Poeta epico-romanzesco indiano di lingua
Tamil.
S. è considerato uno dei maggiori poeti della letteratura
dravidica in Tamil; egli fu anche uno dei più noti critici letterari
della sua epoca, ma il suo nome è giunto fino a noi grazie al suo poema
intitolato
Manimekhalai, suddiviso in 30 canti. In esso
S. narra
le vicende di Manimekhalai, la figlia che un ricco mercante di Pugar - antica
capitale del Regno Cola - ha avuto dalla sua amante, la bellissima ballerina
Matavi. Tutta la storia, in parte verosimile e in parte del tutto immaginaria e
fantastica (vi è una grande profusione di filtri magici, di metamorfosi)
si impernia sulle avventure di Manimekhalai che ha fatto innamorare di sé
un bellissimo principe; questi però viene ucciso per gelosia dal marito
di una ninfa. Disperata, la ragazza, chiede consolazione ed aiuto a Buddha e nel
tempio della divinità una voce misteriosa la mette al corrente di tutte
le sue anteriori esistenze, delle trasmigrazioni della sua anima prima di
incarnarsi nel corpo di meravigliosa donna che oggi le appartiene. L'oracolo le
dà anche molti consigli sul modo di comportarsi nel resto della sua vita.
Perciò la figlia del mercante si impegna a compiere delle opere buone:
servendosi di una pentola magica che, per quanto vi si attinga, è sempre
piena di cibo, benefica tutti i poveri della città. Essendosi rifiutata
di soddisfare le brame di un grosso personaggio, questi la fa rinchiudere in una
prigione ma poi, per mezzo di un incantesimo, la ragazza viene liberata. Con la
sua pentola prodigiosa e con l'aiuto di personaggi usciti da una magia, riesce a
vincere una terribile carestia che si era abbattuta sulla regione. Da ultimo,
Manimekhalai diventa l'allieva prediletta di un vecchio monaco che la istruisce
su tutti i misteri del Buddhismo. Il poeta ha infuso nel suo romanzo fantastico
in versi una pittoresca varietà di episodi descrivendo in pari tempo usi
e costumi indiani dell'epoca; notevolissima la descrizione dell'ira di Indra a
causa di un sacrificio in suo onore che non è stato compiuto (Madura VI o
VII sec.).