eXTReMe Tracker
Tweet

Rodari, Gianni.

Scrittore e giornalista italiano. Iniziò la sua carriera giornalistica lavorando come cronista per «L'Unità» e come inviato per «Paese Sera». Negli anni 1950-53 diresse il periodico per ragazzi «Il pioniere» e dal 1968 al 1977 il «Giornale dei Genitori», pur senza cessare di collaborare, con racconti, novelle e fiabe, a numerose altre testate. Si dedicò prevalentemente alla letteratura infantile e, fra le sue numerosissime opere, che gli valsero anche riconoscimenti internazionali (nel 1970 fu insignito del premio Andersen), sono da annoverare: Il libro delle filastrocche (1950); Il romanzo di Cipollino (1951, poi ripubblicato nel volume Le avventure di Cipollino, 1971); Gelsomino nel paese dei bugiardi (1958); Filastrocche in cielo e in terra (1960); Il pianeta degli alberi di Natale (1962); Castello di carte (1963); Il libro degli errori (1964); La torta in cielo (1966); Venti storie più una (1969); Tante storie per giocare (1971); Novelle fatte a macchina (1973); I viaggi di Giovannino Perdigiorno (1973); Marionette in libertà (1974); C'era due volte il barone Lamberto (1978); La gondola fantasma (1978); Bàmbolik (1979); Il gioco dei quattro cantoni (1980). Dotato di grande fantasia e abile nell'affrontare con spirito critico e comicità alcuni temi della vita d'oggi - la televisione, il telefono (Gip nel televisore e Favole al telefono, entrambi del 1962), i fumetti fantascientifici (l'articolo Dalla parte di Goldrake, 1980, postumo) - R. è stato uno dei più incisivi innovatori della letteratura per l'infanzia. Tutta la sua vasta produzione si fonda, infatti, su una concezione narrativa e pedagogica d'avanguardia - esposta nel volume La grammatica della fantasia (1973) - volta a educare alla libertà e a stimolare la fantasia, la naturale curiosità e l'intelligenza dei bambini. Nelle sue opere egli si propose, con successo, di sostituire alla staticità e alla ripetizione tipiche della fiaba tradizionale la tensione e i cambiamenti della vita moderna. Di quest'ultima lo scrittore riuscì a cogliere gli aspetti più profondi e segreti, anche e soprattutto grazie all'impiego di tecniche di scrittura particolari: le sue fiabe e i suoi racconti, venati da un sottile umorismo e da un'intelligente ironia, nascono sempre da un'attenta ricerca linguistica e stilistica e sono caratterizzati dall'utilizzo di giochi di parole e di nonsense mutuati dalla tradizione del surrealismo anglosassone. Un'ulteriore testimonianza dell'attività di scrittore di R. è costituita dalla silloge Il cane di Magonza (1982, postuma), raccolta di contributi giornalistici, di testi di conferenze e di interventi critici (Omegna, Novara 1920 - Roma 1980).