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Resistenza.

(dal latino tardo resistentia, der. di resistere: resistere). Sforzo che permette di resistere, di opporsi all'azione o all'intenzione di altri. ║ Detto di persone, la capacità di resistere allo sforzo fisico e intellettuale o all'abbattimento morale: avere una notevole r. alla fatica. ║ R. passiva: quella che si limita a non seguire la volontà altrui, ma non vi si oppone apertamente. ║ Correntemente, anche se impropriamente, il termine viene utilizzato per designare il resistore (V.), ossia quel corpo di un'apparecchiatura che è provvisto di r. elettrica. • Mil. - In azioni di guerra, la fase dell'azione difensiva durante la quale si punta a logorare le forze dell'attaccante in attesa di poter prendere o riprendere l'iniziativa. ║ Posizione di r.: la fascia avanzata di una posizione difensiva dotata di ostacoli passivi (sbarramenti), attivi (campi minati) e centri di fuoco. • Dir. - R. a pubblico ufficiale: reato commesso da chi, con la violenza o la minaccia, si oppone a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, mentre questi espleta un atto di ufficio o di servizio, ovvero a coloro che, richiesti, gli prestano soccorso. Per coloro che commettono il reato suddetto, l'art. 35 Cod. Pen. prevede la reclusione da sei mesi a cinque anni; in circostanze particolarmente gravi, la pena può essere elevata fino a 15 anni. Come viene precisato dall'art. 336 Cod. Pen., la differenza tra reato di violenza e reato di r. si riduce a una circostanza di ordine cronologico: nel primo la violenza o la minaccia si collocano prima dell'atto del pubblico ufficiale, mentre nel secondo sono concomitanti all'atto stesso. ║ R. legittima: quella che si oppone al compimento di un atto illegittimo da parte di un pubblico ufficiale (art. 4 D.L. 14-9-1994, n. 288). • Psicol. - Nel linguaggio psicoanalitico, l'opposizione da parte del paziente alla libera manifestazione di sé. La r. è una forma di difesa dell'Io, che impedisce al soggetto di rendere consci determinati processi inconsci rivelatori di una situazione conflittuale e, come tali, particolarmente angosciosi e inaccettabili. Segno obiettivo della r. è l'assoluta mancanza di associazioni o la loro divergenza dal tema in discussione. • Econ. - Accordi di r.: quelli, stipulati fra imprese diverse, che conducono alla creazione di cartelli e di pool. • Sport - Corsa, gara di r.: corsa o gara di lunga durata che consente di saggiare la capacità degli atleti di perseverare con regolarità nello sforzo fisico. • St. - Nell'ambito della storia delle dottrine politiche la riflessione sul diritto di r. risulta strettamente connessa a quella sul dovere di obbedienza. Nel Medioevo, Tommaso d'Aquino, ispirandosi in gran parte alle dottrine aristoteliche, elaborò quella che venne poi denominata concezione morale della legge e del Governo. Egli infatti, pur riconoscendo il diritto d'autorità e pur reputando la sedizione un peccato mortale, si dichiarò contro l'esercizio illegale della forza, accogliendo il principio in base al quale il potere è giustificabile solo quando si pone al servizio del bene comune. Secondo Tommaso, in altri termini, il fine morale per cui esiste il Governo politico implica che l'autorità venga esercitata unicamente in conformità alla legge; quanto alla r., essa è plausibile nella misura in cui viene attuata dalla comune volontà popolare e purché coloro che resistono nuocciano meno al bene generale di quanto non faccia l'abuso al quale essi si oppongono. Il problema del diritto alla r. fu largamente dibattuto nelle controversie cui diede origine la Riforma protestante. I riformatori reclamarono il diritto di resistere, in un primo tempo, a un papa eretico e, successivamente, anche a un re eretico, trasportando così la questione da un piano essenzialmente religioso a un piano politico. Il problema più controverso divenne quello riguardante il diritto dei sudditi di opporsi ai loro sovrani in nome della conservazione dell'autentica dottrina cristiana; a questa si contrapponeva la posizione di coloro che sostenevano, invece, il dovere di obbedienza passiva, reputando la r. comunque ingiusta. La dottrina del dovere di obbedienza si trasformò poi in quella del diritto divino del re, in contrapposizione alla teoria secondo cui, dal momento che è il popolo a legittimare i sovrani, spetta ugualmente al popolo il diritto di opposizione e di r. a tali sovrani: per giuste ragioni, dunque, si riconosceva la facoltà di detronizzare un re a chi, un tempo, l'aveva acclamato come tale. Nel XVI sec., tra i più intransigenti assertori del diritto divino del sovrano figura Calvino. A suo parere, anche al cattivo reggitore, non meno che al buono, è dovuta la sottomissione incondizionata dei sudditi, poiché essa va tributata non alla persona, ma all'ufficio di governante che, come tale, gode di una maestà inviolabile; conseguentemente, la punizione di un reggitore indegno spetta a Dio e non ai sudditi. Ciò nondimeno, parte della dottrina del religioso sulla r. riguarda i cosiddetti magistrati inferiori previsti da alcuni ordinamenti (ad esempio, i tribuni della plebe nell'antica Roma). Secondo Calvino, qualora una Costituzione preveda questi magistrati, è ad essi soltanto che spetta il compito di resistere alla tirannide del capo dello Stato e proteggere il popolo, poiché il loro diritto all'opposizione deriva direttamente da Dio. Appellandosi a questa parte della dottrina calvinista, i seguaci di Calvino, prima in Scozia e poi in Francia, si fecero sostenitori del diritto alla r., attribuendolo però non a persone singole, ma a tutto il popolo indistintamente. In particolare, lo scozzese J. Knox, affermando la doverosità dell'opposizione finalizzata a difendere la riforma religiosa, contribuì alla sollevazione contro il potere regio di un consistente gruppo di Chiese calviniste. Successivamente, lo scoppio delle guerre di religione in Francia permise un approfondimento della riflessione in materia da parte degli scrittori ugonotti, che asserirono la derivazione della legge dal popolo e, dunque, l'obbligo da parte del re di rispondere davanti a essa di tutti i suoi atti. Il più noto tra gli scrittori costituzionali ugonotti fu F. Hotman, cui si deve lo scritto Franco-Gallia (1573). A quella di Hotman seguirono altre opere (la più importante fu Vindiciae contra tirannos, pubblicata nel 1579 e generalmente attribuita a P. du Plessis-Mornay), tutte animate dalla convinzione secondo cui i sovrani, essendo istituiti dalla società umana per scopi propri, non godono di un potere illimitato. Questa tesi venne ripresa e ulteriormente approfondita da U. Grozio, S. Pufendorf e, infine, anche da J. Locke, che a ragione viene considerato l'iniziatore del pensiero politico e della filosofia del Liberalismo. ║ La R. europea: movimento di opposizione politica e militare, sorto durante la seconda guerra mondiale in tutti i Paesi europei occupati dai Tedeschi e, fino all'8 settembre 1943, anche dagli Italiani. Il termine R., con questa accezione, si affermò originariamente in Francia; lo stesso generale De Gaulle lo fece proprio nel discorso pronunciato da Radio Londra nel giugno 1940, dopo la firma dell'armistizio da parte del Governo di Vichy, per invitare i Francesi a continuare la lotta. A partire dalla metà del 1940, gran parte dell'Europa continentale, fatta eccezione per pochi Stati neutrali, era governata dal Partito nazista: nel quinquennio 1940-45 i Tedeschi imposero ai Paesi occupati esazioni intollerabili, ne sfruttarono il materiale umano, in modo da permettere ai lavoratori tedeschi di dedicarsi esclusivamente al servizio militare (solamente nel maggio 1943 erano oltre 6.000.000 gli operai stranieri deportati in Germania e posti al servizio delle industrie tedesche); le stesse economie nazionali europee vennero assoggettate e adattate alle necessità belliche del Reich tedesco. Tale politica di oppressione contribuì notevolmente alla formazione di una r. organizzata, sia come r. armata, sia come r. civile, intendendo con questa espressione l'insieme dei comportamenti con i quali la società manifestò la propria avversione nei confronti degli occupanti. Infatti, benché in quasi tutti i Paesi occupati fossero sorti movimenti di R. sin dai primi giorni di guerra, all'inizio si trattò soltanto di piccole organizzazioni locali che cercavano di sottrarsi alle imposizioni tedesche, oppure di gruppi politici e intellettuali che stampavano giornali clandestini; successivamente, un numero sempre crescente di persone cominciò ad aderire alle organizzazioni di R. La coscrizione di mano d'opera per il lavoro in Germania favorì indirettamente l'attività propagandistica degli antinazisti: migliaia di giovani, per evitare la deportazione, si diedero alla macchia, fuggendo in montagna e dando vita a veri e propri gruppi armati (come i maquis francesi); in tale scelta essi erano incoraggiati dai messaggi radiofonici dei capi dei Governi in esilio a Londra, dalla stampa clandestina e dai lanci, con paracadute, di armi e rifornimenti, che permettevano loro di continuare la guerriglia. Queste attività si andarono ampliando e rafforzando parallelamente all'intensificarsi delle rappresaglie da parte dei Tedeschi e dei collaborazionisti locali: cattura e fucilazione degli ostaggi, massacro della popolazione civile di interi villaggi, torture, incendi, saccheggi. Oltre a ciò, dopo l'attacco all'Unione Sovietica, anche i comunisti (frenati, in primo tempo, dal patto russo-tedesco e dalla tesi ufficiale secondo cui la guerra era un conflitto tra imperialisti) andarono a ingrossare le file della R. militare, assumendone la direzione in vari Paesi. Ebbe così inizio una vera e propria guerra partigiana, con la costituzione di complesse organizzazioni militari, cui facevano capo organi centrali operanti nelle varie regioni di uno stesso Paese. Le formazioni partigiane nazionali da piccole bande di guerriglieri, che si dedicavano prevalentemente ad azioni di sabotaggio, divennero così veri e propri eserciti di liberazione, in grado di condurre operazioni militari a vasto raggio e di mantenere proficui contatti con gli Alleati, cui non mancavano di fornire utili informazioni. I vari movimenti nazionali di R. erano costituiti da formazioni armate di diverso orientamento ideologico e politico; soprattutto nei Paesi dell'Europa orientale era pressoché nullo il grado di coesione tra i gruppi partigiani, specie fra quelli di orientamento liberal-conservatore e quelli marxisti. Ciò nondimeno, è indubbia l'impronta politica rivoluzionaria della grande maggioranza dei movimenti di R. armata che, come tali, si collocavano alla sinistra dei rispettivi Governi in esilio. Ciò si manifestò con particolare evidenza nella regione dei Balcani dove le formazioni partigiane, appoggiate dai Sovietici, giunsero a sconfessare i Governi in esilio in Occidente; in questi Paesi, dopo la Liberazione, si manifestarono forti tensioni tra le varie componenti politiche dei Comitati di Liberazione Nazionale (CLN), ma la presenza dell'Armata Rossa consentì di estromettere i gruppi moderati e di costituire Governi di sinistra. Diversa fu la situazione dell'Europa occidentale, dove l'assetto politico e sociale di tipo democratico e sufficientemente stabile di vari Paesi favorì i partiti moderati nelle prime elezioni del dopoguerra. Meritano un discorso a parte la Polonia, cancellata come Stato in seguito all'occupazione, e la Francia, dove le diverse forze della R. si trovarono concordi nella volontà di superare l'antiquato assetto politico e istituzionale della Terza Repubblica. Ancor prima dalla fine della guerra, in vari Stati si manifestò, più o meno palesemente, il tentativo di sconfessare gli ideali rivoluzionari della R., smorzandone lo spirito di rinnovamento politico e sociale; ciò soprattutto da parte dei cosiddetti partigiani «della sesta giornata», che avevano prudentemente aspettato l'esito della guerra prima di prendere posizione e che, solamente quando la vittoria degli Alleati era apparsa ormai certa e imminente, erano andati a ingrossare le file della R. Fra le iniziative più importanti per la promozione degli ideali di rinnovamento sostenuti dalle formazioni partigiane di tutti i Paesi fu la stesura della Carta della R. francese, redatta nel marzo 1944 dal Conseil National de la Résistance, allo scopo di istituire un «più giusto ordine sociale». In essa si elencava una serie di radicali riforme economico-sociali, tra le quali l'organizzazione razionale dell'economia per la subordinazione dell'interesse privato a quello generale, la restituzione al Paese dei grandi monopoli dei mezzi di produzione, delle fonti di energia, delle ricchezze minerarie, delle compagnie d'assicurazione e delle grandi banche, la partecipazione degli operai alla direzione della vita economica. Parte di queste proposte venne realizzata, ma la partecipazione operaia alla gestione e alla direzione delle aziende fu presto ed energicamente osteggiata; la stessa sorte toccò alla maggior parte dei provvedimenti legislativi di riforma varati negli altri Stati occupati. ║ La R. italiana: in seguito all'armistizio dell'8 settembre 1943, l'Italia si trovò spaccata in due. Nel territorio a Sud del Garigliano, liberato dagli Anglo-Americani, divenne capo del Governo il maresciallo P. Badoglio, mentre al Nord Mussolini, detronizzato dal colpo di Stato del 25 luglio, salì nuovamente al potere grazie all'appoggio dei Tedeschi. Il Nord, a sua volta, conobbe un'ulteriore divisione interna a causa della difficile alternativa cui si trovarono di fronte gli Italiani: resistere agli occupanti nazisti e ai fascisti oppure continuare a combattere e sostenere la causa tedesca. Quanto ai militari, la maggior parte delle truppe che combattevano fuori d'Italia e che, dopo l'armistizio, si ritrovarono abbandonate a loro stesse, non esitò a passare dalla parte dei partigiani locali. Diversa ed estremamente diversificata al proprio interno fu la reazione della popolazione civile: alcuni optarono per la r. attiva, volta soprattutto a supportare quella armata, altri per la r. passiva, che si concretizzava nell'assistenza ai soldati, ai prigionieri, ai renitenti e ai disertori, nonché in piccoli atti di ostruzionismo e disobbedienza. Per quanto riguarda le forze cattoliche, esse non adottarono una linea di condotta uniforme: se una parte consistente di cattolici cercò di mantenersi in ogni circostanza al di sopra delle parti, un'altra parte non esitò ad abbracciare la causa partigiana; anche fra i cattolici, infine, non mancarono casi di adesione allo schieramento fascista. Interessante fu anche la reazione degli operai e di alcuni settori dei lavoratori agricoli: avendo sempre guardato al Fascismo come al braccio armato del capitalismo, essi non esitarono a considerare la r. armata il mezzo più adeguato per una vera e propria rivendicazione di classe. L'organizzazione politica e militare: in un primo momento la R. fu costituita da bande di militari che, dopo l'armistizio, si erano aggregati spontaneamente o per iniziativa del Partito d'Azione. Dopo i primi rastrellamenti e il primo inverno, molte di queste bande scomparvero; le poche sopravvissute compresero che condizione indispensabile alla sopravvivenza era un processo di militarizzazione e politicizzazione. Fu così che nacquero distaccamenti, brigate, divisioni. Le formazioni più attive e presenti sul territorio nazionale furono le Brigate Garibaldi, le Brigate Giustizia e Libertà e le Brigate Matteotti. Ognuna di esse faceva riferimento a un partito ben preciso (rispettivamente, il Partito Comunista, il Partito d'Azione e il Partito Socialista), ma non per questo i militanti del partito in questione rappresentavano la totalità o la maggioranza dei membri. Non mancarono, inoltre, formazioni partigiane autonome, prive di appoggi politici specifici. Strumenti d'azione nelle città furono le SAP (Squadre di Azione Patriottica) e i GAP (Gruppi di Azione Patriottica); a questi ultimi, in particolare, si devono l'attentato di via Rasella contro una squadriglia di SS (immediatamente seguito dalla rappresaglia tedesca delle Fosse Ardeatine, in cui persero la vita 335 persone) e l'uccisione di G. Gentile. In una seconda fase si costituì il CVL (Corpo Volontari della Libertà), organismo unitario e provvisto di una direzione generale, che si proponeva di collegare e indirizzare i vari sforzi della R. L'unificazione, che restò tuttavia una necessità difficilmente concretizzabile, era dettata da esigenze non solo organizzative, ma anche di controllo della R. da parte delle alte sfere; per questo motivo, infatti, il comando del CVL venne sempre affidato ai rappresentanti degli schieramenti socialista, democristiano e liberale. La direzione politica della R. era affidata ai Comitati di Liberazione Nazionale (CLN), composti dai partiti antifascisti: il Partito Liberale, la Democrazia Cristiana, il Partito d'Azione, il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, il Partito Comunista Italiano e, limitatamente a Roma e al Mezzogiorno, la Democrazia del Lavoro. Il CNL centrale, sorto subito dopo l'armistizio, era presieduto da I. Bonomi e aveva sede a Roma; a Milano, invece, si costituì intorno ad A. Pizzoni il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), che divenne presto una sorta di Governo clandestino dell'Italia occupata; ciò soprattutto dopo che, parallelamente alla delega di poteri da parte di Roma, il CLNAI stipulò i cosiddetti «protocolli di Roma», allo scopo di regolamentare i rapporti fra i membri della R. e gli Anglo-Americani. Completavano il quadro i vari CLN regionali, provinciali, comunali e di quartiere, cui vanno aggiunti i comitati di fabbrica e di categoria. Elementi cronologici: l'estate del 1944 rappresentò il periodo di massima attività e fortuna delle formazioni partigiane. Lungo l'intero arco appenninico e alpino vennero liberate vaste e numerose zone e create le cosiddette repubbliche partigiane. L'arrivo dell'inverno successivo e, parallelamente, l'arresto dell'avanzata alleata causarono non pochi problemi alla R. italiana: la maggior parte dei territori sottratti ai nemici vennero infatti nuovamente occupati dai Tedeschi. Il movimento partigiano riuscì tuttavia a sopravvivere e a riorganizzarsi, fino ai fatti dell'aprile 1945. L'insurrezione finale contro gli occupanti nazisti si svolse con tempi e caratteri diversi a seconda delle zone; il giorno 25, in cui da allora si festeggia ufficialmente la Liberazione, è quello dell'insurrezione di Milano. Mentre fuggiva travestito da tedesco, Mussolini venne catturato e poco dopo giustiziato; il suo corpo, insieme a quello di alcuni gerarchi fascisti e di Claretta Petacci, fu esposto a Milano, in piazzale Loreto. Dati quantitativi: la Terza Convenzione di Ginevra (12 agosto 1949) stabilì le condizioni a cui doveva essere subordinato il riconoscimento di membro del movimento di R.: occorreva essere guidati da un comando responsabile, esibire in modo visibile gli appositi segni di riconoscimento, non occultare le armi, sottomettersi alle leggi e agli usi di guerra. In base a questi requisiti, l'ambita qualifica di partigiano venne conferita a 223.639 persone, di cui 35.000 donne. I caduti della R. furono 44.720 e i mutilati e gli invalidi 21.168 fra i militanti e 412 fra i civili; i partigiani deceduti all'estero e i militari morti nei campi di concentramento furono rispettivamente 32.000 e 33.000. In totale, in Italia persero la vita per la liberazione del Paese 187.522 persone, cui vanno aggiunti i 210.149 dispersi. La memoria della R.: all'indomani della Liberazione si accese una vera e propria disputa sulla memoria, il significato, la portata e la strumentalizzazione politica della R. Alle prime opere di memorialistica (L. Longo, Un popolo alla macchia, 1947; L. Valiani, Tutte le strade conducono a Roma. Diario di un uomo nella guerra di un popolo, 1947; R. Cadorna, La riscossa. Dal 25 luglio alla Liberazione, 1948) seguì ben presto la pubblicazione di fonti (celebri furono le Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana, 1952). Di poco successivi furono i primi sforzi di sistemazione storiografica (F. Chabod, L'Italie contemporaine 1918-1948, 1950; R. Battaglia, Storia della Resistenza italiana, 1953), accompagnati da una ricca e vivace fioritura di studi locali. Gli studiosi si suddivisero in varie correnti: alcuni posero l'accento sul ruolo svolto dal Partito Comunista; altri attribuirono alla R. un ruolo fondamentale nella nascita della nuova Costituzione repubblicana, della quale avrebbe costituito una fonte di ispirazione e un punto di riferimento; altri, infine, ascriveva alla R. il merito di un rinnovamento della vita sociale e della stessa identità nazionale. Ancora oggi si discute fra varie e contrapposte tesi e la R. occupa un posto centrale nel dibattito politico e culturale contemporaneo. • Med. e Biol. - R. agli antibiotici: fenomeno biologico in base al quale particolari specie di germi patogeni sviluppano la capacità di resistere all'azione battericida o batteriostatica degli antibiotici fino a diventare insensibili, ovvero resistenti. Questa caratteristica può essere propria di alcune specie (r. batterica naturale) oppure di determinati ceppi batterici appartenenti a specie solitamente sensibili. La r. agli antibiotici è dovuta a mutazioni nel genoma batterico o all'assunzione di plasmidi, detti fattori R, che determinano la sintesi di enzimi specifici, come le β-lattammasi, la cloramfenicolo-acetiltransferasi, la canamicina fosfotransferasi e la canamicina acetiltransferasi, in grado di distruggere gli antibiotici oppure di renderli inattivi. I meccanismi con i quali si realizza la r. sono: la distruzione dell'antibiotico, meccanismo tipico della r. dovuta a plasmidi; l'amplificazione del gene che produce la molecola che si è attaccata all'antibiotico, come accade nella r. agli antitumorali; l'alterazione dei recettori per i farmaci, come nel caso di una subunità proteica ribosomica che, se mutata, conferisce r. alla streptomicina; la diminuzione della permeabilità della membrana cellulare, come nel caso dell'insensibilità alle tetracicline. Sempre più spesso, il fenomeno è dovuto alla r. acquisita in conseguenza della quale farmaci, attivi in un primo momento, si rivelano meno efficaci o addirittura totalmente inefficaci nella terapia contro le infezioni batteriche. La r. agli antibiotici fu scoperta in Giappone nel 1950 in pazienti affetti da dissenteria causata da un batterio del genere Shigella, nei quali le tradizionali terapie si dimostrarono inefficaci. Coltivando in vitro alcuni campioni di batteri provenienti dai pazienti, si poté osservare che tutte le r. venivano ereditate in un unico blocco e che potevano essere trasmesse per trasferimento non solo a ceppi sensibili di Shigella, ma anche ad altre specie batteriche patogene e non patogene. Da ciò si dedusse che la r. agli antibiotici è una caratteristica genetica relativamente stabile e che il processo infettivo avviene mediante contatto tra cellule. I dosaggi inadeguati e l'uso indiscriminato di antibiotici hanno favorito nel tempo la selezione e la diffusione di ceppi batterici resistenti, provocando una progressiva diminuzione (e alcune volte la perdita completa) della loro efficacia. ║ R. agli antitumorali: processo mediante il quale tra le cellule tumorali esposte a un chemioterapico si differenziano per amplificazione genica, ovvero per duplicazione selettiva del gene codificante, cellule resistenti al farmaco utilizzato per distruggerle. • Agr. - R. agli insetticidi: altri organismi, oltre ai batteri, possono diventare resistenti a determinate sostanze; il caso più eclatante è dato dalle mosche e dagli insetti che, di norma sensibili a determinati insetticidi, possono diventare resistenti attraverso una mutazione genica. Anche negli animali superiori si verificano dei fenomeni di r. nei confronti di sostanze chimiche o di microrganismi, che vengono indicati con i termini assuefazione (V.), immunità (V.), mitridatismo (V.), a seconda del meccanismo. • Bot. - R. delle piante: capacità di alcune piante di non riportare danni gravi in seguito all'attacco da parte di parassiti oppure di azioni sfavorevoli dell'ambiente fisico. È una caratteristica ereditaria e può manifestarsi sotto forma di carattere naturale o acquisito. Nel secondo caso può instaurarsi mediante la selezione e l'incrocio o mediante l'inoculazione di ceppi attenuati dell'agente patogeno. Un esempio particolare di r. indotta è quella della vite alla fillossera, che è stata ottenuta grazie all'innesto della vite europea su piante americane. Esistono anche delle forme di r. a condizioni ambientali sfavorevoli come la siccità, il freddo, il caldo torrido e il gelo. • Fisiol. - R. globulare: in ematologia, termine con il quale viene indicata la r. osmotica dei globuli rossi che vengono posti in una soluzione nettamente ipotonica di cloruro di sodio. In questa condizione, infatti, la soluzione tende a penetrare negli eritrociti fino a quando la pressione osmotica al loro interno equivale a quella del liquido. Ciò provoca un aumento di volume dei globuli rossi fino a quando l'elasticità della loro membrana lo consente, quindi l'emolisi. Tale r. è maggiore nei giovani globuli rossi e diminuisce con l'invecchiamento o per motivi patologici. ║ R. periferica: l'insieme delle r. che il sangue incontra durante la sua circolazione nei vasi capillari. ║ R. capillare: fenomeno che consiste nell'aumentare la pressione dei vasi capillari mediante l'arresto della circolazione sanguigna per mezzo di un laccio emostatico. ║ R. sinaptica: la capacità, progressivamente ridotta, delle sinapsi a rispondere a stimolazioni provenienti da una determinata zona riflessogena. ║ R. di membrana: capacità di una membrana di essere attraversata da una corrente. La r. di una membrana è direttamente proporzionale alla r. specifica della membrana stessa e alla sua lunghezza e inversamente proporzionale al suo spessore. • Ecol. - R. ambientale: l'insieme delle circostanze biologiche e abiologiche che fungono come fattori limitanti del potenziale biotico della popolazione. In assenza di tali fattori, la crescita numerica delle popolazioni, funzione soltanto del tasso di crescita, seguirebbe un andamento esponenziale. Grazie all'intervento dei fattori limitanti, questa progressione non si verifica e il diagramma di crescita delle popolazioni segue, invece, un andamento curvilineo. • Chim. - R. al trasferimento di materia tra due fasi: grandezza fisica che caratterizza svariati processi chimici e che si definisce in modo molto simile a quello della r. alla trasmissione del calore. • Tecn. - La capacità di non farsi rompere, annientare, spezzare, frammentare: la r. di questo tessuto è massima. • Costr. - R. dei materiali: capacità dei materiali di sopportare deformazioni e tensioni interne generate dall'applicazione di forze esterne. • Elettr. - R. elettrica: ostacolo che un conduttore oppone al passaggio della corrente elettrica. Unità di misura della r. elettrica nel Sistema Internazionale è l'ohm. Per un conduttore che non sia sede di forze elettromotrici, percorso da corrente continua, la r. elettrica può essere definita come il rapporto tra la differenza di potenziale esistente agli estremi del conduttore e l'intensità della corrente stessa. ║ R. di contatto: r. tra due superfici fisse o in moto relativo, data dal rapporto tra la differenza di potenziale esistente tra le superfici stesse e l'intensità della corrente circolante. ║ R. critica di un circuito: r. corrispondente allo smorzamento critico delle oscillazioni elettriche libere che possono verificarsi nel circuito stesso. ║ R. differenziale di un circuito: rapporto dV/di tra la variazione infinitesima dV della differenza di potenziale applicata e la corrispondente variazione di dell'intensità della corrente circolante. ║ R. diretta di un diodo: r. misurata quando la corrente circola nel senso diretto. È contrapposta alla r. inversa, misurabile quando la corrente viene fatta scorrere nel verso opposto. ║ R. equivalente di un isolante reale: r. ad esso associata, tale da giustificare la presenza di una certa corrente di conduzione. ║ R. superficiale: r. misurata tra due punti della superficie di un corpo. ║ R. di terra: r. del dispersore di un impianto di terra. • Mecc. - Ogni forza che si oppone al moto del punto materiale o del corpo a cui è applicata; nella leva e nelle macchine semplici, la forza che occorre vincere. In riferimento al funzionamento di una macchina, si è soliti distinguere tra r. utili, che devono essere vinte da opportune forze motrici, affinché si produca un determinato fenomeno, e r. passive, che hanno origine da mutui movimenti degli organi della macchina e che causano una dissipazione di energia, con conseguente diminuzione del rendimento. ║ R. del mezzo: in meccanica dei fluidi, azione con cui un fluido contrasta il moto di un solido in esso immerso. Essa dipende dalla velocità relativa v fra il corpo e il fluido, dalla densità del fluido e dalle caratteristiche geometriche del corpo. La r. complessiva di un mezzo può essere suddivisa in r. di attrito, che dipende dalla forma e dalle dimensioni del corpo, dalla sua velocità e dalle caratteristiche del mezzo in cui è immerso, e in r. di pressione, pari alla componente parallela alla velocità v della risultante delle forze di pressione che il fluido esercita sul corpo. ║ R. aerodinamica: componente della r. totale all'avanzamento nell'aria che un velivolo incontra durante il volo; è diretta in senso contrario a quello della velocità relativa. ║ R. elettroacustica: rapporto tra la pressione acustica e la portata volumetrica acustica. ║ R. meccanica: rapporto tra la forza che si oppone al moto del punto materiale o del corpo cui è applicata e la velocità del punto o del corpo stesso.
Sfilata di truppe partigiane

L'Italia durante la Resistenza

"La Resistenza nella scuola" di Franco Catalano