ereditò il Brandeburgo, mentre il
fidanzamento con Maria, figlia ed erede di Luigi il Grande, gli assicurò
i diritti alla successione nel Regno di Ungheria. Nel 1387, infatti, cinse la
Corona ungherese: per difenderne i territori fu presto impegnato nelle lotte
contro i Turchi. Non mancò tuttavia di intervenire nelle vicende interne
del Regno di Boemia, di cui era sovrano il fratello Venceslao, da cui ottenne in
cambio del suo appoggio contro l'aristocrazia di essere designato alla
successione. Dopo anni di difficoltà - nel 1396 fu sconfitto a Nicopoli
dai Turchi e nel 1401 fu costretto a fare concessioni rilevanti al ceto
nobiliare ungherese -
S. si impegnò in una serrata politica
mirante al titolo imperiale. Nel 1410, i sette principi elettori si radunarono
per nominare un successore a Venceslao, deposto per indegnità, al trono
di Germania; la scelta cadde su Jobst di Moravia che, tuttavia, morì di
lì a poco, lasciando
S. come unico candidato. Questi si
impegnò subito in azioni diplomatiche che, acquistandogli riconoscimenti
in Italia, aprissero la via per l'incoronazione imperiale, tradizionalmente
legata alle Corone di Germania e Italia. Nel 1414, ormai forte di un certo
prestigio, si interessò attivamente al problema dello scisma d'Occidente
(V. SCISMA), le cui conseguenze avevano prodotto
gravi disordini non solo in seno alla Chiesa, ma anche all'interno degli Stati
europei, divisi tra le diverse obbedienze. Sollecitò l'antipapa Giovanni
XXIII a convocare il Concilio di Costanza (1414) che, con l'elezione di Martino
V, pose fine allo scisma. Nella medesima occasione, tuttavia, permise al
concilio di giustiziare l'eretico Giovanni Hus, che egli stesso aveva dotato di
un salvacondotto. I ribelli hussiti, particolarmente numerosi in Boemia,
fomentarono una forte opposizione a
S. in patria, tanto che, alla morte
di Venceslao,
S. non poté prendere reale possesso del Regno che
aveva ereditato: vi riuscì solo dopo molte guerre, nel 1436, con ampie
concessioni sia in campo religioso sia politico-amministrativo. In quegli stessi
anni, tuttavia,
S. era stato incoronato a Milano re d'Italia (1431) e a
Roma imperatore (1433) per mano di papa Eugenio IV. Mentre la sua volontà
di innovare le modalità per l'elezione imperiale incontrò la ferma
opposizione dei grandi elettori palatini, miglior fortuna ebbe il suo programma
di riforma della Chiesa: la convocazione nel 1431 del Concilio di Basilea, per
cui si era impegnato, esercitò effetti per lui positivi in riferimento
sia alla situazione boema (il compromesso tra Chiesa cattolica e hussiti gli
consentì di prendere possesso di un Paese meno rivoltoso) sia alle sue
mire imperiali (schieratosi a favore dell'autorità papale contro le tesi
conciliariste dei cardinali guadagnò la fiducia di Eugenio IV che lo
ricompensò con l'investitura imperiale). Con la morte di
S., si
estinse la linea principale della casa di Lussemburgo: il genero di
S.,
Alberto V d'Asburgo duca d'Austria, ricevette dalla moglie i diritti ereditari
su Boemia, Ungheria e sul titolo imperiale (Norimberga 1368 - Znojmo, Moravia
1437).