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Selinunte.

Antica città greca, sulla costa sud-occidentale della Sicilia (non lontano dall'odierna Castelvetrano). Fu fondata da coloni provenienti da Megara Iblea, un'altra città greca di Sicilia il cui territorio, incuneato tra quelli di Leontini e Siracusa, non sopperiva più alle necessità degli abitanti. Secondo la tradizione storica seguita da Diodoro (e oggi accolta dalla maggior parte degli studiosi), S. sarebbe stata dedotta nel 650 a.C.; secondo quanto tramandato da Tucidide, invece, nel 627 a.C. Il luogo fu scelto nei pressi della punta occidentale dell'isola, in parte già occupata da insediamenti della popolazione locale degli Elimi o dei Fenici, direttamente sostenuti da Cartagine: S. nacque perciò con funzione di caposaldo e di cerniera tra la civiltà greca, quella indigena e quella punica in Sicilia. Divenne in breve una delle più prospere colonie siceliote e fondò a sua volta la colonia di Eraclea Minoa; tuttavia non poté sottrarsi alla costante pressione di Cartagine che esercitò su di essa la sua influenza sostenendo in S. il potere di tiranni che perseguivano in cambio una politica filofenicia. Non mancarono nel corso del VI sec. a.C. scontri civili interni alla città, quando il popolo contendeva alla potente aristocrazia locale il governo cittadino: ad esempio, nel 510 a.C., il tiranno Pitagora fu rovesciato, benché l'autonomia da Cartagine durasse poi solo per breve tempo. Una vera cesura nella politica di alleanze selinuntine si verificò solo all'indomani della battaglia di Imera (480 a.C.), quando Gelone tiranno di Siracusa, accorso in aiuto di Terone di Imera, sconfisse i Cartaginesi: la sconfitta dell'esercito punico, di cui i signori di S. erano stati alleati, comportò il crollo del regime aristocratico selinuntino e un radicale cambiamento nell'indirizzo politico della città, da allora sempre schierata con Siracusa. Sostenne Siracusa lealmente durante la grande spedizione ateniese in Sicilia del 416-415 a.C. e fu per questo attaccata e assediata. La vittoria di Siracusa in quell'occasione non giovò a lungo a S. che venne aggredita, saccheggiata e distrutta da Cartagine nel 409 a.C. La popolazione superstite poté rientrare in città alcuni anni più tardi, ma solo in quanto tributaria di Cartagine; i Selinuntini avevano inoltre il divieto di armarsi e di costruire mura difensive. Tali divieti furono più tardi disattesi - S., con l'appoggio di Siracusa, combatté ancora contro Cartagine nel 397 a.C. e nel 307 a.C. -, tuttavia la sua egemonia sul settore occidentale dell'isola era ormai finita: il IV sec. a.C. segnò il declino definitivo di S. La città fu nuovamente distrutta dai Cartaginesi nel 250 a.C., durante la prima guerra punica, e la popolazione deportata a capo Lilibeo. Durante i secoli della dominazione romana e poi bizantina, il sito di S. rimase occupato solo da un piccolo borgo e poi abbandonato. • Archeol. - Le rovine di S., individuate in parte già nel XVI sec., sono state oggetto di scavi solo a partire dall'Ottocento, rivelando un sito archeologico assai ricco. L'antica S. era compresa entro i corsi dei fiumi Gorgo di Cottone, a Est, e Modione (antico Selino), a Ovest; nei pressi delle loro foci sorgevano due porti, oggi completamente insabbiati. Resti dei magazzini, delle banchine di attracco e del piccolo quartiere portuale sono stati individuati sul lato orientale. Oltre al porto, il sito si compone di diversi nuclei: i quartieri più lontani dal mare, l'acropoli che si elevava sulla costa e altri due centri sacri (uno su un colle a Est della città e un secondo a Ovest, al di là del corso del Selino). I quartieri residenziali erano protetti da un sistema di torri e da una cinta muraria, di cui restano alcuni tratti, che si apriva in tre porte principali: le mura furono distrutte nel 409 a.C. e ricostruite nel IV sec. a.C. Le attività di scavo si sono però concentrate sull'acropoli, chiusa da successive cerchie di bastioni dei secc. VI-V a.C. La topografia è di tipo ippodamico, cioè segnata da due strade principali tra loro perpendicolari, che dividevano la spianata in quattro settori a uso residenziale, a loro volta percorsi da vie secondarie ortogonali. La maggior parte dello spazio era però destinata a uso sacro e occupata da are, edicole e da sei templi principali: il più antico (VII sec. a.C.) è detto tempio delle piccole metope, gli altri, poiché non si conoscono le divinità cui erano dedicati, sono indicati mediante le lettere A, B, C, D, O. Questi - unitamente agli edifici E, F, G posti sull'altura a Nord-Est dell'acropoli, e ai santuari in località Gaggera (tempio di Demetra Malophoros e tempio M) a Ovest dell'acropoli - offrono dati di inestimabile valore sull'evoluzione dello stile dorico tra i secc. VI e V a.C., oltre che reperti scultorei. Partendo dal tipo più antico (secc. VII-VI a.C.) del megaron privo di colonne, attraverso una fase intermedia rappresentata dal tempio M e dal tempio delle metope, l'architettura dorica elaborò i primi peripteri, la cui cella era circondata da un portico a colonne: ne è un esempio il tempio C (VI sec. a.C.), periptero esastilo, con 17 colonne sul lato lungo, tozze, poco rastremate e monolitiche. La fronte del tempio era invece arricchita, oltre che da metope (piccole formelle quadrangolari) scolpite in stile arcaico, anche da terrecotte policrome, come il celebre gorgóneion (il volto di una Gorgone), posto al centro del frontone con funzione apotropaica. Il tempio D è di poco più recente (fine VI sec. a.C.), esastilo e forse ricostruito sulla base di un edificio più antico; suo coevo è il tempio F, che si distingue per l'esistenza di un muretto a chiusura degli intercolumni. Una forte evoluzione stilistica si evidenzia nel tempio G, forse dedicato ad Apollo, nel sito sacro orientale: periptero ottastilo, con 17 colonne sul lato lungo, assume proporzioni colossali (113 m in lunghezza e 54 m in larghezza, con colonne alte 16 m): costruito tra il 540 a.C. e il 480 a.C., proponeva per ciò caratteri più arcaici (cella ipetrale, cioè scoperta) insieme ad altri più classici (triplo ordine di colonne nella cella). Con i templi A, O dell'acropoli ed E del sito orientale si affermano le forme canoniche di epoca classica (V sec. a.C.; più tardo il tempio O): si tratta di peripteri esastili, con 15 colonne sul lato lungo, completi di pronao e opistodomo (vestiboli anteriore e posteriore tra il colonnato e le mura della cella). Il tempio B (IV sec. a.C.), infine, è un'edicola prostila (cioè con colonne solo sulla fronte), notevole per la ricca policromia. Il complesso dei santuari della Gaggera, a Ovest del Modione, sembra il più antico, come dimostrano le evidenze architettoniche (megaron, altari e recinti sacri) e la destinazione a divinità ctonie (Demetra, Ecate). Alla ricca presenza di edifici sacri si devono anche preziose testimonianze dell'arte scultorea selinuntina, documentata in particolare dalle serie di metope. La statuaria è rappresentata da elementi in bronzo o in terracotta, tra cui l'opera più famosa è l'Efebo bronzeo, detto appunto di S. La serie di terrecotte figurate è ingentissima: 12.000 sono state tratte dal solo sito della Gaggera. Molto interessanti sono anche le necropoli, anche se meno studiate. Ne sono state individuate tre: due a Nord, con sepolture a inumazione, hanno fornito materiale ceramico di importazione protocorinzio e corinzio; un'altra, la più nota, in contrada Manicalunga e connessa ai santuari della Gaggera, con sepolture a incinerazione, è invece ricca di ceramiche attiche del V sec. a.C.