Atto, effetto del non accettare. • Dir. process. civ. - Istituto
processuale, regolato dagli artt. 52-54 Cod. Proc. Civ., per cui una delle
parti, in presenza di determinate situazioni, può chiedere che il
processo venga destinato ad altro giudice. Il giudice può essere ricusato
nei seguenti casi (artt. 36-37 Cod. Proc. Pen.): 1) se ha interesse nella causa
o in altra vertenza su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la
moglie è parente fino al quarto grado, o legato da vincoli di
affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o
di qualche difensore; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave
inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuni dei suoi
difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha
deposto in essa come testimone, o ne è venuto a conoscenza come arbitro o
magistrato in altro grado del processo, o vi ha assistito come consulente
tecnico; 5) se è tutore, curatore, procuratore, agente o datore di lavoro
di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente,
di un'associazione (non importa se riconosciuta), di un comitato, di una
società o stabilimento che ha interesse nella causa; 6) se, prima della
sentenza, ha palesato la propria convinzione riguardo a fatti oggetto
dell'imputazione. Nei casi menzionati, ciascuna delle parti in causa può
proporre la
r. mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi
di prova. Sulla
r., che sospende il processo, decide: il pretore, se
è ricusato un conciliatore o un vice pretore del mandamento; il
presidente del Tribunale, se è ricusato un pretore della circoscrizione;
il Collegio, se è ricusato uno dei componenti del Tribunale o della
Corte. La decisione è pronunciata con ordinanza non impugnabile, udito il
giudice ricusato e assunte, quando occorre, le prove offerte. L'ordinanza che
accoglie la
r. designa il giudice che deve sostituire quello ricusato e
sospende temporaneamente quest'ultimo da ogni attività (a eccezione degli
atti urgenti). Viceversa, l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la
r. condanna la parte o il difensore che l'ha proposta a una pena
pecuniaria; una volta avuta notizia dell'ordinanza, inoltre, il giudice e le
parti devono provvedere alla riassunzione della causa nel termine perentorio di
sei mesi. • Dir. process. pen. - Il giudice può essere ricusato
quando ricorrono le seguenti cause: 1) se ha interesse personale nel
procedimento o se l'imputato, il responsabile civile, la persona civilmente
obbligata per l'ammenda, o la parte civile è debitore o creditore di lui,
della moglie o dei figli; 2) se ha dato consigli o manifestato il proprio parere
sull'oggetto del procedimento al di fuori dell'esercizio delle funzioni
giudiziarie; 3) se vi è inimicizia grave fra lui o alcuno dei suoi
prossimi congiunti e l'imputato, il responsabile civile, la persona civilmente
obbligata per l'ammenda o la parte civile; 4) se alcuno dei prossimi congiunti
di lui o della moglie è offeso dal reato, imputato, ovvero responsabile
civile o obbligato civilmente per l'ammenda; 5) se il difensore, procuratore o
curatore di una delle parti private è prossimo congiunto di lui o della
moglie. In presenza di uno dei motivi predetti, il giudice a cui tale motivo si
riferisce ha l'obbligo, se lo conosce, di dichiararlo; parimenti, il giudice
deve dichiarare ogni grave ragione di convenienza che lo spinga ad astenersi dal
processo, anche qualora tale ragione non sia annoverata dalla legge tra i motivi
di
r. La dichiarazione va presentata al presidente della Corte o del
Tribunale che decide per decreto, senza alcuna formalità di procedura, se
è necessario che il giudice si astenga; lo stesso dovere spetta al
pretore sulla cui dichiarazione decide, nuovamente per decreto, il presidente
del Tribunale. La
r., che può essere proposta dal pubblico
ministero, dall'imputato, dalla persona civilmente obbligata per l'ammenda, dal
responsabile civile o dalla parte civile, può intervenire quando segue:
durante l'istruzione, prima della chiusura della medesima; nel giudizio, prima
che siano compiute le formalità di apertura del dibattimento; nei
procedimenti in camera di consiglio, prima del giorno fissato per la
deliberazione. Sulla
r. del pretore decide il Tribunale; su quella dei
giudici di un Tribunale o di una Corte d'Assise decide la Corte d'Appello; su
quella dei giudici di una Corte d'Appello o della Corte d'Assise di Appello
decide la Corte di Cassazione; infine, sulla
r. di un giudice della Corte
di Cassazione decide una sezione della Corte stessa, purché diversa da
quella alla quale il giudice ricusato appartiene. Non è ammessa la
r. di giudici chiamati a esprimersi su una
r. La Corte o il
Tribunale, se riconosce ammissibile la dichiarazione di
r., ordina che ne
sia avvertito il giudice ricusato, il quale può, entro tre giorni
dall'avviso, esaminare gli atti e i documenti della Cancelleria e presentare per
iscritto le proprie deduzioni. Salvo che per il provvedimento emesso dalla Corte
di Cassazione contro l'ordinanza che dichiara inammissibile la dichiarazione di
r. o che decide su questa, possono proporre ricorso il pubblico
ministero, il giudice ricusato e la parte privata che ha fatto la dichiarazione.
Se la
r. del magistrato è accolta, questi viene sostituito con un
altro del medesimo ufficio in accordo alle leggi dell'ordinamento giudiziario e
non può più compiere alcun atto del procedimento, pena la
nullità; l'ordinanza determina anche se e in quale parte gli atti
compiuti precedentemente dal magistrato ricusato conservano validità. Con
l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di
r.,
la parte privata che l'ha proposta è condannata al pagamento delle
ammende a favore della Cassa, senza pregiudizio di ogni azione civile e penale.
Evita la dichiarazione di
r. quella di astensione, da presentare al
presidente della Corte o del Tribunale nel caso del giudice, al presidente del
Tribunale nel caso del pretore, al presidente della Corte d'Appello nel caso del
presidente del Tribunale, al presidente della Corte di Cassazione nel caso del
presidente della Corte d'Appello. Anche qualora la dichiarazione di astensione
sia posteriore alla
r., quest'ultima si considera come non
proposta.