Intervento mediante il quale si sottrae da una vena
periferica una quantità più o meno abbondante di sangue a scopo
terapeutico. ║ Fig. - Grave perdita di denaro, di energia, di riserve.
• Med. - Il prelievo, la cui entità deve tener conto delle
condizioni generali del malato, provoca riduzione della volemia ed
emodiluizione. Molto diffuso nell'antichità per la cura di malattie
cardio-vascolari, cadde in disuso nel XIX sec. e oggi è indicato soltanto
in caso di emergenza, affiancato dalla somministrazione di forti diuretici. Si
può effettuare secondo due modalità:
a cielo coperto, in
cui il vaso sanguigno viene raggiunto con il bisturi, e
a cielo scoperto,
cioè preparando chirurgicamente la vena. Generalmente il
s.
è praticato nelle vene della piega del gomito, dalle quali vengono
prelevati circa 125-300 ml di sangue, mentre più raramente vengono
impiegate la safena, le vene della mano e quelle del piede. • Veter. -
Pratica medica, ancora utilizzata nel cavallo e nei bovini, in cui il prelievo
sanguigno viene eseguito dalla vena giugulare. Da un cavallo di taglia media
possono essere estratti 3-4 l di sangue e da un bovino da 4 a 8 l. • Biol.
-
S. riflesso: sistema di difesa di alcuni insetti, quali cantaridi e
coccinelle, che consiste nell'espulsione di un liquido repellente. •
Agric. - In viticoltura, pratica effettuata raramente che si basa sul rinnovo
del taglio dei tralci fruttiferi già potati, eseguito ad un centimetro
dal taglio precedente. • Etnol. - In alcune tribù il
s.
viene praticato, il più delle volte da uno sciamano, sia a scopo
terapeutico, sia a scopo alimentare. Nel primo caso vengono utilizzate ventose o
strumenti acuminati, mentre nel secondo vengono impiegati appositi archi e
frecce e il sangue viene succhiato direttamente dalla vena aperta
dell'animale.