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MEDICINA - GUIDA MEDICA - IL SANGUE

IL MARE CHE È IN NOI

Dalla preistoria ad oggi, l'uomo ha identificato nel sangue l'essenza della vita, perché perdere il sangue significa perdere la vita. E così questo rosso liquido ispirò motivi mitologici e perfino mistici. Il sangue ebbe una parte importante nella magia e nella religione, nella stregoneria e nella superstizione d'ogni tempo e paese. Oggi esso conserva ancora un profondo significato simbolico, ma ha perduto il suo mistero. È stato osservato al microscopio ottico e a quello elettronico, frazionato, analizzato. Eppure le sue proprietà non cessano di meravigliare coloro che lo studiano. E ora l'uomo ha ragioni molto più valide che nel passato di considerare il sangue come uno dei fattori più preziosi e insostituibili della vita animale in tutte le sue forme evolute fino all'uomo.
La prima constatazione sorprendente è che esiste una stretta parentela fra il sangue e l'acqua di mare.
Il sangue, insomma, rivela la nostra remota origine marina. Ancor oggi esistono animali relativamente primitivi - come l'idra, l'attinia, la medusa, la spugna - che si nutrono direttamente dall'acqua in cui vivono. Essi sono i rappresentanti di quella prima tappa dell'evoluzione biologica nella quale l'acqua esterna serve da ambiente vitale per l'animale. Ma si tratta di un ambiente precario, dove un cambiamento di temperatura o la mancanza di nutrimento provocano fatalmente la morte.
La seconda tappa evolutiva è rappresentata da quegli organismi - come i ricci e le stelle di mare - il cui organismo viene a trovarsi in contatto meno diretto con l'ambiente acquatico esterno, così da diminuire gli scambi vitali con esso. In questo caso, l'acqua marina penetra nell'organismo attraverso un sistema di canali, formando un ambiente liquido interno.
Un ulteriore progresso - terza tappa evolutiva - si verifica quando l'ambiente liquido interno, pur attingendo dall'acqua nella quale l'organismo è immerso, forma un sistema chiuso. È quello che si osserva nei molluschi e nei vermi. Per esempio, l'acqua di mare pompata attraverso le valve dall'ostrica, viene accuratamente filtrata e modificata prima di andare a nutrire le sue cellule. È appunto da questo sistema che, lungo la scala dell'evoluzione animale, ha avuto origine il sangue.
Grazie a tale ambiente liquido interno, più stabile di quello esterno, gli esseri viventi furono in grado di non dipendere più dall'ambiente marino originario. A cominciare dagli anfibi e dai rettili, poterono iniziare la loro avventura sulle terre emerse perché trasportavano con sé un ambiente interno liquido sufficiente per mantenere le cellule del loro organismo in un bagno nutritivo di composizione sempre eguale.
Ma gli anfibi e i rettili sono ancora soggetti alle variazioni del calore ambientale: la loro temperatura muta contemporaneamente a quella dell'atmosfera esterna. Ed ecco che la quarta tappa dell'evoluzione, forse la più importante, segna il superamento di questo inconveniente: gli uccelli e i mammiferi hanno non solo un ambiente liquido interno a circolazione chiusa, ma anche a temperatura propria e costante.
Dagli invertebrati ai pesci, dagli anfibi ai rettili, che sono tutti animali a sangue freddo o eterotermi, si giunge così agli uccelli e ai mammiferi che hanno il sangue caldo e a temperatura media costante, e perciò sono detti omeotermi. La termoregolazione sanguigna, che è sotto il controllo del sistema nervoso, mantiene l'organismo umano alla temperatura di circa 37°C.
Ma questo ambiente liquido interno, questo mare che è in noi, non è semplice acqua salata e calda, che circola nei vasi sanguigni con il compito di riscaldare l'intero organismo, come l'acqua dei termosifoni che riscalda una casa. Nel corso dell'evoluzione, il sangue è diventato un liquido molto complesso, un laboratorio biochimico in continua funzione, un fluido vivente. Questo rosso fiume della vita trasporta un gran numero di sostanze organiche in continuo mutamento e molti miliardi di cellule che vi stanno immerse come microscopici organismi acquatici, rinnovandosi continuamente.
Secondo per secondo, il sangue si rigenera, e tuttavia non muta la sua composizione. Questo continuo mutamento e questa rigorosa regolazione rappresentano una delle maggiori conquiste realizzate dagli esseri viventi nel corso della loro evoluzione. Una conquista che significa, anzitutto, un alto grado di relativa indipendenza dall'ambiente esterno.
Nell'adulto normale, il sangue rappresenta il 9% circa del peso corporeo e occupa una capacità di 5 litri circa, dei quali meno di un terzo rimane di riserva nel fegato, nella milza e in altri organi.
Il resto (ossia poco più di due terzi) circola attraverso la rete delle arterie, dei capillari e delle vene.
Il sangue è un tessuto liquido, cioè una sospensione di corpuscoli, o meglio di cellule, in un liquido chiamato plasma. Questi corpuscoli occupano il 45% del volume del sangue (2 litri circa), e il plasma il rimanente 55% (3 litri circa).
Nel sangue si distinguono 3 tipi principali di cellule: i globuli rossi (detti anche eritrociti o emazie), i globuli bianchi (o leucociti) e le piastrine (o trombociti). In un millimetro cubo di sangue di un uomo adulto e sano vi sono, in media, 5 milioni di globuli rossi, 8 mila globuli bianchi e 300 mila piastrine.
I globuli rossi si possono paragonare a una flotta di navi-cisterna che trasportano un carico di gas. I globuli bianchi a loro volta, sono comparabili a una flotta da guerra: appena si verifica un'aggressione, entrano subito in azione per distruggere il nemico.
Le piastrine, infine, rappresentano il genio navale: quando si verifica una falla (cioè una lesione dei vasi sanguigni) accorrono portando materiale per ripararla.
I globuli rossi sono cellule, del diametro di 7÷8 millesimi di millimetro, che hanno espulso il loro nucleo. Tendono a disporsi in file e sono piene di una «cromo-proteina» chiamata emoglobina. Ogni molecola di emoglobina (un solo globulo rosso ne contiene 280 milioni) è costituita dal collegamento di 4 catene di aminoacidi, che formano la parte proteica detta «globina»; e ogni catena avvolge un «gruppo eme» cioè il pigmento (porfirina) che conferisce ai globuli rossi una tinta giallo-arancio, e quindi il suo caratteristico colore rosso al sangue visto a occhio nudo.
Grazie ai suoi 4 «gruppi eme», l'emoglobina ha la proprietà fondamentale di assorbire l'ossigeno che giunge ai polmoni attraverso l'inspirazione dell'aria; di cederlo a tutto l'organismo per la respirazione cellulare; e di rimuovere circa il 90% dell'anidride carbonica derivante dai processi di ossidazione delle cellule per trasportarla ai polmoni e qui cederla perché venga eliminata attraverso l'espirazione.
Ecco perché i globuli rossi sono stati paragonati a navi-cisterna - il cui serbatoio è l'emoglobina - che fanno continuamente la spola fra i polmoni (dove scaricano anidride carbonica e caricano ossigeno) e tutti i tessuti dell'organismo (dove scaricano ossigeno e caricano anidride carbonica).
L'ossigeno potrebbe essere trasportato direttamente dal plasma. Ma non è in grado di fissarsi in quantità sufficiente in un liquido così vischioso. Infatti, per consumare in media le 3.000 calorie di cui ha bisogno nel corso di 24 ore, un adulto deve assorbire, attraverso il sangue, circa 600 litri di ossigeno.
L'emoglobina è in grado di trasportare un volume di ossigeno 40 volte maggiore di quello che potrebbe essere condotto dall'acqua. Se l'organismo umano non disponesse di emoglobina, dovrebbe avere 200 litri di sangue, invece dei 5 che gli sono sufficienti; inoltre il cuore dovrebbe pompare 160 litri di sangue al minuto, invece dei normali 4 litri. I globuli rossi sono in grado di trasportare questa grande quantità di ossigeno grazie alla loro forma di lente biconcava che, rispetto a quella sferica, presenta a parità di volume una superficie molto più estesa. Si calcola che in un individuo adulto la superficie respiratoria sanguigna (superficie complessiva dei globuli rossi) sia di circa 3000 metri quadrati, e che la superficie respiratoria polmonare sia di 90 metri quadrati circa, contro 2 soli metri quadrati di superficie corporea.
Nell'organismo umano, i processi di scambio gassoso implicano dunque l'esistenza di strutture corpuscolari (globuli rossi) e spugnose (alveoli polmonari) le quali, pur avendo un volume limitato, raggiungono la massima estensione di superficie.
Durante la sua vita (che dura 90 giorni in media) l'emoglobina trasporta 1000 volte il proprio peso di ossigeno e 1500 volte il proprio peso di anidride carbonica. Un totale di circa 30 mila miliardi di globuli rossi - paragonabili come si è detto a navi-cisterna che trasportano ossigeno nel viaggio di andata e anidride carbonica nel viaggio di ritorno - circola costantemente attraverso il corpo al ritmo di un viaggio ogni 27 secondi e di 100 mila viaggi al mese.
I globuli rossi, che nascono ne] midollo osseo al ritmo di 150 miliardi al minuto, vivono dai 3 ai 4 mesi, poi vanno a morire nella milza e nel fegato.
Vengono distrutti, ma l'organismo, sempre economo, recupera l'85% del loro ferro - atomo centrale del «gruppo eme» che il sangue stesso trasporta quindi al midollo osseo per formare nuova emoglobina.
Anche i globuli bianchi sono cellule, ma molto diverse dai globuli rossi. Hanno l'aspetto di piccole masse gelatinose e quasi incolori, del diametro di 12÷20 millesimi di millimetro. Fabbricati prevalentemente dal tessuto linfatico (milza e linfonodi) al ritmo di oltre 7 milioni al minuto, i globuli bianchi vivono solo due giorni.
Normalmente, essi ammontano a circa 35 miliardi, quindi sono molto meno numerosi dei globuli rossi.
Ma aumentano in modo notevole in caso di infezioni perché, come si è detto, mentre i globuli rossi sono i veicoli della funzione respiratoria, i globuli bianchi sono la flotta da guerra del sangue. Hanno compiti difensivi nei riguardi dell'intero organismo perché distruggono sia germi infettivi sia sostanze tossiche da essi prodotte, e corpi estranei in genere.
I globuli bianchi sono i cardini di quelle difese immunitarie che l'organismo mette in azione per opporsi a fenomeni infettivi locali e generali.
Funzioni difensive assolvono anche le piastrine, terza varietà, la più piccola, delle cellule sanguigne.
Sono trasparenti e incolori, prive di nucleo, hanno un diametro da 2÷3 millesimi di millimetro, una forma molto variabile e sono disposte generalmente in piccoli gruppi. Un uomo normale ne possiede circa un miliardo e mezzo. Le piastrine hanno una vita di 3 o 4 giorni e si formano anch'esse nel midollo osseo che le riversa nella circolazione sanguigna al ritmo di circa 300 milioni al minuto.
Le piastrine sono state paragonate al genio navale del sangue perché svolgono un compito essenziale nella coagulazione. Infatti esse contribuiscono a far passare il sangue dallo stato liquido allo stato solido appena esso entra in contatto con l'aria a causa della rottura di un vaso sanguigno. Questa coagulazione è una reazione di difesa del sangue contro la propria perdita, ossia contro l'emorragia.
Il meccanismo della coagulazione consiste nella trasformazione di una sostanza particolare del plasma, il fibrinogeno liquido, in fibrina solida che costituisce la trama del coagulo sanguigno. Questa trasformazione è resa possibile dall'azione di un attivatore, la trombina, il quale appare nel sangue tramite una serie di altri fattori chimici. Uno di essi, in particolare, la tromboplastina è contenuto nelle piastrine.
La coagulazione è un fenomeno complesso, regolato da svariate sostanze ancora non del tutto conosciute. Si può dire, in sintesi, che quando un vaso sanguigno è rotto, le piastrine si raggruppano nella parte lesa per ostruire provvisoriamente l'emorragia, e liberano la tromboplastina che partecipa a una reazione a catena il cui punto di arrivo è la coagulazione locale del sangue con formazione di siero: un liquido giallo chiaro, trasparente, il quale non è altro che plasma sanguigno dal quale la fibrina si è separata.
La parte liquida del sangue, cioè il plasma (circa 3 litri), di color giallo-verdastro, è una soluzione acquosa (92% di acqua) di svariate, complesse e importantissime sostanze: minerali (calcio, sodio, potassio, ferro, rame, ecc.), gas (ossigeno, azoto, anidride carbonica), grassi, ormoni, fermenti, vitamine, zuccheri e soprattutto sostanze proteiche: circa 70 grammi di proteine per litro di plasma, quindi 210 grammi in tutto. Nel sangue sono state identificate oltre 60 plasma-proteine che vivono da 8 a 28 giorni.
Le funzioni del plasma sono numerose e complesse.
Ecco le principali. Funzione nutritiva: il plasma cede alle cellule quelle sostanze che gli sono giunte attraverso la raffinazione e la sintesi degli alimenti digeriti e assimilati. Funzione purificatrice: il plasma raccoglie tutte le sostanze di rifiuto delle cellule e le elimina attraverso i polmoni, i reni e le ghiandole sudoripare. Funzione immunitaria: il plasma contiene sostanze proteiche, gli anticorpi, che contribuiscono a contenere e ad annientare i germi infettivi. Funzione emostatica: nel plasma sono presenti sostanze (fra le quali il già citato fibrinogeno) che contribuiscono ad arrestare le emorragie per mezzo della coagulazione. La percentuale dei singoli componenti normali del plasma è mantenuta specialmente dal fegato, dai polmoni e dai reni.
Il sangue scorre nel corpo alla velocità approssimativa di 15 centimetri al secondo, 9 metri al minuto, 540 metri all'ora. In un minuto, attraverso le arterie, i capillari e le vene, passano circa 5 litri di sangue, da 7000 a 9000 litri ogni 24 ore. Occorre ricordare, a questo punto, che gli scambi nutritivi tra il sangue e le cellule non avvengono direttamente, ma a livello dei capillari che formano una ricchissima rete nella quale la circolazione sanguigna attraversa minutamente tutti i tessuti, tutti gli organi del corpo.
I capillari, che raggiungono un diametro così esiguo da costringere i globuli rossi a scorrervi in fila indiana, sono i punti di congiunzione tra le arterie e le vene. Il sangue non esce dai capillari, ma sono essi che gli consentono di mantenere in vita le cellule, quindi l'intero organismo. Infatti, la parte liquida, nutritiva, del sangue filtra attraverso le pareti dei capillari arteriosi sotto forma di linfa chiara e trasparente. Essa contiene le medesime sostanze del plasma, ma in proporzioni minori, e scarsi globuli bianchi.
In tal modo, tutte le altre cellule oltre quelle del sangue, sono costantemente immerse nel «liquido interstiziale» alimentato dalla linfa che proviene per trasudazione dei capillari, dal plasma sanguigno.
La linfa, inoltre, e non il sangue, ha il compito di asportare i materiali di rifiuto delle cellule. Dopo di che, in parte viene riassorbita dai capillari venosi, in parte convogliata nei capillari linfatici dai quali ha origine un sistema circolatorio a parte, il sistema linfatico.
I capillari venosi assorbono dunque le scorie cellulari e le riversano nel sistema venoso, dove il plasma le eliminerà attraverso i polmoni (90% di anidride carbonica), i reni e le ghiandole sudoripare (acqua, sali, prodotti di demolizione delle proteine, ecc.). I capillari linfatici, a loro volta, assorbono il liquido in eccesso, e in particolare le sue proteine più grosse, realizzando così una vera e propria operazione di ricupero di queste sostanze fondamentali della materia vivente.
Poi la linfa, continuando a scorrere attraverso il proprio sistema circolatorio, giunge all'intestino tenue dove assorbe il chilo (sostanza assimilabile degli alimenti, costituita in prevalenza da acidi grassi) e infine si riversa nelle vene succlavie destra e sinistra, arricchendo il sangue di proteine e di grassi.
La composizione del sangue

IL SANGUE E LA LINFA

Mentre il sangue viene pompato attraverso il corpo per mezzo del cuore, la circolazione della linfa non è regolata da alcun organo particolare. Essa dipende dalla pressione esercitata sui suoi vasi sia dai movimenti muscolari e respiratori, sia dalle pulsazioni di quei vasi sanguigni (soprattutto l'aorta) attorno ai quali i vasi linfatici si avvolgono.
Durante tutto il suo percorso, la linfa passa attraverso un gran numero di ghiandole, i «gangli linfatici» o linfonodi, che hanno una parte di primo piano nelle difese organiche. Sono filtri viventi che imprigionano i prodotti di disgregazione delle cellule e altre sostanze estranee; sono centri di produzione dei linfociti e delle plasmacellule, due varietà dei globuli bianchi i quali, come si è detto, hanno un compito molto importante nella lotta contro le infezioni.
Nel corso di processi infettivi, i linfonodi si infiammano e si ingrossano. Per esempio, una infezione alla mano o al braccio provoca gonfiore nei linfonodi delle ascelle; una infezione al piede o alla gamba nei linfonodi dell'inguine. Determinate infezioni causano anche l'ingrossamento del maggiore organo linfatico: la milza, i cui prodotti - fra i quali vi sono i linfociti - si scaricano direttamente nel sangue.
Tutte queste azioni di difesa fanno parte del meccanismo immunitario, locale o generale, del quale i globuli bianchi del sangue e della linfa sono i protagonisti. Esistono due grandi categorie di globuli bianchi: quelli forniti di granulazioni (granulociti) e quelli privi di granulazioni (monociti del sangue o linfociti del tessuto linfatico). I granulociti si suddividono a loro volta in «eosinofili», «neutrofili» e «basofili», secondo la loro reattività verso le sostanze coloranti impiegate per evidenziarli al microscopio. E vi sono altre varietà di globuli bianchi, ognuna delle quali è addetta a un compito particolare nel contesto delle difese immunitarie.
Nel caso di un'aggressione locale, per esempio una ferita, nel tessuto leso avviene una reazione infiammatoria (dilatazione dei capillari, essudazione di linfa) accompagnata dal passaggio (diapedesi), attraverso le pareti dei capillari, di globuli bianchi del sangue che sono dotati di potere «fagocitario» e perciò vengono detti anche fagociti: essi cioè sono in grado di inglobare e digerire, come le amebe, corpi estranei, scorie cellulari, in particolare, i batteri infettivi (fagocitosi). A questi globuli bianchi di provenienza sanguigna se ne aggiungono altri, i macrofagi, che giungono sia dal sangue sia dal tessuto connettivo circostante e che sono anch'essi in grado di compiere la fagocitosi. Non esiste tessuto del corpo, anche il più intrecciato, che non possa essere attraversato dai fagociti i quali si muovono proprio come amebe.
Le cellule del tessuto connettivo dalle quali derivano i macrofagi sono principalmente quelle dette istiociti. Ora, lungo le sinuosità vascolari di certi organi - come il fegato, la milza, il midollo osseo - vi sono istiociti che, pur restando immobili, svolgono la funzione di purificare il sangue dai batteri e dalle scorie cellulari.
Per tale ragione, gli istiociti fanno parte del sistema reticolo-endoteliale che si può considerare il «secondo fronte» delle difese immunitarie. Infatti, quando la resistenza locale, di cui si è parlato più sopra, viene sopraffatta dall'aggressione infettiva, i germi penetrano nei vasi linfatici e nel sangue. Ma a questo punto si scontrano con le cellule del sistema reticolo endoteliale, anch'esse dotate di potere fagocitario. Si è accertato che quando dei germi o delle particelle inerti riescono ad invadere la circolazione sanguigna, l'8O÷90% di esse sono fagocitate dagli istiociti del fegato (cellule di Kupffer) e della milza, e solo il 10% circa dagli istiociti degli altri organi.
Fin qui si è trattato di meccanismi immunitari non specifici, ossia che agiscono, in genere, nel corso di un'aggressione locale contro germi o sostanze estranee senza distinzione. Ma vi sono altri meccanismi immunitari, i quali di regola entrano in azione contro aggressioni generali e sono dotati di una specificità che non è esagerato definire sbalorditiva.
Prodotti finali di tali meccanismi sono gli anticorpi, cioè sostanze difensive, di natura proteica («globuline»), presenti nel plasma sanguigno in forma sia congenita (cioè dalla nascita) sia acquisita. In questo caso, la presenza degli anticorpi può essere spontanea (in seguito a malattia infettiva apparente od occulta), oppure provocata mediante un'azione terapeutica attiva (vaccinazione) o passiva (iniezione di siero contenente anticorpi).
Gli anticorpi sono prodotti da globuli bianchi entrati in contatto con antigeni, ossia sostanze provenienti dall'esterno, come cellule estranee all'organismo, germi infettivi (batteri e virus) o loro elaborati (secrezioni cellulari, tossine) o composti organici (proteine, ecc.). Infatti, come vi sono globuli bianchi che, come si è detto, hanno il compito di eliminare, fagocitandoli, questi intrusi, coesistono globuli bianchi che reagiscono all'aggressione fabbricando anticorpi i quali provocano la distruzione degli invasori oppure li mettono in condizione di essere fagocitati più facilmente.
Ma quali sono i globuli bianchi che producono gli anticorpi? Tre varietà di queste cellule, e precisamente i macrofagi, i linfociti e le plasmacellule.
Tutte e tre coesistono nelle strutture linfatiche (linfonodi e milza) e ciascuna svolge un compito nella catena di eventi che conduce alla formazione di anticorpi: il macrofago dà l'ordinazione, il linfocita progetta e la plasmacellula libera il prodotto finito.
Ecco qual è l'attività di questa associazione.
Si è detto che i macrofagi fagocitano germi infettivi, cellule estranee e altro materiale dannoso all'organismo. Ma non si limitano a questa azione distruttiva: li trattano anche come antigeni, ossia reagiscono ad essi modificando il proprio ARN, che è la sostanza contenente le istruzioni dell'ADN, la molecola dell'ereditarietà. A questo punto, i macrofagi formano un ponte di citoplasma con i linfociti, attraverso il quale trasmettono le informazioni sugli antigeni fagocitati, e quindi le indicazioni per fabbricare gli anticorpi.
I linfociti diventano così cellule «immunologicamente competenti». Anzi, essi sono i responsabili di tutte le potenzialità immunologiche generali dell'organismo: da quelle che si esprimono con la produzione di anticorpi, a quelle più propriamente cellulari, come il rigetto dei trapianti di tessuti provenienti da un altro individuo.
Ma i linfociti, che hanno un grosso nucleo e poco citoplasma, non sono in grado di fabbricare anticorpi. Questo lavoro è svolto dalle plasmacellule, che hanno un citoplasma abbondante e sono ricche di ribosomi, strutture nelle quali avviene la sintesi delle proteine, e quindi anche degli anticorpi che sono di natura proteica.
Come si verifica il passaggio dalla «competenza immunologica» dei linfociti all'attività produttiva degli anticorpi da parte delle plasmacellule? A quanto pare, attraverso la trasformazione dei linfociti in plasmacellule. Esse, insomma, non sarebbero altro che una variazione morfologica dei linfociti, e forse anche degli stessi macrofagi. È questo un fenomeno che partecipa al trasformismo delle cellule chiamate genericamente globuli bianchi e le cui varietà prendono, come si è visto, nomi diversi.
Resta da dire perché questo sistema immunitario è altamente specifico, ossia produce sostanze difensive come gli anticorpi, che si riversano nel plasma sanguigno differenziate al punto da agire contro un singolo tipo di germe infettivo, o di cellula estranea, o di sostanza tossica, o di proteina dannosa.
La risposta è questa: nei tessuti linfatici umani esistono diverse classi di plasmacellule, così come nel plasma esistono diverse classi di anticorpi. In altre parole, le plasmacellule dei linfonodi e della milza, pur apparendo perfettamente identiche ai normali esami microscopici, dimostrano di possedere un grado elevatissimo di specializzazione funzionale perché sintetizzano l'uno o l'altro dei molti anticorpi presenti nel plasma sanguigno. Sembra anzi che ogni plasmacellula abbia il suo tipo di anticorpo, e che si possano produrre simultaneamente molti anticorpi diversi perché il tessuto linfatico dispone di un numero elevatissimo di plasmacellule. Queste microscopiche fabbriche di anticorpi rappresenterebbero, in ultima analisi, il trionfo della specializzazione fra i 30 mila miliardi di cellule differenziate che costituiscono l'organismo umano.
Negli ultimi anni, gli studi e le ricerche di immunologia si sono molto raffinate, aprendo nuovi e più vasti orizzonti alla biologia e alla medicina. Particolarmente rilevante è la constatazione che il timo, una piccola ghiandola situata dietro lo sterno, ha una parte di primo piano nel sistema immunitario.
Durante la vita fetale e nella prima infanzia, il timo è grosso rispetto al resto del corpo. Poi aumenta lentamente fin verso i 15 anni, in seguito diminuisce e si atrofizza nell'adulto riducendosi a tessuto connettivo. Fino a poco tempo fa le sue funzioni erano scarsamente conosciute. Ora si comincia a comprendere che il timo ha un'importanza di primo piano sia nel produrre linfociti, sia nel rendere questi globuli bianchi i depositari di tutta la «competenza immunologica» dell'organismo.
Il timo cessa di funzionare dopo la pubertà, ma la sua azione si prolunga per tutto il resto della vita.
Infatti si suppone che la maggior parte dei linfociti abbia origine dal timo prima che dai linfonodi e dalla milza e dal midollo osseo. Inoltre sembra che il timo produca una sostanza la quale, attraverso la corrente sanguigna, giunge ai linfonodi, alla milza e al midollo osseo dove contribuisce a rendervi «immunologicamente competenti» i linfociti.
La scoperta della partecipazione primaria assunta dal timo nelle difese organiche ha gettato una luce rivelatrice sul meccanismo di formazione, ancora sotto molti aspetti misterioso, degli anticorpi, di queste armi estremamente fini e precise che il sangue trasporta senza tregua in tutto l'organismo.
Gli organi produttori di globuli bianchi

Struttura interna di un linfonodo

La milza