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Schlegel, August Wilhelm von.

Critico, scrittore e poeta tedesco. Figlio dello scrittore e poeta Johann Adolf e nipote del drammaturgo Johann Elias, S. ebbe modo di trascorrere l'infanzia in un ambiente colto e ricco di stimoli intellettuali. Compì gli studi universitari nell'ateneo di Gottinga, dove studiò Teologia e seguì le lezioni di Estetica di G.A. Bürger, che ne influenzò il gusto per la perfezione formale e per l'arte del sonetto: al periodo giovanile risalgono infatti numerose poesie, dotte ed eleganti ma prive di sincera ispirazione e piuttosto artificiose. Nel 1791 fu assunto come precettore ad Amsterdam, dove rimase fino al 1795; su invito di J.F. Schiller si trasferì quindi a Jena, presso la cui università nel 1798 venne nominato professore. Nel frattempo, nel 1796 S. si era unito in matrimonio con Carolina Böhmer: l'unione, anche se non fu duratura - nel 1803 la moglie divorziò da lui per sposare il filosofo F.W. Schelling - fu però contrassegnata da un'intensa comunione spirituale, che traspare fra l'altro dal celebre dialogo Gemälde (1798), in cui S. riprodusse le considerazioni espresse da lui e dalla moglie nel corso di una visita alla galleria di Dresda. Intorno ai due coniugi si andò raccogliendo il gruppo di poeti e di intellettuali che diede vita al primo cenacolo romantico: oltre al già citato Schelling, furono loro abituali frequentatori e amici anche i poeti Novalis e F. Hölderlin e il filosofo J.G. Fichte. Durante gli anni del suo soggiorno a Jena, S. collaborò alle riviste “Die Horen” e “L'Almanacco delle Muse” fondate da J.F. Schiller e iniziò la sua feconda attività di critico e traduttore, rendendo in tedesco opere di Dante, Cervantes e Shakespeare. Fra il 1798 e il 1800 fondò e pubblicò, insieme col fratello minore Friedrich, la rivista “Athenaeum”, che in breve divenne l'organo del neonato movimento romantico, ospitando interventi, poesie e articoli dei maggiori intellettuali tedeschi dell'epoca. Entrambi i fratelli S. furono considerati gli animatori della scuola romantica, e per alcuni periodi lavorarono in stretta collaborazione. La rivista ebbe vita breve, ma assai intensa e significativa; in essa apparvero gli scritti teorici della nuova poetica, e vi si venne gradualmente elaborando il concetto stesso di Romanticismo, che da semplice categoria estetica si dilatò fino a divenire vera e propria concezione generale del mondo. Nel 1801 S. si recò a Berlino, allora roccaforte dell'Illuminismo di matrice settecentesca, e vi tenne per tre anni le Lezioni sulla letteratura e sulle belle arti, le quali ebbero una rilevanza sostanziale nell'ambito dello sviluppo sia dell'estetica, sia della critica romantica, per la prima volta organizzate in un sistema. Seguace di Herder e non lontano dalle posizioni di Schelling, S. evidenziò nelle sue Lezioni i limiti dell'estetica kantiana, accusata di aver irrigidito le distinzioni dell'intelletto, e sostenne una concezione organicistica della bellezza, intesa come espressione simbolica dell'infinito e insita sia nella natura, sia nell'arte. All'importanza conferita al simbolo e al mito S. unì l'interesse per la teoria filosofica del linguaggio e per la poesia che, seguendo Herder, interpretò come manifestazione dell'intero carattere e della storia di un popolo, e come espressione di un'unica e multiforme azione dello spirito. In questa prospettiva egli analizzò la storia dei generi letterari, pervenendo alla conclusione che l'arte romantica, a differenza di quella classica, escludeva ogni precisa distinzione di generi e comportava invece una loro continua mescolanza, proprio per la sua intrinseca propensione a esprimere l'infinito in ogni fase del suo sviluppo. Alcuni concetti espressi nelle sue Lezioni favorirono non poco la diffusione delle dottrine romantiche in Europa: per esempio, notevole fama ebbe la sua individuazione del carattere pittorico e allusivo della poesia romantica, in contrapposizione al carattere plastico e architettonico della poesia classica; analogamente, le sue lezioni sull'antica poesia germanica (1803-04) contribuirono alla riscoperta dell'epica e in particolare del Ciclo dei Nibelunghi. Pur essendo poeta e drammaturgo solo mediocre (si ricorda il suo dramma Jon, 1803), per la sua sensibilità nel valutare e nel penetrare l'universo poetico degli altri scrittori fu invece geniale e originale critico letterario e traduttore; del tutto privo di pregiudizi nazionalistici, tanto da esser definito un “cosmopolita della cultura”, S. dedicò non poche lezioni anche a poeti italiani, in particolare a Dante, a F. Petrarca e a T. Tasso. Altrettanto importante fu un altro corso, le Lezioni sull'arte e sulla letteratura drammatica, tenuto da S. a Vienna nel 1808: in esso, riprendendo la distinzione fra arte classica e romantica, attuò una suddivisione della letteratura drammatica europea in due grandi gruppi: classico, comprendente la poesia greca e latina classica, quella francese e italiana; romantico, nel quale diede grande importanza soprattutto allo spagnolo Lope de Vega e all'inglese W. Shakespeare. Nel frattempo, a Berlino S. aveva conosciuto Madame de Staël, dalla quale venne assunto come precettore dei figli: la seguì a Coppet sul Lago di Ginevra (1804) e quindi nei suoi numerosi viaggi, fornendole inoltre numerosi consigli e suggerimenti per il volume ch'ella andava scrivendo e che, pubblicato nel 1813 con il titolo De l'Allemagne, ebbe una parte considerevole nella comprensione europea del fenomeno romantico. S. prese quindi parte alla guerra di liberazione contro le truppe francesi come aiutante di Bernadotte, il principe ereditario di Svezia, e nel 1818, dopo la caduta di Napoleone, venne nominato professore di Letteratura all'università di Bonn. Qui rimase sino alla morte, dedicandosi allo studio comparato delle lingue e insegnando, primo in Europa, il sanscrito: la sua pubblicazione dei testi indiani (la Bhagavadgītā e parti del Rāmāyana) aprì agli studiosi occidentali il campo ancora inesplorato dell'epica e delle religioni orientali. Importantissima fu infine l'opera di S. come traduttore, attività nella quale diede prova di notevoli doti d'intuizione e di un gusto finissimo. In quest'ambito, suo capolavoro è senz'altro la traduzione dell'intero teatro shakespeariano, ma pregevolissima è pure la sua traduzione parziale del poema dantesco: a tal proposito va ricordato il saggio Sulla divina commedia, che diede avvio alla critica romantica su Dante (Hannover 1767 - Bonn 1845).