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Roberto Grossatesta.

Filosofo inglese. Dopo aver studiato a Oxford e a Parigi, dal 1221 fu a Oxford cancelliere dell'università e, in seguito, direttore dello Studio francescano. Nominato nel 1233 vescovo di Lincoln, venne scomunicato dal papa Innocenzo IV per aver criticato i costumi della Chiesa di allora. Profondo conoscitore della lingua greca, R.G. tradusse il De Caelo e l'Etica Nicomachea di Aristotele e commentò gli Analitici posteriori, la Fisica e gli Elenchi sofistici. Oltre che di filosofia si occupò di fisica, meteorologia e astronomia, esercitando un evidente influsso sul suo allievo R. Bacone. Tra le sue opere figurano studi naturalistici quali il De luce seu de inchoatione formarum, il De lineis, angulis et figuris, il De colore e il De iride, nonché lavori a carattere teologico-metafisico come il De veritate, il De scientia Dei e il De ordine emanandi causarum a Deo. Il pensiero di R.G. si configura, a livello generale, come una sintesi dell'Aristotelismo e del Platonismo cristianizzato da sant'Agostino. Esso prende avvio da una cosmologia nella quale Dio è aristotelicamente motore immobile e platonicamente forma prima: in quanto forma (cioè modello), Dio è anche causa prima dell'universo e tutta la realtà discende da Lui. La prima creatura corporea è la luce, che permea tutte le cose quale loro forma immanente: irradiandosi in ogni direzione, viene riflessa dal firmamento come lumen (che R.G. definisce corpus spiritualis o spiritus corporalis), dal quale hanno origine le sfere celesti e i quattro elementi fondamentali (fuoco, aria, acqua e terra). Accanto a questa funzione creativa, per R.G. la luce ha anche valore metafisico e gnoseologico, essendo essa la stessa Sapienza divina: in particolare, sotto forma di un corpo luminoso, la luce collega anima e corpo e si configura come mediatrice tra la mente umana e la Verità (che l'uomo puro di cuore può in parte attingere in quanto vede le cose nella luce divina). La riflessione di R.G. coinvolge anche il problema del valore di verità delle scienze naturali. Egli distingue tra matematica, dotata di valore assoluto e incondizionato, e scienze naturali, che ricadono, invece, nell'ambito della probabilità e assegna a quella il compito di unificare in un modello razionale gli eventi naturali osservati da queste (Stradbrook, Suffolk 1168 - Lincoln 1253).