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Rane, Le.

Commedia di Aristofane, rappresentata nel 405 a.C. alle feste Lenee di Atene. Tema esplicito è un dibattito sulla tragedia e sulla funzione della poesia, svolto in un momento particolare della storia di Atene: dopo 25 anni di guerra, la città appariva logorata dal punto di vista militare, economico, politico. La commedia, prendendo spunto dalla morte quasi contemporanea (406 a.C.) di Sofocle e Euripide, comincia con la discesa nell'Ade di Dioniso, accompagnato dallo schiavo Xantia, per riportare sulla terra Euripide. La prima parte del viaggio è ricca di episodi buffoneschi: si svolge una gara di canto con le rane della palude, che danno il titolo alla commedia. Dopo la parabasi, nella quale Aristofane rivolge un appello agli Ateniesi perché tornino alla concordia, si svolge una contesa fra Eschilo, che occupa il trono dell'arte tragica, e Euripide che lo pretende per sé. Seguono una serie di accuse fra i due, tendenti a demolire sul piano artistico l'opera dell'altro attraverso la parodia di vari pezzi poetici, finché non viene decretata, per emettere un giudizio, la pesatura della poesia: Eschilo riporta la vittoria, ma Dioniso, ancora indeciso nel suo giudizio, propone di proclamare vittorioso colui che avrebbe dato il miglior consiglio alla città; ancora la vittoria tocca a Eschilo, che ritorna sulla Terra. La contesa fra i due poeti, che contrappone due diverse concezioni della poesia, diventa la metafora dell'opposizione fra il passato e il presente. La poesia tragica è identificata con la gloria stessa di Atene, portata al suo splendore da Eschilo, mentre Euripide viene accusato di aver provocato la decadenza morale della città. La parabasi assume in questo senso un ruolo centrale, con l'invito rivolto dal poeta alla concordia fra i cittadini, che sola può salvare la città: la decadenza della tragedia si identifica nell'aspetto propriamente politico della crisi di Atene. Per l'attualità dell'argomento alle R. fu decretato l'eccezionale onore di una ripresa nelle Dionisie di pochi mesi dopo.