L'azione di relegare o il fatto di essere relegato, cioè costretto
a restare in un determinato luogo. • St. del dir. - Provvedimento
giudiziario che ha assunto nella storia differenti forme. Nell'antica Roma
la
r. aveva in origine carattere amministrativo e poteva assumere la
fisionomia del
confino (costrizione a soggiornare in una data
località senza potersi spostare) o del
bando (che comportava
l'obbligo di allontanarsi, per sempre o a tempo determinato, da una
determinata località). Dall'epoca silliana la
r. ebbe
rilevanza penale e venne spesso utilizzata come efficace strumento repressivo.
La pena poteva durare da sei mesi a 10 anni, ma anche essere perpetua. La
deportazione invece, più grave della
r., comportava il confino
(con pena di morte per chi non lo rispettasse), la perdita della cittadinanza e
la confisca del patrimonio. La
r. e la deportazione si ritrovano anche
nei diritti medioevali; in Italia sono utilizzate a partire dal XIII sec.,
comprendendo varie misure per assicurarsi che il relegato non sfuggisse alla
pena prescrivendo, per esempio, l'obbligo di presentarsi ogni tanti giorni
a un'autorità del luogo di confino; sottrarsi alla pena poteva
comportare il raddoppiamento della pena stessa e qualche volta la confisca del
patrimonio e la morte. Nei codici italiani precedenti l'unificazione la
r. implicava la carcerazione (Codice parmense del 1820), oppure
l'invio del condannato in un'isola dove non era assoggettato a
regime detentivo (Codice del Regno delle Due Sicilie del 1819). Nel Regno
d'Italia la
r. era contemplata nel Codice Penale per la Colonia
Eritrea (1908) per i sudditi coloniali e assimilati.