Pseudonimo di
Umberto Poli. Poeta
italiano. La madre, di origine ebraica, fu abbandonata dal marito prima della
nascita del figlio:
S. conobbe il padre solo da adulto e ne
rifiutò il cognome Poli, preferendogli
S., in omaggio alle radici
materne (in ebraico, il termine indica il pane). Non compì studi
regolari, ma si impiegò presto in una ditta commerciale; il suo esordio
ufficiale come poeta avvenne nel 1911, con la pubblicazione della raccolta
Poesie, anche se già nel 1903 era apparso, in un'edizione privata,
un volume di versi intitolato
Il mio primo libro di poesia.
Nello
stesso 1911 soggiornò a Firenze, dove entrò in contatto con i
redattori della rivista “La Voce”: tuttavia, i rapporti non furono
facili, come dimostra il fatto che l'anno successivo il periodico rifiutò
la pubblicazione del suo saggio
Quello che resta da fare ai poeti, edito
postumo soltanto nel 1959. Al 1912 risale il secondo volume di liriche,
Coi
miei occhi. Allo scoppio della prima guerra mondiale
S. fu arruolato,
ma non fu mai inviato al fronte; al termine del conflitto tornò a
Trieste, dove divenne proprietario e direttore di una libreria antiquaria: essa
diventò per lui non solo un mezzo di sostentamento economico, ma anche e
soprattutto il rifugio più adatto a svolgere con serenità
l'attività poetica. Gli anni Venti furono per
S. fecondi e ricchi
di pubblicazioni: nel 1921 diede alle stampe, presso la sua Libreria antica e
moderna,
Il Canzoniere, nel quale era raccolta la produzione
artistica di un ventennio; negli anni successivi apparvero
Preludio e
canzonette (1923),
Autobiografia e
I prigionieri (1924),
Figure e canti (1926),
Preludio e fughe (1928). A testimonianza
della crescente popolarità di
S. e dell'avvenuto riconoscimento
dell'alto valore poetico dei suoi versi, nel 1928 la rivista letteraria
“Solaria” gli dedicò un intero numero. Ciò nonostante,
il periodo che seguì non fu per
S. privo di amarezze, alle quali
si aggiunsero problemi di salute, con il manifestarsi di sintomi sempre
più gravi di nevrosi che lo obbligarono a sottoporsi a estenuanti terapie
psicanalitiche. Inoltre, le leggi razziali degli anni Trenta lo costrinsero a
fuggire da Trieste: trovò rifugio dapprima a Parigi e quindi a Firenze,
dove fu protetto da un gruppo di intellettuali antifascisti, fra i quali E.
Montale. Tuttavia
S. non cessò di comporre: nel 1934 uscì
la raccolta
Parole, nel 1944 furono pubblicati i versi di
Ultime cose
e nel 1946 le liriche di
Mediterranee. Dopo la fine della seconda
guerra mondiale, nel 1948,
S. diede alle stampe la seconda edizione del
Canzoniere, raccolta che ottenne ampi consensi della critica e
decretò il suo definitivo successo. In seguito, quest'opera fu ampliata e
ripubblicata altre due volte, nel 1951 e, postuma, nel 1961. La sempre
più grave depressione di cui cadde preda, tuttavia, obbligò
S. a ricoveri ospedalieri (nel 1953) e a un isolamento pressoché
completo. Un ultimo grave lutto lo colpì nel 1956, con la morte
dell'amata moglie Lina: trasferitosi a Gorizia, vi morì l'anno
successivo. Numerose sono le opere, in versi e in prosa, composte nell'ultimo
periodo della sua vita: fra le prime si annoverano
Uccelli. Quasi un racconto
(1951) ed
Epigrafe. Ultime prose (1959, postuma); fra le seconde
Scorciatoie e raccontini (1946),
Ricordi - Racconti (1956) e il
romanzo incompiuto
Ernesto (1953, edito solo nel 1975, postumo), nel
quale con grande sensibilità è descritta l'educazione sessuale di
un adolescente, e che si caratterizza per l'intreccio di dialetto triestino e di
lingua letteraria. Una menzione a parte merita la
Storia e cronistoria del
Canzoniere (1948), dove lo scrittore, con lo pseudonimo di Giuseppe
Carimandrei, analizza, illustra e discute le proprie poesie: nonostante alcuni
spunti autocelebrativi, l'opera rivela imparzialità e acume. Infine, fra
gli scritti pubblicati soltanto diversi anni dopo la sua scomparsa si ricorda
ancora il suo epistolario (
Lettere a un'amica, 1966;
Lettere inedite,
1968;
Amicizia, 1976;
La spada d'amore, 1983). Nel panorama
della lirica italiana del Novecento, la figura di
S. riveste una
posizione particolare: la sua poesia, pur modernissima, non è
inquadrabile in nessuna delle correnti letterarie a lui contemporanee, e, anche
se molto personale, è pervasa da un tono classico che si esprime
soprattutto nella limpidezza e nella chiarezza del linguaggio. Il segno
più profondo della sua originalità è stato riconosciuto dai
critici nella tendenza all'“autobiografia totale”: infatti, l'intera
produzione di
S., lirica e prosastica, nasce e si sviluppa come un
insieme fortemente organico e orientato, dal momento in cui
S.
realizzò che le esperienze poetiche giovanili rivestivano
un'importanza fondamentale per il suo futuro, e necessitavano quindi di essere
ordinate e rivelate in una sequenza precisa. Essenziale ai fini della
comprensione della sua opera è infatti la concezione della poesia come
storia della propria vita, per narrare la quale occorre un elemento ordinatore
prioritario, che
S. individuò - per la sua vicenda personale e per
la sua predilezione nei confronti di F. Nietzsche e S. Freud - nella prospettiva
psicanalitica. Il suo obiettivo prioritario appare infatti quello di
rintracciare nella memoria, attraverso tentativi dall'esito sempre diverso, la
“forma originale” del proprio sentire poetico di adolescente,
rintracciare cioè il nucleo originario delle proprie radici e, di
conseguenza, della propria ispirazione. Solo attraverso questa operazione di
“scoperta” continua e mai definitiva delle origini la poesia di
S. diviene un flusso vitale che, in continua evoluzione, attinge il suo
significato più autentico. Per tali motivi, un'importanza capitale hanno,
nelle sue poesie, sia le rievocazioni dell'adolescenza e della fanciullezza, sia
la passione amorosa per la moglie Lina, cantata con un'intensità e con
una freschezza rare nella lirica italiana dell'epoca. Ma la ricerca dell'origine
- la sola che, in quanto eredità e memoria, possa illuminare il futuro -
si configura per
S. anche come ricerca delle proprie radici ebraiche:
grande rilievo hanno infatti nei suoi versi la figura della madre e l'esperienza
dolorosa della disintegrazione dell'unità della comunità semita.
Da tali elementi deriva il suo pessimismo, il senso atavico e quasi espiatorio
del dolore, la contemplazione partecipe delle sofferenze dell'umanità. I
temi dominanti della sua poetica possono quindi essere individuati nel filone
autobiografico, che alimenta e sorregge l'ispirazione di tutta la sua opera:
l'amore per Lina (si veda, fra le altre, la celebre poesia
A mia moglie),
per Trieste, città natale e crogiolo di culture (
Trieste e una
donna), per la sua bambina (
Cose leggere e vaganti), per la natura in
ogni sua manifestazione, ora innocente e allegra, ora triste e amara, la
rassegnata accettazione dell'esistenza. Quanto al linguaggio e allo stile,
è da rilevare che la tendenza all'autobiografia, intesa nel senso di
diario intimo e di confessione, conferisce alle liriche di
S. un tono
inconfondibile e originale, un intreccio di lirismo e di racconto, un connubio
di metrica aulica e di lessico quotidiano, talvolta addirittura banale nella sua
semplicità. Inoltre, assai rilevante appare l'influsso della tradizione
mitteleuropea triestina, che conferisce un respiro europeo all'opera di
S.: la critica ha infatti sottolineato come sul suo stile incidano
profondamente sia il patrimonio poetico italiano (vi si ritrovano echi di
Petrarca, Tasso, Parini, Foscolo, Leopardi, Pascoli e D'Annunzio), sia
l'esperienza e la conoscenza di autori stranieri quali Baudelaire, Heine,
Nietzsche e Freud (Trieste 1883 - Gorizia 1957).
LE OPERE DI UMBERTO SABA
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Poesie
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1903 1911 1912 1920 1921 1923 1926 1926 1928 1929 1932 1933 1934 1944 1946 1950 1951 1959
(post.)
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Il mio primo libro di poesia Poesie Coi miei occhi Cose leggere e
vaganti Il Canzoniere Preludio e canzonette Figure e
canti L'uomo Preludio e fughe Tre poesie alla mia
balia Ammonizione ed altre poesie Tre composizioni Parole Ultime
cose Mediterranee Uccelli Uccelli, Quasi un racconto Epigrafe,
Ultime prose
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Saggi
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1959 (post.)
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Quello che resta da fare ai poeti
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Prose
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1924 1924 1946 1948 1956 1964 (post.) 1975
(post.)
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Autobiografia I prigionieri Scorciatoie e raccontini Storia e
cronistoria del Canzoniere Ricordi - Racconti Prose Ernesto
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Epistolario
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1966 (post.) 1968 (post.) 1976 (post.) 1983 (post.)
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Lettere a un'amica Lettere inedite Amicizia La spada
d'amore
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