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Ricardo, David.

Economista inglese. Iniziò la sua carriera nel mondo degli affari a 14 anni; fece pratica commerciale per due anni ad Amsterdam, esercitando successivamente a Londra la professione di agente di cambio e divenendo infine banchiere e operatore di borsa. Dopo aver accumulato una considerevole fortuna, a 42 anni si ritirò definitivamente dagli affari, intensificando lo studio dei problemi economici e l'attività pubblicistica. Eletto al Parlamento nel 1819, vi condusse un'energica opposizione anticonservatrice. La sua opera principale è costituita dai Principi di economia politica e della tassazione (1817, con modifiche e aggiunte nel 1819 e nel 1821). Il pensiero di R. fu largamente influenzato dall'utilitarismo benthamiano e dal lavoro di A. Smith, dai quali mutuò una fiducia illimitata nella concorrenza e nei principi libero-scambisti: da questo punto di vista, per R., compito della politica è di garantire la massima libertà d'azione a tutti i cittadini, mentre all'economista spetta non l'ideazione di complicati piani di intervento, ma la scoperta di ciò che la natura ha preordinato. In questo modo, con la contemporanea scomparsa dell'ignoranza, ognuno, perseguendo il proprio interesse e comportandosi, dunque, da perfetto egoista, opererà automaticamente anche per l'interesse degli altri, così da conseguire, insieme al proprio bene, quello dell'intera società. Contro la piena realizzazione di tutto questo permangono, però, secondo R., due ostacoli oggettivi che, incidendo negativamente sul livello dei profitti, finiscono per rallentare lo sviluppo economico del sistema: si tratta dei rendimenti decrescenti in agricoltura e della legge ferrea dei salari. Per quel che concerne i rendimenti decrescenti in agricoltura, R. osserva che, con l'aumentare della popolazione, cresce il bisogno di prodotti agricoli e, quindi, il loro prezzo: da ciò deriva la necessità e anche la convenienza di porre a coltivazione i terreni meno fertili, precedentemente lasciati incolti in quanto il costo della loro lavorazione non veniva compensato dal livello del ricavo ottenibile dalla vendita dei prodotti. In questo modo, però, si assiste a un aumento dei prezzi dei prodotti agricoli (giacché per i terreni meno fertili occorre implementare maggiore forza-lavoro), del quale beneficiano i proprietari dei terreni più fertili che, producendo a costi minori, possono godere di una rendita differenziale. Tale rendita finisce, in ultima analisi, per incidere negativamente sul livello dei profitti (da ciò, l'opposizione di R. alle "leggi sul grano" che, ostacolando l'importazione di grano, di fatto imponevano la messa a coltura di terreni sempre meno fertili). Circa i salari, invece, R. rileva che essi non possono scendere sotto il limite della sussistenza: l'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, causato dalla messa a coltura dei terreni meno fertili, eleva, però, continuamente questo limite e riduce, dunque, i profitti. Tanto l'andamento delle rendite quanto quello dei salari spingono, secondo R., i profitti al ribasso e solo il progresso tecnico e agronomico può contrastare questa evoluzione del sistema. A R. risale anche un'importante rielaborazione della teoria del valore-lavoro: egli distingue tra valore d'uso e valore di scambio e stabilisce che il valore di scambio di una merce è determinato dalla quantità di lavoro occorrente per la produzione. Secondo R., quindi, il valore differisce dalla ricchezza in quanto dipende, in ultima analisi, dalla difficoltà o facilità di produzione: conseguentemente, un capitalista che utilizza un certo numero di lavoratori e una certa quantità di capitale fisso, se decide di adottare una nuova macchina che consente di risparmiare lavoro e impiega una parte dei lavoratori per la sua produzione, aumenta i propri margini di profitto, dato che non tutte le imprese adottano simultaneamente la nuova macchina. Quando questo extraprofitto sarà stato eliminato dalla concorrenza delle altre imprese, che avranno nel frattempo adottato anch'esse le stesse macchine, l'ammontare del profitto del capitale complessivo e il suo saggio risultano quali erano prima dell'introduzione della macchina, mentre i prezzi delle merci diminuiranno e il fondo-salari a disposizione degli industriali risulterà permanentemente ridotto. Da questo processo di formazione del valore di una merce è, però, esclusa la merce lavoro, dal momento che non tutto il valore viene attribuito al lavoratore sotto forma di salario: una parte va, infatti, a remunerare il proprietario della terra sotto forma di rendita, un'altra va, invece, a remunerare il proprietario del capitale sotto forma di profitto. R. si è occupato anche di dottrina della moneta, individuando una relazione inversa tra quantità e valore della moneta circolante, tale per cui l'abuso di emissione di carta-moneta finisce per provocare inflazione. Degni di nota sono anche gli studi ricardiani sul commercio internazionale, che hanno dato luogo alla teoria sui costi comparati, in base alla quale il valore delle merci straniere è sempre misurato dal valore delle merci nazionali che si danno in cambio e, dunque, il raffronto deve avvenire non tra i costi assoluti ma tra quelli comparati. ║ Effetto di R.: fenomeno economico per il quale, secondo F.A. von Hayek, in fase espansiva una crescita dei prezzi più rapida di quella dei salari comporta una riduzione degli investimenti presso le industrie di beni capitali, essendo più lungo per queste il periodo di rotazione del capitale. Esso si richiama alla relazione individuata da R. tra aumento dei salari reali e crescita della meccanizzazione dei processi di produzione (Londra 1772 - Gatcomb Pork, Gloucestershire 1823).