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(dal greco scholé: il tempo libero da impegni di lavoro; più precisamente il tempo dedicato a piacevoli occupazioni intellettuali, quali la conversazione o lo studio, indipendentemente da ogni bisogno pratico. Passato al latino classico, il sostantivo schola fu impiegato per definire la trattazione dotta di un argomento, quindi le lezioni e più tardi lo stesso luogo nel quale si attende allo studio in relazione a un'attività di insegnamento svolta da docenti. Nel latino medioevale, a questi usi del termine si aggiunse quello di designare l'insieme dei discepoli di un maestro. Durante l'età carolingia il sostantivo schola assunse forma definitiva, conservando il complesso dei significati precedenti, ma caratterizzandosi soprattutto come ambiente specializzato per l'insegnamento, distinto - se non proprio separato - dal contesto economico-produttivo). Istituzione di carattere sociale organizzata sistematicamente, che, attraverso un'attività didattica strutturata, ha il compito di trasmettere alle giovani generazioni gli elementi fondamentali di una civiltà, di una cultura o di avviare al possesso di una data disciplina o alla pratica di una determinata professione. In quest'accezione (la più comune) s. è in genere accompagnata da specificazioni che ne chiariscono l'esatto valore: s. pubblica; s. elementare. ║ Per estens. - Corso di istruzione relativo a un ambito specifico; insegnamento metodico di una disciplina, di un mestiere o di un'arte: s. di sci. ║ L'insieme degli individui (insegnanti, studenti, personale non docente) che fanno parte di un determinato istituto scolastico: sono andato in gita con la s. ║ L'edificio in cui si svolgono le lezioni e dove è impartito l'insegnamento, vale a dire l'edificio o il complesso di edifici sede di un istituto scolastico: la s. ha sede in un palazzo moderno. ║ Per estens. - L'insieme di pensatori, letterati, scienziati e artisti, uniti dai medesimi principi ideologici o metodologici, che sviluppano un comune indirizzo e la cui produzione appare pertanto omogenea: la s. impressionista. ║ L'insieme di allievi e seguaci di un grande maestro: la s. di Raffaello; in ambito artistico, il concetto di s. può risultare talora riduttivo, se applicato alle opere, eseguite dagli allievi di un maestro, prive di originalità. ║ Nel linguaggio degli Ebrei italiani, sinagoga. ║ Ant. - Nome dato, a Venezia, ad alcune confraternite a carattere sociale e religioso e alle loro sedi, spesso impreziosite da dipinti di grandi artisti. ║ Nave s.: unità navale adibita all'addestramento pratico di ufficiali ed equipaggi. ║ S. attiva: denominazione data alla corrente di rinnovamento dei metodi d'insegnamento e dell'organizzazione scolastica sviluppatasi nel mondo occidentale a partire dalla fine del XIX sec. per iniziative sia pubbliche, sia private. Tale movimento, pur con metodologie differenti, tende a promuovere nella pratica educativa, attraverso l'importanza conferita al gioco e al lavoro, la libertà e la spontaneità del singolo alunno favorendone la partecipazione e la creatività. ║ S. europea: fondata nel 1953 nel Principato del Lussemburgo, fu creata dalla CECA per dar modo ai figli dei dipendenti, provenienti da diversi Paesi europei, di continuare gli studi senza allontanarsi dalla famiglia. In pochi anni la s. europea acquisì un grande numero di iscritti, non più solo figli di dipendenti delle istituzioni comunitarie, poiché il diploma di tale s. consente di accedere alle università di diversi Paesi europei. Le s. europee, controllate insieme dai governi degli Stati membri dell'Unione europea, sono governate da un protocollo intergovernativo che include lo Statuto della s. europea, firmato dai sei Stati membri originari a Lussemburgo il 12 aprile 1957. Il loro compito è di fornire una formazione multi-culturale, multi-lingue e multi-sociale per gli alunni dei cicli materno, primario e secondario. Nel corso degli anni sorsero diverse s. europee: a Bruxelles (Belgio) nel 1958, nel 1964 e nel 1999; a Ispra (Italia) nel 1960; a Mol-Geel (Belgio) nel 1960; a Karlsruhe (Germania) nel 1962; a Bergen (Olanda) nel 1963; a Monaco (Germania) nel 1977; a Culham (Gran Bretagna) nel 1978; ad Alicante (Spagna) nel 2002; a Francoforte (Germania) nel 2002. I cicli di insegnamento sono suddivisi in: ciclo primario di 5 anni e ciclo secondario di 7 anni. Ogni alunno segue il corso nella sua lingua madre, ma deve impararne un'altra, detta lingua veicolare. ║ S. superiore della pubblica amministrazione: organo della presidenza del Consiglio dei ministri, istituito nel 1957 per curare la qualificazione e l'aggiornamento professionale dei dipendenti statali. Dal 1993 svolge attività di formazione e ricerca sulla base di direttive emanate dal presidente del Consiglio ed esprime pareri sui piani formativi degli enti pubblici non economici. • Mil. - S. militari: in passato tale denominazione era riservata ai soli istituti per la formazione dei quadri militari (ufficiali e sottufficiali) e di alcune categorie di specializzati. Con il tempo il concetto si è esteso notevolmente, giungendo a designare il complesso di istituzioni organizzate per l'educazione e la formazione dei quadri di ogni grado e categoria e per la specializzazione della truppa, nonché per l'addestramento dei contingenti militari di leva e per l'aggiornamento dei richiamati. Quasi tutti i Paesi hanno questo tipo di s.; in genere sono coordinate dai rispettivi ministeri della Guerra o della Difesa e sono comandate da ufficiali; ufficiali sono anche gli istruttori. Nei secoli scorsi potevano frequentare le s. militari solo i nobili; oggi vengono accolti giovani di qualsiasi classe sociale purché idonei fisicamente, moralmente e intellettualmente. I giovani che vogliono entrare nella s. militare non devono avere superato il 17° anno di età al momento dell'ammissione. In Italia, le s. militari possono essere distinte in: istituti superiori; s. interforze; s. dell'esercito; s. dell'aeronautica militare; s. della marina militare. ║ Istituti superiori: comprendono il Centro Studi Alta Difesa, a sua volta ripartito in Istituto Alti Studi Difesa (per ufficiali superiori e alti dirigenti di polizia) e Istituto Superiore Stato Maggiore Interforze (per alti ufficiali in ambito interforze); l'Istituto Stati Maggiori combinati, per la qualificazione degli ufficiali in campo interforze; la S. di guerra (Esercito), che prepara gli ufficiali di Stato Maggiore; l'Istituto di guerra marittima, istituito nell'anno 1921 con il compito di formare personale in grado di affrontare problemi di applicazione strategica e di tattica militare, sotto la direzione di un ammiraglio; la S. di guerra aerea, destinata a ufficiali che, mediante un corso di due anni, ottengono la promozione al grado di maggiore colonnello o comandante di squadriglia o di gruppo; inoltre, essa impartisce nozioni sui piani di guerra ai tenenti colonnelli. ║ S. interforze: comprendono ufficiali delle tre forze armate. Sono l'Accademia di sanità militare interforze, la S. telecomunicazioni, la S. per la difesa nucleare, biologica e chimica e la S. di aerocomunicazione.S. dell'esercito: comprendono le s. di reclutamento e di applicazione (accademie militari; s. di applicazione; s. allievi ufficiali di complemento e allievi sottufficiali; s. militare preparatoria della Nunziatella); le s. d'arma o di servizio, con funzioni addestrative o di servizio (per esempio, s. carabinieri, di fanteria, artiglieria, sanità, trasmissione, commissariato); le s. di specializzazione, per tutte le categorie di quadri o truppa (per esempio, s. militare di paracadutismo, s. militare alpina, s. di educazione fisica); i centri di addestramento, prima detti Centri di Addestramento Reclute (CAR) e ora denominati Reggimenti di Addestramento Reclute (RAR), per l'addestramento preliminare degli scaglioni di leva. Le accademie, già ricordate, sono l'Accademia di artiglieria e genio e l'Accademia di cavalleria e fanteria, l'ammissione alle quali è regolata da un concorso bandito annualmente dal ministero della Difesa. ║ S. dell'Aeronautica militare: comprendono le s. di reclutamento e applicazione (Accademia aeronautica, s. di applicazione per sottotenenti piloti); le s. di volo, per piloti anche delle altre forze armate; le s. specialisti, per la preparazione di specialisti in varie categorie; le s. di specializzazione; i centri tecnici addestrativi, volti in particolare all'ambito delle telecomunicazioni e della difesa aerea. Quanto all'Accademia aeronautica, essa ha il compito di istruire il personale ufficiale del ruolo piloti e del ruolo servizi mediante corsi regolari di uno, due o tre anni e inserisce i candidati nei diversi gradi militari. A queste s. sono da aggiungere le s. postmilitari dell'Aeronautica, che riguardano il reparto di turismo aereo; vi ricorrono tuttavia per periodi di addestramento anche gli ufficiali in servizio non effettivo e i piloti della riserva. ║ S. della Marina militare: si suddividono in: s. di reclutamento e di applicazione (Accademia navale, per la preparazione di ufficiali effettivi e di complemento; l'istituto di elettrocomunicazioni; la s. di sanità militare marittima); s. sottufficiali; centri di addestramento, per la preparazione specialistica di alcune categorie (per esempio, gruppo aeromobili imbarcati; antisommergibilisti; servizio subacqueo; radar; arditi incursori; servizio sicurezza). L'Accademia navale, nata nel 1881, ha sede a Livorno; è il maggiore organo d'istruzione militare navale e da essa escono i futuri ufficiali della Marina da guerra. Trapani "La scuola militare alpina" di Umberto Pelazza• Econ. - S. storica dell'economia: corrente di pensiero sviluppatasi in Germania negli ultimi decenni del XIX sec. e nota anche come nuova o seconda s. storica dell'economia. Lo Storicismo economico tedesco affonda le proprie radici nel Romanticismo economico affermatosi in Germania nella prima metà del XIX sec. con A.H. Muller. Costui, di contro ai fondamenti filosofici della s. classica inglese e in particolare alla teoria di A. Smith, rivalutò le componenti non razionali del comportamento umano, quali le abitudini, le credenze religiose, i sentimenti nazionali. Le dottrine di Muller furono alla base degli studi di J. Rodbertus e F. List e influirono sull'analisi di autori quali W. Rocher, B. Hildebrand e K. Knies, che però non formarono una s. vera e propria. Assai più preciso fu invece l'indirizzo della corrente di pensiero economico che di fatto rappresenta l'autentica s., associata soprattutto al nome di G. Schmoller (1838-1917). Altri importanti esponenti furono L. Brentano, K. Bücher, A. Held, G.F. Knapp, C. Engel, A. Wagner. Tutti costoro si opposero costantemente a quella che essi definivano un'analisi isolante dei fenomeni economici, affermando che, se studiati isolatamente, tali fenomeni perdevano ogni valore. Infatti, l'economia schmolleriana tendeva a non trascurare nessuno degli elementi costituenti il cosmo sociale, per cui a rigore dovrebbe essere definita una sociologia storicistica nel più ampio significato del termine; del resto, lo stesso Schmoller chiamò la sua s. non solo storica, bensì storico-etica. L'opera della s. di Schmoller fu continuata, in senso ancor più spiccatamente sociologico, da altri studiosi, fra cui A. Spiethoff, W. Sombart e M. Weber, che costituirono la terza o giovanissima s. storica. Sotto l'influenza dello Storicismo romantico, la s. storica si contrappose all'economia classica inglese, rimproverandole di essere dogmaticamente astratta, così da estraniare l'indagine economica dalla realtà e dall'esperienza concreta. Rifiutando ogni concetto di “leggi” economiche valide in ogni tempo e in ogni luogo, gli economisti storici osservavano che non si potevano trascurare differenze macroscopiche come quella tra il mercato medioevale e quello moderno, o la diversa formazione del prezzo in un'economia curtense e in un'economia di libero scambio, o ancora il divario fra l'impresa agricola in uno Stato fortemente popolato e in uno Stato di nuova colonizzazione. Preoccupati di ricostruire i fatti economici delle varie epoche, gli economisti della s. storica si limitarono però a stendere ottime monografie descrittive o di storia economica, senza giungere all'elaborazione di una nuova teoria. Nel 1883, la polemica fra Schmoller e Menger si concluse con il successo di quest'ultimo, il quale difendeva i diritti del pensiero teorico. Nonostante la sconfitta metodologica, l'esigenza storicistica rimase viva, accompagnata dalla critica al Naturalismo economico, vale a dire all'ipotesi dell'esistenza - prima e al di fuori dello Stato - di una società economica regolata da leggi naturali. Alla s. storica appartennero anche gli economisti tedeschi noti come socialisti accademici, capeggiati dallo stesso Schmoller: riunitisi nella Società per la politica sociale diedero un notevole impulso all'avanzata del fronte socialista in Germania. Movimenti paralleli si svilupparono anche altrove e la stessa s. tedesca ebbe ripercussioni in altri Paesi. • Encicl. - Al fine di comprendere meglio il fenomeno s. attraverso la sua evoluzione nel tempo, nell'ambito delle diverse civiltà, si devono tenere presenti due caratteri fondamentali: da un lato, il rapporto che si instaura tra chi insegna e chi apprende e, dall'altro, l'istituzionalizzazione sociale di questo rapporto, che lo rende un'attività formalmente predisposta con propri fini e proprie tecniche; per questo, più che per i suoi contenuti, la s. si distingue dagli altri fattori e dagli altri aspetti della vita sociale e culturale. Per altro, sia il carattere trasmissivo sia il carattere istituzionale, pur costitutivi della s., non furono sempre manifesti né pienamente intenzionali; inoltre, essi sono apparsi e appaiono ancora, a certe correnti pedagogiche, una minaccia per la spontaneità e per l'autonomia del processo di formazione della personalità, nonché un rischio grave per la cultura, la quale risulta prodotta in un ambiente protetto, avulsa dai momenti essenziali e fecondi della vita individuale e sociale. Ciò nonostante, i due caratteri menzionati rappresentano un valido punto di riferimento in sede sia storica, sia critica. ║ La Grecia antica: nelle società arcaiche il fattore unificante nel processo di acculturazione fu la religione, o più esattamente la dimensione del sacro: le più antiche civiltà orientali conobbero una s. sacerdotale, finalizzata a trasmettere la dottrina e le norme del culto, ma talora - come nell'antico Egitto - destinata anche a preparare i più alti funzionari pubblici. Nonostante la specializzazione di alcune funzioni, non si delineò però una realtà scolastica a sé stante: era infatti la società stessa a educare, attraverso la promozione, la gestione e il controllo dell'integrazione dell'individuo secondo fasi successive, che richiedevano una certa diversificazione di mansioni educative. I tratti comuni, pur nella varietà di esperienze, delle società più arcaiche possono dunque essere individuati nell'unitarietà del gruppo fondata su premesse religiose e nel graduale differenziarsi di funzioni che non portano però all'istituzione formale di una realtà educativa distinta. Con il progredire della civiltà, che rende più complessa e articolata la vita sociale, si assiste a esperienze più concrete e diversificate, connesse con le caratteristiche peculiari dei vari popoli. Così, presso gli antichi Fenici fu avvertita l'esigenza di una specializzazione della funzione educativa in ciò che concerneva le attività pratiche di tipo artigianale, finalizzate alla vita commerciale, asse fondamentale dello sviluppo economico e culturale fenicio. Diversamente, gli Ebrei, pur non trascurando altri insegnamenti, diedero particolare rilevanza all'istituzionalizzazione dell'insegnamento religioso. Gelosi custodi delle proprie tradizioni, vissute come espressione di un patto di alleanza con la divinità, gli Ebrei avvertirono l'esigenza di affidare l'interpretazione e l'insegnamento della legge (Thorà) a una classe sacerdotale (tribù di Levi) e in particolare agli Scribi. Conseguentemente, il momento dello studio delle tradizioni religiose diveniva per tutti un aspetto essenziale dell'esistenza, strutturandosi in procedure specifiche e ben definite. Tuttavia, è con l'antica Grecia che l'istituzione s. assunse un'organizzazione complessa, disponendo di materie, di programmi, di sedi e di insegnanti specifici. E non si trattò soltanto della creazione di centri di cultura, sorti per iniziativa di sapienti (filosofi) desiderosi di indagare la natura delle cose al di là dei modelli tratti dalla mitologia tradizionale; infatti, oltre a queste s. si determinò per la prima volta la reale formazione di un sistema scolastico generalizzato, destinato agli appartenenti alle classi sociali che godevano dei diritti civili e politici. Gli individui appartenenti a queste classi venivano precocemente inseriti in un meccanismo ben articolato che provvedeva, secondo la concezione greca dell'uomo, alla formazione integrale della personalità sul piano fisico, sul piano dell'apprendimento di un sistema codificato di conoscenze, sul piano sociale. Era assente da tale processo educativo la dimensione pratico-operativa: ad essa infatti erano avviati gli appartenenti alle classi sociali inferiori, secondo i tradizionali metodi di addestramento nell'ambiente di lavoro. Da tale concezione ebbe origine e si caratterizzò il concetto di scholé, inteso come attività libera da incombenze lavorative in ambito produttivo e commerciale. A Sparta l'educazione era riservata al ristretto gruppo degli Spartiati, cioè ai membri delle nobili e antiche famiglie che detenevano il potere politico e la proprietà dei grandi latifondi. Ne erano invece esclusi sia gli iloti (schiavi di Stato destinati ai lavoratori manuali), sia i perieci, individui di condizione libera dediti alle attività artigianali più evolute e al commercio. I bambini rimanevano all'interno della famiglia, affidati alla cura delle donne, fino al compimento del 7° anno; erano quindi presi in consegna dallo Stato, il quale provvedeva a impartire una completa educazione fino al compimento del 20° anno, che segnava l'inizio della vita militare vera e propria. I contenuti e i metodi dell'educazione scolastica spartana (detta agogé) erano finalizzati alla formazione del cittadino-guerriero. La direzione dell'insegnamento era affidata a un magistrato speciale, il pedonomo; i fanciulli venivano istruiti nella ginnastica, nel canto e nella danza, e apprendevano alcuni testi storico-letterari, nei quali era esaltato il tema della gloria militare: si trattava infatti di un'educazione mirata, in quanto tutte queste discipline tendevano essenzialmente a educare i giovani spartani all'arte della guerra. Perciò era assai importante l'inquadramento in reparti, detti agele, distinti per età e suddivisi in squadre, organizzati con sistema strettamente militaristico; i giovani vi si abituavano alla vita in comune, si esercitavano nell'agonismo fisico e imparavano (anche attraverso prove iniziatiche, come le spedizioni punitive nei confronti degli iloti) a essere coraggiosi e a disprezzare la morte. A ciò si aggiunga che nella società spartana anche le donne erano parzialmente coinvolte in questo meccanismo educativo-militare; esse partecipavano infatti per qualche tempo all'educazione, condividendo i disagi e la disciplina durissima degli uomini: tale formazione era necessaria, nell'ottica spartana, perché, divenute adulte, generassero figli sani, robusti e di carattere forte. Assai differente era invece l'impostazione educativa ad Atene, dove la musica, la lettura e la scrittura non erano strumentali, bensì costituivano valori in sé, destinati alla formazione di una personalità equilibrata e completa. C'erano insegnanti specializzati, quali il pedotriba (ginnastica), il citarista (musica), il grammatista (lettura e scrittura) e il pedagogo, una sorta di assistente che accompagnava i fanciulli. Anche ad Atene la prima educazione era affidata alla famiglia, e in particolare alla madre e alle altre donne di casa riunite nel gineceo. Dal compimento del 7° anno tutti i fanciulli liberi, anche quelli appartenenti alle classi più elevate, che potevano disporre di servitù e di mezzi, frequentavano la s. fino a 14 anni. La città non organizzava direttamente il sistema scolastico, ma ne promuoveva lo sviluppo e ne coordinava l'attività. Fra i 14 e i 18 anni il ragazzo ateniese frequentava il ginnasio, una palestra dove alle attività fisiche si associavano esperienze di vita culturale e sociale, sotto la guida di un funzionario statale, il ginnasiarca. Nei successivi due anni si attuava la preparazione militare, detta efebato. Oltre agli schiavi e ai meteci (stranieri residenti), erano escluse dalla s., nella democrazia ateniese, anche le donne. Nella seconda metà del V sec. a.C. si sviluppò, ad opera dei sofisti, fondatori della pedagogia teoretica, il concetto di paideia, cioè di formazione attraverso la cultura; si generarono quindi due orientamenti educativi diversi, l'uno rivolto alla formazione filosofica e politica (l'Accademia di Platone), l'altro alla retorica (la s. di Isocrate); da tali esperienze discese poi, in epoca ellenistica, la creazione di istituti di altissimo livello scientifico e culturale come il Liceo di Aristotele. Nell'età ellenistica, l'incontro tra esperienze e tradizioni di popoli diversi accentuò il fenomeno della “professionalizzazione” della cultura, già iniziato dai sofisti. Tuttavia, in questo caso non si trattò di un fatto soggettivo, ma dell'esigenza oggettiva di codificare e di conservare il sapere, di cui fu segno la grande biblioteca di Alessandria, contenente oltre mezzo milione di volumi. Lo studio divenne quindi un fatto pubblico e tecnico: si delineò un primo ciclo scolastico, tra i 7 e i 14 anni, durante il quale i fanciulli apprendevano a leggere, a scrivere e a far di conto, dedicandosi inoltre alla ginnastica, alla musica e al disegno. Tra i 14 e i 18 anni lo studio si allargava alla totalità del sapere, con insegnamenti di letteratura, matematica, astronomia, biologia, fisica: si trattava infatti di una vera s. secondaria superiore polivalente, alla quale faceva seguito un biennio di specializzazione nel campo della filosofia, della retorica, della medicina. A tale sviluppo si accompagnò, da parte dello Stato, un interesse sempre più intenso per l'educazione, che assunse in numerosi casi l'aspetto della diretta istituzione di s., con la predisposizione di strutture, di programmi, di personale qualificato. ║ L'antica Roma: l'incontro fra la civiltà greco-ellenistica e Roma produsse un rilevante mutamento nel sistema educativo romano, che fino a quell'epoca, a causa del prevalere degli interessi pratici e politici, si era disinteressato degli studi liberali ed era rimasto affidato all'ambito esclusivamente familiare: sotto l'influsso greco e in seguito al formarsi di una letteratura romana si giunse in Roma a una più organica impostazione, avente il carattere di s. pubblica (nel senso di collettiva), ma gestita da privati, cioè ancora da nuclei familiari accordatisi tra loro. Se nell'epoca arcaica il fanciullo, compiuti i 7 anni, passava sotto la cura del padre, il quale lo avviava alla conoscenza della vita dei campi e soprattutto dei criteri di un'oculata amministrazione, a partire dal I sec. a.C. la s. assunse tutte le sue caratteristiche strutturali: comprendeva infatti un luogo dove si recavano i fanciulli (non di rado anche le bambine) e aveva insegnanti specifici e programmi dettagliati. La s. primaria era detta ludus, cioè ancora attività libera non lavorativa, come per i Greci: l'insegnante era detto litterator e impartiva nozioni elementari di scrittura, lettura, conto. Fra i 13 e i 16 anni si frequentava la s. secondaria, dove dominava la figura del grammaticus, non di rado proveniente dalla Grecia, dal quale gli allievi apprendevano le opere letterarie latine e greche. Seguivano quindi, conformemente alla mentalità pratica dei Romani, indirizzi specialistici come le s. di diritto e di retorica. Nell'epoca imperiale si ebbe un più diretto intervento dello Stato nella s. secondaria e di livello superiore, con istituzione di s. imperiali, mentre l'istruzione primaria ritornò a essere competenza delle singole famiglie. ║ Medioevo: la fine dell'Impero romano d'Occidente pose termine all'esperienza delle s. imperiali. La cultura classica entrò allora in crisi per effetto di due fattori concomitanti, le invasioni barbariche e l'avvento del Cristianesimo. Tesa a promuovere l'affermarsi di valori spirituali, la Chiesa avocò a sé la funzione di provvedere all'insegnamento, organizzando s. parrocchiali che impartivano un insegnamento religioso comprendente gli elementi essenziali della lettura e della scrittura. L'istruzione secondaria assunse la caratteristica dell'avviamento al sacerdozio: si svolgeva all'interno dei monasteri e comprendeva anche elementi delle arti dette liberali (in virtù della tradizionale distinzione tra studio e lavoro) quali l'aritmetica, la geometria, l'astronomia, la musica, la grammatica, la dialettica, la retorica. Grazie all'opera di studiosi come S. Boezio, Cassiodoro, M. Capella, i programmi si arricchirono di contenuti della cultura classica, sulla base di traduzioni e di adattamenti, talvolta incompleti o infedeli ma pur sempre importanti. Dopo la s. secondaria i candidati al sacerdozio passavano alle s. cattedrali o vescovili, dove si perfezionavano nello studio della filosofia e della teologia. Tra l'VIII e il IX sec., il sistema d'insegnamento venne globalmente riorganizzato ad opera di Carlo Magno, il cui disegno era quello di creare una rete omogenea di s., con un programma di studi ben definito, adatto alla formazione delle classi dirigenti intellettuali, dove predominavano le figure degli ecclesiastici. Per iniziativa di Alcuino e dei suoi collaboratori, artefici di quella che comunemente viene indicata come “rinascita carolingia”, vennero riordinate le s. monastiche e vescovili, sulla base della distinzione delle arti liberali in trivio (grammatica, dialettica, retorica) e quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia, musica), intese come propedeutiche agli studi teologici. Dopo il Mille si verificò un'importante trasformazione degli studi superiori, che sfociò nella nascita delle università, in seguito al formarsi di corporazioni di studenti e di insegnanti. Tra la fine dell'XI e l'inizio del XII sec. sorse l'università di Parigi, nata dall'antica s. cattedrale di Notre-Dame, specializzata in studi di teologia e successivamente ordinata in quattro facoltà: Arti, Diritto canonico, Medicina e Teologia. Alla prima metà del XII sec. risale anche l'università di Bologna, che si specializzò negli studi di diritto e fornì a Federico Barbarossa gli strumenti teorici di legittimazione della sua autorità. Da una scissione in seno all'università di Parigi ebbe origine l'università di Oxford e da un'ulteriore scissione quella di Cambridge, entrambe specializzate nello studio delle scienze. Nella prima metà del XIII sec., per opera di Federico II, venne fondata l'università di Napoli, che si affiancò alla s. medica di Salerno, e nello stesso periodo fu fondata l'università di Padova. Fra i numerosi problemi che caratterizzarono questa trasformazione della cultura superiore, va ricordata la tendenza dell'autorità imperiale a intaccare il monopolio ecclesiastico, al fine di formare intellettuali e funzionari laici e non necessariamente religiosi, in grado di svolgere con competenza mansioni amministrative complesse e culturalmente impegnative. ║ Età moderna: il processo di laicizzazione della cultura divenne rilevante solo nell'epoca umanistica e rinascimentale, in conseguenza dell'arricchirsi del materiale culturale. In questo periodo particolare rilevanza ebbero le s. che si ispiravano al modello dei convitti (s.-convitto o s.-famiglia) creati dagli umanisti Vittorino da Feltre e Guarino Veronese; inoltre, si affermarono da un lato le s. primarie municipali, che svolgevano un insegnamento non più finalizzato allo studio dottrinale, dall'altro le università e altri istituti superiori (come le accademie), dove insegnanti laici approfondivano argomenti scientifici, letterari, giuridici e filosofici non più connessi con l'ambito religioso. Per quanto riguarda l'istruzione secondaria, pur non mancando iniziative municipali, continuò a prevalere l'insegnamento impartito dagli ecclesiastici, al quale si affiancava sempre l'educazione data all'interno della famiglia. Gelosa delle sue prerogative tradizionali, l'autorità religiosa non si rassegnava infatti alla perdita del controllo della cultura. Il problema si complicò con l'avvento del movimento della Riforma protestante, iniziata nel 1517 da Martin Lutero e affermatasi rapidamente in vari Paesi europei; infatti, in conseguenza sia della Riforma, sia della Controriforma cattolica, la ricerca educativa e l'organizzazione scolastica conobbero un ulteriore sviluppo ed estensione. Direttamente discendente dalla Riforma, secondo la quale ogni individuo ha il diritto di realizzare un proprio rapporto vitale con il testo delle sacre scritture, fu l'istanza di una generale estensione della cultura, senza limitazioni di censo o di sesso. Lutero e i suoi collaboratori si fecero promotori dell'istituzione di s. popolari ad opera dello Stato e in questo modo fu avviato in molti Paesi europei, e in particolare in Germania, il superamento del fenomeno dell'analfabetismo. Dal canto suo la Controriforma mise in atto un'intensa ricerca di soluzioni educative teoriche e pratiche che consentirono all'istruzione di organizzarsi in modo efficiente. Esempio eccellente fu la ratio studiorum dei Gesuiti, relativa alla s. secondaria: tale schema di studi comprendeva un quinquennio formato da tre anni di grammatica, uno di umanità e uno di retorica, al quale faceva seguito un triennio, detto filosofico, con insegnamento di logica, metafisica, psicologia, etica, fisica, filosofia, matematica. Significativa fu anche l'istituzione di s. popolari gratuite da parte degli Scolopi, in sostituzione delle s. municipali ormai in grave crisi e in alternativa alle s. parrocchiali, povere di contenuti, di metodi e di personale capace. Nell'età moderna i sistemi scolastici divennero stabilmente un elemento integrato nella realtà interna dei singoli Stati. Alla progressiva organizzazione della s. in struttura, con programmi ben definiti e con l'autorità di rilasciare titoli di studio riconosciuti, seguì l'adattamento, da parte degli stessi ordini religiosi, del proprio insegnamento alle differenti situazioni. Tra il XVII e il XVIII sec., nella maggioranza dei Paesi europei si assistette ancora alla preponderanza dell'educazione impartita a livello primario e secondario nell'ambito delle istituzioni ecclesiastiche, mentre l'insegnamento universitario acquisì piena indipendenza e autonomia. Nei Paesi riformati, accanto alla s. privata si affermò quella promossa in vari modi dallo Stato, il quale favoriva, finanziava parzialmente e coordinava le iniziative locali delle comunità. Si configura in questo periodo il modello, definito anglosassone, di una s. non statale ma garantita dallo Stato, il quale esercita il controllo sui contenuti, sui metodi e sulla scelta dei docenti. In Gran Bretagna iniziò allora a diffondersi la Grammar School, la quale rappresentava un modello di s. secondaria in cui l'impostazione umanistica classica era associata all'interesse per la realtà concreta dell'esperienza. L'insegnamento era impartito a tempo pieno nei colleges, convitti frutto della collaborazione tra Stato e associazioni private, e ben presto tale sistema di formazione delle classi dirigenti si riprodusse anche nelle colonie americane. Nella s. anglosassone era ed è tuttora elemento caratteristico l'organizzazione di forme di autogoverno degli studenti, riuniti in vari circoli (club) culturali, ricreativi, scientifici e sportivi. Con l'avvento dell'età dell'Illuminismo si verificò una svolta decisiva nella storia della s.: infatti, all'esempio della s. anglosassone fu contrapposto un altro modello scolastico che, recuperando le esperienze del passato, concepiva l'educazione come un preciso obbligo dello Stato. In questa concezione, sono compiti esclusivi dello Stato l'istituzione diretta delle s., la definizione dei programmi, la formazione e il reclutamento degli insegnanti, i quali divengono veri e propri funzionari statali. A tale impostazione educativa si richiamarono i sovrani illuminati Federico II di Prussia e Maria Teresa d'Austria, i quali si impegnarono non soltanto a combattere l'ignoranza, ma anche a contenere e a sopravanzare l'educazione scolastica impartita dagli enti religiosi. L'idea di una s. di Stato rigidamente strutturata e centralizzata venne portata a definitivo compimento da Napoleone, nella cui concezione il liceo diveniva strumento politico di formazione di un ceto dirigente omogeneo. Il modello burocratico della s. napoleonica fu adottato in Italia nel 1859 con la legge Casati che rappresentava per il Piemonte, vittorioso con l'aiuto francese nella seconda guerra di indipendenza, un efficace mezzo di unificazione linguistica e culturale delle popolazioni delle varie regioni italiane progressivamente annesse al neonato Stato italiano. Inoltre, nel XIX sec., accanto alla presenza dei due differenti modelli scolastici, anglosassone e napoleonico, ebbe luogo la contrapposizione e la separazione effettiva tra due concezioni della cultura e dell'educazione: da un lato quella ispirata alla tradizione classica e umanistica, alimentata dall'esaltazione fattane dal Romanticismo e dal pensiero idealistico, dall'altra quella riferita principalmente al sapere scientifico, polemicamente affermata dal Positivismo in contrasto con l'Idealismo. La tendenza ad abbandonare l'impostazione prettamente umanistica a favore di quella tecnico-scientifica (o “realista”) si era già sviluppata nei secc. XVII-XVIII soprattutto in Germania e nel mondo anglosassone, con l'introduzione nei programmi d'insegnamento di discipline quali la geografia, le scienze naturali, la fisica, le lingue moderne; nel corso del XIX sec. portò alla creazione di istituti, quali la Realschule prussiana, in cui l'esigenza di cultura era associata a un'accurata preparazione tecnico-specialistica. Di conseguenza, la cultura tecnologica iniziò a rivendicare pari o superiore dignità nei confronti della formazione umanistica, tradizionalmente considerata come condizione necessaria per l'accesso agli studi universitari. A livello di s. secondaria, l'orientamento scientifico passò gradualmente dall'avere un carattere eminentemente pratico e professionale all'acquisizione di un carattere più teorico e generale, tale cioè da costituire la premessa non tanto a una diretta immissione nel lavoro quanto a un'ulteriore formazione a livello superiore. Del resto, il problema della professionalità degli studi secondari, se essi debbano cioè avviare a una specifica professione o se debbano avere carattere polivalente e costituire una preparazione di base in vista di una successiva acquisizione di professionalità, è un argomento di discussione ancora attuale e dibattuto nei vari Paesi. ║ Età contemporanea: in Italia, fra la fine del XIX sec. e il primo ventennio del XX sec. le istituzioni nazionali diedero vita a un ampio progetto di rinnovamento della s., la cui riforma fu poi attuata nel 1923-24 dal filosofo G. Gentile. Tale riordinamento prevedeva un'organica disciplina sullo stato giuridico e sul trattamento economico dei maestri, degli insegnanti e dei presidi, al fine di riqualificare la figura dell'insegnante e conferire autorità e disciplina morale a quella del capo d'istituto. Alla capillare riorganizzazione dell'amministrazione della s. si accompagnò la fondamentale riforma degli ordinamenti e dei programmi scolastici. Il ciclo di studi primario fu suddiviso in un triennio di grado preparatorio (di carattere prescolare, analogo alla s. materna) e in un quinquennio di s. elementare, diviso a sua volta in un triennio di grado inferiore e in un biennio superiore; a questo primo ciclo poteva far seguito o un corso integrativo di avviamento professionale, con cui si completava l'obbligo scolastico, oppure il passaggio al ciclo di studi secondario. Quest'ultimo venne differenziato secondo le diverse finalità formative attribuite ai vari istituti: oltre al ginnasio-liceo, di impostazione umanistica, unica s. a consentire l'accesso a tutte le facoltà universitarie e perciò destinata a formare i futuri dirigenti, fu istituito il liceo scientifico, che permetteva l'accesso alle facoltà scientifiche; fu creato inoltre l'istituto magistrale, per la preparazione degli insegnanti del ciclo primario, fu riorganizzato l'istituto tecnico, ripartito in due indirizzi (commerciale e di agrimensura) e fu inaugurata la s. complementare destinata ai ceti più modesti della popolazione. In questa riforma fu conferita grande importanza alla s. privata, fu introdotto l'esame finale di Stato, furono adottati nuovi programmi d'esame al posto dei tradizionali programmi d'insegnamento, fu inserito nelle s. l'insegnamento della religione cattolica. Nonostante i suoi limiti - l'accentuata separazione fra s. destinate alla preparazione delle classi dirigenti e s. professionali, il predominio degli studi classici su quelli tecnici e scientifici, l'assenza di collegamenti fra s. e mondo del lavoro - questa riforma rivela senza dubbio una concezione elevata e moderna della s. e dell'unità del sapere di cui essa deve farsi tramite. Negli anni successivi, tale riorganizzazione fu parzialmente modificata, in seguito alle vicende storiche e politiche dell'Italia, ma rimase sostanzialmente in vigore: una nuova riforma, preannunciata dalla “Carta della s.” del 1939, non fu portata a compimento a causa dell'entrata in guerra dell'Italia e delle successive vicende belliche, che determinarono il crollo del regime fascista. Nel dopoguerra, in Italia come in numerosi altri Paesi si è verificato un rilevante sviluppo dei processi d'istruzione, il quale ha richiesto una politica d'intervento più ampia e approfondita che nel passato. Il primo problema da risolvere a livello mondiale è apparso quello dell'analfabetismo. Nelle aree geografiche più avanzate (Europa, America Settentrionale, Giappone) tale problema era piuttosto limitato e riguardava solo frange della popolazione adulta, in particolare delle zone rurali e delle periferie urbane; infatti, nel corso di pochi decenni si è riusciti, attraverso una politica scolastica di interventi capillari e di forme differenziate di recupero, a eliminare in gran parte il fenomeno dell'analfabetismo: in Italia, attraverso la creazione di s. popolari e di altre iniziative analoghe, la percentuale degli analfabeti di età superiore a sei anni è calata dal 13% nel 1951 al 2,1% nel 1991, per scomparire quasi completamente nel 2001. Per contro, la piaga dell'analfabetismo continua a costituire un grave problema nei Paesi in via di sviluppo (colpisce circa un terzo di questi abitanti), soprattutto a causa della povertà e del basso reddito, anche se sussistono differenze talora considerevoli fra Paese e Paese, in conseguenza delle differenti tradizioni e politiche nazionali: in Cina e in India, per esempio, negli ultimi decenni sono stati messi in atto programmi di alfabetizzazione di grande impegno e dimensioni. Nel complesso, grazie al contributo dei singoli Governi e all'impegno di organismi internazionali, fra cui in particolare l'UNESCO, il tasso di analfabetismo nel mondo è calato dal 32,9% (1970) al 27,7% (1985). Nonostante i progressi compiuti, il fenomeno è ancora lungi dall'essere risolto, come dimostrano le continue iniziative e gli sforzi finanziari e organizzativi attuati dall'ONU e da altri organismi a livello internazionale. Un altro problema che ha investito la s. a partire dal dopoguerra, in particolare in Italia, è stato quello della scolarizzazione di massa. Infatti, le strutture scolastiche tradizionali, che prima della seconda guerra mondiale erano limitate, si sono rivelate del tutto inadeguate ad affrontare l'ingente incremento della popolazione scolastica, dipendente da diversi fattori concomitanti, quali l'aumento demografico, l'accrescersi del tenore di vita, lo sviluppo dei settori produttivi dell'industria e del commercio con le conseguenti migrazioni interne, l'inurbamento e la necessità sempre maggiore di qualificazione culturale e professionale. Per rispondere a questo fenomeno, che ha caratterizzato dapprima soprattutto la s. primaria, quindi gradualmente quella secondaria e postsecondaria, lo Stato ha dovuto affrontare numerosi problemi, quali l'adeguamento delle strutture scolastiche e formative, il reperimento del personale necessario, la destinazione alla s. di notevoli contributi finanziari. Perciò, a partire dagli anni Cinquanta, il Governo italiano è intervenuto per diffondere capillarmente sul territorio le istituzioni educative, a partire da quelle di base, attraverso piani di edilizia scolastica; tuttavia, lo sforzo finanziario, anche se notevole e prolungato, non sempre è riuscito a corrispondere alle necessità e ai bisogni, in quanto si sono verificati talvolta ritardi e carenze. Inoltre, dagli anni Settanta i primi segnali di crisi economica hanno indotto lo Stato a diminuire la spesa finanziaria per l'istruzione. L'altro importante settore influenzato dalla crescita della scolarizzazione concerne il corpo insegnante, e in questo caso la risposta statale alle esigenze della s. si è rivelata spesso intempestiva e inefficace. Infatti, l'aumento della popolazione scolastica ha indotto, in una prima fase, le autorità competenti a reclutare i docenti anche fra il personale non qualificato ed esperto; solo nel 1974 si è giunti in Italia alla creazione degli Istituti regionali di ricerca, sperimentazione e aggiornamento educativi (IRRSAE) destinati a diffondere e promuovere la formazione tecnico-didattica degli insegnanti. Proprio nella fase di massima espansione dei sistemi di istruzione si è innescato, non solo in Italia, ma in molti Paesi occidentali, un processo di crisi che ha coinvolto tutte le componenti della s. e che di essa ha messo in dubbio la stessa funzione educativa. La contestazione studentesca, diffusasi negli anni Sessanta dagli Stati Uniti all'Europa e al Giappone, ha infatti evidenziato lo stato di disagio giovanile che si è riflesso principalmente nelle istituzioni scolastiche, ritenute inadeguate a far fronte alle nuove problematiche realtà della società contemporanea. Quantunque fortemente connotata in senso ideologico, la contestazione studentesca ha contribuito a rendere indispensabile la necessità di una riforma generale dell'intero sistema educativo. Inoltre, manifestazioni di protesta degli studenti hanno continuato a verificarsi periodicamente dagli anni Ottanta in avanti, traendo spunto da problemi concreti quali le mancate riforme, l'insufficienza di sbocchi professionali per diplomati e laureati, il calo drastico degli investimenti statali per la s. Motivi di protesta si sono verificati anche da parte del corpo insegnante, in seguito al progressivo calo di prestigio sociale del loro ruolo. A tale ampia crisi d'identità della s. si va tentando di porre rimedio attraverso una riforma in profondità delle strutture scolastiche tradizionali, al fine di rivalutare il compito precipuo della s., cioè la promozione e lo sviluppo delle capacità intellettive, della formazione culturale, morale e civile e delle competenze scientifiche e tecniche dei giovani. ║ Quanto alla specifica situazione italiana, si ricordano qui le principali innovazioni introdotte nel sistema scolastico a partire dagli anni Sessanta. Nel 1962, in sostituzione del doppio canale di s. media e s. di avviamento professionale, venne istituita la nuova s. media inferiore unitaria, ulteriormente disciplinata nel 1977 con adattamenti (l'insegnamento del latino, divenuto facoltativo dal 1962, fu definitivamente abolito); nel 1968 fu creata la s. materna statale; nel 1969 l'esame di maturità delle s. superiori venne regolato da una nuova legge, provvisoria nelle intenzioni, ma di fatto in vigore per quasi 30 anni, fino all'anno scolastico 1997-98; nel 1974, attraverso la decretazione delegata, vennero riordinati gli organi collegiali della s., aperti alle differenti componenti scolastiche, con l'intenzione di permettere una gestione democratica della s.; la s. elementare, disciplinata nel 1957, fu riorganizzata dapprima nel 1985 con l'introduzione di nuovi programmi d'insegnamento, e quindi nel 1990, con l'attuazione di nuovi moduli didattici e organizzativi. Per quanto riguarda l'insegnamento della religione nelle s., con il nuovo Concordato del 1989 si stabilì che le famiglie degli studenti potessero scegliere di fruirne in relazione alle proprie convinzioni. Nel 1996 furono aboliti gli esami di riparazione e nel 1998 fu introdotta una nuova disciplina degli esami di maturità, che mutarono il nome in esami di Stato (V. ESAME). Con la riforma promossa dal ministro Moratti, dall'anno scolastico 2003-04 entrarono in vigore numerose innovazioni, tra cui: l'innalzamento dell'obbligo scolastico fino a 18 anni, con 12 anni complessivi di studio; l'abbassamento dell'età di ingresso dei bambini alla s. materna (possono essere iscritti bambini che compiano 3 anni entro il 28 febbraio successivo all'inizio dell'anno scolastico - la scelta è facoltativa) e alla s. elementare (possono essere iscritti bambini che compiano 6 anni entro il 28 febbraio successivo all'inizio dell'anno scolastico); l'obbligatorietà dell'insegnamento di una lingua straniera a partire dai 6 anni e di una seconda lingua dagli 11 anni; l'ampio spazio concesso all'insegnamento delle tecnologie informatiche; l'abolizione dell'esame di quinta elementare (viene mantenuto l'esame di Stato alla fine dei tre anni di medie); la possibilità di passare dal liceo (quinquennale) alla s. professionale (quattro anni) per tutta la durata degli studi; la creazione di nuovi licei (economico, musicale, tecnologico, delle scienze umane) accanto a quelli tradizionali.

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