Filosofo inglese.
Compì i suoi studi presso l'università di Oxford, dove
insegnò fino al 1926. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti, tenne i
corsi all'università di Los Angeles. Vicino per molti aspetti sia al
Pragmatismo volontaristico di W. James sia allo Strumentalismo di J. Dewey,
S. definì la sua posizione filosofica come Umanismo. Convinto che
la conoscenza abbia un carattere meramente psicologico-emozionale e che la
scienza trovi nella funzione pratica la sua ragion d'essere,
S.
polemizzò tanto contro la logica formale antica quanto contro quella
moderna, considerate semplici giochi intellettuali fini a se stessi e lontani
dai bisogni vitali dell'uomo. L'interpretazione soggettivistica e pragmatica
della conoscenza e dei valori morali non sfocia in
S. né in
posizioni di tipo antimetafisico come in Dewey, né nello Spiritualismo di
James; l'Umanismo di
S. trova invece una terza via, che si può
considerare una sorta di metafisica evoluzionistica che abbraccia il mondo,
l'uomo e Dio. Il mondo si configura come regno del caos e dell'assoluta mancanza
di finalità; in tale disordine, tuttavia, appare l'uomo che, sulla base
dei suoi sentimenti e dei suoi scopi, trasforma il caos in cosmo, in
un'unità progressiva e storica. Nell'uomo, vertice del processo
evolutivo, coesistono due forze contrastanti, raffigurate secondo
S. dal
personaggio di Faust (la forza che conduce all'ordine e al regno dei fini) e
Mefistofele (la spinta verso il disordine e la negazione). Quest'ultimo è
destinato a soccombere sotto la forza redentrice di Dio, che si configura come
coscienza personale e causa finale dell'universo, che tende verso un puro regno
di spiriti finiti, ma imperituri. Fra gli scritti di
S. ricordiamo:
Gli Enigmi della Sfinge:
studio sulla filosofia dell'evoluzione
(1891),
Assiomi e postulati (1902),
Pragmatismo e umanismo (1909),
Scoperta scientifica e prova logica (1917) (Ottensen, Altona 1864 - Los
Angeles 1937).